Orestea
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L'Orestea è una trilogia (formata dalle tragedie Agamennone, Coefore, Eumenidi e seguita dal dramma satiresco Proteo, oggi perduto) con cui Eschilo vinse gli agoni tragici (ossia concorsi per rappresentazioni teatrali) di Atene, chiamati Grandi Dionisie, nel 458 a.C.. Delle trilogie di tutto il teatro greco classico, è l'unica che ci sia pervenuta per intero. Le tragedie che la compongono rappresentano, in tre episodi, un'unica storia, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell'antica Grecia: l'assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, la vendetta del loro figlio Oreste, che uccide la madre, la follia del matricida e la sua redenzione finale ad opera del tribunale dell'Areopago.
Indice |
[modifica] Agamennone
Agamennone | |
di Eschilo
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Tragedia
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Clitennestra esitante prima di colpire Agamennone (dipinto di P.N.Guérin, 1819) |
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Titolo originale | Αγαμέμνων |
Lingua originale | Greco antico |
Ambientazione | Argo, Grecia |
Prima assoluta | 458 a.C. |
Teatro: | Teatro di Dioniso, Atene |
Premi | Vittoria alle Grandi Dionisie del 458 a.C. |
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Agamennone, alla partenza per la guerra non ha venti favorevoli e quindi per propiziarsi gli dèi (in particolare Diana dea dei venti) aveva fatto uccidere la figlia Ifigenia, di bellezza eccezionale.
In realtà Ifigenia viene sostituita con una cerva all'ultimo momento e trasportata in terre lontane dalla dea Artemide, ma questo nessuno lo viene a sapere. Si alzano i venti, la flotta alza le vele. Clitennestra decide la vendetta, convincendo il cugino del marito, Egisto, suo amante, ad aiutarla in tale impresa. La prima tragedia della serie narra quindi dell'omicidio di questi e di Cassandra, di ritorno dalla Guerra di Troia, da parte della moglie Clitennestra, che con l'aiuto di Egisto cattura con una rete e uccide il marito.
Prologo (vv. 1-39): Il monologo della sentinella appostata sul tetto della casa degli Atridi (per ordine della stessa Clitemnestra) che veglia da quasi un anno aspettando il segnale luminoso che annuncerà la caduta di Troia e quindi il ritorno di Agamennone. Si lamenta delle fatiche che sopporta ormai da molto quando avvista il segnale ed esce per avvisare la regina.
Parodo (vv. 40-257): entra il coro, formato dai vecchi di Argo, che si chiede se Agamennone stia davvero tornando e rievoca gli antefatti della spedizione. Viene narrato il prodigio nefasto delle due aquile (gli Atridi) che uccidono una lepre pregna (Troia), interpretato correttamente da Calcante, come la guerra contro Troia e l’ira di Artemide. C’è poi il cosiddetto "inno a Zeus" (vv. 160-183). Continua la narrazione con la descrizione della flotta achea bloccata in Aulide, del dissidio interno di Agamennone che poi si convince a sacrificare la figlia e dello struggente sacrificio.
Primo episodio (vv. 258-354): Clitennestra entra in scena, il coro inizia un dialogo con lei chiedendole se è vero che Troia è caduta o se sia solo un sogno della regina. Clitennestra spiega tutto il percorso del segnale luminoso da Troia ad Argo poi esce.
Primo stasimo (vv. 355-488): il coro intona un inno a Zeus che è lodato come colui che punisce chi infrange la Giustizia, si parla del ratto di Elena, della punizione che colpirà i Troiani e dei morti della guerra, infine il coro dubita se la voce del ritorno sia vera.
Secondo episodio (vv. 503-680): entra in scena l’araldo che dopo aver invocato la terra patria e gli dèi dà notizia che Troia è caduta e che Agamennone sta tornando. È interrogato dal coro e riporta i disagi della guerra che però è finita con la vittoria achea. C’è poi un breve intervento di Clitemnestra che entra ed esce subito dopo (vv. 587-614): afferma di aver avuto ragione sul segnale e di voler aspettare il marito che in questo tempo ha servito con fedeltà. Il coro chiede poi notizie di Menelao e l’araldo afferma che la flotta al ritorno era stata colpita da una tempesta e che avevano perso le sue tracce, ma non dispera della sua sorte.
Secondo stasimo (vv. 681-781): il coro fa una riflessione sul nome di Elena (come “distruttrice di navi”), la paragona ad un leoncino allevato in una casa e che cresciuto ne causa la rovina (l’arrivo di Elena a Troia) e riflette sulla dike e sulla ate.
Terzo episodio (vv. 782-975): entrano su un carro Agamennone e Cassandra. Il coro si rivolge al re dicendogli che saprà riconoscere i sudditi che gli sono stati fedeli. Agamennone ringrazia gli dèi per la felice impresa. Entra Clitennestra che si presenta come sposa fedele che ha duramente sofferto durante l’assenza del marito e gli chiede di entrare a casa calpestando tappeti di porpora ( che stanno a significare il suo imminente omicidio: lo scorrere del suo sangue ). Agamennone è infastidito dal dilungarsi di Clitemnestra e dal cerimoniale che vuole imporre. Clitennestra lo convince con ambigue parole a fare come lei vuole.
Terzo stasimo (vv. 976-1034): il coro ha sentore di morte.
Quarto episodio (vv. 1035-1330): Clitennestra entra per convincere Cassandra ad entrare, ma quella non risponde e lei riesce. Cassandra poi scende dal carro e vede la pietra di Apollo Agyieus e comincia a lanciare oscure grida ad Apollo, lamentando poi le disgrazie sue e della sua città. La profetessa presagisce un nuovo dolore che colpirà la già delittuosa casa di Atreo: Agamennone sarà ucciso da Clitennestra nella vasca da bagno. Il coro prima non capisce intervenendo con sporadiche battute, poi inizia a comprendere. Cassandra poi descrive meglio le sciagure passate degli Atridi, la storia di come è diventata profetessa, preannuncia il delitto che compirà Clitennestra e profetizza la vendetta di Oreste. Quindi esce.
Quarto stasimo (vv. 1331-1371): il coro sente provenire da dentro la casa le grida di Agamennone colpito a morte e i vari corifei si interrogano su cosa fare, quando esce Clitemnestra con accanto i cadaveri del marito e di Cassandra.
Esodo (vv. 1371-1673): Clitennestra entra trionfale dichiarando il suo omicidio e la giustizia che lei stessa ha portato, vendicando la morte di Ifigenia e l’oltraggio che Agamennone le ha arrecato portando a casa Cassandra. Il coro auspica di morire, maledice Elena e Clitennestra, si lamenta per la sorte toccata al re e se avrà un funerale. Entra Egisto con alcune guardie del corpo che esulta per la fine del re e per aver quindi vendicato gli oltraggi subiti dal padre Tieste. Il coro lo maledice ed Egisto lo minaccia con la prigione e la fame, essendo lui il nuovo signore di Argo. Il coro invoca il ritorno di Oreste ed Egisto dà alle guardie l’ordine di intervenire, ma sono bloccate da Clitennestra che non vuole che venga versato altro sangue. Clitennestra ed Egisto con vicino i cadaveri si beano della loro vittoria, mentre il coro esce di scena.
- Wikisource contiene il testo completo in greco antico della tragedia Agamennone
[modifica] Coefore
Coefore | |
di Eschilo
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Tragedia
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Pilade e Oreste (dipinto di François Bouchot) |
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Titolo originale | Χοηφόροι |
Lingua originale | Greco antico |
Ambientazione | Argo, Grecia |
Prima assoluta | 458 a.C. |
Teatro: | Teatro di Dioniso, Atene |
Premi | Vittoria alle Grandi Dionisie del 458 a.C. |
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La seconda tragedia prende il nome dalle portatrici di libagioni, le coefore, che si recano alla tomba di Agamennone.
Dopo che Clitennestra ha ucciso il marito, è il figlio Oreste che vuole vendicarsi della madre. Nel prologo, Oreste, accompagnato da Pilade, giunge presso la tomba del padre Agamennone, davanti al palazzo di Argo.
Entrano in scena Elettra e le donne del Coro: a loro Clitennestra, sconvolta da un sogno (partoriva un serpente che le mordeva il seno succhiando, così, latte e sangue), ha ordinato di offrire libagioni al defunto.
Elettra invoca il dio Hermes, chiedendo pietà per sé e per il fratello Oreste, mentre le coefore la esortano anche a chiedere che venga un dio o un uomo capace di vendicare l'omicidio di Agamennone: Egisto e Clitennestra non meritano altro che la morte. Intanto Oreste si era già recato sulla tomba del padre. Se ne accorse solo Elettra che notò vicino alla tomba di Agamennone le impronte del fratello e sulla tomba un ciuffo dei suoi capelli.
A quel punto Oreste, che si era nascosto nel cimitero, si mostra, e i due fratelli, dopo qualche esitazione, si riconoscono, e Oreste spiega come sia stato il dio Apollo a ordinargli di vendicare il padre uccidendo Clitennestra, e proprio per questo scopo Oreste è tornato. I due invocano l'anima del padre perché li protegga, mentre si accingono a compiere la vendetta.
Oreste espone il suo piano, al quale dà esecuzione subitanea. Si presenta alla madre, che non lo riconosce, con la notizia della propria morte. Clitennestra appare triste (difficile dire se è tristezza vera o simulata), e manda a chiamare Egisto. Quando questi sopraggiunge, Oreste lo uccide e in successione anche la madre, che invano vuole risvegliargli la pietà, ricordandogli di quando si prendeva cura di lui da bambino.
La terribile vendetta è compiuta, ma appena ciò accade, appaiono le terribili Erinni, dee vendicatrici dei delitti. Spaventato, Oreste fugge inseguito da esse.
[modifica] Eumenidi
Eumenidi | |
di Eschilo
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Tragedia
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Oreste inseguito dalle Erinni ("Il rimorso di Oreste", di W.Bouguereau, 1862) |
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Titolo originale | Ευμενίδες |
Lingua originale | Greco antico |
Ambientazione | Delfi, poi Acropoli di Atene, Grecia |
Prima assoluta | 458 a.C. |
Teatro: | Teatro di Dioniso, Atene |
Premi | Vittoria alle Grandi Dionisie del 458 a.C. |
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Braccato dalle Erinni per il matricidio, Oreste chiede aiuto ad Apollo, che lo invia ad Atene, dove - gli promette - troverà la soluzione ai suoi problemi. Là, grazie all'intervento di Atena, le Erinni accettano di sottoporre il caso ad una giuria ateniese di dodici membri, che è una premonizione di ciò che successivamente diventerà l'Areopago. Durante il giudizio avviene il colpo di scena: le Erinni, dee della vendetta di sangue, sostengono che, se Oreste non verrà condannato, nella città chiunque si riterrà libero di compiere ogni tipo di atto per la propria vendetta. Apollo e Atena sostengono che i due omicidi sono ben diversi per gravità. Il figlio ha lo stesso sangue del padre perché da lui generato e quindi aveva il diritto di vendicarsi.
Il tribunale giunge ad un verdetto pari di sei a favore e sei contro. Sarà la decisione finale, spettante ad Atena, a salvare Oreste. Temendo la vendetta delle Erinni sulla città, Atena le convince a diventare Eumenidi, ovvero divinità della giustizia anziché della vendetta, che è arbitraria e opinabile.
Nella tragedia Eschilo promuove sotto forma di allegoria il modello democratico ateniese: l'Areopago che viene a decidere - al posto delle Erinni, vendicatrici dei delitti tra consanguinei - della sorte di Oreste rappresenta infatti la nuova giustizia ateniese che si viene a sostituire alla precedente giustizia privata e tribale di cui il φθόνος δίκαιος, l'"omicidio giusto", costituisce un esempio. Un tipo di "promozione" simile è presente anche nelle Supplici.
[modifica] Recenti rappresentazioni
-2008 Teatro greco di Siracusa
[modifica] Altri progetti
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Vedi anche: | Teatro greco | Musica dell'antica Grecia | Istituto Nazionale del Dramma Antico |
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