Portovesme
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Portovesme | ||||||||
Vista della zona industriale di Portovesme da Monte Sirai | ||||||||
Stato: | Italia | |||||||
Regione: | Sardegna | |||||||
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Comune: |
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Coordinate: | ||||||||
Pref. telefono: | 0781 | CAP: | 09010 | |||||
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Portovesme è una frazione [1] del comune di Portoscuso in provincia di Carbonia-Iglesias.
Ospita un porto industriale e commerciale, dal quale è possibile raggiungere l'isola di San Pietro, inoltre è sede di un importante polo industriale, specializzato nella metallurgia non ferrosa, unico in Italia per le sue produzioni:
- allumina da bauxite (stabilimento Eurallumina);
- alluminio primario (lingotti da fonderia) (stabilimento Alcoa, ex Aluminia, ex Alsar);
- zinco, piombo ed acido solforico da minerale (stabilimento Portovesme srl, ex Samim, ex Ami);
- oro e argento da minerale (stabilimento Portovesme srl di San Gavino Monreale).
A tali impianti si aggiungono quelli per la produzione di laminati e profilati di alluminio e le centrali termoelettriche ENEL, che generano il 45% dell’energia elettrica prodotta in Sardegna[2]. Si stima che gli impianti di Portovesme e San Gavino diano direttamente lavoro, complessivamente, a circa 3.600 persone[3]. Lo sviluppo di Portovesme si è intrecciato con le fortune e con la tormentata crisi del settore minerario sardo.
Indice |
[modifica] Le origini
A partire dalla metà del XIX nella zona del Sulcis-Iglesiente iniziò lo sfruttamento delle miniere di piombo e di zinco, all’epoca considerate tra le più redditizie al mondo. La Società di Monteponi, che gestiva la miniera situata nell’omonima località dell’Iglesiente, realizzò nel comune di Portoscuso un nuovo porto per il trasporto dei minerali; la località prescelta era denominata Is Canneddas, ma, in onore dell’ingegner Carlo Baudi di Vesme, che aveva progettato il porto, fu rinominata “Portovesme”. La stessa Monteponi investì nella realizzazione della centrale termoelettrica, alimentata con carbone estratto nel Sulcis e che a sua volta forniva l’energia necessaria per le attività estrattive.
[modifica] La crisi e l’intervento statale
Il progressivo esaurimento dei filoni più produttivi e la diminuzione delle protezioni doganali provocarono, a partire dal secondo dopoguerra, la crisi delle miniere sarde, che subivano la concorrenza di minerali di importazione che risultavano più convenienti di quelli prodotti in loco. Le società private che detenevano le concessioni minerarie si ritirarono lasciando spazio all’intervento statale, che si orientò verso la realizzazione di un grande polo metallurgico che potesse assorbire i dipendenti delle miniere del Sulcis e dell’Iglesiente in fase di chiusura; il polo industriale di Portovesme si sviluppò tra il 1969 ed il 1972 per iniziativa di due enti pubblici: l’EFIM investì in un polo integrato dell’alluminio, costituendo l’Eurallumina per la lavorazione della bauxite, l’Alsar per la produzione di alluminio primario e la Sardal e la Comsal per le successive lavorazioni; l’EGAM, oltre a rilevare la gestione delle poche miniere rimaste aperte, realizzò nei primi anni ’70 gli impianti per la lavorazione del piombo e dello zinco, poi radicalmente rinnovati dall’ENI negli anni’80.
[modifica] La privatizzazione
Negli anni’90 la liquidazione dell’EFIM e la ristrutturazione dell’ENI portarono gli impianti metallurgici di Portovesme alla privatizzazione, con l’acquisizione da parte di multinazionali del settore (Alcoa e Glencore).
[modifica] Note
- ^ Comunas - Comune di Portoscuso
- ^ http://www.gazzettadelsulcis.it/ , numero 318
- ^ dati riportati dall’articolo I nuovi scenari dell’industria estrattiva, http://www.sardegnaindustriale.it/article.asp?id=85&IDmagazine=2001001
[modifica] Bibliografia
- http://www.minieredisardegna.it/index.php
- http://www.portoscuso.com/sd/index.php?categoryid=1, sezione Le industrie
- http://www.gazzettadelsulcis.it/; archivio on line
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Alcoa Trasformazioni - Pagina dedicata allo stabilimento di Portovesme [1]
- Portovesme srl-sito aziendale[2]
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