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Camposanto monumentale - Wikipedia

Camposanto monumentale

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Coordinate: 43°43′26.24″N 10°23′40.74″E / 43.7239556, 10.39465

Veduta esterna
Veduta esterna
Questa voce fa parte della serie
Piazza dei Miracoli
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Il Camposanto monumentale chiude il lato nord di Piazza dei Miracoli a Pisa.

Indice

[modifica] Storia

Il cimitero fu iniziato nel 1277 da Giovanni di Simone come ultimo degli edifici monumentali della piazza: l'occasione fu data, secondo la tradizione, dall'arrivo di "terra santa" proveniente dal Golgota, portata dalle navi pisane di ritorno dalla Seconda Crociata (1146). La tradizione attribuisce il prezioso carico all'opera dall'arcivescovo Ubaldo de' Lanfranchi nel XII secolo. Tali leggende di fondazione sono comunque diffuse anche per altri edifici simili in tutta Europa. Forse fu più semplicemente creato per raccogliere tutti quei sarcofagi e le varie sepolture che si andavano affollando attorno alla cattedrale. Nelle intenzioni dell'arcivescovo Federico Visconti infatti l'edificio doveva essere un luogo "ampio e decoroso, appartato e chiuso".

La costruzione duecentesca languì dopo la crisi provocata della sconfitta pisana nella battaglia della Meloria (1284), e nel Trecento si rimise di nuovo mano all'opera architettonica, ridefinendone completamente la struttura.

Architettonicamente è composto da un alto muro di forma rettangolare, con il lato verso il Duomo e il Battistero più allungato. All'esterno è in semplice marmo bianco, con 43 archi ciechi e due porte. L'accesso principale è quello che da sulla piazza, a est, ed è decorato da una ricco tabernacolo gotico sopra il portale di accesso, opera della seconda metà del XIV secolo, contenente statue della Vergine col Bambino e quattro santi di un seguace di Giovanni Pisano.

La semplicità della struttura esterna forma un'ideale quinta al complesso monumentale della piazza, particolarmente azzeccata anche perché poggia su un asse inclinato rispetto a quello Duomo-Battistero, facendo sì che la Piazza sembri ancora più grande guardandola dalle estremità, per un gioco ottico della prospettiva. Questo effetto è particolarmente impressionante se si guarda dalla porta nelle mura medievali vicino al Battistero.

Il cortile interno
Il cortile interno

All'interno il Camposanto assomiglia a un chiostro, con arcate a sesto acuto particolarmente decorate, completate nel 1464 in stile gotico fiorito. Le tombe più importanti si trovavano nel prato centrale, nella Terra Santa o contenute nei magnifici sarcofagi romani riutilizzati per le sepolture più prestigiose, mentre sotto le arcate trovavano spazio le personalità meno di spicco, con una più semplice lastra tombale sul pavimento dei corridoi. Con la risistemazione Ottocentesca sono stati tolti tutti i sarcofagi dalla zona centrale e posti al coperto, per cui oggi le sepolture si trovano solo sotto le arcate. Ne rimangono 84, delle centinaia che vi si trovavano una volta, tra sarcofagi antichi, medioevali e ottocenteschi. Anche le lapidi sono numerose. Un sarcofago strigilato opera della bottega di Biduino reca una delle più antiche iscrizioni in volgare italiano. Il cortile centrale è circondato da archi elaborati con esili colonnine e traforature plurilobate.

Dal 1360, mentre ancora la struttura architettonica era in corso di completamento, si iniziò a decorare ad affresco le pareti con soggetti legati al tema della vita e della morte, ai quali lavorarono due tra i più grandi pittori allora viventi, Buonamico Buffalmacco e Francesco Traini, il primo autore del celebre Trionfo della Morte, opera di grande suggestione e importanza storico-artistica, il secondo di una Crocefissione. Giovanni Scorcialupi realizzò poco dopo gli affreschi con le Storie di Cristo post mortem, mentre intorno alla metà del secolo Stefano da Firenze dipinse un'Assunta sopra la porta orientale.

Una galleria laterale
Una galleria laterale
Il Camposanto nel 1897
Il Camposanto nel 1897

Il ciclo fu proseguito qualche decennio più tardi da Andrea Bonaiuti, Antonio Veneziano (Storie dei Santi Efiso e Potito) e Spinello Aretino (Storie dell Antico Testamento) mentre le Storie di Santi Pisani, realizzate tra il 1377 e il 1391 occuparono gli spazi intermedi. Taddeo Gaddi (Storie di Giobbe) e Piero di Puccio (Storie dell'Antico Testamento, 1389 al 1391) lavorarono invece nella galleria nord. Quest'ultima serie fu completata solo nel XV secolo dal fiorentino Benozzo Gozzoli. Nel 1594 venne aggiunta la Cappella Dal Pozzo, all'estremità est, con la caratteristica cupola.

Nel camposanto venivano sepolte le maggiori personalità cittadine, come i rettori e i più prestigiosi docenti dell'Università di Pisa, i governanti e le famiglie più in vista, spesso riutilizzando sarcofagi di epoca romana di grandissimo pregio, e contemporaneamente, dal XVI secolo, iniziando anche un processo di "musealizzazione" con l'apposizione di iscrizioni romane sulle pareti e altri preziose testimonianze della storia cittadina.

Questo "pantheon" pisano divenne così per vocazione naturale il primo museo della città quando nell'Ottocento vi furono raccolte opere d'arte provenienti dagli istituti religiosi soppressi per le riforme napoleoniche, impedendo così il disperdersi del patrimonio cittadino altrove, oltre ad altri oggetti di natura artistica o archeologica appositamente acquistati. Nello stesso periodo la funzione cimiteriale ebbe un picco, con i numerosissimi sepolcri ottocenteschi, spesso di ottima fattura, che iniziarono ad affollare i corridoi, da allora ribattezzati gallerie.

Questa commistione tra antico e moderno, tra celebrazione della storia e riflessione sulla morte, fu alla base del fascino malinconico che esercitò sui viaggiatori dell'epoca romantica, facendo sì che il Camposanto diventasse uno dei monumenti più amati e visitati d'Italia, con personaggi che da tutta Europa venivano per ammirarlo e studiarlo. Non a caso in questo periodo i suoi affreschi sono resi popolari da numerosi disegni, schizzi e stampe d'epoca, che ne diffondono la bellezza nel mondo. Nonostante questa fama, le condizioni di conservazione destavano già numerose preoccupazioni, per via di alcuni vistosi segni di decadimento e il rovinare a terra di alcune intere parti di scene. Fin da allora si iniziò un'analisi dei materiali e la prova di alcuni restauri, per tentare di arginare lo sfarinamento del colore e i distacchi dell'intonaco.

Nel XX secolo la popolarità del Camposanto viene appannata dal crescente interesse verso la Torre, ma soprattutto a causa dei terribili danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il 27 luglio 1944, infatti, le bombe alleate incendiarono il tetto del camposanto e danneggiarono gli affreschi in modo gravissimo in seguito a un rogo che durò parecchi giorni. Dal 1945 ad oggi sono ancora in corso lavori di restauro, che fra l'altro hanno portato al recupero delle preziosissime sinopie oggi esposte nel museo delle Sinopie negli edifici del lato sud della piazza. Anche la rimozione delle sculture, soprattutto ottocentesche, per il ripristino dell'aspetto medievale, ne ha determinato un impoverimento: solo in tempi recenti, sul finire degli anni '80 del Novecento, si è iniziato un restauro filologico di tutto l'apparato monumentale del Camposanto, ricostruendo gradualmente, per quanto possibile, l'aspetto stratificato del luogo, grazie anche a preziose testimonianze pervenuteci, come l'opera lasciata dal direttore Carlo Lasinio, che curò la conservazione del Camposanto all'epoca del Regno d'Etruria di Maria Luisa di Borbone-Spagna.

Nonostante i buoni propositi, il camposanto appare comunque ancora oggi piuttosto trascurato, con poche didascalie esplicative delle opere esposte, molte delle quali risalenti agli anni'60-'70 e quindi poco attraenti e non aggiornate (basti pensare alla sala degli affreschi del Trionfo della Morte, dove è indicato come autore un anonimo Maestro del Trionfo della Morte, quando ormai la critica è già abbastanza assestata sull'attribuzione a Buffalmacco), tratti chiusi da catenacci o contornati da impalcature e un vago senso di abbandono.

[modifica] I sarcofagi romani

Sarcofago romano
Sarcofago romano

L'usanza di reimpiegare i sarcofagi antichi per le personalità politiche e militari cittadine di primario spicco è testimoniata sin dai secoli XI-XII-XIII, e dal Trecento queste sepolture, un tempo disposte nella piazza e lungo la cattedrale, sono conservate dentro il Camposanto. Ciò ha permesso la conservazione di queste importanti opere fino ai giorni nostri. Si sono calcolati tra i 28 e 31 sarcofagi romani reimpiegati, e ciò aveva anche una valenza simbolica, come testimonianza del ruolo di Pisa nel momento della sua massima fioritura come potenza marittima e come erede di Roma antica.

Uno degli esempi più antichi e più noti è il sepolcro di Fedra e Ippolito usato per le spoglie di Beatrice di Toscana, madre di Matilde di Canossa. Altri sarcofagi famosi sono quello delle Muse con una coppia di coniugi sul coperchio e quello degli Sponsali.

Nel corso del XVIII secolo, perduto il significato di sepolture e divenuti ormai prezioso documento storico-artistico, i sarcofagi vennero sistemati su mensole all'interno, sotto le quadrifore e con questa operazione si segnò la nascita di una vera e propria collezione. Il riordino sistematico dell'intera serie risale all'intervento del Conservatore Carlo Lasinio, il quale incrementò la collezione con altri sarcofagi tolti da chiese cittadine e pose gli esemplari più pregevoli sotto gli affreschi, nell'ambito del suo ordinamento a museo del Camposanto.

[modifica] Gli affreschi

Il Trionfo della Morte, particolare con scena cortese
Il Trionfo della Morte, particolare con scena cortese

Gradualmente gli affreschi del Camposanto stanno tornando alla loro sede dopo il precipitoso distacco degli anni '40. Il complesso lavoro di restauro non sempre ha sortito gli effetti sperati, soprattutto negli interventi più vecchi, per l'uso di tecniche talvolta sperimentali e materiali di fortuna, scelte dettate dall'urgenza di porre un primo rimedio in seguito ai drammatici fatti della guerra.

Se non tutto il male viene per nuocere, con lo stacco degli affreschi furono scoperte le sinopie, molto ben conservate, che oggi sono il modo più diretto per farsi un'idea di come doveva apparire la decorazione del Camposanto nei secoli precedenti. Il Museo delle Sinopie di Pisa è stato inaugurato nel 1976 ed è stato chiuso per ristrutturazione dal 2005 al 1 maggio 2007. Attualmente al Museo è possibile vedere, oltre alle Sinopie stesse, una riproduzione virtuale del Camposanto in 3D stereoscopico che rappresenta l'interno del monumento durante i secoli.

Nel 1960 si tenne una mostra per sancire il completamento dei primi restauri, ma già vent'anni dopo alcuni segnali misero in allarme per nuovi e gravi sintomi di deterioramento, soprattutto per quelle opere risitemate nelle pareti all'aperto. Si aprì così una nuova fase di ricerche condotte dalla Soprintendenza in stretta collaborazione con l'Opificio delle Pietre Dure e i dipartimenti di Scienze della Terra e di Chimica dell'Università, che misero in luce alcune carenze e scelte errate dei precedenti restauri, rendendo necessario un nuovo restauro.

Oggi gli affreschi visibili sono le tre scene del Trionfo della Morte (1336 circa) di Buonamico Buffalmacco, staccate e conservate in una stanza al chiuso sul lato posteriore del Camposanto.

Queste scene sono:

  1. Il Trionfo della Morte (Buffalmacco) vero e proprio
  2. Il Giudizio finale e l'Inferno
  3. La Tebaide (Buffalmacco)

Ispirati da un profondo realismo e con un sorprendente uso del colore e dotati di una ricchezza narrativa senza precedenti, sono tra le opere più importanti della cultura trecentesca italiana.

Altri affreschi attualmente ricollocati si trovano nel lato nord (scene di costruzione di un edificio, e altre appartenenti al ciclo dei Santi pisani) e in parte nel lato est (Storie di Benozzo Gozzoli), compresi alcuni dentro alla cappella con la cupola.

[modifica] Curiosità

  • Una credenza comune è che il terreno del Camposanto consumasse i corpi seppellitivi in poco tempo, lasciando solo le ossa.
  • Nella piccola cappella Aulla è conservata l'originale lampada di Galileo, un tempo sospesa in Cattedrale e che effettivamente il grande scienziato pisano vide oscillare e che gli fornì l'idea per la sua teoria sull'isocronismo del pendolo.

[modifica] Galleria di immagini

[modifica] Voci correlate


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