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Corteo trionfale di divinità planetarie - Wikipedia

Corteo trionfale di divinità planetarie

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Corteo trionfale di divinità planetarie di Cerete Basso (BG) è un insieme di stucchi staccati, le cui tracce si trovano nella cappella funeraria di don Stefano Perinei (XVII secolo) nella chiesa di San Vincenzo martire.

Attorno al 1618, il rettore della chiesa di San Vincenzo a Cerete Basso, don Giuseppe Vinetti, fece trasformare il locale sotto l'altar maggiore in cappella funeraria per lo zio, don Stefano Perinei, che era stato a sua volta rettore della chiesa prima di lui, dal 1575 al 1614.

Nel 1618 don Stefano era ancora in vita, sicché è molto probabile che l'ideazione e la realizzazione delle decorazioni della cappella siano dovute a entrambi i religiosi. Alla morte di don Stefano Perinei, avvenuta dopo qualche anno, la cappella divenne effettivamente sede del suo sepolcro, ma in seguito, nel 1634, il vescovo di Bergamo che passava da Cerete in visita pastorale, mostrò di non apprezzare affatto gli stucchi che la decoravano, tanto che ordinò a don Giuseppe Vinetti di distruggerli perché irriverenti. Il rettore della chiesa di San Vincenzo non eseguì l'ordine del vescovo nonostante le molte insistenze da parte dei ceretesi.

L'insubordinazione, comunque, non gli portò bene: infatti, nel medesimo anno, don Giuseppe venne misteriosamente ucciso fuori dalla chiesa con un colpo di spranga alla testa. Il suo corpo fu deposto nel sarcofago che già accoglieva lo zio e seppellito in quella stessa cappella dove si trova tutt'oggi. L'omicidio, caso raro e straordinario di per sé, dovette apparire particolarmente grave o misterioso anche ai contemporanei, tanto che anche il doge di Venezia, Francesco Erizzo, manifestò la sua preoccupazione inviando una ducale al podestà di Bergamo in cui gli chiedeva di far luce sui colpevoli e sui loro moventi. Ed è probabilmente dopo questo tragico evento che vennero staccati anche gli stucchi che avevano scandalizzato il vescovo.

Negli anni successivi, il vano con il sarcofago dei due rettori ospitò anche i resti mortali dei sacerdoti che si susseguirono alla guida della chiesa, fino alla costruzione del nuovo cimitero, che risale al 1810.

Nel 1982, sulla scorta di memorie tramandate oralmente, bucando il muro della cappella si scoprirono i corpi di cinque sacerdoti e nel 1989, dopo l'autorizzazione delle autorità competenti a recuperare gli scheletri, fu scoperto l'antico sarcofago di don Stefano Perinei che venne ricollocato sul pavimento, in quella che probabilmente era la sua posizione originaria.

Ma che cosa rappresentavano questi fantomatici stucchi che tanto avevano turbato il vescovo di Bergamo e che abbiamo ragione di ritenere siano stati all'origine dell'uccisione di don Giuseppe? Il distacco non è stato sufficiente a cancellarne completamente ogni traccia. Ne sono rimaste visibili, infatti, le sagome perimetrali. E, dallo studio di queste sagome, Nello Camozzi, appassionato di storia locale, è riuscito a ricostruire virtualmente l'iconografia della cappella. Si tratta in effetti di un ciclo di immagini decisamente inusuali in un luogo sacro. Immagini forse inopportune, e che potevano turbare i devoti ceretesi animati dal fervore della recente Controriforma. Si tratta infatti di divinità pagane mescolate con santi e simboli cristiani: insomma una scelta decisamente bizzarra per quel tempo e per quei luoghi, sulle cui motivazioni non possiamo che formulare alcune ipotesi.

  • Il percorso di salvezza dell’anima, viene rappresentato attraverso i simboli classici cari al pensiero umanistico. È come si dicesse che la perfezione umana si raggiunge “mercé l'umanarsi di Cristo e che l'armonia si ottiene fondendo la cultura dell'antichità col sentimento cristiano” (F. Maturanzio).
  • Ci troviamo davanti all'esaltazione di un pensiero sincretista, e forse di un'eresia cristiano-mitraica per la concomitanza delle divinità del culto di Mitra.
  • I due sacerdoti testimoniano la loro cultura astronomica, attraverso la presenza delle divinità planetarie.

La più probabile di tutte pare la prima ipotesi, quella proposta da Nello Camozzi. L'animula di don Stefano Perinei irrompe nella cappella attraverso la finestra laterale fra le braccia della dea Luna, e viene accolta da un sacerdote cristiano e da una vestale pagana, la quale, con le mani giunte orientate verso l'interno, le indica la direzione da seguire. L'animula inizia così il suo percorso che la condurrà nel regno di Dio passando attraverso il cielo visibile dove risiedono gli altri dèi planetari: Sole, Marte, Giove, Saturno e Venere. L’ultima divinità, Mercurio, conosciuto anche come traghettatore di anime, con l'indice rivolto verso l'alto, mostra infine all'animula la via da percorrere per raggiungere il regno di Dio situato nel cielo invisibile.


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