Coprofagia
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La coprofagia è il comportamento che porta il soggetto umano o animale a cibarsi di escrementi propri o altrui, dal greco copros (feci) e phagein (mangiare). Molte specie animali si sono evolute per praticare la coprofagia; altre specie non consumano normalmente feci ma potrebbero farlo in condizioni inusuali. Solo in rari casi è praticata dall'uomo e per la maggior parte delle volte in scenari sessuali.
Abbastanza diffusa nel regno animale, è considerata, in ambito umano, come parafilia, che in un esiguo numero di pazienti è associabile a disturbi di schizofrenia[1].
Una rappresentazione di questo comportamento è presente nel libro La matta bestialità di Giorgio Todde e nel terzo girone del film Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini.
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[modifica] Coprofagia negli animali
Gli insetti coprofagi ingeriscono e digeriscono gli escrementi di grandi animali; questi contengono sostanziali quantità di cibo semi-digerito(il sistema digerente erbivoro è particolarmente inefficiente). L'insetto che si nutre di feci più conosciuto è lo Scarabeo stercorario ed il più diffuso è la mosca.
I maiali sono i più comunemente associati al comportamento di mangiare non solo i loro escrementi, ma anche quella di altri animali o uomini.
I giovani elefanti, panda, koala e ippopotami mangiano le feci della madre per ottene i batteri necessari alla digestione della vegetazione trovata nella savana e nella giungla. Alla nascita, il loro intestino non contiene questi batteri (è completamente sterile). Senza di essi, non sarebbero in grado di ricavare alcun nutrimento dalle piante.
I gorilla mangiano le proprie feci e quelle degli altri esemplari.
I criceti mangiano i propri escrementi; si pensa che questa sia un risorsa di vitamina B e K, prodotta da batteri nell'intestino. Alcune scimmie sono state viste mangiare escrementi di cavallo e di elefante per ottenere sale. La coprofagia è stata osservata anche nella talpa nuda.