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Risonanza magnetica nucleare - Wikipedia

Risonanza magnetica nucleare

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bussola Nota disambigua – Se stai cercando la tecnica tomografica medica, vedi Imaging a risonanza magnetica.

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN, in inglese NMR) è una tecnica di indagine sulla materia basata su principi fisici che utilizzano la misurazione della precessione dello spin dei protoni sottoposti ad un campo magnetico. A volte viene scorrettamente abbreviata in risonanza magnetica tout court, che indica però il principio di risonanza del campo magnetico in generale, principio utilizzato invece nelle cavità a radiofrequenza e nei pick-up degli strumenti elettrici a corda.

Le indagini mediche che sfruttano l'RMN son dette anche tomografia a risonanza magnetica.
In questo caso l'aggettivo "nucleare" è elidibile: è stato infatti inizialmente utilizzato in contrapposizione alla fisica della radiologia convenzionale: il segnale di densità in RM è dato infatti dal nucleo atomico dell'elemento esaminato, mentre la densità radiografica è determinata dalle caratteristiche degli orbitali elettronici degli atomi colpiti dai raggi X.
Si è tuttavia preferito omettere questa ulteriore specificazione, non essendo indispensabile alla definizione, soprattutto per gli equivoci col decadimento nucleare, fenomeno col quale la RM non ha nulla a che spartire.
Resta invece valida la definizione in fisica e in tutte le altre applicazioni.

Indice

[modifica] Storia della RMN

Scoperta indipendentemente nel 1946 dai fisici Felix Bloch ed Edward Purcell, per cui ricevettero il Premio Nobel per la fisica nel 1952, tra il 1950 e il 1970 venne utilizzata primariamente nell'analisi della chimica molecolare e della struttura dei materiali.

Nel 1971 Raymond Vahan Damadian descrive come tumori e tessuti sani si comportino in maniera differente all'RMN[1]. Egli suggerì che queste differenze potessero venire utilizzate per la diagnosi del cancro.

Nel 1972, sfruttando i progressi matematici per la ricostruzione delle immagini, basati sulla trasformata di Fourier, Lauterbur associò lo studio di risonanza, fino ad allora utilizzato nell’osservazione di macromolecole chimiche, a distretti anatomici.

[modifica] Fondamenti teorici

Per descrivere correttamente tutti i fenomeni NMR dovrebbe essere utilizzato il formalismo della meccanica quantistica, ma per quanto riguarda sistemi macroscopici a spin 1/2 tutte le predizioni del modello classico sono in accordo con quelle della teoria quantistica, permettendo una trattazione più semplice del soggetto.

Nel modello classico lo spin del nucleo viene descritto come un momento magnetico rappresentato da un vettore μ.
Se questo viene ad interagire con un campo magnetico uniforme rappresentato dal vettore B0, μ risentirà di una coppia data da L=μ x B0 che provocherà la rotazione (precessione) di μ attorno alla direzione di B0 con una ben precisa frequenza angolare ν0, detta frequenza di Larmor, che dipende esclusivamente dal tipo di nucleo e dalla intensità del campo magnetico B0.
Da notare che non si ottiene un allineamento perfetto dei μ lungo la direzione di B0, ma i vettori μ hanno un moto di precessione attorno alla direzione di B0. La tecnica NMR non osserva un singolo nucleo, ma l' effetto combinato di più nuclei entro il campione di materiale sotto esame. Viene quindi definito il vettore di magnetizzazione M come la risultante della somma di tutti i piccoli momenti magnetici μ dei singoli atomi, questi avranno la componente parallela ad B0 , che sarà o in direzione di B0 (allineamento parallelo), oppure con verso opposto (allineamento antiparallelo). In base alla meccanica quantistica si osserverà un leggero eccesso in una direzione rispetto ad un'altra, e quindi il vettore M0 non sarà nullo.

La popolazione di nuclei con spin parallelo N1 , cioè orientata secondo il verso di B0, possiede energia potenziale minore E1 e si trova in soprannumero rispetto alla popolazione N2 con spin antiparalleli e con energia potenziale maggiore E2. La distribuzione della popolazione nei due livelli energetici E1 ed E2 è data dalla legge di distribuzione di Boltzmann: N2 / N1 = e-ΔE / K °T , dove K è la costante di Boltzmann, °T è la temperatura assoluta e ΔE = E2- E1 è la differenza di energia tra i due livelli.

Quindi il vettore M, risultante dall'azione del campo magnetico sugli spin atomici, avrà ampiezza uguale a quella dell'eccesso di spin (popolazione N1) definito dal modello quantistico e orientazione uguale a quella del campo esterno B0 applicato. In definitiva, è possibile ottenere da un piccolo volume di materia un vettore magnetizzazione misurabile dato dalla composizione dei vettori (non misurabili) μ dovuti agli spin dei nuclei contenuti nella materia.
Per potere rilevare questo vettore M occorre perturbare il sistema dal suo stato di equilibrio, ad esempio applicando un secondo campo magnetico B1 perpendicolare a B0. (B1 può essere indotto per mezzo di un segnale a radiofrequenze).
Se B1 ruota intorno a B0 con frequenza uguale a ν0 cambiando il sistema di riferimento e ponendosi solidali con B1, si osserva il vettore M precede attorno a B1 con frequenza angolare ν1, variando in questo sistema di riferimento la propria orientazione rispetto alla direzione del campo B0.

I campi B0 e B1 sono detti rispettivamente campo di polarizzazione e campo di eccitazione. La rotazione che il vettore M subisce rispetto al campo principale per effetto del campo B1 dipende dall'energia assorbita dai nuclei e quindi anche dal tempo di applicazione τ di B1 stesso.
L'angolo è detto angolo di flip. Tramite opportuni valori del campo B1 applicato e del tempo τ è possibile ruotare il vettore M di 90° ed in questo caso si parla di impulso di 90°; è anche possibile capovolgere la direzione del vettore M con un impulso di 180° detto impulso di inversione o impulso pigreco. In questo caso una parte dei nuclei della popolazione N1 ha acquistato energia tale da far cambiare direzione ai loro momenti magnetici μ, tanto che si dovrebbe raggiungere la situazione ideale in cui il numero dei nuclei con μ antiparalleli eguaglia il numero di nuclei con μ paralleli (N1 = N2 questa situazione si raggiungerebbe, in base alla legge di Boltzmann, solo quando la temperatura del sistema di spin è infinita), per cui il sistema di spin non è più in equilibrio termodinamico con l’ambiente (reticolo). Perciò, una volta spento B1, il sistema di spin dovrà cedere l’eccesso di energia al reticolo.

Terminata la perturbazione dovuta al campo B1 si ristabilisce l'equilibrio di partenza tra spin degli atomi del campione e campo B0 con determinate modalità temporali. L' ampiezza del vettore M non è conservata durante quello che viene definito processo di rilassamento.

Esso coinvolge due fenomeni: il rilassamento trasversale, o annullamento della componente trasversale Mxy ed il rilassamento longitudinale, o recupero della magnetizzazione longitudinale Mz. L' evoluzione delle componenti del vettore M(t) viene descritta, nel sistema di riferimento rotante con le equazioni fenomenologiche di Bloch (qui non riportate)
La costante di tempo T1, che governa il ritorno all'equilibrio della componente longitudinale del vettore M, è definita tempo di rilassamento spin-reticolo, in quanto coinvolge i trasferimenti di energia che avvengono tra il sistema di spin ed il resto dell'ambiente.
La costante di tempo T2, che governa l' annullamento della componente trasversale del vettore M, è definita tempo di rilassamento spin-spin in quanto coinvolge le interazioni tra i momenti magnetici dei singoli nuclei, cioè è legata alla dinamica temporale che porta gli spin atomici a perdere di coerenza e quindi a sfasarsi.
Nel caso che il campo B0 non sia perfettamente omogeneo a livello locale a causa di disomogeneità del campo esterno applicato, od a causa di differenze puntuali di suscettività magnetica del sistema, oppure per l'applicazione di un campo magnetico caratterizzato da un preciso gradiente, la frequenza di precessione dei nuclei viene a dipendere anche dalla posizione che essi occupano rispetto a tali disomogeneità locali. Ogni pacchetto di spin può precedere allora ad una sua velocità nei diversi punti del campione, sfasandosi di fatto rispetto agli altri. Si osserva dunque un decadimento del vettore M più rapido di quello che ci si aspetterebbe dal solo rilassamento spin-spin dovuto al minore ordine del sistema. Questo fenomeno è considerato nella costante di tempo T2*.
Il tempo di rilassamento T2 è sempre minore o uguale a T1 .

Le equazioni di Bloch sono alla base della scelta di ogni sequenza di eccitazione e della successiva acquisizione ed elaborazione del segnale.

Una volta terminata l'azione perturbante del campo B1, dopo un tempo di applicazione Tp, si segue l'andamento del ritorno all'equilibrio della magnetizzazione macroscopica M che tende a riallinearsi al campo B0. Il segnale prodotto dalla variazione nel tempo del vettore M viene misurato in laboratorio usando una bobina ad induzione elettromagnetica posta attorno al campione in direzione ortogonale al campo esterno, che si comporta come una antenna: le variazioni della componente trasversale di M si vanno a concatenare alla bobina, inducendo in essa una piccola forza elettromotrice (misurabile tramite un ricevitore a radiofrequenza) che oscilla alla frequenza di Larmor.

Il segnale NMR, detto FID (Free Induction Decay) è approssimativamente monocromatico ed oscilla alla frequenza di Larmor, attenuandosi in maniera esponenziale con il tempo in funzione della costante di tempo T2*.
Per la formazione di immagini, si utilizzano sequenze di eccitazione opportunamente progettate che consentono di enfatizzare la dipendenza del FID dai tre parametri : densità protonica ro, T1,T2.
Un parametro caratteristico di tutte le sequenze è il tempo di ripetizione TR, ossia l' intervallo di tempo fra l' inizio di una sequenza di eccitazione e l' inizio della successiva. Inoltre non si misura direttamente il FID ma un segnale "eco", composto da 2 FID speculari.

Il passo fondamentale che ha permesso di avere dal segnale NMR anche una codifica spaziale sul volume del campione è stata l'introduzione dei gradienti di campo magnetico: questo ha permesso di ottenere immagini spaziali del "campione" esaminato. Se oltre al campo magnetico principale B0 ed a quello rotante B1 viene applicata ad una piccola zona del materiale in esame un campo magnetico variabile linearmente nel volume del campione, ma di intensità molto minore di quello polarizzante, la frequenza di risonanza di Larmor in quella zona cambia in funzione della somma tra il campo principale ed il valore in quel punto dell'intensità del campo secondario.
Risulta quindi possibile (sapendo in quale area viene applicato il campo secondario) legare il segnale di ritorno a coordinate spaziali, e di conseguenza avere anche una misura della densità protonica in un ben preciso punto del materiale, in particolare il segnale raccolto dall'antenna sarà una somma di termini oscillanti avente la forma di una trasformata di Fourier della distribuzione delle densità dei protoni del volume acquisito.

Antitrasformando il segnale S(t) si ottiene la distribuzione della densità di protoni ρ(r). La parte centrale dello spazio k (basse frequenze) determina il contrasto dell'immagine, mentre le parti esterne (alte frequenze) influiscono sui dettagli dell'immagine.
Impostando particolari sequenze di segnali di eccitazione che pesino selettivamente i contributi al segnale dati dai diversi parametri (T2, T2*, T1, ρ), si possono ottenere informazioni sul tipo di tessuto in esame.

La densità protonica ρ(r) che viene derivata dalla trasformata di Fourier del segnale S(t), nel caso dipenda da T1 e T2, risulta La rappresentazione in termini di Fourier del segnale S(t) permette una facile visualizzazione grafica delle varie strategie che possono essere usate per l'acquisizione delle immagini. Al crescere del tempo, l'evoluzione del segnale descrive una traiettoria nello spazio k, ed in ogni suo punto il valore della trasformata k è dato dal valore di S(t). In linea di principio si può percorrere una qualunque traiettoria nello spazio k impostando opportunamente l'andamento temporale dei gradienti.

[modifica] RMN in medicina

Per approfondire, vedi la voce imaging a risonanza magnetica.

La risonanza magnetica in campo medico è usata prevalentemente a scopi diagnostici nella tecnica dell'imaging a risonanza magnetica.

Anche se non sono usati raggi X per ottenere il risultato, questa modalità è normalmente considerata come facente parte del campo della radiologia, in quanto generatrice di immagini correlate alle strutture all'interno del paziente. Allo stato attuale delle conoscenze non vi sono motivi per ritenere dannoso un esame di risonanza magnetica, per quanto debba essere preservato il principio di giustificazione in alcuni casi particolari, come indagini da eseguirsi su pazienti in gravidanza. In tali casi si deve ritenere la metodica potenzialmente dannosa e procedere all'indagine soltanto dopo attenta valutazione del rischio/beneficio, sulla cui base l'eventualità del danno dovuto alla metodica passa in secondo piano rispetto al beneficio ricavabile dalle informazioni da essa provenienti.

Le informazioni fornite dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging. Infatti sono normalmente visibili esclusivamente i tessuti molli ed è inoltre possibile la discriminazione tra tipologie di tessuti non apprezzabile con altre tecniche radiologiche.

[modifica] RMN in chimica

Per approfondire, vedi la voce Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare.

La risonanza magnetica trova impiego anche in chimica. A grandi linee si possono distinguere quattro grandi aree di ricerca: spettroscopia di correlazione, spettroscopia ad alta risoluzione, spettroscopia imaging MRI e infine spettroscopia Rheo-NMR. La spettroscopia di correlazione e quella ad alta risoluzione sono utilizzate principalmente come tecniche per caratterizzare la struttura delle molecole. La spettroscopia di correlazione include gli esperimenti di disaccoppiamento e disaccoppiamento selettivo e le spettroscopie pluridimensionali (essenzialmente bidimensionali).

La spettroscopia imaging e la Rheo-NMR sono solitamente utilizzate per individuare parametri chimico-fisici. La tecnica di imaging NMR può visualizzare, in una specifica immagine, il profilo delle velocità del flusso e la densità molecolare all’interno di una cella reologica. Il metodo è non invasivo e fornisce informazioni sull’esatta natura del flusso di deformazione. È possibile infatti immettere un rotore all’interno del probe NMR imaging e determinare immagini di velocità di flusso generate dallo shear all’interno della couette che crea flussi stazionari all’interno del sistema. L’impiego contemporaneo delle due tecniche: Reologia e Risonanza Magnetica permette di eseguire misure utilizzando solo piccole quantità di campione ed inoltre, grazie alle piccole dimensioni della cella, è possibile raggiungere alti valori di velocità di flusso.

La spettroscopia monodimensionale in chimica-fisica viene utilizzata solitamente per il calcolo del coefficiente di autodiffusione. La tecnica Pulsed Gradient (acronimo: PG-NMR) fornisce un metodo conveniente e non invasivo per misurare il moto traslazionale molecolare correlabile al coefficiente di autodiffusione D. La tecnica PG-NMR permette di seguire spostamenti quadratici medi compresi tra i 100 Å e 100 m, cioè nel range relativo alle dimensioni delle molecole organizzate in sistemi supramolecolari, come le fasi liquido-cristalline. La sequenza utilizzata per questa tecnica è stata proposta da Stejskal e Tanner.

[modifica] RM in petrofisica

La risonanza magnetica trova impiego anche in petrofisica, principalmente per quantificare la porosità delle rocce serbatoio, la loro saturazione in acqua e la permeabilità delle stesse.

[modifica] Note

  1. ^ Damadian, R. V. "Tumor Detection by Nuclear Magnetic Resonance," Science, 171 (March 19, 1971): 1151-1153

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni



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