Il primo cerchio

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Il primo cerchio (il nome è stato ispirato dall'opera di Dante) è un romanzo di Aleksandr Solženicyn pubblicato nel 1968.

In esso vengono rievocati tre giorni della vita degli ospiti della cosiddetta sharashka di Marfino (Marfino è una località in Siberia) ovvero del "campo di prigionia leggera" in cui venivano detenuti e lavoravano svariati scienziati e tecnici sovietici che erano stati arrestati sulla base dell'articolo 58 del Codice penale sovietico durante il periodo staliniano, subito dopo la Seconda guerra mondiale. Diversamente dagli altri campi di prigionia dell'universo dei gulag, i detenuti della sharashka venivano adeguatamente nutriti e godevano di buone condizioni di lavoro (al contrario degli altri campi, infatti, non si lavorava a lavori molto pesanti all'aperto).

I detenuti lavoravano a progetti tecnici di supporto agli organi di sicurezza dello Stato e per alimentare la crescente paranoia di Stalin. Nel romanzo si evidenzia il dilemma angoscioso dei detenuti che, da una parte, erano ben consapevoli della loro migliore condizione di vita rispetto agli ospiti degli altri gulag; d'altra parte si rendevano conto che con il loro lavoro favorivano la sopravvivenza proprio di quel regime che causava tante sofferenze. Alla fine del romanzo, parecchi, incluso il protagonista principale Gleb Nerzhin, scelgono di smettere di collaborare anche se questo significa essere espulsi dalla sharashka ed essere inviati in campi di concentramento ben più duri.

Al riguardo Solženicyn scrive «Il lupo ha ragione, il cannibale no!». Infatti nel lupo l'istinto di conservazione domina costantemente ogni manifestazione e la sopravvivenza è il risultato finale della costante lotta della bestia contro tutto quello che possa recarle danno. Se può essere opinabile l'applicazione dello stesso principio da parte dell'uomo, nel rapporto con la natura, è senza alcun dubbio da condannare la sua determinazione di applicarlo nel rapporto coi propri simili. A questo punto "l'uomo cannibale" non ha più ragione!