Vladimir Vladimirovič Majakovskij
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Vladimir Vladimirovič Majakovskij (in russo: Влади́мир Влади́мирович Маяко́вский) (Bagdadi, 7 luglio 1893 – Mosca, 14 aprile 1930) è stato un poeta russo.
Per oltre un decennio cantò la rivoluzione d'Ottobre e la nascente società sovietica.
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[modifica] Biografia
Nato a Bagdadi (poi Majakovskij) in Georgia, figlio di un guardiaboschi, orfano a soli sette anni, ebbe un'infanzia difficile e ribelle. A tredici anni si trasferì a Mosca con la madre e le sorelle. Studiò al ginnasio fino al 1908, quando si dedicò all'attività rivoluzionaria. Aderì al partito rivoluzionario clandestino e venne per tre volte arrestato e poi rilasciato dalla polizia zarista. L'artista racconta del terzo arresto nel saggio autobiografico Ja sam (Io stesso). In carcere cominciò anche a scrivere poesie, ma il quaderno andò perduto.
Nel 1911 si iscrisse all'Accademia di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca dove incontrò David Burljuk, che, entusiasmatosi per i suoi versi, gli propose 50 copechi al giorno per scrivere. Majakovskij aderì al cubofuturismo russo, firmando nel 1914 insieme ad altri artisti (Burljuk, Kamenskij, Krucionych, Chlebnikov) il manifesto «Schiaffo al gusto del pubblico».
Nel maggio del 1913 fu pubblicata la sua prima raccolta di poesie Ja! (Io!) in trecento copie litografate. Tra il 2 e il 4 dicembre l'omonima opera teatrale fu rappresentata in un piccolo teatro di Pietroburgo.
Nel 1914 nel dramma Majakovskij lanciò la famosa quanto equivoca equazione "futurismo=rivoluzione". Ma Majakovskij rivoluzionario lo era sul serio. Nel 1915 pubblicò Oblako v stanach (La nuvola in calzoni), mentre l'anno successivo Flejta-pozvonočnik (Flauto di vertebre).
Iscritto sin da ragazzo al Partito Comunista, ben presto mise la sua arte, così ricca di pathos, al servizio della rivoluzione bolscevica, sostenendo la necessità d'una propaganda che attraverso la poesia divenisse espressione immediata della rivoluzione in atto, in quanto capovolgimento dei valori sentimentali ed ideologici del passato.
Fin dagli esordi della nuova avanguardia futurista, si battè contro il cosiddetto "vecchiume", ovvero l'arte e la letteratura del passato, proponendo al contrario testi letterari concepiti con un forte senso finalistico (la poesia non aveva senso per lui senza una finalità precisa ed un pubblico definito), e con rivoluzionarie scelte stilistiche esposte nel suo scritto "Come Far Versi" del 1926. Insieme ad altri fondò il giornale Iskustvo Kommuny, organizzò discussioni e letture di versi nelle fabbriche e nelle officine, al punto che alcuni quartieri operai formarono addirittura gruppi "comunisti-futuristi". I suoi tentativi, però, trovarono opposizioni e censure da parte prima del regime zarista e poi della dittatura staliniana. In un primo periodo egli lavorò alla ROSTA, agenzia pubblica delle comunicazioni, e quindi fondò il Lef (Levyi Front Iskusstva, "fronte di sinistra delle arti") nel 1922. In un testo Majakovskij definì i termini di questa organizzazione, affermando: "Il Lef deve unificare il fronte per minare il vecchiume, per andare alla conquista di una nuova cultura. (…) Il Lef agiterà con la nostra arte le masse, attingendo da loro la loro forza organizzativa. Il Lef combatterà per un'arte che sia costruzione della vita".
Un poema ed un dramma segnarono l'inserimento di Majakovskij nella rivoluzione, e della rivoluzione nella sua poesia: il poema 150.000.000 ed il dramma Mistero-Buffonata, con cui descrisse quanto di grande e di comico ci fosse nella rivoluzione ed in cui "i versi sono le parole d'ordine, i comizi, le grida della folla... l'azione è il movimento della folla, l'urto delle classi, la lotta delle idee...".
In questa luce vanno considerate tutte le opere di Majakovskij, dai poemi di propaganda proletaria come Bene! e Lenin, alle commedie come la La cimice e Il bagno, espressioni critiche del mondo piccolo-borghese.
Di grande importanza è anche tutto il complesso lirico in cui si riflessero i problemi della realtà quotidiana, realtà che Majakovskij visse lavorando alla Rosta, l'agenzia telegrafica russa.
L'ultima opera di Majakovskij, uno dei punti più alti della sua poesia, è il prologo di un poema incompiuto, A piena voce, del 1930, che potrebbe quasi dirsi il suo testamento spirituale.
Nell'aprile dello stesso anno Majakovskij, ormai in declino e inviso alle autorità staliniane, si uccise sparandosi un colpo al cuore.
[modifica] Bibliografia di traduzioni italiane
- Vladimir Vladimirovic Majakovskij, Il bagno, traduzione di Ignazio Ambrogio, Giovanni Crino, Mario Socrate, Pietro Zveteremich, Editori Riuniti, 1972
- Vladimir Vladimirovic Majakovskij, Mosca arde, traduzione di Ignazio Ambrogio, Giovanni Crino, Mario Socrate, Pietro Zveteremich, Editori Riuniti, 1972
- Vladimir Vladimirovic Majakovskij, Prosa 1913-1923, traduzione di Ignazio Ambrogio, Giovanni Crino, Mario Socrate, Pietro Zveteremich, Editori Riuniti, 1972
- Vladimir Vladimirovič Majakovskij, Lettere d'amore a Lilja Brik, traduzione di Laura Boffa, Arnoldo Mondadori Editore, 1972.
- Vladimir Vladimirovič Majakovskij, Poesie, traduzione di Ignazio Ambrogio, Bruno Carnevali, Giovanni Crino, Mario De Micheli, Giovanni Ketoff, Mario Socrate, Pietro Zveteremich, Garzanti, 1972.
- Vladimir Majakovskij - El Lissitskij, Per la voce, traduzione di Massimo Baraldi, Ignazio Maria Gallino Editore, 2002.
[modifica] Collegamenti esterni
- Carmelo Bene canta Majakovskij (Video) - La Nuvola In Calzoni
- Carmelo Bene canta Majakovskij (Video) - In Morte Di Esenin
- Carmelo Bene canta Majakovskij (Video) - All'Amato Me Stesso
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