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Digital divide - Wikipedia

Digital divide

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Con digital divide (divario digitale, spesso abbreviato in DD) si intende il divario esistente tra chi può accedere alle nuove tecnologie (internet, personal computer) e chi no. Le cause sono ad oggi oggetto di studio. Tuttavia vi è consenso nel riconoscere che condizioni economiche, di istruzione e, in molti paesi, l'assenza di infrastrutture siano i principali motivi di esclusione.

Indice

[modifica] Descrizione

Il termine Digital Divide è stato utilizzato inzialmente dalla amministrazione americana Clinton-Gore per indicare la non omogenea fruizione dei servizi telematici tra la popolazione statunitense.

Nonostante si sia fatto riferimento al Digital Divide come un problema interno al contesto americano, oggi è più comune definire con questi termini il divario esistente nell'accesso alle nuove tecnologie in una prospettiva globale. Tuttavia le analisi sull'argomento sono orientati in entrambe le prospettive di analisi, nazionali e transnazionali. Nell'ambito della Network Society, le cause di tale divario sono da ricercare in diversi fattori socio-economici, ed introducono effetti che sono tutt'ora oggetto di indagine.

Il Digital Divide potrebbe incrementare infatti le già esistenti diseguaglianze di tipo economico, ma avere effetti drammatici anche nell'accesso all'informazione implicando ulteriori conseguenze. Oggi sono attive diverse campagne per il superamento del Digital Divide impegnate nel riutilizzo dell'hardware (il così chiamato trashware), spesso impiegando l'uso di software libero.

Le Nazioni Unite hanno espresso l'impegno a risolvere il problema attraverso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Goals) presentati all'Assemblea del Millennio. In proposito è stato istituito dall’Assemblea dell’UN un Gruppo di Esperti di Alto Livello che ha presentato nella stessa assemblea il primo piano di azione globale finalizzato al superamento di questo divario. Il Digital Divide è stato ancora argomento centrale nel primo Summit sulla Società dell'Informazione indetto proprio dalle Nazione Unite. Il summit ha avuto luogo in due fasi. La prima tenuta a Ginevra nel dicembre del 2003 ha avviato un percorso di studi risolutivi conclusi e presentati nella seconda fase del summit a Tunisi nel novembre del 2005. Nonostante le aspettative, il Summit non ha però prodotto risultati tangibili.

Una delle cause ampiamente condivise del Digital Divide è di carattere economico che impedisce alla popolazione di tali paesi di acquisire un’alfabetizzazione informatica che è causa stessa del Digital Divide. Il circolo vizioso che si viene a creare porta i paesi poveri ad impoverirsi ulteriormente dato che vengono ulteriormente esclusi dalle nuove forme di produzioni di ricchezze che sono basate sui beni immateriali dell'informatica.

Il problema intrinseco al nuovo corso del sistema economico mondiale, può quindi essere combattuto attraverso iniziative di vario tipo atte alla divulgazione di infrastrutture e saperi. Molte sono le iniziative in questa direzione.

Nell’ottobre 1998, in occasione del Global Village, un seminario sul digital divide tenutosi in India viene composta la Bangalore Declaration on Information technology for developing countries.

In questa sede venne teorizzata la creazione di un computer a basso costo, non basato su linguaggio scritto, ma visivo, che permetta, attraverso il collegamento a Internet, di creare i mezzi e la cultura necessaria alla nascita di attività online per i mercati in difficoltà.

Un gruppo di informatici ed economisti indiani, sotto la guida dell’Istituto Indiano per l’Informatica e l’Automazione, e dell’importante industria di software Encore Ltd (con sede a Bangalore), creano la Simputer Trust, un’associazione che ha lo scopo di realizzare questo tipo di sistema informatico: in tre anni nasce il simputer.

[modifica] Piano Globale

Il piano globale sottolinea la necessità di un approccio integrato che preveda il coinvolgimento e la cooperazione sinergica tra il sistema delle Nazioni Unite, le organizzazioni bilaterali e multilaterali, le autorità nazionali, il settore privato, la società civile. Il Segretario Generale dell’ONU ha annunciato all’interno del suo Rapporto per il Millennio due iniziative di estremo rilievo: la realizzazione di una nuova Rete Sanitaria per i paesi in via di sviluppo e l’istituzione di un Servizio delle Nazioni Unite per la Tecnologia e l’Informazione chiamato UNITeS.

[modifica] Rete Sanitaria

La Rete Sanitaria promossa dalle Nazioni Unite e attualmente coordinata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), intende fornire un valido aiuto al problema dell’Assistenza Sanitaria nei paesi in via di sviluppo, sfruttando le enormi potenzialità offerte in questo campo dalle nuove tecnologie. Il piano prevede la creazione di diecimila siti online posti a disposizione degli ospedali, delle cliniche e delle strutture sanitarie pubbliche presenti in questi paesi. Lo scopo è di favorire l’accesso ad informazioni mediche e sanitarie aggiornate, sviluppando programmi specifici per singoli stati o gruppi di nazioni.

[modifica] Servizio per la Tecnologia e l'Informazione

Il servizio attivato dall’UNITeS intende invece creare un corpo di volontari esperti e provenienti da tutto il mondo, in grado di porre le proprie competenze al servizio dei paesi in via di sviluppo, al fine di aiutarli a beneficiare concretamente della rivoluzione digitale. I volontari sono dunque i protagonisti principali di questo programma, volto sia ad addestrare gruppi di persone sugli utilizzi e gli scopi della tecnologia dell’informazione, sia a sollecitare la costituzione di ulteriori corpi digitali nel Nord e nel Sud del mondo. L’area d’intervento è assai vasta ed abbraccia ogni campo dello sviluppo umano.

Nel perseguire la sua missione, l’UNITeS si avvale della collaborazione dei Governi, delle agenzie internazionali, delle organizzazioni non governative, della società civile, del settore privato, delle università al fine di supportare il lavoro dei volontari sia sul campo che online, attraverso varie forme: dal sostegno finanziario alla donazione degli equipaggiamenti elettronici, dalla fornitura di servizi logistici al reclutamento delle risorse umane.

[modifica] eEurope 2002

Ma il problema non si pone solo nei confronti dei paesi del terzo mondo: molto spesso il divario si nota anche solo tra regioni confinanti all' interno di una stessa nazione.

Nel giugno 2000 l’Unione europea ha approvato il Piano d’azione "eEurope 2002"; nello stesso mese il governo italiano ha varato il Piano d’azione dell’Italia. Nei documenti presentati dal nostro paese e accolti in "eEurope 2002" sono richieste politiche per la crescita delle regioni in ritardo e un impegno straordinario per la riduzione del digital divide tra paesi ricchi e poveri.

Entrambi i documenti pongono la valorizzazione del capitale umano, e in particolare dei giovani, al centro delle azioni concrete che devono essere perseguite dall’Ue e dai singoli Stati.

Le linee d’azione previste nel Piano europeo sono finalizzate al raggiungimento di tre obiettivi prioritari:

  1. realizzare un accesso più economico, rapido e sicuro a Internet;
  2. investire nelle risorse umane e nella formazione, favorendo la partecipazione di tutti all’economia basata sulla conoscenza;
  3. promuovere l’utilizzo di Internet, anche nella pubblica amministrazione e nei servizi, accelerando l’e-commerce e sviluppando contenuti digitali per le reti globali.

In Irlanda oltre 200milioni di euro di finanziamenti pubblici sono stati resi disponibili per finanziare progetti tesi a fornire sistemi di comunicazione avanzata o infrastrutture di e-commerce.

In Svezia sono stati investiti 5,8 miliardi di corone per sviluppare connessioni regionali o locali in aree rurali e per lo sviluppo di reti a banda larga.

In Portogallo allo scopo di fornire l’accesso domestico a Internet a più della metà della popolazione vengono offerti incentivi fiscali per l’acquisto di pc, mentre l’accesso a internet a bassa velocità è gratuito oppure fornito a un prezzo simbolico, e l’accesso a banda larga è a un buon livello di sviluppo.

In Francia sono stati realizzati oltre 7000 punti di accesso gratuito a internet.

[modifica] Situazione in Italia

[modifica] Piano Italiano

Il Piano del governo italiano, finanziato con il 10 per cento delle entrate ottenute con la gara Umts, considera la transizione verso la Società dell’informazione come priorità strategica; parte dal presupposto che le tendenze allo sviluppo e all’adozione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) sono largamente spontanee e decentrate;

Il programma di sviluppo delle tecnologie didattiche 1997-2000 ha interessato moltissime scuole di ogni ordine e grado, ottenendo importanti risultati. Tre gli obiettivi:

  1. promuovere fra gli studenti la padronanza della multimedialità;
  2. accrescere l’efficacia dei processi di insegnamento-apprendimento e la stessa organizzazione della didattica;
  3. migliorare la professionalità degli insegnanti.

Per sviluppare politiche di sostegno alle scuole il ministero ha attivato un insieme di risorse, avviando una politica di accordi con le imprese private, che presenteranno alle scuole consulenza tecnologica, servizi e azioni di stimolo (premi, concorsi ecc.). Il Programma ha previsto un investimento complessivo di mille miliardi negli anni 1997-2000.

La legge finanziaria per il 2000 ha poi destinato 450 miliardi negli anni 2000-2002 all’acquisto di attrezzature informatiche da parte di istituzioni scolastiche che intendono completare questo progetto. È prevista inoltre la totale esenzione da ogni onere fiscale ai fini dell’Iva, e delle imposte sui redditi, per le cessioni a titolo gratuito di dotazioni informatiche (purché non ulteriormente commercializzabili) a istituti penitenziari e a scuole.

[modifica] La copertura ADSL italiana e il digital divide

Secondo molti studiosi, in Italia il Digital divide si manifesta nell'esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad Internet garantito dalla tecnologia DSL, chiamato anche banda larga.

La banda larga, definita alla luce della tecnologia attuale a partire da un valore soglia di 1.2 megabit/sec., non è contemplata né dalla legislazione italiana né da quella europea come obbligo di servizio universale.

La copertura del territorio italiano con accessi a Internet a velocità superiori a 1 megabit/sec. resta al di sotto della media europea (95% di Regno Unito, oltre il 90% in Francia) e di Stati con un territorio più vasto dell'Italia e una più bassa densità abitativa e quindi più piccoli centri da coprire.

In Francia e Regno Unito tale livello di copertura è in buona parte dovuto all'utilizzo diffuso di tecnologie wireless, o di altre quali Reach Extended ADSL2 [1], liberalizzate da alcuni anni, per servire territori rurali in cui la centrale sarebbe troppo distante da molte abitazioni per poter offrire un servizio DSL.

Anche in Italia con i link via wireless sarebbe possibile una copertura totale del territorio, con l'onere di installare un DSLAM in ognuna delle 10800 centrali telefoniche italiane.

A detta di molti operatori nel settore delle telecomunicazioni, la banda larga è un fattore d'importanza strategica per la ripresa di competitività delle imprese italiane, quanto la creazione di una rete di trasporti autostradale e ferroviaria più efficiente. È importante in questo senso l'integrazione fra informatica e logistica, per favorire la circolazione di idee e di merci.

La banda larga è anche una necessità del mondo dell'università e della ricerca scientifica che lavorano su una grande mole di dati e utilizzano la rete come strumento da cui attingere potenza di calcolo.

La recente disponibilità della tecnologia Wimax potrebbe contribuire a risolvere il digital divide italiano: entro la fine del mese di gennaio 2008 sarà avviata la Gara pubblica per l'assegnazione delle frequenze per il WiMAX.

[modifica] L'iniziativa e-form

Si tratta dell'iniziativa avviata al fine di realizzare percorsi e strumenti formativi e informativi nell’area dell’Ict anche attraverso una forte alleanza di università del Centro-Sud con organizzazioni imprenditoriali e rappresentanze delle professioni.

Il programma di formazione prevede una serie di interventi che riguarderanno tutti i sistemi formativi (università, scuola, formazione professionale e aziendale). La prima fase di attività di e-form è il Progetto Tone (Towards the New Economy), che prevede attività di orientamento e formazione professionale dirette a convertire studenti universitari e laureati attualmente non occupati o sotto occupati alle professioni della new economy.

[modifica] I Progetti anti Digital Divide del Politecnico di Milano

Una serie di iniziative sono state lanciate nell'ambito anti DD dal Politecnico di Milano attraverso il Centro METID, STMicroelectronics Foundation e l'ONG MLFM. Trattasi di progetti orientati allo scavalcamento del DD geografico, con interventi in Repubblica Democratica del Congo (DD Birava e DD Mbobero), Ruanda (DD Muhura), Etiopia (DD Wolisso) e Uganda (DD Luzira) per diffondere l'utilizzo dell'ICT nei paesi in via di sviluppo. Gli obiettivi sono:

  • favorire il processo democratico attraverso l'accesso di studenti e comunità isolate all'informazione e la comunicazione;
  • la creazione di competenze locali nell'ambito ICT;
  • la creazione di attività economiche autosostenibili.

La piattaforma E-learning Eduafrica sviluppata dal METID e una collaborazione con SIGNIS, provider di connettività satellitare (VSAT) permettono le attività di formazione a distanza tra il METID e i cinque progetti attivi.

[modifica] Visione Critica Globale

Inclusione ed apertura sono caratteristiche che hanno alimentato il mito della rete democratica ed egualitaria in grado di colmare le distanze geografiche e sociali tra le persone. Questo può essere parzialmente vero, ma non dobbiamo dimenticare che la diffusione delle ICT ha accelerato il processo di globalizzazione economica ed ha favorito la nascita di un sistema in cui la produzione e la vendita delle merci sono sempre meno legate al territorio e sempre più vincolate all'integrazione telematica di lavoratori e consumatori. La vocazione democratica di Internet sembrerebbe trovare conferma anche nella crescita impetuosa, senza precedenti nella storia dei media. «Negli Usa, ad esempio, ci vollero 46 anni prima che il 30% delle case fosse collegato alla rete elettrica, 38 ne passarono prima che il telefono entrasse nella stessa percentuale di famiglie e 17 ne servirono alla televisione. A Internet sono bastati sette anni per raggiungere il 30% delle famiglie americane».

Nel 1993 gli utenti di Internet erano meno di 90 mila. Da allora, la rete telematica mondiale ha avuto uno sviluppo esplosivo ed ha raggiunto nel 2001 gli oltre 550 milioni di utilizzatori nel mondo.

Secondo l'indicatore del Divario Digitale incluso nel «Globalization Index», il Nord America padroneggia Internet cinque volte più dell'Europa Occidentale con oltre il 60% dei cittadini connessi alla Rete, ed è superato solo dalla Scandinavia. Non si tratta solo di una supposta superiorità dedotta dalla percentuale di popolazione che ha occasione di navigare ma è un dato che tiene conto del numero di siti, di server e di fornitori di collegamenti a Internet e quindi del grado di padronanza attiva del paese in questi settori. Internet è diventata parte integrante dell'economia statunitense. La new economy impiega oltre tre milioni di lavoratori ed ha un tasso di crescita maggiore rispetto all'economia tradizionale nel suo complesso. Diverse imprese americane attive nei settori strategici delle nuove tecnologie hanno rinforzato sistematicamente la loro posizione dominante, contribuendo, in questo modo, anche a rinvigorire il processo di colonizzazione culturale che gli USA hanno iniziato ancora negli anni 50.

Il tema del divario digitale è così entrato prepotentemente tra le priorità di organizzazioni internazionali, governi ed aziende multinazionali. «Esiste una sospettosa comunanza di argomenti tra il discorso che esalta le potenzialità delle nuove tecnologie informatiche e quello che enfatizza le opportunità di sviluppo offerte dal gap digitale. Pur cogliendo le potenzialità e la forza innovatrice delle ICT, entrambi tendono a sconfinare nell'esaltazione acritica di tali strumenti e rischiano di diventare oggetto di pericolose strumentalizzazioni. Non è un caso che proprio la classe politica della più grande potenza mondiale si sia appropriata per prima della questione trasformandola in uno slogan ad effetto».

È nel gennaio del 2000 che il gap digitale cessa di essere un problema esclusivamente statunitense per diventare un problema dell'intero pianeta. A Davos durante l'incontro annuale del World Economic Forum, sono numerosi gli interventi che segnalano l'esistenza di una disparità nella diffusione delle ICT e la necessità di provare a superare questo divario. È indubbiamente preoccupante che a porre il problema in maniera più pressante sono i leader di alcune grandi multinazionali durante un incontro simbolo della propagazione delle tesi della globalizzazione coniugate al libero mercato. In ogni caso, a Davos viene creata la prima Task Force, «Bridging the Digital Divide Task Force», nell'ambito dell'iniziativa del WEF «Global Digital Divide Initiative» alla quale parteciparono i seguenti grupi dell high tech: ABRIL GROUP, ALCATEL, AMERICA ONLINE, ANDERSEN CONSULTING, AT&T COMPANY, BT PLC, CISCO SYSTEMS INC., CISNEROS GROUP OF COMPANIES, 3COM CORPORATION, COMPUTER ASSOCIATES, DEUTSCHE TELEKOM, AG, DMG, NEW MEDIA, EBAY INC., EDVENTURE HOLDINGS, ERNST & YOUNG LLP, FLAG TELECOM LTD, FRANCE TELECOM, GRAMEENPHONE LTD, HEWLETT-PACKARD COMPANY, IBM CORPORATION, JAZZTEL TELECOM, MICROSOFT CORPORATION, MITSUBISHI ELECTRIC CORPORATION, MOTOROLA INC,. MOVICOM, BELLSOUTH, MTV NETWORKS, NOVELL INC,. ORGANIZAÇOES GLOBO, SIEMENS AG, SONY CORPORATION, SUN MICROSYSTEMS INC,. TELEFONICA SA, TOSHIBA CORPORATION, VIACOM INC.

«Si parla molto del Digital Divide. [...] io preferisco usare un altro termine: l'apartheid digitale, sia in America che nel resto del mondo. Se l'apartheid digitale persiste saremo tutti sconfitti: i digital have-nots saranno più poveri e non diventeranno quei lavoratori specializzati e potenziali consumatori necessari per sostenere la crescita della new economy. Per questo il settore privato è ansioso di far crollare il muro tra digital have e digital have-nots.»(cit. Collin Powell, Secretario di Stato U.S.A., In Businessweek, 18/12/2000).


[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Bibliografia

  • Anzera G. & Comunello F. (ed), 2005, Mondi digitali. Riflessioni e analisi sul Digital Divide, Milano:Guerini Associati;
  • Calderaro Andrea, 2006, Digital Divide, l'informazione nelle dinamiche tecno-economiche, InnovAzioni, rivista di cultura politica, 6, gennaio-Febbraio, 100-104;
  • Castells Manuel, 1996, 1997, 1998, The Information Age: Economy, Society and Culture, Oxford:Blackwell Publishers;
  • Carbone S., 2004, “Divario digitale: ICT e società della conoscenza” in Global Business 2005: guida ai trend dell’economia mondiale, a cura di Victor Uckmar e Maurizio Guandalini, ETAS, Milano
  • Carbone S., 2002, “Digital divide: effetti della distribuzione irregolare dell’ICT” in Global Business 2003: guida ai trend dell’economia mondiale, a cura di Victor Uckmar e Maurizio Guandalini, ETAS, Milano
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  • Norris Pippa, 2001, Digital Divide. Civic engagement, information poverty, and the Internet Worldwide, Cambridge University Press;
  • Parayil Govindan (ed.), "Political Economy and Information Capitalism in India. Digital Divide, development and equity, New York: Palgrave Mcmillan;
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  • Bianchini V., 2001, Desiderio A., «Atlante del divario digitale», in «I quaderni speciali di Limes», supplemento al n. 1
  • Rampini F.,2001, «Internet, la riscoperta del territorio»,' in «I quaderni speciali di Limes», supplemento al n.1
  • Morawski P.,2001, «Il divario digitale ridisegna il pianeta», in «I quaderni speciali di Limes»
  • Rothkopf, 1997, «In Praise of Cultural Imperialism?», Foreign Policy, n.°107.


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