Francesco Baracca
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Francesco Baracca (Lugo di Romagna, 9 maggio 1888 – Nervesa della Battaglia, 19 giugno 1918) è stato un aviatore italiano.
Durante la prima guerra mondiale partecipò a 63 combattimenti aerei, abbattendo 34 velivoli nemici, l'ultimo a Borgo Malanotte nei pressi di Tezze di Piave, mentre stavano arrivando le truppe austriache, tanto che le nostre retroguardie, in ritirata, segnalarono al pilota di non scendere a visionare l'aereo abbattuto, dato l'imminente arrivo del nemico. Il suo primo abbattimento venne effettuato sopra il cielo di Gorizia, dopo vari minuti di ingaggio riuscì a portarsi con una cabrata in coda al velivolo avversario e, scaricandogli addosso 45 colpi, l'aereo non ebbe scampo e precipitò. Baracca atterrò subito nei pressi dello schianto per sincerarsi delle condizioni del pilota nemico e congratularsi con lui per il combattimento. Questo gesto da parte di Baracca non fu isolato, infatti sosteneva "è all'apparecchio che io miro non all'uomo".
Morì durante una missione di mitragliamento a bassa quota, sopra Colle Val Dell'Acqua, sul Montello ( tra Nervesa della Battaglia e Giavera del Montello), abbattuto probabilmente da un colpo di fucile sparato da terra, mentre con il suo SPAD S.XIII sorvolava le trincee austriache, durante la Battaglia del Solstizio d'Estate (giugno 1918).
Recentemente è stata avanzata una tesi secondo la quale Baracca piuttosto che bruciare con il velivolo o essere fatto prigioniero abbia preferito suicidarsi (il corpo, ustionato in più punti, presentava una ferita di pallottola sulla tempia destra), mentre da tempo esiste la rivendicazione dell'abbattimento da parte di un pilota austriaco, ma nessuna di queste due tesi sembra supportata da elementi concreti. Alle due tesi se ne è aggiunta ultimamente un'altra, ossia che un tiratore austriaco appostato su un campanile lo abbia colpito. In ogni caso, nei giorni del ritiro delle truppe austriache da Bavaria e Nervesa per raggiungere la sinistra Piave, un giornalista di guerra appresso alle truppe italiane, disse che fu difficile localizzare l'aereo caduto, poiché era finito in una fitta radura di alberi, da cui la certezza che il nemico non lo avesse trovato. Inoltre la stampa austriaca, in quei giorni di combattimento, non se ne era occupata, tanto che qualcuno sperava di trovarlo ancora in vita, magari ferito e nascosto da qualche parte.
Il re aveva mandato ai suoi genitori, un telegramma che auspicava una risoluzione positiva, speranza che si infranse solo di fronte al ritrovamento del cadavere e dell'aereo caduto. La bara fu trasferita ad Istrana, paese vicino all'Aeroporto di S.Cristina di Quinto da cui partì (vi e' l'ala del suo aereo all'ingresso della strada dove si trovava l'aeroporto). Al suo passaggio parteciparono le autorità civili e militari, oltre che la gente del paesino. Poi la salma venne trasportata a Lugo di Romagna, dove furono fatti i funerali ufficiali.
L'insegna personale di Baracca, che l'asso faceva dipingere sulle fiancate dei suoi velivoli, era il famoso cavallino rampante, sul cui colore esatto esiste un piccolo mistero. Sembra infatti accertato che il colore originario del cavallino fosse il rosso, tratto per inversione dallo stemma del 2° Reggimento "Piemonte Reale Cavalleria" di cui l'asso romagnolo faceva parte, e che il più famoso colore nero fu invece adottato in segno di lutto dai suoi compagni di squadriglia solo dopo la morte di Baracca.
Sul luogo dell'abbattimento esiste tuttora un monumento (vicino a Nervesa della Battaglia), con una dedica fatta da Gabriele D'Annunzio.
D'Annunzio, aviatore pure lui, era "amico" di Baracca e nell'incontrarlo, cercava spesso di carpire il metodo usato per abbattere gli aerei nemici, quasi si trattasse di un trucco che il Baracca voleva tenere tutto per se. Lo stesso Baracca si rendeva conto che il D'Annunzio poco convinto della tecnica di abbattimento che si concentrava sull'abilità del pilota, cercasse ogni volta di rifargli le stesse domande, per trovare qualche contraddizione nella risposta.
In una lettera scritta alla madre, egli espresse tutto il suo dolore per l'uso di pallottole traccianti, dopo avere visto un aviatore austriaco, avvolto dalle fiamme gettarsi nel vuoto, da alta quota. Baracca esprimeva la sua contrarietà perché le moderne armi d'ingaggio, stavano modificando con crudeltà i metodi di combattimento. Qualche anno dopo il termine la Prima guerra mondiale, nel 1923, la madre di Francesco Baracca donò il suo emblema ad Enzo Ferrari che, modificato nella posizione della coda e del colore dello sfondo, ora giallo, prima ornò le macchine della scuderia da corsa della Alfa Romeo che Ferrari stesso aveva fondato nel 1929 e quando questa si sciolse, andò a ornare le vetture della ditta che il Ferrari fondò subito dopo la seconda guerra mondiale, ancora oggi rappresenta il simbolo dell'omonima casa automobilistica.
Meno conosciuto è il fatto che anche la Ducati utilizzò il cavallino rampante (pressoché identico a quello della Ferrari) sulle proprie moto dal 1956/57 al 1960/61. Il marchio fu scelto dal celebre progettista della Ducati Fabio Taglioni che era nato a Lugo di Romagna come Baracca.
L'odierno ex aeroporto militare con sede a Centocelle (Roma) porta oggi il suo nome ed è sede del Comando Squadra Aerea (CSA) e del Comando Operativo di vertice Interforze.
L'attuale 9° Stormo Caccia dell'Aeronautica Militare, con sede a Grazzanise (CE), porta il suo nome ed emblema, che è anche presente negli stemmi dei Gruppi Caccia 10° e 12°, mentre è presente a colori invertiti (cavallino bianco in campo nero) negli stemmi del 4° Stormo e del 9° Gruppo Caccia.
[modifica] Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare
Medaglia d'argento al valor militare
Medaglia d'argento al valor militare
Medaglia d'argento al valor militare
Medaglia di bronzo al valor militare
Croce di guerra francese con palme
Croce militare britannica (Military Cross)
Croce di ufficiale della corona belga
Medaglia al valore serba
[modifica] Note
- ^ a b c d e Sito del museo Francesco Baracca
- ^ Medaglia d'oro al valor militare BARACCA Francesco. Quirinale. URL consultato il 30-7-2007.
- ^ Sito del Quirinale.