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Grammatica dell'esperanto - Wikipedia

Grammatica dell'esperanto

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Il dottor Ludwik Lejzer Zamenhof, era un oculista polacco poliglotta, ed è stato il creatore della lingua esperanto, per la quale creò una grammatica minimale basandosi appunto su lingue etniche parlate quotidianamente, dalle quali ricavò il lessico e le regole di grammatica. Era affascinato dalla povertà di flessione della lingua inglese, che influenzò specie i verbi. La grammatica dell'esperanto è stata studiata per avere la massima espressività (pari cioè a quella di una lingua etnica), ma fatta in modo che si possa imparare anche da autodidatti; essa è infatti molto semplice e regolare, ma non cade nella banalità. Infatti l'esperanto si è diffuso dapprima tra gli intellettuali che lo imparavano da soli tramite le varie grammatiche. La prima grammatica di Esperanto in italiano è datata 1890, tre anni dopo la pubblicazione dell'esperanto (un periodo piuttosto breve dati i tempi e l'assenza dei mezzi di comunicazione di massa moderni).

La prima grammatica di Esperanto per gli italiani (1890)
La prima grammatica di Esperanto per gli italiani (1890)

Indice

[modifica] Articolo

L'articolo è unico (invariato per genere e numero), ed è quello determinativo: la. Se qualcosa è indeterminato, semplicemente non si mette l'articolo, sia al singolare che al plurale. Per motivi di eufonia, l'articolo determinativo può essere apostrofato - ma non obbligatoriamente - se seguito da vocale come in italiano, ma anche se preceduto da vocale. Ad esempio, il celebre libro "Il signore degli anelli" è stato tradotto in esperanto con titolo "La Mastro de l' Ringoj" (traduzione del britannico William Auld).

[modifica] Pronomi personali

I pronomi personali soggetto sono i seguenti:

  • mi = io
  • vi (ci) = tu (*)
  • li = egli
  • ŝi = ella
  • ĝi = esso/a riferito a cosa asessuata. Può essere riferito a persona se il suo sesso è sconosciuto, o volutamente nascosto da chi parla
  • ni = noi
  • vi = voi
  • ili = loro

(*) Viene usato quasi esclusivamente "vi" che letteralmente significa "voi" (e che in origine sarebbe dovuto essere usato al posto del tu solo come forma di cortesia), ma la traduzione letterale di "tu" è "ci", per sottolineare l'intimità e l'amicizia. Forse caduto in disuso perché negli incontri esperantisti si incontravano intellettuali e persone che non si erano mai viste prima, che usavano quindi darsi del "voi" e non del "tu". Inoltre il "ci" non è stato inserito nelle sedici regole fondamentali dove sono presentati gli altri pronomi personali, evidentemente Zamenhof non lo riteneva indispensabile.

[modifica] Radice e parti del discorso da essa ricavabili: sostantivi, aggettivi, verbi e avverbi

Sostantivi, aggettivi, verbi e avverbi sono le parti semantiche del discorso di ogni lingua, mentre le altre sono parti sintattiche (articoli, preposizioni...). In quanto parti semantiche, hanno un significato che viene contenuto in una radice lessicale che di per sé non appartiene ad una categoria grammaticale, ma contiene un significato generico, poi sfumato o anche invertito da appositi prefissi e suffissi. Una radice dell'esperanto, ma simile in praticamente tutte le lingue europee è muzik-. Tale radice contiene il significato generico di musica, ma in sé stessa non è né un verbo, né un aggettivo, ecc. Contrariamente alla maggior parte delle lingue esistenti infatti, la marcatura sintattica delle parole (cioè la possibilità di capire l'appartenenza delle parole stesse ad una categoria grammaticale) è trasparente, e viene data dall'ultima vocale della parola stessa (desinenza). Tale vocale è "appiccicata", o meglio agglutinata alla radice, senza modificarla:

  • muziko = musica (-o indica un sostantivo)
  • muzika = musicale (-a indica un aggettivo)
  • muzike = musicalmente (-e indica un avverbio)
  • muziki = far musica (-i indica un verbo all'infinito)

[modifica] Sfumatura del significato delle radici mediante agglutinazione

La morfologia, come accennato, è prevalentemente agglutinante. Oltre al plurale, le desinenze dei tempi verbali e l'accusativo, altri "pezzetti" di parola possono essere usati come prefissi o suffissi della radice, sfumandone il significato, senza dover ricorrere all'uso di nuove radici, e facendo assomigliare parole dal significato simile:

  • jun- = radice, contiene il concetto di gioventù
  • juna = giovane (aggettivo)
  • junulo = un giovane ( -ul- indica un elemento caratterizzato da qualcosa, in questo caso la giovinezza)
  • junulino = una giovane (-in- indica il genere femminile)
  • junularo = gioventù (-ar- indica un insieme, in questo caso insieme dei giovani)
  • juneco = gioventù (giovinezza)
  • maljun- = contiene il concetto di vecchiaia. Il prefisso mal- indica senso contrario del significato della radice (quindi aggiungendolo a tutte le parole sopra, queste assumeranno significato esattamente contrario, evitando il ricorso ad un dizionario per la creazione di numerose parole).

[modifica] Aggettivi e sostantivi

Il plurale si forma sempre aggiungendo una "-j" alla fine del sostantivo o di eventuali aggettivi che lo descrivono, come nell'esempio:

  • La bona libro (la libro bona) = Il buon libro (il libro buono)
  • La bonaj libroj (la libroj bonaj) = I buoni libri (i libri buoni)

Come quella del plurale, molte regole grammaticali sono basate sull'agglutinazione, cioè l' "appiccicamento" di pezzetti di parola ad una radice.

Similmente, se un sostantivo ed i relativi aggettivi sono complemento oggetto nella frase, viene loro aggiunta una "-n", per permettere di permutare l'ordine delle parole senza perdere il senso della frase. Tale marcatura del complemento oggetto è detta caso accusativo, ed aiuta chi deve studiare lingue, come il latino, che di casi ne ha sei, o numerose altre lingue, come le lingue slave che arrivano ad otto casi (il finlandese a quindici). Limitatammente all'esperanto, l'accusativo è inoltre molto utile in poesia, oppure in testi dove l'ambiguità può dar luogo a confusione.

[modifica] Avverbi

Gli avverbi invece sono invariabili, come in italiano.

[modifica] Verbi

I modi e tempi dei verbi si distinguono dalle desinenze come in italiano, ma non cambiano in base alla persona, similmente all'inglese, che però cambia la voce verbale per adattarla alla terza persona singolare, ed usa alcuni ausiliari per cambiare modo verbale e per comporre le forme negativa e interrogativa (do, would, let, shall/will...), anche essi eventualmente adattati alla terza persona. Di conseguenza l'obbligo di indicare il soggetto (a meno che il verbo non sia impersonale: "pluvas" = "piove"). Non esistono verbi irregolari.

Tabella riassuntiva delle desinenze dei tempi verbali:

Infinito: -i lerni
Indicativo presente: -as lernas
Indicativo passato: -is lernis
Indicativo futuro: -os lernos
Condizionale: -us lernus
Volitivo: -u lernu

Il volitivo indica volontà di chi parla (come si deduce dal nome), e traduce diversi tempi italiani come il congiuntivo, che in esperanto non esiste, e l'imperativo (alla seconda persona dell'imperativo non si usa il soggetto, come in italiano).

[modifica] Il paradigma dei verbi

Esiste anche la coniugazione composta, ma si forma logicamente conoscendo il significato dei participi (aggettivi derivati dai verbi) e combinandoli con il verbo essere ("esti") come semplici frasi; ad esempio: "Mi estas andanta" significa: "Io sto andando", ma tradotta letteralmente diventa "Io sono andante".

Indicativo Participio attivo Participio passivo Infinito Volitivo Condizionale
Passato -is -inta -ita -i -u -us
Presente -as -anta -ata
Futuro -os -onta -ota

[modifica] Preposizioni

Le preposizioni italiane tradotte in esperanto non sempre equivalgono alla stessa preposizione. La logica dell'esperanto infatti vuole che ogni preposizione sia usata in contesti ben definiti. Tranne che il complemento oggetto che prende la terminazione in -n, ogni complemento ha una sua preposizione, ed ogni preposizione un certo numero di complementi. In italiano lo stesso complemento può invece essere rappresentato da diverse preposizioni, ad esempio il complemento di moto a luogo può essere reso da entrambe le preposizioni "a" e "in" ("Vado in campagna"; "Vado a Tropea"). Premesso ciò, nelle traduzioni più generali, esse sono:

  • di = de
  • a = al
  • da = el
  • in = en
  • con = kun
  • su = sur
  • per = pro (complemento di causa), per (complemento di mezzo)
  • tra, fra = tra

Come si può notare, non esiste una desinenza che caratterizza le preposizioni. Infatti esse sono un insieme finito, una volta imparate non se ne possono incontrare di nuove, e quindi non hanno bisogno di essere marcate per essere distinte a prima vista.

[modifica] Congiunzioni

Le congiunzioni sono anche esse una parte del discorso invariabile, e come le preposizioni, essendo un numero finito, non hanno bisogno di una desinenza in comune che le caratterizzi. Di seguito alcune congiunzioni tra le più importanti:

Esperanto Italiano
kaj e (congiunzione)
sed ma, però
o, oppure
ke che (quando non sostituibile con "il/la quale")
por ke affinché
ĉar poiché, perché (nelle risposte)
nek (congiuzione negativa)

[modifica] Correlativi

Per approfondire, vedi la voce Correlativo.

Un discorso a parte meritano i correlativi, facenti parte alle categorie di pronome ed aggettivo, che si formano però in modo particolare agglutinando ognuno dei cinque suffissi a nove prefissi.

[modifica] Ulteriori approfondimenti in altri progetti

Se vuoi approfondire lo studio della grammatica:

[modifica] Bibliografia

  • L.L. Zamenhof, Unua Libro, 1905
  • L.L. Zamenhof, Fundamento de Esperanto, ISBN 88-7036-046-4, Edistudio, 1991
  • Luigi Garlaschelli, Piccola grammatica gratuita di Esperanto (SMEG, Senkosta Malgranda Esperanta Gramatiko), Pavia, Associazione Pavese Esperanto, 1992 (disponibile gratuitamente in internet)
  • Bruno Migliorini, Manuale di esperanto, S. Vito al Tagliamento, Edizioni Paolet, 1922
  • René de Saussure, Fundamentaj reguloj de la vort-teorio en esperanto (Regole fondamentali della teoria lessicale in esperanto) ELibro, 2003



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