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Dimostrazione per assurdo - Wikipedia

Dimostrazione per assurdo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


« La reductio ad absurdum, tanto amata da Euclide, è una delle più belle armi di un matematico. È un gambetto molto più raffinato di qualsiasi gambetto degli scacchi: un giocatore di scacchi può offrire in sacrificio un pedone o anche qualche altro pezzo, ma il matematico offre la partita. »

La dimostrazione per assurdo (per cui si usa anche la locuzione latina reductio ad absurdum) è un tipo di argomentazione logica in cui si assume temporaneamente un'ipotesi, si giunge a un risultato assurdo, e quindi si conclude che l'assunzione originale deve essere errata, siccome ha condotto a tale risultato assurdo. È nota anche come ragionamento per assurdo. Fa uso del principio del terzo escluso: un enunciato che non può essere falso, deve essere vero.

[modifica] Nella filosofia e nel ragionamento quotidiano

Una dimostrazione per assurdo può essere fatta per sostenere molte tesi. Si consideri il seguente dialogo, per esempio.

A — Dovresti rispettare le credenze di C, perché tutte le credenze sono di uguale validità e non si possono rigettare.
B — Che ne dici della credenza di D? (Dove D crede qualcosa che è considerato errato dalla maggior parte delle persone, come il Nazismo o il fatto che il mondo sia piatto).
A — Penso sia giusto rigettare la credenza di D.
B — Se è giusto rigettare la credenza di D, allora non è vero che nessuna credenza può essere rigettata.

Perciò, posso rigettare la credenza di C se posso dare ragioni che suggeriscono che anch'essa è scorretta.

Un ragionamento più sottile, ma ancora più forte da un punto di vista filosofico, siccome non si basa sul fatto che A accetti che l'opinione di D sia errata, sarebbe la seguente.

A — Dovresti rispettare le credenze di C, perché tutte le credenze sono di uguale validità e non si possono rigettare.
B —
  1. Io rigetto questa tua credenza e credo che non sia valida.
  2. Secondo il tuo enunciato, questa mia credenza (1) è valida, come tutte le altre credenze.
  3. Tuttavia, il tuo enunciato contraddice il mio e lo rende non valido, siccome ne è l'esatto contrario.
  4. Le conclusioni di 2 e 3 sono incompatibili e contraddittorie, perciò il tuo enunciato è logicamente assurdo.

In entrambi i casi, B ha usato una dimostrazione per assurdo per sostendere la sua tesi.

[modifica] In matematica

Supponiamo di dover dimostrare la proposizione p. Il procedimento consiste nel mostrare che assumere "non p" (cioè che p sia falso) conduce una contraddizione logica. Perciò p non può essere falsa, e perciò, secondo la legge del terzo escluso, deve essere vera.

Per fare un semplice esempio, si consideri la proposizione "non esiste un numero razionale minimo tra quelli maggiori di zero". In una dimostrazione per assurdo, cominceremmo a supporre l'opposto: che esiste un numero razionale positivo minimo, diciamo, r0.

Adesso poniamo x = r0/2. Risulta che x è un numero razionale, ed è maggiore di zero; e x è minore di r0. Ma questo è assurdo — contraddice la nostra ipotesi iniziale che r0 fosse il più piccolo numero razionale positivo. Perciò possiamo concludere che la proposizione originale deve essere vera — "non esiste un numero razionale minimo tra quelli maggiori di zero".

Non è raro usare questo tipo di argomentazione con proposizioni come quella di cui sopra, riguardanti la non esistenza di qualche oggetto matematico. Si assume che tale oggetto esista, e quindi si dimostra che ciò condurrebbe a una contraddizione; pertanto, tale oggetto non può esistere. Altri esempi sono, la dimostrazione dell'irrazionalità della radice quadrata di due e l'argomento diagonale di Cantor.

È importante notare che, affinché la dimostrazione porti a conclusioni valide, deve essere dimostrato che, data una proposizione p, il suo contrario "non p" (cioè il fatto che p sia falso) implica un risultato che è assolutamente falso nel sistema matematico usato. Il pericolo è legato alla incoerenza logica di argomentazioni derivanti da mancanza di valutazione, ossia da situazioni in cui viene provato che "non p" implica una proprietà "q" che sembra falsa ma la cui falsità non viene realmente provata in maniera definitiva. Esempi tradizionali (ma non corretti!) di questa incoerenza sono le errate dimostrazioni del quinto postulato di Euclide (il cosiddetto postulato delle rette parallele) a partire dagli altri postulati. La ragione per cui queste dimostrazioni non possono essere considerati reali esempi di questa incoerenza è che la nozione di dimostrazione matematica era differente nel 19° secolo; la geometria euclidea era vista come un riflesso reale della realtà fisica, e quindi dedurre una contraddizione concludendo un risultato fisicamente impossibile (come la somma degli angoli di un triangolo non uguale a 180 gradi) era accettabile. Dubbi in merito alla natura della geometria dell'universo portò, tra gli altri, matematici come Gauss, Lobačevskij, Riemann, Bolyai ad estendere la definizione di geometria comprendendo tutte le geometrie non euclidee. Per un ulteriore esposizione in merito a questi fraintendimenti, vedi Morris Kline, Mathematical Thought: from Ancient to Modern Times.

Sebbene sia frequentemente usata nelle dimostrazioni matematiche, non tutte le scuole matematiche di pensiero accettano la dimostrazione per assurdo come universalmente valida. In scuole come l'intuizionismo il principio del terzo escluso non è accettato come vero. In base a questo modo di pensare, c'è una differenza molto significativa tra il provare che qualcosa esiste attraverso il fatto che sarebbe assurdo se non esistesse, e provare che qualcosa esiste costruendo un esempio reale di un tale oggetto.

Nella logica matematica, la dimostrazione per assurdo è rappresentata come:

if
S \cup \{ \neg p \} \vdash F
then
S  \vdash p

Sopra, p è la proposizione che desideriamo provare, e S è un insieme di proposizioni che vengono considerate vere; queste potrebbero essere, per esempio, gli assiomi della teoria su cui stiamo lavorando, o teoremi precedentemente dimostrati. Consideriamo la negazione di p insieme a S; se questo porta alla contraddizione logica F, possiamo concludere che le proposizioni S portano alla deduzione p.

Notare che l'operazione insiemistica di unione, in alcuni contesti strettamente collegata alla disgiunzione inclusiva (or), è usata qui per insiemi di proposizioni in modo che risulti più incentrata sulla congiunzione logica (and).


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