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Marco Clodio Pupieno Massimo - Wikipedia

Marco Clodio Pupieno Massimo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Pupieno
Augusto dell'Impero romano
Busto di Pupieno, dal Louvre (Parigi)
Regno 22 aprile-29 luglio 238
Nome completo Marcus Clodius Pupienus Maximus
Nascita 178 circa
Morte 29 luglio 238
Roma
Predecessore Massimino Trace
Gordiano I e Gordiano II
Successore Gordiano III
Figli Tiberio Clodio Pupieno Massimo
Pupiena Sestia Paolina Cetegilla
Marco Pupieno Africano

Marco Clodio Pupieno Massimo (latino: Marcus Clodius Pupienus Maximus; 178 circa – Roma29 luglio 238) fu eletto imperatore romano assieme al collega Decimo Celio Calvino Balbino dal Senato il 22 aprile 238 dopo la caduta di Gordiano I e Gordiano II mentre combattevano contro l'imperatore Massimino Trace.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] Origini e carriera

La sua famiglia, forse imparentata con uno degli individui più ricchi di Atene, era composta dal figlio Tiberio Clodio Pupieno Massimo e dalla figlia Pupiena Sestia Paolina Cetegilla; forse Marco Pupieno Africano, console del 236 fu suo figlio.

La carriera di Pupieno è raccontata dalla spesso inaffidabile Historia Augusta, che dipinge un uomo di umili condizioni salito nella scala sociale grazie ad una carriera nell'esercito romano. Secondo questa fonte, infatti, Pupieno sarebbe stato prima primus pilus (primo centurione di una legione), poi tribuno militare, pretore, proconsole di Bitinia, Grecia e Gallia Narbonense, console suffetto (probabilmente nel 207) e ordinario (nel 234); fu anche governatore di Germania (Superiore o Inferiore), ottenendo vittorie sui Sarmati e sui Germani). Sempre nel 234 sarebbe divenuto praefectus urbi, guadagnandosi la fama di severità. Il più autorevole Erodiano conferma il governatorato della Germania, che esercitò con successo, tanto che in seguito, quando avrebbe avuto bisogno di raccogliere truppe contro Massimino Trace, sarebbero accorsi molti Germani.

[modifica] Ascesa al trono

Al di là della veridicità del racconto a riguardo delle sue umili origini, Pupieno è attestato come appartenente alla aristocrazia senatoriale romana. Nel 238 il Senato romano, che aveva accettato malvolentieri l'elevazione ad imperatore di Massimino Trace da parte dell'esercito, colse l'occasione di una rivolta in Africa per nominarne i capi imperatori (Gordiano I e Gordiano II) e per dichiarare Massimino "nemico dello Stato"; temendo, correttamente, un attacco di Massimino, che si trovava sulla frontiera danubiana, il Senato formò una commissione, detta XX Viri Ex S.C. Rei Publicae Curandae ("Vigintiviri per la cura dello Stato per volere del Senato"), il cui scopo era difendere la città da Massimino, e di cui faceva parte anche Decimo Celio Calvino Balbino.

Il 12 aprile, però, Capelliano, govenatore di Numidia leale a Massimino, sconfisse l'esercito dei due Gordiano nella battaglia di Cartagine, ponendo fine alla loro rivolta. Avendo perso i propri capi, e trovandosi di fronte la minaccia posta da Massimino che stava giungendo dalla frontiera, il Senato si riunì in fretta nel Tempio di Giove Capitolino ed elesse due nuovi imperatori, Balbino e Pupieno (22 aprile).

Si ebbe però una rivolta della plebe di Roma, in particolare dei sostenitori del partito dei Gordiani, che volevano fosse eletto imperatore uno della famiglia dei ribelli sconfitti. Pupieno e Balbino raccolsero un certo numero di giovani dell'ordine equestre e cercarono di aprirsi un varco tra la folla, essendone respinti. Decisero allora di nominare cesare il figlio di Antonia Gordiana, la sorella di Gordiano II e la figlia di Gordiano II, che è passato alla storia come Gordiano III. Pupieno, in virtù della sua carriera militare, fu inviato contro Massimino alla testa dell'esercito, mentre Balbino rimaneva a Roma.

Nel frattempo, la situazione di Massimino Trace non era facile. Il malcontento per la scarsità di rifornimenti e le difficoltà incontrate nell'assedio di Aquileia spinsero i suoi legionari a riconsiderare la loro fedeltà. I soldati della Legio II Parthica uccisero l'usurpatore e si arresero a Pupieno alla fine di giugno.

[modifica] Regno e caduta

Sesterzio di Pupieno Massimo
Sesterzio di Pupieno Massimo

Pupieno pagò le truppe di Massimino e rientrò a Roma, trovando però la città in rivolta. Balbino era strato coinvolto nello scontro con i partigiani di Gordiano III e la città bruciava per gli incendi appiccati dai rivoltosi. Con la presenza di entrambi i co-imperatori, la situazione si stabilizzò, ma l'inquietudine rimase. Il rapporto fra Balbino e Pupieno fu inquinato dal sospetto fin dall'inizio, entrambi infatti temevano di essere assassinati dall'altro. Essi pianificarono una grandissima doppia campagna, Pupieno contro i Parti e Balbino contro le tribù germaniche, ma nel frattempo si combattevano spesso fra loro.

Pupieno aveva portato con sé da Ravenna, dove si era accampato prima della morte di Massimino, la propria guardia germanica; fu forse il timore che gli imperatori scelti dal senato sciogliessero la Guardia pretoriana sostituendola con la guardia germanica che spinse alcuni pretoriani a mettere in atto un colpo di stato. Pupieno, avvertito del pericolo, chiese a Balbino di convocare la guardia germanica, ma questi, temendo si trattasse di un tranello per ucciderlo si rifiutò, iniziando un acceso alterco col collega. I pretoriani ebbero dunque vita facile a penetrare nel palazzo imperiale e a catturare i due augusti indifesi, che furono portati nell'accampamento della Guardia, dove furono macellati. All'arrivo della guardia germanica, i pretoriani avevano già acclamato imperatore Gordiano III.

Essi avevano regnato insieme poco meno di tre mesi. Le monete emesse nel loro breve regno mostrano uno dei due su una faccia e due mani allacciate sull'altra a simboleggiare il loro potere congiunto.

[modifica] Bibliografia

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Precedessore
Massimino Trace,
Gordiano I e Gordiano II
Imperatore romano
22 aprile-29 luglio 238
con Decimo Celio Calvino Balbino
contro Massimino Trace
Successore
Gordiano III
Precedessore
Lucio Valerio Massimo,
Gneo Cornelio Paterno
Console romano
234
con Marco Munazio Silla Urbano
Successore
Gneo Claudio Severo,
Tiberio Claudio Quinziano


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