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Cartiera Papale - Wikipedia

Cartiera Papale

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Cartiera Papale in  Ascoli Piceno
Cartiera Papale in Ascoli Piceno

La Cartiera Papale di Ascoli Piceno è un complesso architettonico realizzato in robusti conci regolari squadrati di travertino ed ha sempre ospitato mulini ad acqua.

La costruzione del fabbricato si sviluppa in più piani edificati in diversi periodi. Il pianterreno è del XVI secolo e beneficiò dell’ingegno di Alberto da Piacenza e forse di Cola dell’Amatrice quali attenti restauratori. Al suo interno ci sono ampie vasche, realizzate in pietra, idonee ed usate per la macerazione degli stracci, dai quali si otteneva la poltiglia che poi stesa su telai ed asciugata diventava carta.

La zona laterale custodisce macine in pietra che erano movimentate dalle acque del torrente Castellano che canalizzate raggiungevano le turbine idrauliche.

I piani che si sopraelevano sono del XVIII secolo, realizzati al tempo in cui la proprietà della cartiera passò dallo Stato Pontificio alla famiglia Merli di Ascoli che ne fu espropriata durante l’epoca fascista.

Tutto l’edificio della ex Cartiera Papale è da considerare una rappresentativa testimonianza di un complesso architettonico ed industriale concepito per uso lavorativo.

La sua vocazione polifunzionale, nel corso del tempo, è stata testimone di attività quali la cartiera, i mulini ad acqua, la concia delle stoffe e la ferriera, con l’inseparabile e preziosa simbiosi delle acque del vicino torrente.

L’edificio, nel corso del tempo, è stato sede di diverse attività lavorative ed ha attirato perfino l’interesse di Papi come Giulio II e Clemente VII.

Le prime notizie certe risalgono al 1104, quando nei pressi del torrente furono elevate le prime costruzioni utilizzate come mulini.

Ricompaiono altri dati storici sulla Cartiera Papale alla fine del periodo medioevale, nel 1377, allorquando all’interno del mulino si era insediata la cartiera.

Questa informazione però non è considerata certa poiché, nel 1381, lo sviluppo industriale del fabbricato, che continuava comunque ad accogliere i mulini, ospitava anche una macchina detta “gualchiera” che serviva per battere stoffe e tessuti. Al suo interno, inoltre, vi era anche una tintoria e macchinari per affilare ferramenta.

La certezza della produzione della carta è del 1400, ed anche quella della configurazione attuale dell’intero fabbricato.

Papa Giulio II della Rovere, dalla fama di essere un papa guerriero, ma in effetti amante anche dell’arte e della cultura, nel 1511, dette incarico all’ingegnere idraulico Alberto da Piacenza di restaurare l’intero edificio rovinato da una piena del torrente del 1508.

Il 17 ottobre 1511 i lavori erano quasi giunti ad ultimazione e l’ingegnere Alberto da Piacenza chiedeva al vice tesoriere della Camera Apostolica Ascolana, Scipione Parisani da Tolentino, il compenso per i lavori stimati che riguardavano: lo scavo di una galleria, la costruzione di una condotta per le acque, la costruzione di muri nonché la lavorazione di porte e finestre e modanature architettoniche.

Il 6 dicembre 1511 Alberto da Piacenza rilasciò quietanza per quanto realizzato.

Da questo si comprende come la Cartiera Papale rappresentò un esempio di “archeologia industriale” del Rinascimento.

La facciata principale dell’opificio ha, al primo piano, 4 finestre realizzate secondo il gusto del Brunelleschi, attribuibili a Bernardino di Pietro da Carona.

Al primo piano c’è un ingresso con il portale in travertino, tipico della seconda metà del XV secolo, architravato e sormontato da una lunetta con un concio di chiave decorato con un bassorilievo di sculture a fogliami.

La trabeazione ha la cornice sporgente, un fregio con iscrizione: "JULIUS II PONT MAX MCCCCCXII" (Giulio II pontefice massimo 1512) che ricorda Papa Giulio II e l’anno in cui si conclusero i lavori, il 1512.

Sopra la cornice, alla base dell'inizio dell'arco della lunetta, sono poggiati due cubi con gli stemmi araldici della famiglia dei Della Rovere composti di foglie di quercia e una ghianda centrale.

Sull’architrave sono visibili 3 stemmi a testa di cavallo che recano, leggendoli da sinistra verso destra, le insegne della città di Ascoli, al centro quella Papale seguita da quella che dovrebbe appartenere al governatore Raniero de Ranieri, non essendovi però certezza di quest’ultima attribuzione.

Ogni finestra ha un architrave e una lunetta decorata da palmette come acroteri, la stessa tipologia usata, nella città di Ascoli, per le finestre degli edifici porticati di Piazza del Popolo.

Nel 1525 papa Clemente VII incarica Cola dell’Amatrice per un nuovo restauro della parete nord- ovest verso il Castellano.

Il 1646 segna l’inizio del declino della produzione della carta che comunque sopravvive fino al 1920, circa. Fino al 1940 continuò l’attività di mulino.

Il portale principale del pianterreno della Cartiera Papale, di Ascoli Piceno, presenta un arco a tutto sesto. La descrizione di Baladassarre Orsini, unita al ritrovamento, ha dato la possibilità di ridisegnarlo così come appariva in origine.

Era costituito da conci cubici, le facce esterne presentavano incassi a piramide con foglie di quercia ed una ghianda centrale. La scultura ricordava i simboli araldici dei Della Rovere negli anni del pontificato di Giulio II.

Anche l’arco era formato da conci e quello centrale proponeva scolpita la testa del Pontefice.

L’iscrizione: "IVLIVS II PONT MAX M D XII", ricorda il Papa Giulio II e l’anno di conclusione dei lavori di restauro cui fu sottoposto l’intero complesso.

Vi sono anche due stemmi cardinalizi nei pennacchi dell’arco. Quello di destra rappresenta l’insegna di Antonio Del Monte di Montesansavino, cardinale nel 1512; quello di sinistra non molto leggibile, poiché quasi del tutto perduto, si può ipotizzare che abbia riprodotto l’insegna di Raffaele Riario, cardinale di San Giorgio al Celebro e vescovo di Ostia dal 1511.

Il capitello di sinistra raffigura due cornucopie, simbolo di abbondanza, fiammeggianti, come amore ardente, secondo F. Benzi abbondanza e amore alludono alla Carità.

A destra si dovrebbero riconoscere le sfingi che, secondo Orsini, sono simbolo del silenzio e del mistero e siccome reggono il vaso fiammeggiante dovrebbero rappresentare i misteri della Fede stessa. Questa simbologia è sicuramente riferita a Papa Giulio II che si definiva “difensor fidei” e che trovava nella Carità la forza per sconfiggere i nemici.

[modifica] Galleria fotografica

[modifica] Bibliografia

  • Adriano Ghisetti Giavarina, Opus, quaderno di storia dell'architettura e restauro, Carsa Edizioni, 6/1999, pp. 71-82;

[modifica] Voci correlate

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