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Medea (Euripide) - Wikipedia

Medea (Euripide)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Medea
di Euripide
Tragedia

Medea uccide i figli
Eugène Delacroix (1838)
Titolo originale Μήδεια
Lingua originale Greco antico
Versioni dell'autore in altre lingue {{{Lingua2}}}
Genere
Fonti letterarie {{{Soggetto}}}
Ambientazione Corinto, Grecia
Composto nel
Prima assoluta 431 a.C.
Teatro: Teatro di Dioniso, Atene
Prima rappresentazione italiana
Teatro:
Premi {{{Premi}}}
Versioni successive
Personaggi:
  • Nutrice
  • Aio
  • I figli di Medea
  • Medea
  • Coro di donne Corinzie
  • Creonte
  • Giasone
  • Egeo
  • Messo
Autografo: {{{Autografo}}}
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Riduzioni cinematografiche
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Medea (Μήδεια, Mèdeia) è il titolo di una tragedia greca messa in scena da Euripide nel 431 a.C.. La tetralogia tragica di cui faceva parte comprendeva anche le perdute Filottete e Ditti, oltre che il dramma satiresco I mietitori. Le fonti raccontano che Euripide si classificò solo terzo all'agone tragico delle Grandi Dionisie, dietro Sofocle, vincitore, ed Euforione, figlio di Eschilo[1].

Indice

[modifica] La trama

La scena si svolge a Corinto, dove Medea, suo marito Giasone ed i loro due figli vivono tranquillamente. La donna ha aiutato il marito nell'impresa del Vello d'oro, abbandonando così il proprio padre, Eete.

Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole dare sua figlia Glauce in sposa a Giasone, dando così a quest'ultimo la possibilità di successione al trono. Giasone accetta, abbandonando così sua moglie Medea.

Malgrado la disperazione della donna, vista l'indifferenza di Giasone, Medea medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che il dono è pieno di veleno, lo indossa per poi morirne fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch'egli il mantello, morendo.

Ma la vendetta di Medea non finisce qui. Per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli avuti con lui condannandolo all'infelicita' perpetua.

[modifica] L'opera

Gli studiosi concordano nel negare all'opera una derivazione dall'omonima tragedia di Neofrone, riconoscendo ad Euripide tutto il merito delle parti innovative del personaggio, che trova le sue origini nelle Argonautiche scritte da Apollonio Rodio, dove viene raccontata l'epopea del Vello d'oro.

L'opera ha molte sfaccettature e svariate interpretazioni, ma di sicuro è l'affermazione della dignità della donna, concetto che stava prendendo forma nell'Atene dell'epoca. Medea è vittima della "paura dell'estraneo", straniera in terra straniera viene vista come un pericolo e, per vendetta, alla fine lo diventa.

La tragedia ha una spiccata presenza umana, lasciando da parte gli dèi, i quali sembrano rimanere muti alle tragiche vicende che vedono svolgersi. Giasone infatti a loro si rivolge, accusandoli di non aver impedito la triste sorte dei suoi figli, ma non riceve risposta.

Per la prima volta nel teatro greco (almeno quello che è arrivato sino a noi) protagonista è la passione di una donna, una passione violenta e feroce che rende Medea una donna debole e forte allo stesso tempo. Forte perché è padrona della sua vita e non si piega davanti a nessuno, ma anche debole perché questo l'ha resa sola, e dietro di sé ha distrutto tutto quello che rappresentava il suo passato.

Medea ha un fortissimo orgoglio, che le impedisce di chiedere aiuto o di sottomettersi, tanto da arrivare a superare il senso di maternità: preferisce vedere i suoi nemici morti piuttosto che i suoi figli vivi.

[modifica] Personaggi

Medea costituisce uno dei personaggi più celebri del mondo classico, per forza drammatica, complessità e espressività. Tutte le altre figure si muovono attorno a lei, che domina la scena. Se, di solito, la tragedia classica presenta due personaggi in conflitto (per esempio Creonte e Antigone, oppure Oreste e Clitemnestra), ciascuno portatore di un ben preciso ordine di vedute, Medea contiene, dentro di sé, quasi due figure contrastanti: una vorrebbe uccidere i figli, l’altra li vorrebbe risparmiare. La sua è una mente scissa, conflittuale, quasi che Euripide conoscesse la moderna psicologia.

Giasone, al contrario, è quasi sminuito nella tragedia, tanto da ottenere la fama di seduttore che spingerà Dante a collocarlo nell’Inferno. Sembra che per lui l’amore rappresenti soltanto un mezzo per la conquista di qualcosa; come eroe perde tanto in prestigio da scadere al rango di uomo egoista e meschino, che crede di riuscire a giustificare il proprio operato solo per mezzo della sua capacità oratoria. Certo il suo destino sarà molto peggiore di quello della moglie: perde il trono, una compagna e i figli, mentre Medea riuscirà a sposare Egeo e a tornare, da regina, nella sua Colchide.

I personaggi della nutrice e del pedagogo hanno l’importante ruolo di commentare i fatti e ricavarne la morale.

È curioso che figure di importanza fondamentale per la trama, quali i figli della coppia e Glauce, siano continuamente presenti (o nei discorsi dei personaggi o persino sulla scena), senza però mai esprimersi direttamente. Euripide intende avvolgerli di un’atmosfera tragica, come per mostrare al pubblico il terribile destino cui vanno incontro.

La divinità ha un ruolo solo marginale nell’opera, e la si incontra solo nelle invocazioni dei personaggi, ma non interviene mai, come in altri casi nelle tragedie euripidee.

[modifica] Variazioni sul mito

Nel corso dei secoli ci sono stati molti autori che si sono cimentati con il dramma di Euripide, creandone versioni diverse, a seconda del momento culturale in cui sono state scritte.

Nella letteratura latina furono scritte molte opere su questo argomento, ma solo una è giunta intera ai nostri giorni, la Medea di Seneca.

Anche Ovidio, fra il 12 a.C. e l'8 a.C., ne scrive una sua versione, andata però perduta: si dice che abbia avuto molto successo.

Interessante notare che anche Valerio Flacco, autore latino lodato da Quintiliano, nella sua opera "Argonautica" (incompiuta) si cimenterà con il personaggio di Medea che però risente di influssi senecani e virgiliani ispirandosi anche alla figure di Didone.

Alcuni frammenti delle tragedie di Ennio riguardano una Medea.

Tocca poi a Franz Grillparzer, nel 1821, darne un'altra interpretazione, che pone l'accento più sul fato e le circostanze avverse che spingono la donna ad agire, mentre nel 1949 Corrado Alvaro, nella sua Lunga notte di Medea, pone l'accento sul fatto che Medea è un'estranea in una comunità chiusa, e quindi si sente aggredita e discriminata.

Tra le opere scritte recentemente, si ricorda la Medea del 1946 di Jean Anouilh.

[modifica] Note

  1. ^ Fonte: Euripide, Medea, a cura di Laura Suardi, Principato:Milano, 2007, p.8

[modifica] Bibliografia

  • Tutte le tragedie (1991), di Euripide - a cura di Filippo Maria Pontani, Newton
  • Medea: variazioni sul mito (1999), a cura di Maria Grazia Ciani, Marsilio (ISBN 8831772503)
  • Medea (431 a.c.), di Euripide
    • Medea (1821), di Franz Grillparzer
  • Lunga notte di Medea (1949), di Corrado Alvaro
  • Medea (2003), di Lucio Anneo Seneca, Ets (ISBN 8846707427)
  • Euripide, Medea, a cura di Laura Suardi, Principato: Milano, 2007 (ISBN 8841627824)

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

Le tragedie greche
Eschilo: Supplici | I Persiani | Sette contro Tebe | Prometeo incatenato | Orestea ( Agamennone · Coefore · Eumenidi )
Sofocle: Aiace | Antigone | Trachinie | Edipo re | Elettra | Filottete | Edipo a Colono
Euripide: Alcesti | Medea | Ippolito | Gli Eraclidi | Troiane | Andromaca | Ecuba | Supplici | Ione | Ifigenia in Tauride | Elettra | Elena | Eracle | Le Fenicie | Oreste | Ifigenia in Aulide | Le Baccanti | Ciclope | Reso
Vedi anche: Teatro greco | Musica dell'antica Grecia | Istituto Nazionale del Dramma Antico


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