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Giuseppe Terragni - Wikipedia

Giuseppe Terragni

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Giuseppe Terragni (Meda18 aprile 1904 – Como19 luglio 1943) è stato un architetto italiano.

Indice

[modifica] Biografia

Nel 1921 si diploma e, sempre nello stesso anno, si iscrive alla Scuola Superiore di Architettura presso il Politecnico di Milano, dal quale uscirà laureato nel 1926. Nel 1927, escono sulla rivista "Rassegna italiana" i quattro articoli del Gruppo 7, considerati il manifesto del Razionalismo italiano. Terragni è uno dei sette firmatari di tale manifesto, assieme a Luigi Figini, Adalberto Libera, Gino Pollini, Guido Frette, Sebastiano Larco e Carlo Enrico Rava. Negli anni successivi diventerà il maggiore esponente del Movimento Italiano di Architettura Razionale (MIAR). Terragni passa la sua esistenza nell'illusione di poter tradurre in chiave civile e democratica, attraverso l'architettura, i connotati etico-sociali del fascismo; quando, 39enne, constata il fallimento dei suoi ideali crolla psichicamente e muore.

Di Terragni sembra che si sia già detto tanto: ampia è la bibliografia e numerose sono le mostre già dedicate al suo lavoro. Se la ricerca continua, l’imponente volume – Giuseppe Terragni - edito da Electa in occasione dell’altrettanto vasta mostra del 1996 nelle milanesi sale della Triennale, è ancora tra le più recenti e vaste raccolte di documentazioni complete e riflessioni sull’opera del grande architetto italiano. Pur se moltissime scene della sua densa vicenda umana vengono qui puntigliosamente rappresentate e molti retroscena rivelati –e i vari qualificati contributi illuminano nuovi scorci della sua personalità e del suo lavoro- ricorda a proposito della mostra Giorgio Ciucci che si tratta si una tappa importante nell’ambito di un’attività che ha per motore il Centro Studi Terragni, ma che altri archivi ancora vanno consultati.

Como - Casa del Fascio
Como - Casa del Fascio

La complessità del suo fare non è stata ancora del tutto svelata. Enigmatica metafora è quell’unico pilastro di nudo cemento, sottovetro, nella sala del federale della Casa del Fascio di Como, che al di là delle intenzioni simboliche formalmente ricollegabili ad un’immagine idealizzata di un fascismo rivoluzionario, del quale Terragni si sente portavoce, rivela per contrasto l'allusione alla natura di pura apparenza dell’architettura. Ovvero l'architettura esistente oltre la rude materia. Non a caso è proprio l'esecuzione del rivestimento, interfaccia tra materia e apparenza, l'ultima ossessione progettuale e costruttiva della Casa del Fascio. Ultimo sofferto atto verso il capolavoro. Le lastre di marmo bianco, che Terragni esigeva perfette, rappresentano l'essenziale luogo della sintesi, dove la forma dell'architettura, distillata tentativo topo tentativo, approda al più elevato livello di astrazione,

Da quando l’”enfant prodige” dell’architettura italiana il 19 luglio del 1943, a soli 39 anni cade fulminato da una trombosi cerebrale su un pianerottolo delle scale di casa della fidanzata a Como, molte domande rifiutano risposte definitive, come se un'unica esperienza personale dovesse servire a spiegare un'intera epoca, le conquiste di una generazione di architetti italiani e gli smarrimenti della generazione successiva . L'interesse autentico per Terragni è tuttavia storia recente. O forse, meglio, per quando riguarda l'Italia, storia di un, troppo lungo, conveniente o solo distratto relativo interesse, sullo sfondo forviante di un poco nobile manicheismo ideologico non estraneo a più concrete scelte di campo. Per tanti e per tanti anni, la riflessione sull'opera di Terragni è rimasta sospesa pregiudizialmente su una domanda apparentemente essenziale: "Terragni morì da fascista o da antifascista?" Domanda di carattere fondamentalmente biografico che svela il prevalere in generale della "mitologia del maestro" rispettto al contenuto dell'opera, come se quest'ultima fosse il risultato solo di azioni consapevoli e deliberate del autore e non anche di circostanze specifiche e sviluppi e ed effetti casuali. Atteggiamento dall'orizzonte, ovviamente, limitato rischia di non fa vedere ciò che è invece veramente importante: l'esemplarità dell'opera è indipendente da quella del suo autore e dal punto di vista critico -e dalla lezione che eventualmente se ne può ricevere- sopravanza, evidentemente, "esemplarità" dell'autore.

Ancora nel 1971 uno dei maggiori baluardi del pensiero unico dell'ortodossia funzionalista, in uno dei testi obbligatori per gli studenti d'architettura italiani semplificava il contributo di Terragni al formalismo di un "serrato e magistrale gioco i volumi" ovviamente privo del "sostegno di un preciso rapporto funzionale". Considerando la ricerca della forma in Terragni non solo un esercizio declassante, di livello inferiore, rispetto alle "alte" finalità dell'architettura, ma un vero e proprio incidente determinato dalle ristrettezze culturali dell'Italia del tempo.(1) Mentre alla medesima epoca ben diverso interesse verso l'architettura di Terragni dimostrava Peter Eisenman che indagandone lo strategie formali e linguistiche e sottolineandone le peculiarità rispetto ad altri protagonisti del Movimento Moderno e il superamento dei dogmi funzionalisti lo poneva per un lungo periodo alla base del propria ricerca progettuale. Tanto da poter fino ad un certo punto considerare il lavoro di Eisenman uno sviluppo parallelo di quello di Terragni, prodotto su un corpo di leggi precedentemente individuate. Ben oltre l'interesse storico, Eisenman riporta Terragni all'attualità progettuale.(2) E’ figura originale quindi e non minore come è stato considerato in un primo tempo, vedendovi, ora qua ora la, l'influsso di questo o quell'altro "maestro" a lui, in definitiva, contemporaneo. Perché Terragni seppe superare di fatto, con le sue strategie compositive e decompositive, rimettendo in primo piano la scrittura della facciata, lo statuto funzionalista alla ricerca di nuove forme architettoniche, postulato dell’architettura razionalista, che -come scrisse- "nei loro rapporti di vuoto e di pieno, di masse pesanti e strutture leggere abbiano a donar all’osservatore un’emozione artistica".

Como - Asilo Sant'Elia
Como - Asilo Sant'Elia

Antonino Saggio nel volume Giuseppe Terragni - Vita ed opere - edito da Laterza, individua, come quadro unificante della poetica di Terragni, il tema del telaio che da struttura familiare viene trasformato in forma enigmatica ed astratta. Apparso per la prima volta nel progetto dell’officina per la produzione del gas del 1927, prenderà corpo nella Casa del fascio del ‘32-’36, per acquistare, attraverso le esperienze delle ville, di casa Rustici e dell’asilo S. Elia, completa autonomia sintattica nella casa Giuliani Frigerio del 1942. In questa casa – della quale Pietro Lingeri, che aveva progettato con Terragni le case milanesi, disse che aveva idee per quaranta- lo scollamento delle parti, precisa Saggio, si impossessa di tutto. Ma altri temi ancora si potrebbero individuare, di questo tema del telaio varianti ed evoluzione, come la stratificatione delle quinte o dei piani percettivi e delle conseguenti profondità smaterializzate. O, la dislocazione centrifuga degli elementi compositivi e la conseguente rarefazione della massa architettonica e instabilità delle relazioni tra interni ed esterni. E viene scoperto un’orizzonte che solo l’architettura più recente ha cominciato ad esplorare e a percorrere. Se, per Eisenman, Philip Johnson si chiedeva, riflettendo sulle prime piccole opere dell’amico newyorchese: " Che cosa farebbe in un grande edificio?" per Terragni ci dovrebbe chiedere allora a maggior ragione: chissà cosa avrebbe fatto da grande? Per quest’ultima domanda le risposte sono solo parzialmente fornite dai disegni dei progetti non realizzati e dagli ultimi schizzi. Questione chiave, però, visto come si sono arenate tante presunte promesse dei "padri" ufficiali della modernità. Ecco perché capire fino in fondo Terragni può rivelarsi fondamentale per capire l’architettura di oggi, e le sue crisi e i suoi progressi. Riflettere su Terragni assume per l’architettura contemporanea il valore di riflettere anche su se stessa al presente. Appunto perché il conflitto sempre rilevato, con opposti giudizi, tra piante e prospetti, segna il distacco inconciliabile dai principi fondamentali dell'ortodossia funzionalista, la lezione del comasco è un contributo chiave per l'architettura dopo la fine del proibizionismo.

In un sistema di relazioni che si beffa della consistenza dei volumi, sicuramente a partire dall Casa del fascio, la leggerezza delle quinte, isolate ed in sequenza e in articolazioni di schermature e piani, prevale sulla pesantezza delle masse e i rapporti tra i pieni e i vuoti è tutto giocato su una bidimensionalità apparente che tende all'azzeramento degli spessori, In questa specificità -che sembra appartenere alla totalità delle costruzioni e a molti progetti- in grado di moltiplicare e distribuire su più piani o strati gli elementi del testo delle facciate sedimenta uno dei migliori apporti di Terragni alla cultura del progetto contemporaneo. Un contributo paradigmatico e teorico primitivo del quale non solo si leggono tracce certe, esplicitamente, nei successivi sviluppi di Peter Eisenman e implicitamente in Richard Meier e in misura maggiormente traslata in altri più giovani importanti esponenti del progetto contemporaneo, ma in quando fondamentale innovazione linguistica, evidentemente, risorsa tutt'ora efficacemente disponibile.

Il pensiero di Terragni fu inoltre determinante nel costituire il sostrato culturale che permise la nascita a partire dagli anni '30 del gruppo degli astrattisti comaschi, guidati da Mario Radice (che realizzò gli affreschi per gli interni della Casa del Fascio) e Manlio Rho.

Monumento ai caduti della I Guerra Mondiale a Erba (CO) progettato e realizzato da Giuseppe Terragni, 1930
Monumento ai caduti della I Guerra Mondiale a Erba (CO) progettato e realizzato da Giuseppe Terragni, 1930

[modifica] Principali realizzazioni

[modifica] Bibliografia

  • Giorgio Ciucci, a cura di, Giuseppe Terragni 1904-1943, Milano, Electa 1996
  • Peter Eisenman, Giuseppe Terragni. Trasformazioni, scomposizioni, critiche, con scritti di G. Terragni e M. Tafuri, Macerata, Quodlibet 2004

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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