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Chiesa di Santa Anastasia - Wikipedia

Chiesa di Santa Anastasia

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bussola Nota disambigua – Se stai cercando altre chiese omonime, vedi Sant'Anastasia.

Coordinate: 45°26′43″N 10°59′60″E / 45.44528, 11

Chiesa di Santa Anastasia vista dall'alto
Chiesa di Santa Anastasia vista dall'alto

La chiesa di Santa Anastasia di Verona si trova vicina al punto più interno della città dell'epoca romana in prossimità dell'ansa del fiume Adige dove sorge il Ponte Pietra. È una chiesa di stile gotico.

Indice

[modifica] La storia della chiesa e l'ambiguità del nome

L'attuale chiesa fu iniziata nel 1290 e non fu mai completata. Alcuni ritengono che il disegno ed il progetto risalga a Fra' Benvenuto da Bologna e Fra' Nicola da Imola, ma non si riscontrano documenti in merito. La chiesa di Santa Anastasia prende il nome da una chiesa preesistente, di epoca gotica, peraltro inglobando successivamente un'altro edificio ecclesiastico dedicato a Sam Remigio, quindi di epoca franca. In realtà la chiesa è intitolata al copatrono di Verona San Pietro, martire domenicano assassinato il 4 aprile 1252 non lontano da Monza. I veronesi l'hanno sempre chiamata col nome precedente e così è conosciuta anche esternamente, in ragione della preesistente chiesa. Fino al 1808 fu pertinenza dei Domenicani, successivamente fu affidata al clero diocesano divenendo parrocchia con il beneficio di Santa Maria in Chiavica. La consacrazione della basilica avvenne solamente nel 1471.

[modifica] La facciata

Chiesa di Santa Anastasia
Chiesa di Santa Anastasia

La struttura della facciata è divisa in tre sezioni che corrispondono alle navate interne. La facciata è incompiuta ed è prevalentemente in cotto. La chiesa fu costruita dai domenicani ed ha una struttura analoga alla chiesa di San Giovanni e Paolo di Venezia anche essa appartenente allo stesso ordine e costruita quasi in contemporanea. La facciata, simmetrica, ha la capanna centrale con la parte alta che ha nel suo centro un semplice rosone con un settore circolare esterno e la parte interna divisa in sei sezioni divise da un diametro orizzontale. La parte inferiore è occupata dal portone del XV secolo diviso in due sezioni con sovrastanti due archi acuti con intorno il portale gotico del 1330 con una serie di cinque archi acuti sovrapposti. Gli archi sono sostenuti da colonne ornamentali fatte di marmi rossi, bianchi e neri. Sopra gli archi si erge il portale.

La lunetta principale ha al suo interno la rappresentazione della Santissima Trinità con ai lati le figure di San Giuseppe e della Madonna. Il Padre è assiso su una cattedra di stile gotico con il Crocefisso fra le sue ginocchia e il Cristo a fianco con la colomba su di sé. Completa la figura una coppia di angeli sovrastanti la Trinità

Nelle due lunette minori sono presenti il Vescovo alla guida del popolo veronese con lo stendardo della città e nell'altra San Pietro martire alla guida dei frati con lo stendardo bianconero dei domenicani. Tutti e due i gruppi sono incamminati all'adorazione della Trinità

Gli archi minori sono decorati da sei rappresentazioni in ordine cronologico della vita di Cristo: l'Annunciazione, la Nascita di Gesù, l'Adorazione dei Magi, la via verso il Calvario, la Crocifissione e la Resurrezione.

La colonna divisoria ha tre altorilievi sulla fronte e sui due lati. Di fronte San Domenico con la stella sotto i suoi piedi, a sinistra San Pietro Martire con il sole sottostante e a destra San Tommaso che sovrasta la luna, con in mano il libro dei dottori della chiesa, mentre istruisce un giovane monaco.

Sull'architrave sono presenti tre statue, la centrale e di dimensione maggiore rappresenta Una Madonna con Gesù di scuola veneziana con ai lati due piccole statue, quella di destra rappresenta Sant'Anastasia e l'altra Santa Caterina della ruota.

Ai lati della capanna centrale due sezioni con delle lunghe bifore vetrate che percorrono la parte alta delle parti, all'esterno delle sezioni due camini che superano i profili laterali.

[modifica] L'interno

Uno dei gobbi che regge l'acquasantiera
Uno dei gobbi che regge l'acquasantiera
Il secondo dei gobbi
Il secondo dei gobbi

L'interno è suddiviso in tre navate congiunte con volte a crociera. Le navate sono separate da due serie di sei colonne l'una in marmo bianco e marmo rosso veronese con capitelli gotici. Le due coppie di colonne oltre l'altare maggiore hanno hanno lo stemma dei Castelbarco di Avio con il loro leone rampante. La famiglia trentina fu una delle più generose per la costruzione della chiesa. Guglielmo di Castelbarco, già podestà di Verona volle legarsi alla chiesa costruendo l'arca a lato della piazza della chiesa che divenne la sua tomba. In questo senso precorse le arche scaligere. La chiesa ha una grande abside, quattro cappelle e numerosi altari che si dispongono su una pianta a croce latina.

Una caratteristica quasi unica della della chiesa sono le due acquasantiere a fianco delle prime colonne, sono sostenute da due gobbi baffuti, il primo con le mani posate sulle ginocchia ed il secondo con una mano posata sulla testa in una posa che esprime preoccupazione. Il gobbo a sinistra è attribuito a Gabriele Caliari padre di Paolo detto il Veronese, il secondo è di attribuzione incerta, probabilmente di Alessandrino Rossi detto il gobbino.

[modifica] Monumento a Cortesia Serego

Monumento a Cortesia Serego
Monumento a Cortesia Serego

All'interno della chiesa si trova uno dei monumenti più interessanti per quanto riguarda la commistione fra scultura e pittura d'inizio '400: il monumento a Cortesia Serego.

Il cenotafio figurato si trova a sinistra dell'abside. Il monumento è costituito da un nucleo centrale in cui spicca la figura di Cortesia a cavallo con l’armatura che tiene in mano il bastone del comando. Il cavallo è porto sopra un sarcofago, che è sempre rimasto vuoto, e porta sette nicchie: cinque nella parte frontale e due laterali, in queste nicchio dovevano essere presenti delle statue bronzee rappresentanti le virtù della famiglia, attestate da un documento presente nella biblioteca civica. La parte scolpita rappresenta due soldati che scostano una pesante tenda lapidea e in segno di rispetto si tolgono il cappello. Sopra la tenda si legge l'arma della casata Serego e in alto un altro soldato, esso non ha nessun elemento che lo riconduca a un santo, come in monumenti analoghi, perché si presenta con un’armatura all’antica una spada e una corona d’alloro e si può pensare sia una figura allegorica delle virtù della famiglia (la spada è lo stemma della famiglia Serego). Tutt'attorno un grande fregio di foglie d'acanto con movimenti mistilinei incornicia la scena, è costituito da grandi fiori carnosi, che erano dipinti di bianco con venature dorate e contornati da pigne laccate di rosso, l’importanza del tralcio è legata alla divisione tra parte pittorica e scultorea e di unione allo stesso tempo, ovviamente il tralcio risaltava fortemente sullo sfondo azzurro con soli dorati. La parte più in alto, il Paradiso, presenta forti echi pisanelliani nella cura del dettaglio, nell’applicazione di tavole e nella citazione del pulviscolo dorato, unite a ad applicazioni a pastiglia e a applicazioni metalliche. La parte affrescata ci mostra un'Annunciazione, nella fascia in alto, con una grande mandorla, in pastiglia, contenete il Padre eterno avvolto da una nube di angeli. In basso due Santi domenicani (Pietro martire e Domenico). Nello zoccolo sotto il monumento si trova un bellissimo velario affrescato che sembra un'arazzo millefiori.

Il figlio di Cortesia Serego, Cortesia il giovane (portava lo stesso nome del padre) nel 1424 stilò un testamento nel quale chiedeva di essere sepolto e ricordato con un monumento in Sant'Anastasia. Pochi anni dopo, nel 1429, in un nuovo documento scrisse che il monumento eretto in Sant'Anastasia serviva come ricordo del suo onesto padre. Probabilmente il monumento fu scolpito da un toscano che da anni si era spostato in Veneto: Pietro di Nicolò Lamberti. La parte affrescata, invece, potrebbe essere di Michele Giambono artista veneziano. È possibile che Lamberti lavorò tra il 1425-26, mentre Giambono terminò il suo lavoro solo nel 1432.

[modifica] Cappella Pellegrini

Il fregio principale di questa cappella è rappresentato dalle terrecotte attribuite a Michele da Firenze, questa figura ha una biografia sofferta e ricostruita nel 1932 da Fiocco, che ha attribuito a questo artista la paternità di questa cappella e di altre opere del nord Italia.

Probabilmente Michele da Firenze nasce intorno al 1385 a Firenze e di per certo è uno dei collaboratori del Ghiberti alla fabbrica del Duomo nel 1403 (tra cui era Donatello). Successivamente lavora tra Arezzo, Modena e Bologna.

La cappella presenta una serie di decorazioni legate alla vita di Gesù, dal battesimo fino alla flagellazione in altro a sinistra. Originariamente la decorazione era policroma forse realizzata da Michele da Firenze stesso, oppure realizzata da Pisanello, in modo da creare un continuo con l’affresco esterno, ma fu in periodo neoclassico prima imbiancata tra 1700 e 1800, poi dilavata con un acido per riportare l’opera al colore della materia nel 1900. All’interno della cappella lavorarono almeno due mani, Michele ed il figlio Marsilio riscontrabile maggiormente nella parte destra della cappella recante figure meno raffinate. Si nota subito la forte influenza che la cultura del gotico internazionale presente a Verona ebbe su Michele da Firenze, soprattutto sulla concezione dello spazio e per una forte attenzione per il dettaglio. In una primissima fase della sua carriera lo scultore subisce l’influenza di Donatello, non riscontrabile qui in quanto l’influenza gotica veronese avrà la meglio. Possiamo datare con certezza l’opera a prima del 1436, perché in quella data un documento riporta il pagamento all’artista per il lavoro nella cappella.

Oltre alle scene della vita di Cristo si hanno figure di Santi e del committente Andrea Pellegrini, che richiederà espressamente la rappresentazione in ginocchio con il suo vestito più bello e in atteggiamento di preghiera verso l’altare della Vergine, questa formella porte gli elementi caratteristici di Michele da Firenze, ovvero la copertura a conchiglia e le colonne tortili, riproposte nelle formelle. All’interno della cappella doveva essere presente un altare in terracotta, andato perduto, e invece rimangono due tombe, una sulla destra di Giovanni Pellegrini del 1382 con un’architettura di Antonio da Mestre e una parte decorata di Martino da Verona; quella di sinistra è sempre legata alla famiglia Pellegrini ma anche alla famiglia Bevilacqua, sempre realizzata dagli stessi artisti. Sono molto presenti emulazioni del monumento Serego.

A causa del monumento Brenzoni viene a crearsi una corrente di emulazione tra monumenti e decorazioni.

[modifica] Galleria fotografica

[modifica] Voci correlate

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