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Campagna dei Dardanelli - Wikipedia

Campagna dei Dardanelli

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Campagna dei Dardanelli
Parte della prima guerra mondiale

La nave da battaglia francese Bouvet
Data: 19 febbraio 1915 - 9 gennaio 1916
Luogo: Dardanelli, Turchia
Esito: vittoria ottomana
Schieramenti
Bandiera del Regno Unito Impero britannico
Bandiera della Francia Francia
Impero ottomano
Comandanti
Sackville Carden
John de Robeck
Otto Liman von Sanders

La campagna dei Dardanelli (19 febbraio 1915 - 9 gennaio 1916) può essere considerata uno dei più clamorosi insuccessi dell'Intesa durante la prima guerra mondiale. Fortemente voluta e caldeggiata dal giovane primo lord dell'Ammiragliato dell'epoca, Winston Churchill, presentò da subito una lunga serie di difficoltà logistiche e organizzative, e venne condotta con eccessiva superficialità. Le oltre 150.000 perdite in vite umane, tra anglo-francesi, australiani, neozelandesi e turchi, vennero sacrificate per quello che militarmente fu un "nulla di fatto".

Indice

[modifica] Necessità di agire e richieste della Russia

Le pesanti sconfitte subite dall'impero russo ad opera dei tedeschi in Prussia Orientale, a Tannenberg e sui Laghi Masuri, unita alla pressione turca sul Caucaso e alla cronica penuria di munizionamento per le forze armate, avevano reso piuttosto critica per l'Intesa la situazione del fronte orientale alla fine del 1914. Il granduca Nicola, comandante in capo dell'esercito russo, fece all'inizio dell'anno dei passi presso l'ambasciatore britannico perché venisse effettuata una "dimostrazione" di forza contro l'Impero Ottomano. Il consiglio di guerra britannico, riunitosi il 13 gennaio, diede ordine all'Ammiragliato di organizzare uno sbarco in forze sulla penisola di Gallipoli, che dominava lo stretto dei Dardanelli, da attuarsi nel mese successivo. Il piano messo a punto prevedeva degli sbarchi lungo lo stretto per l'occupazione dei forti turchi, dopo però che importanti foze navali avessero forzato lo stretto stesso e messo sotto tiro Costantinopoli con i grossi calibri. A quel punto sarebbero intervenute altre unità francesi, britanniche e russe destinate a occupare la città e il Bosforo. Questo piano, messo a punto in mancanza di forze sufficienti per una vera e propria invasione in massa (si stimava fossero necessari almeno 100.000 uomini) era viziato dalla estrema difficoltà di un forzamento navale dei Dardanelli. Per quanto la Turchia non disponesse di una apprezzabile forza navale, lo stretto era abbastanza angusto da rendere pericolosissimi i pochi campi minati che gli ottomani avevano posato, senza contare i forti, che per quanto dotati di armamenti antiquati, erano in una posizione di vantaggio, una situazione analoga a quella a cui si erano trovati i contendenti dela passata guerra russo-giapponese del 1905, in cui le mine marine avevano affondato molte navi di entrambi i contendenti, e dove le artiglierie navali erano state del tutto insufficienti ai Giapponesi per vincere, dove anzi l'artiglieria fissa russa aveva causato enormi perdite. Un ulterire fattore di debolezza fu dato dalla lungaggine dei preparativi da parte delle forze dell Intesa, neppure troppo segreti, che mise in allarme gli ottomani.

[modifica] Contromisure turche

Sulla base delle informazioni trapelate e dai movimenti alleati sull'isola di Lemnos, i comandi turchi poterono prendere qualche contromisura. Vennero spostati sul versante europeo, a rinforzare la 7a e la 9a divisione sei battaglioni di gendarmeria. Altre divisioni vennero mobilitate per essere ritirate dal fronte russo. Vennero inoltre posati nove nuovi campi minati, esaurendo praticamente la disponibilità di ordigni; infine vennero schierate su entrambe le sponde dello stretto delle nuove batterie mobili.

[modifica] Cominciano le operazioni: primo round ai turchi

Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Gallipoli.
Mappa della battaglia di Gallipoli feb-apr 1915
Mappa della battaglia di Gallipoli feb-apr 1915

Il 19 febbraio dodici corazzate pre-dreadnought (9 britanniche e 3 francesi) al comando del vice ammiraglio Carden attaccarono le postazioni fortificate turche con un pesante bombardamento, durato otto ore. Il 25 dello stesso mese le navi da guerra alleate tornarono all'attacco e danneggiarono alcune fortificazioni, riducendo al silenzio alcune batterie fisse. Le batterie mobili turche invece furono abilmente gestite e riuscirono a intralciare seriamente i tentativi di sbarco e il dragaggio degli sbarramenti minati all'imboccatura dello stretto. Il 18 marzo dieci corazzate (sei britanniche e quattro francesi) forzarono lo stretto raggiungendo il mar di Marmara , ma incapparono in uno sbarramento minato e si dovettero ritirare con perdite pesanti. A questo punto apparve chiaro che il forzamento dello stretto con le sole navi da guerra era pressoché impossibile; venne pertanto deciso lo sbarco nell'area della penisola di Gallipoli.

[modifica] Frettolosa preparazione e sbarco

L'organizzazione delle truppe terrestri fu difficoltoso, e anche in questa seconda fase il segreto dei preparativi non fu al primo posto tra le esigenze degli alleati. Complessivamente vennero messe agli ordini del generale sir Jan Hamilton cinque divisioni, di cui una francese, e due del corpo d'armata ANZAC (Australian New Zeland Army Corps), per un totale di circa 78.000 uomini. I turchi dal canto loro affidarono al generale tedesco Otto Liman von Sanders il comando delle forze disposte a difesa. Il generale tedesco organizzò le sue truppe in tre grandi scaglioni, per prevenire gli sbarchi da ogni lato della penisola. Ormai aveva a disposizione una intera armata, la Quinta, con le divisioni 5a e 6a schierate sull'istmo di Bulair, sulla costa asiatica la 3a e l'11a, al centro della penisola la 19a e infine la 9a all'estremo sud della stessa. Lo sbarco cominciò fra la notte del 24 e le prime ore del 25 aprile, con oltre duecento navi alleate in mare. Entro il pomeriggio del 25 aprile, nonostante gli errori nelle zone di sbarco, circa 20.000 uomini della divisione australiana e di una brigata neozelandese erano sbarcati in un settore abbastanza ampio, e disponevano già dell'artiglieria divisionale. Queste forze subirono un contrattacco violento da parte di un reggimento della 9a divisione turca, comandato personalmente dal generale Mustafà Kemal Pascià (futuro fondatore della repubblica turca) e di altri reparti. Il combattimento durissimo costrinse gli invasori a ripiegare, trincerandosi a difesa della testa di ponte. Il 29 aprile le parti concordarono una tregua umanitaria per raccogliere le migliaia di morti e feriti giacenti sul terreno. La 29a divisione britannica sbarcò su cinque spiagge in maniera piuttosto caotica, favorendo la reazione dei difensori. Presso capo Helles oltre la metà dei soldati che dovevano sbarcare furono uccisi o feriti da un micidiale fuoco di mitragliatrici che investì il trasporto River Clyde. Anche le truppe sbarcate dall'incrociatore corazzato Euryalus subirono perdite pesantissime, nonostante il violento fuoco di preparazione dell'incrociatore stesso. Alcuni barconi riuscirono a sbarcare soldati per la forza di circa una compagnia, che riuscirono ad arrampicarsi sugli scogli e neutralizzarono le mitragliatrici turche, permettendo ai superstiti di sbarcare. Su altre spiagge, in codice chiamate X, Y e S, gli sbarchi avvennero con meno difficoltà, protetti sulla "X" dal fuoco dell'incrociatore da battaglia Inflexible . Dalla "Y" i Royal Marines sbarcati subirono nella notte un così forte contrattacco che furono costretti al reimbarco. Sulla costa asiatica un reggimento francese si impadronì dei resti del forte di Kum Kalè, distrutto dai cannoni delle corazzate in febbraio. Il 26 aprile, esaurito il compito diversivo, si reimbarcò senza danni.

[modifica] Le operazioni terrestri

Le truppe dell'ANZAC si mossero per conquistare l'altura di Chunuk Bair, dominante lo stretto. Fino al 4 maggio i violenti combattimenti costarono ai turchi perdite molto pesanti, ma gli alleati non ottennero alcun risultato e furono costretti ancora una volta a trincerarsi a difesa. Il 28 aprile, dopo un pesante bombardamento navale, le truppe sbarcate a sud avanzarono verso l'altura di Achi Baba, altra posizione dominante a circa 10 Km da capo Helles. Le prime difese turche vennero sopraffatte, ma l'intervento dell'11a divisione ottomana al completo costrinse gli alleati a ritirarsi sulle posizioni di partenza. Ulteriori tentativi di sfondare ottenero scarso successo nei giorni successivi. Con il rinforzo di tre nuove divisioni affluite sulle teste di ponte il generale Hamilton sferrò un nuovo attacco. Dal 6 all'8 maggio, con la preparazione di artiglieria effettuata dalle navi da battaglia, i francesi attaccarono l'ala sinistra dello schieramento ottomano, ma senza risultati apprezzabili (anzi, i turchi riconquistarono alcune posizioni perdute). Il 19 maggio scattò una poderosa controffensiva ottomana, comandata personalmente dal generale von Sanders e diretta a ricacciare in mare le truppe dell'ANZAC. Le difese ben predisposte da australiani e neozelandesi fiaccarono il tentativo. Il 24 maggio vi fu una nuova tregua per lo sgombero delle migliaia di morti e feriti. Nel corso del mese di maggio le forze navali alleate subirono perdite che consentirono all'artiglieria turca di battere l'ala destra alleata direttamente dalla costa asiatica. Il 4 giugno un nuovo attacco alleato diede vita alla terza battaglia nel settore di Krithia: a parte la conquista di alcuni trinceramenti turchi le forze alleate non riuscirono a fare progressi verso l'interno. Agli insuccessi alleati si venne a sommare l'ormai precaria condizione di salute e di spirito delle forze sbarcate in aprile. Hamilton chiese quindi nuovi rinforzi, che entro fine luglio furono completati in cinque nuove divisioni in aggiunta alle sette già presenti sulle teste di ponte. Anche le forze ottomane si rinforzarono di conseguenza, fino a schierare nello stesso periodo ben 15 divisioni.

[modifica] Ultimo colpo di coda e fallimento definitivo

Con le truppe fresche appena giunte, Hamilton decise di sferrare un nuovo risolutivo attacco, corroborato da un nuovo sbarco nella baia di Suvla diretto a tagliare in due la penisola e impedire l'intervento in forze dei difensori, oltre all'occupazione delle alture. L'operazione prevedeva anche un attacco diversivo da sud (capo Helles) per distrarre gli eventuali rinforzi turchi. Le operazioni scattarono il 6 agosto, ma si arenarono quasi subito ovunque. Le truppe fresche, inesperte, e le esauste veterane di aprile vennero ancora una volta costrette a trincerarsi nelle ormai anguste teste di ponte. La situazione divenne drammatica in autunno, con l'inizio di un maltempo persistente. Il governo britannico decise per lo sganciamento da una campagna ormai chiaramente fallita, e sostituì Hamilton con il generale Charles Monro, il quale organizzò abilmente, dopo una rapida ricognizione della situazione, le operazioni di sganciamento e reimbarco. Entro il 20 dicembre la maggior parte dell'equipaggiamento pesante e delle truppe fu evacuato. Gli ultimi 35.000 uomini vennero reimbarcati fra l'8 e il 9 gennaio 1916 .

[modifica] Le operazioni navali

La Canopus mentre bombarda i forti ottomani nei Dardanelli, maggio 1915
La Canopus mentre bombarda i forti ottomani nei Dardanelli, maggio 1915

L'ammiraglio Sackville Carden, che dall'inizio del conflitto comandava una divisione di incrociatori da battaglia (con relativa scorta) nel Mediterraneo orientale, venne incaricato di svolgere uno studio di fattibilità per una grande operazione di forzamento degli stretti che collegano il Mediterraneo al Mar Nero. L'idea di costringere la Sublime Porta alla resa, semplicemente con la minaccia di distruggere la capitale a cannonate, era un'idea allettante se rafforzata oltretutto dalla inconsistenza della marina avversaria. Il tentativo dell'ammiraglio tedesco Wilhelm Souchon di "raddrizzare" la miserevole flotta ottomana era ben lontano dal poter pensare di contrastare, anche indirettamente, la potenza navale britannica. L'ammiraglio Carden, per conto suo, stimò fattibile l'impresa con l'impiego in forze di navi da battaglia, in grado di colpire le postazioni difensive turche (in parte antichi forti) senza il rischio di essere colpiti. Il problema maggiore era costituito dallo stretto braccio di mare (40 miglia marine circa) che introduceva al mar di Marmara; per quanto gli alleati fossero bene informati sugli sbarramenti minati posati dai turchi il rischio esisteva sempre. Ma si trattava, a giudizio del comandante britannico, di un rischio calcolato a patto di utilizzare «forze adeguate». La Gran Bretagna, che disponeva della prima flotta da guerra al mondo, aveva a disposizione un gran numero di vecchie unità destinate col tempo ad essere disarmate e ormai di seconda linea, in gran parte corazzate pre-dreadnought. L'Ammiragliato concentrò nel Mediterraneo orientale un gran numero di queste navi, giudicate più che adeguate all'operazione, e relativamente "spendibili". Su richiesta di Carden venne schierata anche, sotto mille vincoli di sicurezza, una delle più potenti unità della Royal Navy, la super corazzata Queen Elizabeth. A questa si aggiungeva anche l'incrociatore da battaglia Inflexible. Anche la Marine Nationale, che lasciò agli inglesi il comando delle operazioni, imitò l'esempio britannico mettendo a disposizione navi che ormai erano di seconda linea.

Irresistible mentre affonda
Irresistible mentre affonda
  • 19 febbraio: otto navi da battaglia britanniche (oltre alla Queen Elizabeth e all' Inflexible le sei vecchie corazzate Albion,Vengeance, Cornwallis, Irresistible,Triumph e Agamennon) e quattro francesi (le vecchie Suffren, Bouvet, Charlemagne e Gaulois ) intrapresero senza danno un violento bombardamento "di ammorbidimento" sulle postazioni difensive turche all'imboccatura degli stretti.
    • 25 febbraio: bombardamenti per coprire gli sbarchi di alcune compagnie, volti a eliminare i cannoni costieri. In questo frangente gli alleati constatarono l'abbandono da parte dei turchi dei forti all'imboccatura dello stretto, ormai troppo danneggiati. La reazione ottomana arrivò a colpire la corazzata Agamennon, che tuttavia non riportò gravi danni.
    • 18 marzo : scattò una operazione in grande stile per completare il dragaggio dello stretto fno al mare di Marmara, colpendo le installazioni turche rilevate. Il comando passò da Carden, ufficialmente indisponibile per malattia, al suo secondo ammiraglio John de Robeck . La prima fase vide le navi da battaglia britanniche più moderne aprire il fuoco da grande distanza, seguite da due pre-dreadnought e rilevate poi dai vascelli francesi. Dopo il loro intervento sarebbe stata la volta del grosso delle navi britanniche. Nella manovra di accostata la Bouvet (già colpita diverse volte dai cannoni turchi) urtò una mina e si capovolse affondando in 58 secondi. Anche l'incrociatore da battaglia Inflexible venne gravemente danneggiato da una mina, così come la Irresistible, che affondò in seguito ai danni riportati, seguita dalla Ocean, vittima anch'essa di una mina mentre le prestava soccorso. A queste unità si doveva aggiungere anche la francese Gaulois, fatta incagliare a Tenedo per evitarne l'affondamento.

Le perdite subite, dolorose ma non certo in grado di intaccare la potenza navale alleata e la possibilità di intervenire ancora in maniera massiccia, suscitarono invece una reazione di eccesso di prudenza da parte del comandante in mare, che "passò la palla" alle forze di terra. Ciò nondimeno Churchill in persona fece pressioni per trasferire altre vecchie navi di linea in Egeo. La prudenza della Royal Navy aumentò a dismisura col ritiro delle unità più moderne e con la perdita, in due settimane, di altre tre navi di linea in maggio (Majestic e Triumph, colate a picco dallU-21 del comandante Otto Hersing, e la Goliath affondata dai siluri del cacciatorpediniere turco Muvenet, anch'esso al comando di un ufficiale tedesco). Da quel momento le forze navali si limitarono ad appoggiare gli ulteriori sbarchi di truppe (Suvla, 8 agosto) impiegando principalmente piccole cannoniere e siluranti, meno esposte al tiro nemico.

[modifica] Conclusioni

La defezione della marina britannica dalla prima grande operazione anfibia dell'era moderna costò alla Gran Bretagna un numero spropositato di uomini, fatto ancora più grave data la penuria, in quel momento, di truppe terrestri. In effetti la Royal Army arrivò a impegnare sulle teste di ponte degli stretti quasi un quarto dei suoi effettivi, comprendenti per la prima volta anche truppe dei Paesi coloniali (Canadesi, Australiani, Sudafricani e altri). Le forze francesi agirono in sintonia con gli alleati ma dopo le perdite di marzo non si esposero più di tanto, considerando fra l'altro quello turco un settore di assoluto secondo piano rispetto alla mortale battaglia che l'Armee combatteva in casa. Da questo vero e proprio disastro, dovuto anche alla resistenza a oltranza delle forze ottomane, una volta tanto ben organizzate e ben guidate, il prestigio che la Royal Navy voleva difendere a ogni costo evitando perdite sopportabili (in quel momento erano in servizio ben 25 pre-dreadnought più altre 9 di riserva) venne macchiato dal sacrificio delle truppe a terra. La disfatta costò quasi la carriera all'allora Primo Lord dell'Ammiragliato (ministro della Marina Militare) Winston Churchill, fra i sostenitori del piano, che non ebbe più comandi operativi.


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