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Perestrojka - Wikipedia

Perestrojka

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Perestrojka (перестро́йка) è una parola russa che letteralmente significa "ricostruzione" e identifica il complesso di riforme economiche, in simbiosi con una maggiore trasparenza nella vita pubblica, definita glasnost' (гла́сность, trasparenza), introdotte nell'Unione Sovietica da Mikhail Gorbačëv nell'estate 1987 allo scopo di ristrutturare l'economia nazionale.

Indice

[modifica] L' avvio legislativo

Per l' attuazione della Perestroika viene costituita una Commissione governativa, con a capo l'Accademico Leonid Abalkin, Primo Vice Primo Ministro, che si fa assistere dall' italiano Giancarlo Pallavicini, Primo consulente occidentale del Governo Sovietico per la riforma dell' economia. Suo primo impegno la formulazione di una legge antimonopolio, resa impossibile dalle particolari circostanze dell' economia centralizzata, come ricordano note di stampa [1]. Nel luglio del 1987 il Soviet Supremo vara la nuova legge sulle imprese statali. La legge rende le imprese statali libere di fissare le loro quote di produzione in funzione della domanda dei mercati e delle altre imprese. Le imprese statali devono ottemperare agli ordinativi dello stato, ma diventano libere di disporre del surplus produttivo a loro piacimento. Lo scambio delle materie prime tra le imprese avviene a prezzi di mercato. Per la visibilità di tali prezzi e per agevolare le transazioni viene costituita a Mosca una Borsa merci, ad iniziativa di privati. Le sue quotazioni, riguardanti gli scambi all'interno del Paese, vengono talvolta utilizzate per speculazioni nell' esportazione di materie prime e semilavorati e per la costituzione di capitali all'estero. Le imprese statali debbono inoltre autofinanziarsi, coprendo i costi attraverso le vendite e non più attraverso i trasferimenti statali. Infine, la legge sposta il controllo delle imprese dai ministeri ai soviet aziendali eletti dai lavoratori, lasciando al Gosplan (Государственный комитет по планированию, il comitato statale per la pianificazione) il solo compito di fornire linee guida generali e priorità negli investimenti, senza scendere nei dettagli della produzione.

[modifica] Le privatizzazioni

Nel maggio del 1988 entra in vigore la nuova legge sulle cooperative; per la prima volta dopo l'esperimento della Nuova politica economica di Lenin negli anni '20 in Unione Sovietica viene nuovamente consentita la proprietà privata delle imprese di commercio, produzione, servizi ed import-export. Ciò esercita un certo impulso alle attività minori e laboratori, negozi e ristoranti gestiti da cooperative diventano parte del nuovo panorama economico sovietico. Le iniziali pesanti condizioni fiscali vengono successivamente attenuate per rendere possibile un adeguato drenaggio fiscale, reso difficile dall'eccessività delle aliquote e dall'ineguatezza delle strutture di prelievo, che vanificheranno per lungo tempo l'intento impositivo. Un'altra riforma importante è quella che consente al capitale straniero di investire in Unione Sovietica attraverso la costituzione di joint-ventures. Anche questa legge prevede inizialmente alcune restrizioni (49% massimo di capitale straniero e carica di Direttore rivestita da un cittadino sovietico), che vengono successivamente allentate. Permane tuttavia una seria difficoltà nell'esorbitante potere attribuito al Direttore, l'unica figura opponibile ai terzi ed in grado di disporre illimitatamente di tutti gli "assets" aziendali.

[modifica] La transizione

Benché coraggiose nell'ambito sovietico, le riforme lasciano comunque inalterati alcuni principi fondamentali dell'economia sovietica, tra cui, oltre all'accennato potere del Direttore, il sistema di controllo dei prezzi, l'esclusione della proprietà privata dalle grandi imprese e il monopolio dello stato sulla maggior parte dei mezzi di produzione; nonostante si abbia una certa decentralizzazione, di cui però sembrano avvantaggiarsi soprattutto i responsabili delle unità di produzione[2], l'economia rimane stagnante, anche per la frequente e spesso contradditoria adozione di norme legislative, regolamentari e amministrative, sollecitate da singoli interessi, talvolta in deroga alle stesse norme federali. Nel 1990 il governo sovietico ha praticamente perso il controllo dell'economia nazionale; Le necessità di spesa pubblica vanno aumentando, mentre il gettito fiscale è quasi nullo, per effetto, oltre che delle circostanze dianzi richiamate, delle minori vendite di alcolici, nel tentativo di frenare l'alcolismo dilagante, e della maggiore autonomia concessa alle autorità locali. L'eliminazione dei meccanismi di controllo centrale sulla produzione, in special modo nel settore dei beni di consumo, porta al formarsi di colli di bottiglia nella produzione e nella distribuzione delle merci, arrivando anche a lasciare le grandi città in situazioni di penuria di articoli di prima necessità. Il sistema economico ibrido tra un'economia centralizzata ed una di mercato, tipico della fase di transizione, incontra difficoltà e porta l'economia dalla stagnazione al collasso. Tra il 1990 ed il 1991, in cui si ha lo scioglimento dell'Unione Sovietica voluto da Eltsin, successivamente al tentativo di golpe, il prodotto interno lordo nazionale risulta diminuito del 17% con una super-inflazione del 14%, che riduce fortemente il potere d'acquisto dei lavoratori ed erode i risparmi delle famiglie. In sintesi, la frequente consegna dei beni di produzione agli oligarchi, anche attraverso improprie forme di privatizzazione, l' anarchia legislativa e l' eccesso di potere delle Amministrazioni locali, talvolta in grado di legiferare anche in contrasto con le leggi federali,contribuisco all'estendersi della crisi dell' economia e del disagio delle popolazioni. L' aspettativa di vita, inizialmente in forte rialzo con la "perestroika", va bruscamente abbassandosi negli anni successivi, a riprova del caro prezzo fatto pagare alle popolazioni, ed ancor oggi evidenzia un forte divario rispetto agli altri Paesi europei[3].

[modifica] I fattori storici

Dopo la Seconda Guerra mondiale, l’obbiettivo diplomatico primario di Stalin è poter trattare da pari a pari con gli Stati Uniti. Questa politica poi è stata ripresa dai suoi successori. Inizialmente con un incontestabile successo: nel campo militare è rapidamente raggiunta la parità nucleare (1949/53) e, per quanto riguarda la conquista dello spazio, l’Unione Sovietica, agli esordi, godeva di un ampio vantaggio (1957/65).

La prima delusione arriva nella corsa per la Luna: nel luglio del ’69 la vittoria va agli americani. I sovietici, in un primo momento, fanno credere che le loro priorità finanziarie siano altre, in realtà, i loro sistemi informatici, indispensabili per una spedizione lunare, non sono adeguati. Negli anni ’70, i sovietici, sempre in cerca della parità, ottengono dagli americani un volo in comune: l’Apollo-Soyouz (1975). In quest’occasione, l’arretratezza sovietica in informatica diventa palese. In seguito, l’URSS cerca d’instaurare rapporti scientifici ed organizzare congressi fra medici e chirurghi sovietici e americani; il mondo intero viene così a conoscenza dell’enorme ritardo della Patria del Socialismo dai Leader della Squadra Imperialista.

Il regime sovietico, cercando a tutti i costi di essere considerato dagli Stati Uniti come un suo pari, metteva, invece, a nudo il proprio insuccesso. Stava, infatti, perdendo la competizione con l’Occidente nei tre settori chiave del XXI secolo: l’informatica, la conquista dello spazio e la biochimica.

[modifica] I limiti della produttività

La causa profonda di questo ritardo risiedeva nell’estremo centralismo economico dell’URSS che sopprimeva ogni iniziativa. L’economista sovietico Libermann aveva individuato il problema già negli anni ’60. Egli propose di concedere maggiore autonomia alle imprese e, in particolare, di permettergli di fissare la produzione in funzione degli ordini ricevuti e non degli obiettivi fissati dal regime. Alexis Kossygin, eletto presidente del consiglio dei ministri nel 1964, avrebbe dovuto mettere in pratica la riforma. In realtà questa è abbandonata negli anni ‘70, poiché toglieva potere ai membri del Partito a vantaggio dei tecnocrati. L’inconveniente maggiore di questo blocco fu quello di accelerare il declino dell’URSS.

Il KGB, diretto da Yuri Andropov, di fronte a queste delusioni, alla fine degli anni ’70, avvia uno studio riservato per calcolare il PNL sovietico secondo i criteri qualitativi occidentali, ossia con l’integrazione del concetto di valore aggiunto, e non più solamente il volume (numero di unità prodotte) come voleva la tradizione socialista. Il risultato fu molto sfavorevole e fornì la prova del declino dell’Unione sovietica che aveva visto la sua economia sorpassata da quella del Giappone e della Germania, vecchi nemici dell’URSS. D’altra parte, la Repubblica popolare cinese, dal 1978, sotto la guida di Deng Xiaoping, aveva intrapreso una vera e propria rivoluzione economica che aveva in pratica ristabilito il capitalismo e dato una ventata di dinamismo all’economia cinese.

L’URSS doveva così confrontarsi con una situazione geopolitica nuova, più critica di quella degli anni ’30: - sia il Giappone sia la Germania possedevano ormai un’economia più potente della sua; - la Cina aveva avviato una crescita economica senza precedenti; - gli Stati Uniti, sempre molto ostili, aumentavano lo scarto fra i due paesi.

Tutti questi paesi, più o meno limitrofi (tranne gli Stati Uniti), erano immischiati in un serio contenzioso territoriale con l’URSS.

[modifica] Le misure per un recupero

La dirigenza del PCUS, che stava invecchiando, era cosciente del pericolo, decise così di mettere al potere, l’11 marzo dell’85, un rappresentante della nuova generazione: Mikhaïl Gorbatchev, allora solo cinquantaquattrenne ma puro prodotto del regime. Il nuovo segretario generale del PCUS si sforzò di salvare il sistema attuando riforme strutturali molto profonde rispetto a quelli che erano i principi lenisti classici:

1) restituzione (ma non vendita) della terra ai contadini che, per poterla coltivare, potevano godere di contratti d’affitto a lunghissima scadenza (50 anni), 2) concessione ai privati di poter creare aziende private (ristoranti, saloni di parrucchiere, botteghe etc.), 3) tentativo di liberalizzare l’attività delle grandi imprese statali responsabilizzando il personale (relazione fra costo, ricavo e qualità prodotta; elezione dei dirigenti; autonomia finanziaria), 4) ridimensionamento del ruolo del Partito, a partire dal 1988-’89, per via di una vera e propria liberalizzazione e instaurazione del pluralismo politico (liberazione di Andreï Sakharov; nuova legge sulla stampa, glasnost), 5) riforma della Costituzione del 1977 (instaurazione di una figura presidenziale; elezioni quasi del tutto libere, con più candidati, per i soviet; etc.)

Lenin, nel marzo 1921, aveva lanciato la NEP per salvare il nascente regime sovietico, sugli stessi principi: autosufficienza delle imprese statali, liberalizzazione del commercio interno, privatizzazione delle terre agricole, etc.

[modifica] Le cause dell'insuccesso

Queste riforme, spesso confusionarie, non si accompagnano con l’instaurazione di un vero stato di diritto: i dirigenti del PC fanno di tutto per ostacolarle e perché perdano le loro prerogative e onnipotenza, l’arbitrio resta onnipresente. Fallisce l’instaurazione di un reale clima di fiducia, garantito da una legislazione precisa e rispettata dallo stesso Stato, indispensabile per la riuscita delle riforme. Permane l’ostacolo politico e l’onnipotenza del Partito sollevata dalla riforma Libermann.

D’altra parte, il Partito comunista si era trasformato in una struttura di corruzione, quasi mafiosa, specialmente le repubbliche mussulmane che si accaparravano le ricchezze prodotte a vantaggio dei suoi stessi membri. Il risultato è lo sprofondamento dell’intera economia sovietica in una penuria ancora peggiore.

Gorbaciov voleva trasformare l’economia stagnante e inefficiente dell’URSS in un’economia di mercato decentralizzato, seppur sempre sotto l’egida del Partito comunista. Questa politica di riforme socio-economiche, insieme alla glasnost (trasparenza, libertà di parola) dei media, non aveva, in nessun modo, intenzione di mettere in discussione i dogmi comunisti, voleva invece consolidare il regime comunista, indebolito dall’immobilismo della gerontocrazia degli ultimi decenni (Breznev, Andropov, Chernenko), facendo leva sul rilancio dell’economia e l’aumento della produttività. La politica di Gorbatchev mirava ad adeguare il socialismo sovietico all’evoluzione della società per dargli nuova ripresa.

[modifica] Note

  1. ^ ultima in Corriere della Sera del 9 Luglio 2007,pag. 23; ALICE Notizie Esteri, Mosca 29-05-2008 15.35 (Apcom): NE/Russia, Schroeder in "Club ristretto" Accademia delle Scienze. Più di 10 gli scienziati stranieri. Anche italiano Pallavicini
  2. ^ Direttori e membri dei Consigli di Presidenza che in un secondo tempo verranno definiti "oligarchi"
  3. ^ Giancarlo Pallavicini in Corriere della sera, nota citata; Simposio Internazionale Scientifico "Pitirim Sorokin e le tendenze socio-culturali del nostro tempo", Mosca/San Pietroburgo, 4/5/6 Febbraio 1999: Giancarlo Pallavicini, "I limiti della via russa al mercato e quelli della globalizzazione dell'economia: due estremi in cammino verso la stessa meta a conferma delle previsioni di Pitirim Sorokin", atti in "Return of Pitirim Sorokin", edited by S.Kravchenko and N.Pokrovsky, Moscow, 2001

[modifica] Voci correlate


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