Guerra Iran-Iraq
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Guerra Iran-Iraq | |||||||||||
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Una donna iraniana di fronte a una moschea durante l'invasione irachena di Khorramshahr nel 1981. |
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Schieramenti | |||||||||||
Iran | Iraq | ||||||||||
Comandanti | |||||||||||
Ruhollah Khomeini Abolhassan Banisadr Ali Shamkhani Mostafa Chamran |
Saddam Hussein Ali Hassan al-Majid |
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Effettivi | |||||||||||
305.000 soldati 500.000 miliziani Pasdaran e Basij 1.000 carri armati 1.000 mezzi corazzati 3.000 pezzi d'artiglieria 450 velivoli 750 elicotteri |
190.000 soldati 4.500 carri armati 4.000 mezzi corazzati 7.330 pezzi d'artiglieria 500+ velivoli 100+ elicotteri |
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Perdite | |||||||||||
450.000/957.000 (stime) | 450.000/650.000 (stime) |
La guerra Iran-Iraq, conosciuta anche come la Guerra Imposta (in persiano جنگ تحمیلی, Jang-e-tahmīlī) in Iran e come la Qādisiyya di Saddam (قادسيّة صدّام, Qādisiyyat Saddām) in Iraq, fu una guerra combattuta tra i due Paesi dal settembre 1980 all'agosto 1988.
Ai tempi del conflitto gli storiografi chiamavano il conflitto Guerra del Golfo (Persico), notazione sopravvissuta fino all'invasione irachena del Kuwait (2 agosto 1990).
[modifica] Premesse
Il casus belli fu l'invasione irachena dell'Iran, avvenuta il 22 settembre 1980 dopo una lunga storia di dispute sul confine, attriti tra i regimi in causa (dittatoriale quello iracheno, teocratico quello iraniano) e tensioni internazionali tra i blocchi delle superpotenze, che appoggiavano le parti avverse convogliando armi e finanziamenti.
L'Iran sostenne di esser stato vittima dell'attacco iracheno. Infatti gli iracheni attaccarono per primi e di sorpresa, senza una formale dichiarazione di guerra. Ma all'inizio di settembre 1980, il dittatore iracheno Saddam Hussein sconfessò il trattato che regolava la disputa confinaria siglato, nel 1975, dal suo predecessore Ahmad Ali Hasan Al Bakr con lo shah Mohammad Reza Pahlavi allora regnante sulla Persia. I contendenti stavano mobilitando l'esercito e il 17 settembre 1980, l'allora presidente della repubblica iraniano Abolhassan Bani Sadr dichiarò in un'intervista rilasciata alla televisione di stato che erano pronti i piani strategici per l'invasione dell'Iraq.
Curiosamente, entrambi i contendenti non erano soddisfatti degli accordi confinari siglati dai rispettivi predecessori: L'Iraq si rifaceva al vecchio confine ottomano in vigore fino al 1920, e l'Iran era intenzionato ad annettersi tutto l'Iraq meridionale, a predominanza sciita, la stessa confessione religiosa maggioritaria all'interno della Repubblica Islamica. Inoltre, entrambi i belligeranti dichiararono di combattere una guerra contro gli Stati Uniti.
È provato, invece, da quanto emerse dallo "Scandalo Iran - Contras" [1] che gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica aiutarono direttamente ed indirettamente entrambi i contendenti, con lo scopo di farli esaurire reciprocamente, in quanto entrambi i regimi erano considerati pericolosi. Quello iraniano era, infatti, accusato di sobillare il mondo arabo contro gli Stati Uniti e di foraggiare la ribellione all'esercito sovietico in Afghanistan. I sovietici invasero l'Afghanistan il 27 dicembre 1979 al termine di continue purghe all'interno delle due fazioni del Partito Comunista Afghano [2]. Parallelamente, anche il dittatore iracheno era considerato pericoloso per la stabilità degli alleati occidentali nel mondo arabo, e molto meno filo-sovietico del predecessore Al Bakr che aveva destituito il 16 luglio 1979 e che farà assassinare nel 1982. Prima indirettamente (tramite Israele), poi direttamente gli Stati Uniti fornirono armi all'Iran. Direttamente fornirono armi ed informazioni strategico-tattiche [3] all'Iraq.
L'Iraq ristabilì le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti nel 1983, relazioni interrotte nel 1967 a sèguito della Guerra dei Sei Giorni con Israele. L'Unione Sovietica, invece, aiutava direttamente con forniture militari l'Iraq ed indirettamente l'Iran per tramite della Siria.
Dopo i primi, brucianti successi da parte dell'esercito iracheno, la guerra si trasformò in un'estenuante guerra di posizione e in un reciproco bagno di sangue. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite richiamò all'ordine più volte entrambi i governi, ma il cessate il fuoco non fu decretato prima del 20 agosto 1988, e lo scambio dei prigionieri di guerra non fu possibile fino al 2003.
Il conflitto sconvolse irrimediabilmente gli equilibri della regione, ed i suoi effetti si fecero sentire pesantemente nell'immediato dopoguerra: due anni dopo l'armistizio, infatti, l'Iraq invase il Kuwait nel tentativo di ottenere un riscatto economico e politico dallo stallo che ne era derivato.
[modifica] Antefatto
La guerra del 1980-88 per l'egemonia nella regione del Golfo Persico affonda le proprie radici nella millenaria rivalità tra le regioni della Mesopotamia e della Persia.
Prima della nascita dell'Impero Ottomano, l'odierno Iraq era parte dell'impero persiano sotto una quantità di dinastie, e vi rimase fino a che il sultano Murad IV strappò la regione al controllo dei Safavidi nel 1638. Le dispute sui confini proseguirono fino al termine della Prima guerra mondiale nel 1918, anno in cui l'impero ottomano si disciolse e la regione entrò nella sfera britannica, che ereditò, oltre ai territori, tutte le tensioni tra Turchia e Persia.
Nel 1979 la rivoluzione iraniana sovvertì il potere dello Shāh e invertì il ruolo della classe dirigente; l'Iraq, che aveva negoziato con l'imperatore persiano la fine del sostegno di Teheran alle attività indipendentiste dei Curdi iracheni, e una gestione moderata della questione sciita (che in Iraq generava aspre dissidenze tra la maggioranza seguace dello sciismo e la minoranza dominante sunnita) divenne oggetto di una quantità di provocazioni di frontiera. Alcuni colloqui con lo Shāh portarono allo studio di un piano iracheno per invadere fulmineamente il Paese vicino approfittando della semi-smobilitazione delle forze armate, e strappare la ricca regione del Khuzestan e la città di Susa, storicamente passata di mano più volte tra Mesopotamici e Persiani nel corso del II millennio a. C.
La propaganda del partito Ba'th (in arabo: "Rinascita", "Risorgimento") cominciò dunque a lavorare attraverso i mass media iracheni, mostrando immagini di un Khuzestan presentandolo come la nuova provincia irredenta, e annunciando la sostituzione del nome del capoluogo in Nāsiriyya, secondo la filosofia per la quale tutte le città iraniane passate sotto il controllo iracheno avrebbero preso nomi arabi. Lo stesso Golfo Persico, veniva chiamato "Golfo Arabico" e così il Mar Caspio veniva chiamato "Lago Arabico".
Un altro fattore che contribuì alle ostilità tra le due nazioni fu il pieno controllo dei corsi d'acqua dello Shatt al-‘Arab all'estremo nord del Golfo Persico, che costituivano un fondamentale canale di trasporto del petrolio per entrambe le economie. Nel 1975, il Segretario di Stato Henry Kissinger ammonì di mettere un freno agli attacchi verbali all'Iraq da parte di Mohammad Rezā' Pahlavī, Shāh iraniano, sulla disputa del corso d'acqua conteso. Poco tempo dopo Iran e Iraq siglarono gli Accordi di Algeri, in cui l'Iraq accettò come linea di confine dello Shatt al-‘Arab la linea di massima portata del corso d'acqua, in cambio di una normalizzazione dei rapporti diplomatici.
[modifica] L'invasione irachena
Cronologia della guerra |
1980 |
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1981 |
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1982 |
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1983 |
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1984 |
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1985 |
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1986 |
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La guerra iniziò con una fulminea invasione irachena per terra nella regione meridionale (provincia iraniana del Khuzestan) e nella settentrionale (Kurdistan iraniano).
L'attacco a sorpresa non fu preceduto da una formale dichiarazione di guerra, appunto per conseguire il massimo vantaggio possibile. A ciò si unisca il fatto che l'esercito di professione che era il fiore all'occhiello del defunto Shah era stato congedato e tutto lo stato maggiore languiva in prigione od era emigrato all'estero. Lo shah era morto in esilio qualche mese prima [4]. In quell'occasione, la televisione iraniana parlò della scomparsa del "vampiro" ed organizzò preghiere pubbliche di ringraziamento. All'opposto, in una riunione del partito unico Ba'th, il dittatore iracheno disse [5] che "... Con la scomparsa del nostro rivale (lo shah), e con l'esercito imperiale sostituito da degli imberbi ragazzini fanatici, sarà per noi un gioco da ragazzi far fuori la vecchia mummia [6]". Dunque il calcolo iracheno si basava su questi fattori:
- Attacco fulmineo e sfruttamento dell'effetto sorpresa, senza preventiva dichiarazione formale di guerra.
- Aiuto in termini di finanziamenti e di forniture belliche da parte dei sovrani arabi impauriti del fatto che il khomeinismo potesse dilagare anche nei loro regni.
- Analoghi aiuti da parte delle superpotenze che avevano anch'esse rapporti tesi con l'Iran [7].
- Aiuto da parte degli oppositori interni del regime iraniano [8].
- Embargo sulle forniture militari e congelamento dei beni iraniani all'estero scaturiti con la Crisi degli ostaggi americani.
- Epurazione dello stato maggiore iraniano; purghe nei quadri degli alti vertici; abolizione della carriera militare.
- Inferiorità iraniana in termini di aviazione, artiglieria pesante e leggera, mezzi corazzati, radaristica.
- Attacco aereo preliminare, stile Blitzkrieg, con eliminazione al suolo dell'aviazione avversaria, come preliminare per il successivo aiuto tattico alla fanteria corazzata avanzante.
Infatti, i primi due mesi furono un continuo di successi per gli iracheni: subito furono catturate le città di Abadan, Khorramshar, Dezful, Ahwaz, Susangerd.
Il piano strategico iracheno prevedeva l'attestazione sul Fiume Ulai (Rud-e Karun) a meridione prima di penetrare in profondità nel cuore della Persia, e l'avanzata fino a Teheran a settentrione. Ma molti errori strategici e tattici impedirono la riuscita dell'avanzata.
I fattori principali che fecero fallire l'impresa furono:
- La repentina mobilitazione iraniana.
- L'appoggio iraniano ai Curdi iracheni che costituivano, assieme agli Sciiti iracheni i principali oppositori interni del regime ba'thista.
- Il fanatismo delle "ondate umane" iraniane [9].
- Le forniture militari [10] ufficiali e clandestine [11] all'Iran.
- La ricostituzione del vecchio stato maggiore dell'esercito persiano con la liberazione dei generali da parte del regime.
- L'esito positivo della crisi degli ostaggi americani.
- I costi eccessivi di una guerra di posizione che i paesi arabi non riuscivano a sostenere a lungo e che distrussero letteralmente l'economia irachena [12]. Tali debiti costituirono la causa della successiva catastrofica impresa del regime ba'thista, l'invasione del Kuwait.
- L'arroccamento dei mezzi corazzati in disposizione di batterie fisse di cannoni, che impedì il compito principale dei mezzi corazzati, ovvero la mobilità atta a sfondare il fronte avversario.
- La mancata eliminazione dell'intero ammontare di aeromobili avversari, tanto che, nei primi mesi di guerra, l'iniziativa aerea era solo iraniana [13].
- La scarsa preparazione dell'esercito iracheno, un esercito di coscritti che adottava gli schemi antiquati della strategia sovietica [14].
[modifica] 1981: Osirak ed il ruolo di Israele
Per approfondire, vedi la voce Storia dell'Iraq. |
È ancora da chiarire con precisione quale sia stato nell'intera vicenda il ruolo di Israele che, all'epoca dello Shāh, aveva avuto ufficiosamente rapporti sostanzialmente amichevoli con l'Iran, forse nel quadro di possibili azioni geo-strategiche di sorveglianza dell'area vicino-orientale e del Golfo Persico.
Nel corso del conflitto Iraq-Iran, peraltro, l'aviazione dello Stato ebraico attaccò il 7 giugno 1981 - con una manovra di elevato significato tecnologico e strategico - l'impianto nucleare iracheno di Osirak, costruito e fornito a Baghdad dai francesi nel 1972. L'impianto venne bombardato in un'unica ripresa dall'aviazione israeliana che, nell'occasione, aveva fatto dipingere gli aerei con colore mimetico intonato al paesaggio desertico ed esponeva i contrassegni giordani [15].
Attorno a questo impianto si erano sviluppate pubblicamente polemiche e preoccupazioni, provocate dalla volontà proclamata dallo stesso Saddam Hussein di dotarsi di armamenti nucleari.
In quell'occasione gli Stati Uniti condannarono il raid israeliano.
[modifica] 1982: Sostanziale equilibrio
Nonostante tutto questo, nel 1982 l'esercito iraniano riconquistò la città di Khorramshahr e questo indusse l'Iraq [16] a proporre la pace all'Iran, mentre l'Arabia Saudita si disse disposta a risarcire il Paese per i disastri del conflitto.
Il governo iraniano però si oppose, rifiutando una pace che non restaurava la situazione anteriore allo scoppio delle ostilità e la guerra riprese più feroce di prima, tanto che per le strade della capitale comparvero slogan bellici, come ad esempio quello che affermava:
- Morire da martire, significa iniettare sangue nelle vene della società.
Numerosi casi di tale "martirio" non fecero allentare la morsa della repressione interna. Proseguirono frequenti le esecuzioni degli oppositori del regime e quando ad essere imputate e condannate erano giovani donne illibate, per evitare il divieto coranico di uccidere donne vergini, si dice (senza sostanziali prove) che queste venissero allora forzate a sposarsi con ufficiali dell'esercito, disposti a tale espediente legale puramente formale; le famiglie venivano rimborsate con una dote di 55 tumani, ognuno pari a 4,57 euro.
Nella primavera del 1982 la situazione militare sul fronte orientale iracheno (occidentale iraniano) si stabilizzò al termine di due poderose offensive e controffensive nella regione di Dezful e di Khorramshahr.
La situazione di sostanziale equilibrio rientrava nei desiderata di tutte le cancellerie occidentali, che vedevano da una parte con grande preoccupazione l'esperienza iraniana e ne temevano il contagio in tutto il Medio Oriente, e dall'altra temevano l'eccessivo rafforzamento nell'area dell'Iraq del regime ba'thista di Saddam Hussein.
[modifica] 1983: Iraq in difficoltà
Dopo la primavera del 1982 l'Iraq cominciò seriamente a considerare l'opportunità di rientrare nei suoi precedenti confini nazionali, sgomberando il territorio iraniano occupato nel corso della prima veemente offensiva del 1980.
Nel suo tentativo di mediazione incontrò però un netto rifiuto da parte del regime iraniano, che era riuscito a risvegliare nel paese un sentimento patriottico e a sopire in tal modo non pochi contrasti interni.
Nell'ottobre 1983 l'Iran riusciva a passare alla controffensiva generale, cogliendo successi che sarebbero sembrati impossibili fino ad alcuni mesi prima, tanto da penetrare nello stesso territorio nazionale iracheno. La reazione irachena fu quella di tentare di strangolare economicamente l'Iran impedendo l'ingresso e l'uscita delle navi petroliere dirette ai terminali petroliferi iraniani, facendo venir meno il flusso di valuta pregiata indispensabile a procurarsi armi sul mercato illegale internazionale.
Nel febbraio 1984 l'Iran attaccò le isole Majnūn, al largo dello Shatt al-'Arab, il braccio congiunto dei fiumi Tigri ed Eufrate, poco prima dello sbocco in mare all'altezza pressappoco di Basra. L'Iraq respingeva l'offensiva facendo largo uso di armi chimiche, impiegate anche dagli iraniani contro gli iracheni ad Halabja.
[modifica] Il sostegno internazionale all'Iraq
Lo sviluppo dei rapporti con l'Unione Sovietica, con la quale l'Iraq era legata fin dal 1972 da un trattato "di amicizia e cooperazione", e della cui "sfera di influenza" faceva parte, dette un ulteriore aiuto all'Iraq, così come l'acquisto di armi dalla Cina, dall'Egitto, dalla Francia [17], dall'Italia [18], dalla Germania, dalla Gran Bretagna.
Ottenne infine dagli USA, dopo il 1984, aiuti consistenti fondamentalmente in consiglieri militari, supporto di intelligence e in qualche misura in materiali "a doppio uso" (militare e civile) da parte di aziende USA che riuscirono ad evadere l'embargo delle armi decretato dal Congresso, e mai rimosso. Con gli USA Baghdad riallacciò regolari relazioni diplomatiche nel novembre del 1984, dopo una lunga interruzione risalente al 1967, epoca della guerra dei sei giorni, e alla successiva costituzione del "fronte del rifiuto" [19] del quale faceva parte assieme all'Iraq anche la Libia.
L'Iraq di Saddam Hussein ottenne inoltre la fornitura di armi chimiche che vennero ampiamente usate sia per la repressione dei Curdi, sia contro le truppe e i civili iraniani.
Tuttavia già da uno-due anni prima l'Amministrazione USA di Ronald Reagan, contravvenendo in segreto agli "emendamenti Boland" che lo vietavano, aveva iniziato a dare qualche supporto di intelligence al regime iracheno.
[modifica] 1985: Iniziative di pace ONU
Una missione di pacificazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Pérez de Cuéllar, fallì nell'aprile 1985 a causa dell'intransigenza di Teheran che esigeva la condanna dell'Iraq come aggressore, il pagamento dei danni di guerra e l'allontanamento di Saddam Hussein.
Subito dopo la notizia irachena della riconquista delle isole Majnūn nel 1986, il 9 febbraio di quell'anno l'Iran lanciava l'offensiva Val Fajr-8 che mandava in rotta le difese irachene le quali perdevano il controllo del porto di Fāw, risultato consolidato dalla successiva offensiva iraniana denominata Val Fajr-9.
Le successive operazioni iraniane, definite Kerbelāʾ (4, 5 e 6), portarono l'Iran nella zona di Basra, impegnando le forze irachene nell'area di Qasr-e Shirin.
[modifica] 1986: Lo scandalo "Irangate" o "Iran-Contras"
Nel gennaio 1986 membri della Amministrazione Reagan assicuravano segretamente la vendita a Teheran di importanti forniture militari (cosiddetto scandalo Irangate o Iran-Contras) il cui massimo artefice fu John Negroponte, che oggi dirige le forze d'occupazione statunitensi in Iraq e che all'epoca coordinava la repressione antisandinista in Nicaragua e organizzava la strategia del terrore e dei terribili squadroni della morte controrivoluzionari.
L'operazione, che usava fondi neri creati con la vendita di armi all'Iran per finanziare i "contras" (guerriglieri anti-sandinisti) nella guerra civile in Nicaragua, violava apertamente una serie di delibere del congresso americano che vietavano all'amministrazione sia di intervenire nella guerra civile nicaraguense sia di fornire armi ai contendenti del conflitto Iran-Iraq.
[modifica] 1987-1988: Il ruolo dell'ONU. La Risoluzione n. 598 e la fine del conflitto
Nel 1987 (20 luglio) il Consiglio di Sicurezza dell'ONU chiedeva un cessate il fuoco ma la pretesa iraniana che si condannasse l'aggressione irachena fece fallire il possibile avvio di una tregua armata.
Nell'agosto del 1988, a 8 anni dallo scoppio delle ostilità e dopo la morte di oltre 1 milione di uomini e donne, la risoluzione n. 598 dell'ONU con la sua proposta di cessazione delle ostilità, fu inaspettatamente accettata dai due paesi ormai ridotti in realtà allo stremo e il 9 agosto 1988 il Consiglio di Sicurezza poté votare la creazione dell'UNIIMOG [20], incaricato di sovraintendere al rispetto della tregua.
Il cessate il fuoco non garantì il ritorno all'Iran dei territori occupati da parte dell'Iraq: questo avvenne solamente nel dicembre 1990, alla vigilia della guerra per la liberazione del Kuwait, poiché il dittatore iracheno desiderava garantirsi di non avere un secondo fronte aperto. L'Ayatollah Ruhollah Khomeyni (1900 - 1989), massima carica spirituale del paese, da sempre contrario alla cessazione delle ostilità [21] fu indotto - come affermò pubblicamente - "a bere l'amaro calice della tregua" su pressione del delfino e Presidente del Consiglio, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani.
Rafsanjani era, infatti, un "pragmatico" ed era conscio che lo stato era al collasso militare [22], civile [23], internazionale [24]. Nel frattempo, la guerra, oltre a causare centinaia di migliaia di vittime, militari e civili, fornì il pretesto all'ala radicale della teocrazia iraniana per epurare l'ala moderata: l'ayatollah Behesti, capo degli intransigenti, divulga finti documenti su un ipotetico complotto contro la vita di Khomeini e per il rovesciamento della Repubblica Islamica.
Bani Sadr fu dimissionato dalle cariche di Presidente della Repubblica e capo di Stato Maggiore dell'Esercito [25] e dovette riparare in esilio a Parigi nel luglio 1982, mediante un rocambolesco dirottamento aereo, temendo per la propria vita. Meno fortunato fu l'altro delfino di Khomeini caduto in disgrazia, Sadegh Ghotbzadeh che, assieme a Bani Sadr, fu accanto a Khomeini al tempo del suo esilio: destituito dalla carica di Ministro degli Esteri e delle Telecomunicazioni, fu arrestato nell'aprile 1982 e costretto ad un'umiliante autocritica in televisione [26]. Il tribunale rivoluzionario, presieduto dall'ayatollah Sadegh Khalkhali (1927 - 2003) emise il verdetto di condanna a morte. All'alba del 15 settembre 1982 passa nelle mani del boia [27]. Bani Sadr, anni dopo, pubblicò un pamphlet dall'eloquente titolo: "Padre [28], ecco la verità!", in cui rivolse un'attenta e ponderata critica alle degenarazioni della politica religiosa, per le quali "la Rivoluzione aveva divorato i suoi figli", evidente riferimento alla propria condizione ed a quella del collega giustiziato.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Note
- ^ cfr. testimonianze del maggior imputato, il colonnello Oliver North nel 1986.
- ^ La fazione "Parcham" ("Bandiera") e la fazione "Khalq" ("Popolo", "Massa"), purghe che avevano reso oramai ingovernabile lo strategico paese asiatico
- ^ Immagini riprese dai satelliti spia.
- ^ Il 28 luglio 1980 al Cairo, in Egitto per un tumore al fegato
- ^ Stando alla testimonianza del suo ministro degli esteri
- ^ L'Ayatollah Khomeini
- ^ Il dittatore iracheno aveva pubblicamente affermato, nel corso, di un'intervista rilasciata ad un quotidiano del Qatar che avrebbe liberato gli ostaggi americani che il regime di Teheran aveva catturato il 4 novembre 1979 con l'occupazione dell'ambasciata americana in Iran e che avrebbe stroncato definitivamente la sovversiva propaganda iraniana rivolta alle popolazioni musulmane delle repubbliche centro-asiatiche sovietiche.
- ^ I Curdi iraniani; il Tudeh - il Partito comunista Iraniano, bollato dal regime con l'epiteto di "Partito degli ipocriti" guidato da Massoud Rajavi - ed il suo braccio armato, i "Mujaiedin del Popolo", o "Mujaiedin - e - Khalq"; i militari fedeli al vecchio regime; i fedelissimi del partito monarchico "Bandiera Nazionale" facente capo al figlio del defunto shah; la borghesia ed i commercianti.
- ^ Furono pubblicate eloquenti fotografie di ragazzini ed adolescenti iraniani morti in battaglia recanti al collo "le chiavi del Paradiso", contro le quali gli iracheni dovettero ricorrere addirittura ai gas nervini.
- ^ Principalmente cinesi
- ^ Principalmente siriane ed israeliane
- ^ Prima della guerra, in Iraq erano gratuiti scuole, ospedali, benzina, gas ed energia elettrica.
- ^ Esplicita la dichiarazione dell'allora presidente della repubblica iraniana Bani Sadr alla televisione: "L'Iraq attacca? E noi rispondiamo bombardando Baghdad".
- ^ La strategia sovietica era un'evoluzione di facciata del Blitzkrieg nazista e prevedeva ranghi compatti e colonne motorizzate aiutate da attacchi aerei preventivi. A ciò si contrapponeva la teoria della "Difesa elastica" statunitense che era stata importata dallo stato maggiore dell'esercito imperiale iraniano e che ora entrava in azione corredata da attacchi missilistici sul campo di battaglia e sugli obiettivi strategici delle retrovie (ed anche sulle città e sulle popolazioni civili).
- ^ L'attacco proveniva da un sorvolo a bassa quota della Giordania, e molti analisti sospettano che la Giordania fosse connivente con lo Stato Ebraico.
- ^ Che cominciava a perdere l'originario vantaggio fornitogli dalla rapidità del suo attacco di sorpresa.
- ^ Caccia Super-Etendard e missili aria-terra Exocet nel 1983
- ^ Navi militari
- ^ Gruppo di paesi arabi e di fazioni palestinesi che rifiutavano l'esistenza di Israele, con il quale si consideravano intransigentemente in stato di guerra.
- ^ United Nations Iran-Iraq Military Observer Group
- ^ Anche per motivi personali, essendo stato cacciato dall'Iraq, dove si trovava in esilio, dopo la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra i due paesi, nel 1975.
- ^ Gli iracheni erano stati riforniti d'armi da parte di Stati Uniti ed Unione Sovietica e nel maggio 1988 avevano ricacciato oltre lo Shatt al-Arab l'esercito khomeinista, mentre gli Stati Uniti garantivano la navigabilità del Golfo Persico con una potente flotta da guerra che implacabilmente affondava i barchini dei Pasdaran e dei Basij, sminando le acque di quel tratto di mare.
- ^ Proteste per il carovita e per i razionamenti
- ^ Avversione del mondo arabo, dei paesi occidentali ed asiatici, eccezion fatta per Siria, Libano, Cina.
- ^ 21 giugno 1981, sostituito da Khomeini in persona come capo di stato maggiore e da Mohammad Ali Rajai come Presidente della repubblica
- ^ («Mi vergogno davanti alla nazione. Liberatemi o giustiziatemi», disse.
- ^ Alcune fonti parlano d'impiccagione, altre - più attendibili - di fucilazione.
- ^ Rivolto a Khomeini
[modifica] Bibliografia
- M. Emiliani, M. Ranuzzi de' Bianchi, E. Atzori, Nel nome di Omar. Rivoluzione, clero e potere in Iran, Bologna, Odoya, 2008 ISBN 978-88-628-8000-8.
[modifica] Collegamenti esterni
- Cronologia delle risoluzioni ONU sull'Iraq 1990-2002
- Storia dell'Iraq dal 1918 al 1980
- I rapporti USA-Iraq 1980-1984. Traduzione italiana di documenti desecretati pubblicati in inglese a cura della Georgetown University