Organo (diritto)
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Organo di una persona giuridica è la persona fisica o l’insieme di persone fisiche che agisce per essa, compiendo atti giuridici. Gli atti giuridici compiuti dall’organo sono imputati alla persona giuridica, come fossero stati compiuti dalla stessa, sicché si dice che tra organo e persona giuridica s'instaura una relazione di immedesimazione organica detta anche rapporto organico, termine quest’ultimo ritenuto da molti improprio giacché il rapporto giuridico presuppone una pluralità di soggetti di diritto tra i quali intercorre, mentre in questo caso vi è un solo soggetto, la persona giuridica, del quale l’organo non è altro che una parte.
Quanto appena detto differenzia l’immedesimazione organica dalla rappresentanza, essendo questa un vero e proprio rapporto giuridico in virtù del quale un soggetto di diritto (il rappresentante) agisce per un altro soggetto (il rappresentato), imputando a questo gli effetti dei propri atti. L’organo, a differenza del rappresentante, non imputa alla persona giuridica soltanto gli effetti degli atti compiuti, ma anche gli atti stessi; ne segue che, per l’ordinamento giuridico, sono atti non dell’organo ma della persona giuridica.
Finora si è sempre parlato di organi costituiti da persone fisiche; in realtà è logicamente concepibile anche una persona giuridica che agisce quale organo di un’altra persona giuridica ed, in effetti, in diritto positivo non mancano esempi, seppur rari, di questa soluzione. In tal caso, ovviamente, ad agire per la persona giuridica saranno le persone fisiche organi dell’organo-persona giuridica.
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[modifica] Organi e uffici
Il concetto di organo si distingue da quello più generale di ufficio, che denota qualsiasi unità elementare nella quale si articola la struttura organizzativa della persona giuridica, a prescindere dal fatto che le sue attività si traducano in atti giuridici a rilevanza esterna (o, come si suol dire, idonei ad impegnare l'ente nei rapporti con i terzi). Ne segue che gli organi della persona giuridica sono suoi uffici, deputati al compimento di atti giuridici imputati all’ente di appartenenza, ma non tutti gli uffici sono organi. In un ottica prettamente giuridica, l'ufficio che non sia anche organo svolge funzioni strumentali, atte a mettere l'organo in condizioni di realizzare i suoi atti, anche quando, come avviene non di rado nella pratica, quest'ultimo si limita a far proprio l'atto predisposto dall'ufficio. Va peraltro notato che la distinzione tra organi ed uffici è questione di prospettiva: per l'ordinamento esterno all'ente sono rilevanti solo i rapporti tra l'ente stesso e gli altri soggetti, per cui sono considerati organi solo gli uffici attraverso i quali questi rapporti si esplicano; per l'ordinamento interno all'ente, invece, sono rilevanti anche i rapporti tra uffici, sicché questi possono essere considerati tutti organi[1].
[modifica] Struttura interna degli uffici
A ciascun ufficio sono assegnate uno o più persone fisiche (gli addetti all’ufficio) una della quali (il titolare dell’ufficio o funzionario) assume una posizione di preminenza (si dice, infatti, che è "preposto all’ufficio"), essendo responsabile dell’unità organizzativa e dirigendone il lavoro. Se l’ufficio è anche organo della persona giuridica, il suo titolare è la persona fisica che agisce all’esterno per essa.
Oltre agli uffici che hanno quale titolare una sola persona fisica, e sono detti monocratici, ve ne sono altri, detti collegiali, la cui titolarità è attribuita ad un collegio, costituito da una pluralità di persone fisiche. Gli uffici si distinguono inoltre in semplici e complessi: i secondi, a differenza dei primi, sono costituiti da una pluralità di uffici, monocratici o collegali.
Talvolta la titolarità di un ufficio comporta di diritto la titolarità di un altro ufficio; si parla in questi casi di unione reale tra gli uffici[2] (un esempio è rappresentato dal sindaco italiano che è al contempo organo del comune ed ufficiale del Governo, ossia organo dello Stato). In altri casi, al contrario, la titolarità di un ufficio esclude quella di un altro; si parla, allora, di incompatibilità.
Tra la persona giuridica e le persone fisiche addette ai suoi uffici s'instaura un rapporto di servizio che va tenuto distinto dall’immedesimazione organica anche perché, a differenza di questa, è un vero e proprio rapporto giuridico tra due soggetti di diritto, in forza del quale la persona fisica presta la propria attività lavorativa a favore della persona giuridica. Il rapporto di servizio assume nella maggior parte dei casi la veste di rapporto di lavoro dipendente, ma vi sono anche casi in cui l’addetto presta il suo servizio a titolo non professionale (si parla, in questi casi, di funzionari onorari) o addirittura coattivo (si pensi al caso del servizio militare obbligatorio).
La titolarità dell'ufficio può essere attribuita per un determinato periodo di tempo, come avviene di solito per i funzionari onorari; scaduto il termine il titolare cessa dalle funzioni. Tuttavia, per garantire la continuità di funzionamento dell'organo, può essere previsto che continui ad esercitare le sue funzioni anche dopo tale scadenza, in attesa della nomina o elezione del successore; si parla, in questo caso, di prorogatio.
[modifica] Competenza, delega e supplenza
Se la persona giuridica ha un solo organo, questo esercita tutti i poteri e le facoltà spettanti alla persona giuridica. Se, invece, come normalmente accade, gli organi sono più di uno, i poteri e facoltà sono ripartiti tra gli stessi, in relazione alla divisione del lavoro operata nella struttura organizzativa. In questo caso la sfera di poteri e facoltà attribuita a ciascun organo costituisce la sua competenza; gli atti compiuti dall’organo al di fuori di tale sfera sono invalidi e precisamente affetti dal vizio di incompetenza.
L'ordine delle competenze può essere derogato con la delega, l'atto attraverso la quale un organo (delegante) trasferisce ad un altro organo (delegato) l'esercizio di poteri e facoltà rientranti nella sua sfera di competenza. Poiché deroga l'ordine delle competenze, il potere di delega deve essere conferito da una norma avente forza non inferiore a quella che ha attribuito le competenze derogate. Così, nell'ordinamento amministrativo italiano, dove l'attribuzione delle competenze è materia soggetta a riserva di legge relativa, ai sensi dell'art. 97 della Costituzione, il potere di delega deve parimenti essere previsto da una legge o altra fonte del diritto avente forza di legge.
La delega si distingue dalla rappresentanza, di cui si è detto sopra, perché quest'ultima da luogo ad un rapporto giuridico intercorrente tra distinti soggetti giuridici (il rappresentante e il rappresentato), laddove la delega intercorre tra due organi (il delegante e il delegato) dello stesso soggetto.
La delega si distingue inoltre dalla supplenza, che si ha quando un organo (supplente) esercita le competenze spettanti ad altro organo, a seguito dell'impossibilità di quest'ultimo di funzionare, per assenza o impedimento del suo titolare. Anche la supplenza deve essere prevista da una norma avente forza non inferiore a quella che ha conferito la competenza. Di solito le norme che prevedono la supplenza prestabiliscono in via generale l'organo (detto vicario) destinato a funzionare quale supplente di un altro[3].
[modifica] Collegi
Sono detti collegiali quegli uffici (di solito denominati "consiglio", "comitato", "commissione", "assemblea", "giunta" ecc.) il cui titolare non è una sola persona fisica ma una pluralità di persone fisiche che formano un collegio, ossia che concorrono all’attività dell’ufficio partecipando alla formazione di atti unitari (le deliberazioni) attribuiti al collegio come tale e non ai singoli componenti (i membri del collegio).
[modifica] Collegi perfetti e imperfetti
I collegi si distinguono in perfetti (o reali) e imperfetti (o virtuali). I collegi perfetti sono quelli che possono deliberare solo con la presenza di tutti i membri; i collegi di questo tipo (il cui esempio tipico sono i collegi giudicanti) hanno solitamente ridotte dimensioni e spesso prevedono, a fianco dei membri effettivi, la presenza di membri supplenti che subentrano ai primi in caso di assenza o impedimento, in modo da assicurare la continuità di funzionamento dell'ufficio.
I collegi imperfetti (il cui esempio tipico sono gli organi politici, legislativi ed esecutivi) possono invece deliberare con la presenza di una parte soltanto dei membri, sempre che sia stato raggiunto il quorum strutturale (comunemente detto numero legale), ossia un determinato numero di membri, spesso fissato nella metà più uno dei componenti il collegio.
[modifica] Presidente e segretario
In ogni collegio vi è un presidente che di regola è anche membro del collegio. Compito del presidente è convocare le sedute, dirigerne lo svolgimento e proclamare il risultato delle votazioni. Non di rado a queste funzioni interne al collegio, il presidente (così come eventualmente altri membri del collegio) assomma funzioni esterne, riguardo alle quali agisce come titolare di un ufficio monocratico. In certi collegi il presidente è eletto dai membri, in altri è eletto o nominato dall'esterno.
Oltre al presidente in ogni collegio vi è un segretario il cui compito precipuo è la documentazione dell'attività del collegio attraverso la redazione del verbale di seduta. Il segretario non è necessariamente membro del collegio e quindi investito del diritto di voto; talvolta, però, pur non votando, ha funzioni consultive, esprimendo pareri sulle proposte di deliberazione.
[modifica] Funzionamento dei collegi
A differenza degli uffici monocratici, quelli collegiali possono funzionare solo in determinati periodi di tempo, le sedute, durante i quali i membri, regolarmente convocati, sono riuniti. La convocazione è l'atto, comunicato ai membri del collegio, con il quale il presidente stabilisce la data e il luogo della riunione, nonché il suo ordine del giorno, ossia l'elenco delle materie che saranno trattate e sulle quali il collegio può validamente deliberare. Talvolta, a garanzia del regolare funzionamento del collegio, è previsto l'obbligo del presidente di convocarlo trascorso un certo lasso di tempo dall'ultima seduta oppure su richiesta di un certo numero di membri o di un'autorità esterna di vigilanza.
L'apertura e la chiusura della seduta è dichiarata dal presidente; tra questi due momenti il collegio può validamente deliberare. Di solito la deliberazione è preceduta da una discussione, diretta dal presidente al fine di assicurarne l'ordinato svolgimento. Talvolta il collegio affida ad uno dei suoi membri (relatore) l'incarico di esaminare la materia oggetto di deliberazione e riferire agli altri. Nei collegi di maggiori dimensioni, quali le assemblee di tipo parlamentare, l'esame delle proposte di deliberazione e una prima discussione sulle stesse avvengono nell'ambito di collegi interni (denominati "commissioni" o "sottocommissioni") nei quali l'organo si articola, che poi riferiscono al collegio nel suo complesso.
Al termine della discussione il presidente dichiara aperta la votazione, durante la quale i membri possono esprimere il loro voto (che, secondo i casi, può essere segreto o palese) sulla proposta di deliberazione o, secondo i casi, sulle proposte alternative. La deliberazione collegiale si perfeziona con la proclamazione del risultato della votazione da parte del presidente, a seguito dell'accertamento dell'esito del voto (operato, nei collegi di maggiori dimensioni, con l'ausilio di alcuni membri in qualità di scrutatori).
Sono valide le deliberazione che ricevono un numero di voti favorevoli pari o superiore al quorum funzionale. Questo, secondo i casi, può corrispondere:
- alla maggioranza semplice, quando è sufficiente che i voti favorevoli superino quelli ricevuti dalle singole proposte alternative;
- alla maggioranza relativa, quando è necessario che i voti favorevoli superino la metà dei votanti;
- alla maggioranza assoluta, quando è necessario che i voti favorevoli superino la metà degli aventi diritto al voto (se tutti i membri hanno votato, maggioranza relativa e assoluta coincidono);
- ad una maggioranza qualificata, quando è necessario che i voti favorevoli superino una frazione dei votanti o degli aventi diritto al voto maggiore della metà (ad esempio i 2/3, i 3/4 ecc.).
[modifica] Note
- ^ Per lo stesso motivo nelle scienze dell'organizzazione, adottandosi una prospettiva di studio interna all'ente visto come azienda, non si fa distinzione tra organi e uffici
- ^ Al contrario, nell'unione personale la stessa persona è titolare di più uffici non di diritto ma per circostanze contingenti
- ^ L'organo vicario è frequentemente designato anteponendo il prefisso vice alla denominazione di quello che sostituisce (ad esempio: viceprefetto; ortograficamente è corretta anche la grafia staccata, come in vice prefetto)
[modifica] Voci correlate
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