Käbi Laretei
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Käbi Laretei (14 luglio 1922, Tartu, Estonia) è una pianista svedese.
La sua famiglia, quando l’Unione Sovietica invase l’Estonia, si trasferì in Svezia per cui ha vissuto praticamente sempre in questo Paese. Ha avuto una lunga e brillante carriera e negli anni '60 ha suonato in affollate sale da concerto nel Regno Unito, in Svezia, nella Germania Ovest e negli Stati Uniti.
È anche nota per il suo matrimonio e collaborazione professionale col regista Ingmar Bergman. Lo conobbe verso la fine degli anni ’50, si sposarono nel 1959 e divorziarono nel 1969, benché la loro unione fosse praticamente finita già nel 1966 [1].
Hanno avuto un figlio Daniel Sebastian che professionalmente ha seguito la strada del padre.
La Laretei ha continuato a tenere concerti ed a collaborare per le musiche ai film di Bergman. È anche apparsa mentre suona il piano nel film Fanny e Alexander ed in altri film. Si è anche occupata di televisione; ha condotto numerosi programmi di letteratura e musica alla TV svedese. Ha pubblicato numerosi libri su vita e musica; il primo è stato En bit jord (1976; "Un pugno di terra"), l’ultimo è intitolato Såsom i en översättning (2004; "Come nella traduzione").
[modifica] Filmografia
- Stimulantia (1967), se stessa nell’episodio Daniel
- Il flauto magico (1975), compare nel pubblico
- L'immagine allo specchio, (1976) collabora alle musiche suonando il pianoforte
- Sinfonia d'autunno (1978), collabora alle musiche suonando il pianoforte
- Fanny e Alexander (1982), interpreta zia Anna von Bohlen
[modifica] Note
- ^ "Come in uno specchio è legato in primo luogo alla mia vicenda matrimoniale con Kabi Laretei. Come ho scritto in Lanterna magica, ci eravamo creati una faticosa messinscena. Eravamo disorientati, ma a un tempo gratificati da uno straordinario successo. Eravamo molto legati, e inoltre ci piaceva parlare di tutto ciò che volevamo, delle grandi cose come delle piccole. Ma, in realtà, non c’era tra noi un linguaggio comune... Quanto più Käbi e io scoprivamo che la messinscena nella quale ci affaticavamo cominciava a sgretolarsi, tanto più cercavamo di migliorarla con una sorta di cosmesi verbale" (Ingmar Bergman, Immagini, Garzanti)