Malebranche
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« "Tra' ti avante, Alichino, e Calcabrina", cominciò elli a dire, "e tu, Cagnazzo; |
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(Inf. XXI vv. 118-123)
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I Malebranche, che compaiono nei canti XXI, XXII e XXIII dell'Inferno di Dante, sono un gruppo di diavoli deputati a controllare che i dannati della quinta bolgia dell’ottavo cerchio, quello dei fraudolenti, i "barattieri" non escano dalla pece bollente. Essi sono dotati di uncini con i quali graffiano e squartano tutti coloro che osino affacciarsi.
Il nome, così come quello del luogo, "Malebolge", e di molti dei diavoli, è inventato da Dante e significa propriamente cattivi artigli (le "branche" sono gli artigli leonini), riferendosi proprio agli uncini.
Il lungo episodio è caratterizzato da una innegabile vis comica che lo rende uno dei più famosi dell'Inferno. In questa occasione Dante diede prova della duttilità della sua poesia e della lingua italiana (della quale viene non a caso chiamato "padre"), adatta a trattare sia temi "alti" che più popolareschi.
Nel passo dantesco compaiono 13 diavoli. Il primo non ha nome ed appare minaccioso alle spalle di Dante e Virgilio mentre attraversano uno dei ponti delle Malebolge. Esso però non li considera e recita la sua scena con l'anziano di Santa Zita, un lucchese. Successivamente ne appaiono altri dodici, ciascuno con un proprio nome:
- Malacoda (il capo della banda)
- Scarmiglione (arruffato o "arruffone")
- Barbariccia (il "sergente" della truppa che accompagna Dante e Virgilio lungo l'argine della bolgia)
- Alichino (nome tratto dalla tradizione medievale, da cui poi deriverà l'Arlecchino delle commedie)
- Calcabrina
- Cagnazzo
- Libicocco
- Draghignazzo
- Ciriatto (= porco)
- Graffiacane
- Farfarello (pure esso tratto dalla tradizione popolare medievale)
- Rubicante (= rosso/rabbioso).
Di questi, dieci accompagneranno i due pellegrini per un tratto di strada, azzuffandosi poi dopo la beffa di Ciampolo di Navarra, un dannato che gli scappa sotto gli occhi.
I diavoli dai pittoreschi nomi (tutti di almeno 8 lettere dal sapore molto popolano) sono tipicamente medievali. Essi mescolano componenti grottesche e bonarie, sono malvagi ma un po' stupidi per cui è facile beffarli. Non hanno niente a che fare con altre figure di matrice classica, i solenni mostri guardiani dei cerchi (per esempio Cerbero, Minosse o il Minotauro). Ognuno ha almeno una particina nell'episodio, con diversi ruoli e con varie gradazioni di carattere.
Dante aveva avuto modo di assistere a rappresentazioni carnevalesche con uomini travestiti da diavoli. All'epoca erano molto diffusi cicli di affreschi e tavole dipinte raffiguranti i demoni, anche se la fantasia dei pittori nella rappresentazione di questi mostri si sviluppò soprattutto dopo la divulgazione dell'Inferno. In Toscana esisteva anche una famiglia di nome Malabranca.
[modifica] Curiosità
- Farfarello comaparve secoli dopo nelle Operette morali di Giacomo Leopardi nel Dialogo di Malambruno e Farfarello.
[modifica] Bibliografia
- Vittorio Sermonti, Inferno, Rizzoli 2001.
- Umberto Bosco e Giovanni Reggio, La Divina Commedia - Inferno, Le Monnier 1988.