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Palestina - Wikipedia

Palestina

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bussola Nota disambigua – Se stai cercando altri significati di Palestina, vedi Palestina (disambigua).
Per approfondire, vedi la voce Autorità Nazionale Palestinese.
La regione del Mandato Britannico vista dal satellite, con indicati i confini nazionali
La regione del Mandato Britannico vista dal satellite, con indicati i confini nazionali

La Palestina (latino Syria Palestina, ebraico biblico פּלשת Pelesheth o ארץ פּלשתיים erezt Pelishtiyim "terra dei Filistei", ebraico moderno Palestina [פלשתינה] o Eretz Yisrael [ארץ־ישראל], arabo Filasṭīn [فلسطين]), è una regione storica del Vicino Oriente che si affaccia sul Mar Mediterraneo che corrisponde al territorio attualmente occupato dallo Stato di Israele. Al giorno d'oggi il termine Palestina indica anche l'area amministrata dall'ANP o comunque la zona del Medio Oriente abitata da Palestinesi, ma nell'accezione di "regione storica" col termine Palestina si indica grosso modo l'area in cui si estende l'odierno Israele, compresi i territori occupati e la striscia di Gaza. Da notare anche che un Mandato del Regno Unito aveva nome Palestina e comprendeva i territori che adesso sono sotto l'amministrazione di Israele o della Giordania.

Indice

[modifica] Il nome

Antichi documenti egiziani si riferiscono alla regione il cui nome traslitterato è rtnu (pronuncia convenzionale retenu o recenu).

Nella Bibbia la Palestina è indicata con diversi nomi.
Oltre a termini come (Eretz Yisrael "Terra di Israele", Eretz Ha-Ivrim "Terra degli ebrei", "Terra in cui scorre latte e miele", Terra promessa), tutto il territorio ad occidente del fiume Giordano era chiamato "Terra di Canaan", cioè occupata dai Canaaniti (o Cananei), considerati discendenti da Canaan figlio di Cam.

Con l'arrivo del popolo ebraico, la 'Terra di Canaan' viene ribattezzata "Terra di Israele". La storia a questo punto coincide con la storia del popolo israelita. Dopo la divisione in due del regno ebraico, quello più meridionale venne chiamato terra del regno di Giuda, mentre la parte settentrionale terra del regno di Israele o Samaria. La regione subì in quel periodo l'invasione del popolo di origine greca dei Filistei, o pheleset (migratorio), le cui cinque città principali erano Gaza, Ashdod, Ekron, Gath, e Ashkelon.
Popolo di cui gli Egiziani antichi danno per primi notizia come P-r/l-s-t (convenzionalmente Peleshet), uno dei Popoli del mare che invasero l'Egitto durante il regno di Ramses III ma su le cui origini vi è ancora dibattito.

"Filistea" (ebraico פלשת Pəléšeth, P(e)léshet) è il nome da cui proviene "Palestina", e deriva quindi dal popolo greco dei Filistei. Costoro vennero sottomessi da re David vincendo alcune battaglie ai tempi del profeta Amos, prima di scomparire definitivamente come popolo tanto che non sono più citati già dai tempi delle invasioni degli Assiri.

La terra di Israele venne sottoposta al dominio romano, al quale tentò di ribellarsi a più riprese. Nel corso delle guerre giudaiche nel 70 d.C. e poi nel 135 d.C., i Romani, soffocarono la rivolta ma a costo di pesantissime perdite umane. L'Imperatore Adriano fu così irritato da queste perdite nell'esercito che decise di sradicare ogni presenza ebraica nel territorio,esiliando gli ebrei (Diaspora) e cambiando il nome della terra di Canaan da quello preesistente di ‘Provincia Judaea’ in ‘Provincia Syria Palaestina’, (più tardi abbreviato in ‘Palaestina’). Adriano fece questo per umiliare profondamente gli ebrei, ribattezzando la loro terra con il nome dei loro acerrimi nemici, i filistei appunto. Il nome 'Palestina' dunque non era mai esistito prima che i romani conquistassero definitivamente, nel 135 d.C. la regione che prima si chiamava 'Israele', o 'Giudea'. Per tutte queste ragioni, il nome ‘Palestina’ non compare mai nella Bibbia (né nel Corano). Il termine 'Palestina' dunque non solo non è autoctono, ma non è originariamente legato al mondo arabo, derivando invece dal popolo di invasori greci e dell’Asia Minore e imposto poi dai romani. I filistei non erano semiti, non erano arabi e non hanno mai avuto alcun legame storico, etnico o politico con gli arabi o con l’Islam. Dal 4° secolo dopo Cristo la regione si chiama Palestina, ma il suo nome originario è terra di Canaan, o terra di Israele. 'Palestinese' si definiva (e si dovrebbe definire ancora oggi) chiunque abiti la regione della Palestina (oggi Israele e Giordania), arabo, ebreo o cristiano che sia (si veda a questo proposito la voce: Palestinesi)

[modifica] Storia

Per approfondire, vedi le voci Storia della Palestina, Mandato britannico della Palestina e Conflitti arabo-israeliani.

Il suo status giuridico e politico è oggi fortemente controverso.

[modifica] La Prima Guerra Mondiale, la dichiarazione di Balfour e l'istituzione del Mandato Britannico

La "Palestina" rimase sotto il dominio dei turchi (Impero Ottomano) per 400 anni, fino a quando essi la persero alla fine della Prima guerra mondiale a favore della Gran Bretagna. La spartizione dei possedimenti dell'Impero Ottomano nella regione tra Gran bretagna e Francia al termine della guerra, era stata già decisa nel 1916 con l'Accordo Sykes-Picot (inizialmente segreto)[1]. Per l'area della Palestina l'accordo prevedeva che:

(EN)
« That in the brown area there shall be established an international administration, the form of which is to be decided upon after consultation with Russia, and subsequently in consultation with the other allies, and the representatives of the sheriff of Mecca. »
(IT)
« Che nella zona marrone [la Palestina] potrà essere istituita un’amministrazione internazionale la cui forma dovrà essere decisa dopo essersi consultati con la Russia ed in seguito con gli altri alleati ed i rappresentanti dello sceriffo della Mecca. »
(Accordo Sykes-Picot[2])

La Gran Bretagna espresse con la dichiarazione di Balfour del 1917 l'intenzione di creare in Palestina, un focolare ebraico ("national home") che potesse dare asilo non soltanto ai pochi ebrei palestinesi che vi abitavano da secoli, ma anche agli ebrei dispersi nelle altre nazioni. La questione fu comunque molto combattuta, da cui la scelta del termine ambiguo "national home" che non richiamava direttamente alla costituzione di uno stato e l'esplicito riferimento ai "diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina" che non dovevano essere danneggiati. Nel censimento del 1922, a 5 anni dalla dichiarazione e dall'inizio dell'ondata migratoria che ne era conseguita, la popolazione ebrea era di 83.790 unita su un totale di 752.048 persone, pari al 11,14% della popolazione totale, di poco superiore come dimensioni alla comunità cristiana di 71.464 unità[3], ed inferiore alla comunità di nomadi beduini di circa 103.331 persone (il cui stile di vita nomade e dedicato alla pastorizia causò alcuni attriti con i coloni ebrei per l'uso dei terreni, sopratutto nella valle del fiume Giordano)[4] .

(EN)
« Dear Lord Rothschild,

I have much pleasure in conveying to you, on behalf of His Majesty's Government, the following declaration of sympathy with Jewish Zionist aspirations which has been submitted to, and approved by, the Cabinet.

"His Majesty's Government view with favour the establishment in Palestine of a national home for the Jewish people, and will use their best endeavours to facilitate the achievement of this object, it being clearly understood that nothing shall be done which may prejudice the civil and religious rights of existing non-Jewish communities in Palestine, or the rights and political status enjoyed by Jews in any other country."

I should be grateful if you would bring this declaration to the knowledge of the Zionist Federation.

Yours sincerely, Arthur James Balfour »
(IT)
« Egregio Lord Rotschild,

E' mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell'ebraismo sionista che sono state presentate, e approvate, dal governo.

"Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adoprerà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, ne' i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni"

Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.

Con sinceri saluti Arthur James Balfour »

I britannici avevano tuttavia promesso nel 1915 la Palestina agli arabi (tramite accordi tra Sir Henry McMahon, in nome del governatore britannico, e lo sceicco della Mecca) come paese indipendente o come parte di una grande nazione araba, per l'aiuto prestato con la Rivolta Araba nella lotta contro l'impero Turco-Ottomano e questo fece sì che il sostegno britannico alle richieste del movimento sionista si scontrasse ben presto sia con i progetti degli altri stati arabi, sia con l'opposizione della maggioranza araba palestinese alla formazione di uno stato non islamico in Palestina.

Il territorio del mandato Britannico, diviso tra Palestina e Transgiordania
Il territorio del mandato Britannico, diviso tra Palestina e Transgiordania

La Società delle Nazioni affidò dunque alla Gran Bretagna un mandato per la Palestina, che fino a quel momento e per tutti i secoli precedenti aveva coinciso con il territorio degli odierni Stati di Israele e Giordania. La Società delle Nazioni riconosceva gli impegi presi da Balfour, pur rimarcando che questo non doveva essere effettuato a discapito dei diritti civili e religiosi della popolazione non ebraica preesistente. Per permettere l'adempimento degli impegni presi la Società delle Nazioni riteneva necessario istituire un'agenzia che coordinasse l'immigrazione ebraica e collaborasse con le autorità britanniche per istutire norme atte a facilitare la creazione di questo focolare nazionale, come per esempio la possibilità per gli immigrati ebrei di otterene facilmente la cittadinanza palestinese; l'organizzazione Sionista veniva ritenuta la più adatta per questo compito. Oltre a questo il Mandatario doveva predisporre il territorio allo sviluppo di un futuro governo autonomo.[5]

Così, nel 1922 l’Inghilterra, seguendo quanto già deciso negli accordi di Sykes-Picot, concesse tutti i territori ad est del fiume Giordano (quasi il 73% dell'intera area del Mandato) all’Emiro Abd Allah I. Questo divenne la Transgiordania, con una maggioranza di popolazione araba (nel 1920 circa il 90% della popolazione, stimata in un totale di circa 4.000.000 di abitanti[6]), le cui leggi non permettevano[citazione necessaria] (e non permettono a tutt'oggi [7]) a nessun ebreo di ottenere la cittadinaza giordana. La Transgiordania sarebbe diventata, il 25 maggio del 1946, il Regno Hashemita di Giordania.

Con il Libro Bianco del 1922 [8] gli inglesi rassicurarono la popolazione araba sul fatto che la Jewish National Home in Palestine promessa nel 1917 non era da intendesi come una nazione ebraica in Palestina, e che la commissione Sionista della palestina non aveva nessun interesse ad amministrare il territorio, rimarcando però al contempo l'importanza della comunità ebraica presente e la necessità di una sua espansione e riconoscimento internazionale:

(EN)
« During the last two or three generations the Jews have recreated in Palestine a community, now numbering 80,000, of whom about one fourth are farmers or workers upon the land. This community has its own political organs; [...] Its business is conducted in Hebrew as a vernacular language, and a Hebrew Press serves its needs. It has its distinctive intellectual life and displays considerable economic activity. This community, then, with its town and country population, its political, religious, and social organizations, its own language, its own customs, its own life, has in fact "national" characteristics. When it is asked what is meant by the development of the Jewish National Home in Palestine, it may be answered that it is not the imposition of a Jewish nationality upon the inhabitants of Palestine as a whole, but the further development of the existing Jewish community, with the assistance of Jews in other parts of the world, in order that it may become a centre in which the Jewish people as a whole may take, on grounds of religion and race, an interest and a pride. But in order that this community should have the best prospect of free development and provide a full opportunity for the Jewish people to display its capacities, it is essential that it should know that it is in Palestine as of right and not on the sufferance. That is the reason why it is necessary that the existence of a Jewish National Home in Palestine should be internationally guaranteed, and that it should be formally recognized to rest upon ancient historic connection. »
(IT)
« Durante le ultime due o tre generazioni gli Ebrei hanno ricreato in palestina una comunità, ora di 80.000 persone, di cui circa un quarto sono agricoltori e lavoratori della terra. La comunità ha i suoi organi politici [...] I suoi affari sono efefttuati usando la lingua ebraica e la stampa ebraica soddisfa le sue necessità. [La comunità ] ha la sua vita intellettuale e mostra una considerevole attività economica. La comunita quindi, con le sue cittadine e la sua popolazione rurale, con la sua organizzazione politica, religiosa, sociale, la sua lingua e i suoi costumi, e la sua vita, ha di fatto caratteristiche "nazionali". Quando è chiesto cosa significa lo sviluppo di un focolaio nazionale ebraico in Palestina, la risposta è che non si tratta dell'imposizione della nazionalità ebraica sugli abitanti palestinesi in toto, ma l'ulteriore sviluppo della comunità ebraica esistente, con l'assistenza degli Ebrei del resto del mondo, in modo che questa possa diventare un centro di cui il popolo ebraico intero possa avere, per motivi di religione e razza, un interesse ed un vanto. Ma, per poter far sì che questa comunità abbia le migliori prospettive di libero sviluppo e possa offrire la piena possibilità al popolo ebraico di mostrare le proprie capacità, è essenziale che sia riconosciuto che questo è in Palestina di diritto e non con sofferenza. Questa è la ragione per cui è necessario che l'esistenza di un focolaio nazionale ebraico in Palestina dovrebbe essere garantito internazionalmente, e riconosciuto la sua esistenza in base agli antichi legami storici. »
(British White Paper of June 1922[8])

[modifica] Gli anni del Mandato e la Seconda Guerra Mondiale

Per approfondire, vedi le voci Moti palestinesi del 1920, Grande Rivolta Araba (1936-1939) e Guerra arabo-israeliana del 1948.

I successivi 25 anni (1922-1947), che videro un massiccio aumento della popolazione ebraica (passata dai poco più di 80.000 abitanti agli inizi degli anni 20 ai circa 610.000 del 1947) tramite l'immigrazione prima legale e poi (dopo il 1939 e le limitazioni imposte dal Libro Bianco[9]) illegale, furono comunque caratterizzati da episodi di violenza e di reciproca intolleranza, che sfociarono in diverse rivolte generalizzate nel 1920, nel 1929 e nel triennio 1936-39.

Il piano di spartizione suggerito dalla Commissione Peel nel 1937. Secondo il rapporto della commissione c'erano 225.000 arabi nel territorio del possibile stato ebraico e 1.250 ebrei in quello del possibile stato arabo.
Il piano di spartizione suggerito dalla Commissione Peel nel 1937. Secondo il rapporto della commissione c'erano 225.000 arabi nel territorio del possibile stato ebraico e 1.250 ebrei in quello del possibile stato arabo.[10]

Alcuni tentativi di suddivisione del mandato in due stati distinti, a seguito della proposta della Commissione Peel nel 1937 (che suggeriva anche di trasferire la popolazione in modo da creare uno stato ebraico abitato solo da ebrei e uno stato arabo abitato solo da arabi, creando sistemi di irrigazione e distribuzione idrica in quest'ultimo, che altrimenti non sarebbe stato in grado di reggere la popolazione di circa 225.000 arabi che sarebbe stato necessario trasferirvi)[10], della Commissione Woodhead del 1938[11] e della Conferenza di St. James del 1939, fallirono perché respinti da ambo le parti. Nel 1939 i britannici, alla fine di 3 anni di guerra civile, nell'impossibilità di creare due stati indipendenti e con continui attentati da parte di gruppi terroristici ebraici contro i suoi soldati e contro la popolazione civile, produssero il Libro Bianco[9], con cui si metteva un freno all'immigrazione ebraica (un massimo di 75.000 coloni nei successivi 5 anni, a patto che fosse possibile assorbirli nel tessuto sociale ed economico palestinese) secondo quanto già raccomandato dal Rapporto Shaw del 1929 e dalla Commissione Hope Simpson del 1930, che avevano individuato nella massiccia immigrazione ebraica, nelle politiche di assegnazione delle terre ai coloni e nella conseguente crescita della disoccupazione tra la popolazione araba preesistente uno dei principali motivi di instabilità sociale della Palestina. Nel libro bianco veniva anche evidenziato che gli atti ostili dei gruppi armati arabi contro i coloni ebrei, comunque da condannare, e in generale l'ostilità generale della popolazione araba verso quella ebraica, trovavano spiegazione nel timore di ritrovarsi con il tempo ad essere etnia di minoranza in una nazione ebraica. Oltre a questo la Gran Bretagna decise di porre fine al suo mandato nel 1949 e di istituire per quella data un'unico stato multietnico e dichiaravano conclusi gli impegni presi con la dichiarazione di Balfour, ritenendo che i circa 300.000 immigrati ebraici (che avevano portato la popolazione ad essere quasi un terzo del totale) e le capacità mostrate da questi nello sviluppo della loro comunità fosse comunque da considerarsi un vanto per il popolo ebraico. Il Libro Bianco peraltro richiamava il fatto che già nel precedente testo del 1922 si era esclusa la possibilità di una "nazione ebraica" sul territorio della Palestina. Esso definiva altresì la promessa della creazione di nazione araba, che sarebbe derivata da comunicazione epistolari svoltesi nel 1915 tra Sir Henry McMahon (in nome del governatore britannico) e lo sceicco della Mecca, come frutto di un fraintendimento tra le parti:[9], sopratutto per quello che riguardava la zona in cui questa nazione, che doveva escludere i territori ad ovest del Giordano:

(EN)
« For their part they can only adhere, for the reasons given by their representatives in the Report, to the view that the whole of Palestine west of Jordan was excluded from Sir Henry McMahon's pledge, and they therefore cannot agree that the McMahon correspondence forms a just basis for the claim that Palestine should be converted into an Arab State »
(IT)
« [Sua Maestà] da parte sua può aderire, per le ragioni espresse dai suoi rappresentanti nel rapporto, al parere per cui l'intera Palestina ad ovest del Giordano era esclusa dalla richiesta di Sir McMahon, e dunque [Sua Maestà] non può concordare sul fatto che la corrispondenza di McMahon formi una giusta base per la dichiarazione che la Palestina debba essere convertita in uno stato arabo »
(The White Paper, Section 1 – The Constitution[9])

Una lettera datata 24 ottobre 1915 è a proposito cruciale. Essa diceva che: "I distretti di Mersin e Alessandretta, e parti della Siria che si estendono a ovest del distretto di Damasco, Homs, Hama e Aleppo, non possono dirsi puramente arabi, e debbono a riguardo essere esclusi dalla delimitazione che si propone. Subordinatamente a detta modifica, e senza pregiudizio per i trattati conclusi fra noi e alcuni capi arabi, noi accettiamo detta delimitazione".[citazione necessaria]

Nel documento appare chiaro che la Palestina è una regione ormai abitata da due popolazioni distinte. Parlando della proposta di un unico stato palestinese, il testo afferma:

(EN)
« His Majesty's Government are charged as the Mandatory authority "to secure the development of self governing institutions" in Palestine. Apart from this specific obligation, they would regard it as contrary to the whole spirit of the Mandate system that the population of Palestine should remain forever under Mandatory tutelage. It is proper that the people of the country should as early as possible enjoy the rights of self-government which are exercised by the people of neighbouring countries. His Majesty's Government are unable at present to foresee the exact constitutional forms which government in Palestine will eventually take, but their objective is self government, and they desire to see established ultimately an independent Palestine State. It should be a State in which the two peoples in Palestine, Arabs and Jews, share authority in government in such a way that the essential interests of each are shared. »
(IT)
« Sua Maestà, come autorità del Mandato, è incaricata di "assicurare lo sviluppo dei forme di governo autonome" in Palestina. Oltre a questo obbligo specifico, [Sua Maestà] considera contrario allo spirito del funzionamento del Mandato che la popolazione della Palestina rimanga per sempre sotto la tutela del Mandatario. È corretto che la popolazione della nazione possa il più facilmente possibile godere del diritto all'auto-governo come è esercitato dalla popolazione delle nazioni vicine. Il governo di Sua Maestà non è in grado di prevedere l'esatta forma costituzionale che prenderà lo stato Palestinese, ma l'obiettivo è l'auto-governo e il desiderio di vedere nascere infine uno stato Palestinese indipendente. Deve questo essere uno stato inc ui i due popoli della Palestina, Arabi ed Ebrei, condividano l'autorità di governo in un modo grazie al quel gli interessi essenziali di entrambi siano condivisi. »
(The White Paper, Section 1 – The Constitution[9])

Con la seconda guerra mondiale la maggior parte dei gruppi ebraici si schierarono con gli Alleati, mentre molti gruppi arabi guardarono con interesse l'Asse, nella speranza che una sua vittoria servisse a liberarli dalla presenza britannica. La Germania cercò anche di finanziare e armare alcuni gruppi palestinesi con lo scopo di colpire obiettivi ebraici[12].

La situazione di temporanea alleanza contro l'Asse non diminuì però l'opposizione dei gruppi ebraici contro il Libro Bianco e contro le limitazioni all'immigrazione che introduceva: David Ben-Gurion (futuro presidente dell'Agenzia Ebraica e futuro primo ministro di Israele), relativamente alla collaborazione tra l'Haganah e i soldati inglesi nelle operazioni contro le forze naziste, dichiarò comunque che:

(EN)
« We shall fight the White Paper as if there were no war, and the war as if there were no White Paper »
(IT)
« Dobbiamo combattere il Libro Bianco come se la guerra non ci fosse, e la guerra come se non ci fosse il Libro Bianco »
(Dichiarazioni di David Ben-Gurion[13])

Il gruppo dell'Irgun, molto più attivo dell'Haganah per quello che riguarda la lotta contro i britannici, dichiarò una tregua (che restò in vigore dal 1940 al 1943) e arruolò molti dei suoi componenti nell'esercito inglese e nella Brigata Ebraica. A causa di questa tregua l'ala più estremista del movemento si staccò, dando vita al gruppo Lohamei Herut Israel (o Lehi, conosciuto anche come Banda Stern, dal nome di Avraham Stern, il suo fondatore), che negli anni seguenti concentrò le proprie azioni contro bersagli britannici e che tra il 1940 e il 1941 tentò per due volte, senza successo, di stringere accordi con le forze nazifasciste in chiave anti-britannica[14] [15].

[modifica] Il piano di spartizione dell'ONU e la prima guerra arabo-israeliana

Per approfondire, vedi la voce Guerra arabo-israeliana del 1948.
Distribuzione degli insediamenti ebraici in Palestina nel 1947
Distribuzione degli insediamenti ebraici in Palestina nel 1947
La spartizione del territorio secondo la risoluzione dell'ONU
La spartizione del territorio secondo la risoluzione dell'ONU

Dopo la Seconda guerra mondiale e i tragici fatti che colpirono la popolazione di origine o religione ebraica in molti paesi europei le neonate Nazioni Unite si interrogarono sul destino della regione, che nel frattempo era sempre più instabile. Il problema chiave che l’ONU si pose in quel periodo fu se i rifugiati europei scampati alle persecuzioni naziste dovessero in qualche modo dover essere ricollegati alla situazione in Palestina. Nella sua relazione [16] l'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine, la commissione dell'ONU sulla questione, formata da Canada, Cecoslovacchia, Guatemala, Olanda, Peru, Svezia, Uruguay, India, Iran, Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, Australia) si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla conclusione che era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile" accettare di appoggiare solo una delle due posizioni [16]. Sette di queste nazioni (Canada, Cecoslovacchia, Guatemala, Olanda, Perù, Svezia, Uruguay) votarono a favore di una soluzione con due Stati divisi e Gerusalemme sotto controllo internazionale (sulla falsariga del piano di spartizione proposto nel 1937 dalla Commissione Peel), tre (India, Iran, Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia) per un unico stato federale (sulla falsariga di quanto previsto dal Libro Bianco), e una si astenne (Australia).

L'UNSCOP raccomandò anche che la Gran Bretagna cessasse il prima possibile il suo controllo sulla zona, sia per cercare di ridurre gli scontri tra la popolazione di entrambe le etnie e le forze britanniche, sia per cercare di porre fine alle numerose azioni terroristiche portate avanti dai gruppi ebraici, che avevano colpito duramente solo pochi mesi prima il personale britannico con l'attentato dell'Hotel "King David" di Gerusalemme che causò 91 morti.

Nel decidere su come spartire il territorio l'UNSCOP, partendo dai precedenti piani di spartizione britannici, considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba nei confronti degli insediamenti ebraici o delle minoranze ebraiche residenti nelle cittadine abitate da entrambe le etnie, la necessità di radunare sotto il futuro stato ebraicio tutte le zone dove i coloni erano presenti in numero significativo (seppur nella maggior parte dei casi etnia di minoranza [17]), a cui veniva aggiunta la quasi totalità delle zone allora sotto la diretta gestione mandataria (per la maggior parte desertiche, come il deserto del Negev), in previsione di una massiccia immigrazione dall'Europa (l'UNISCOP valutava in 250.000 gli ebrei europei presenti in centri di accoglienza[16]), per un totale del 56% del territorio assegnato al futuro stato ebraico. Gerusalemme, anche in virtù della sua importanza per tutte e tre le Religioni del Libro e per l'elevata presenza di luoghi di culto, sarebbe rimasta sotto controllo internazionale, mentre i territori circostanti, a maggioranza araba[17], che nella proposta di spartizione del 1937 rimanevano sotto il controllo mandatario, furono assegnati allo stato arabo. Nella sua relazione l'UNISCOP prendeva anche in considerazione la situazione economica dei futuri due stati ( United Nations Special Committee on Palestine, Recommendations to the General Assembly, A/364, 3 September 1947 - PART I. Plan of partition with economic union justification[16]), consigliando di istituire una moneta comune e una rete di infrattuture che si estendesse a tutta la Palestina indipendentemente dalle divisioni; oltre a questo si evidenziava che agli ebrei sarebbe stata assegnata la parte più sviluppata economicamente e che comprendeva quasi del tutto le zone di produzione degli agrumi, ma che in questa lavoravano molti produttori arabi e che con un sistema economico comune ai due stati non era nell'interesse di quello ebraico far rimanere quello arabo in una condizione di povertà e di precarietà economica. Sempre per la parte economica l'UNSCOP prevedeva il possibile arrivo di aiuti internazionali per la costruzione di sistemi di irrigazione in entrambi gli stati.

La situazione della popolazione, secondo la visione proposta, diveniva quindi::

Territorio Popolazione araba  % Arabi Popolazione ebraica  % Ebrei Popolazione Totale
Stato Arabo 725.000 99% 10.000 1% 735.000
Stato Ebraico 407.000 45% 498.000 55% 905.000
Zona Internazionale 105.000 51% 100.000 49% 205.000
Totale 1.237.000 67% 608.000 33% 1.845.000
Fonte: Report of UNSCOP - 1947[16]

(oltre a questo era presente una popolazione Beduina di 90.000 persone nel territorio ebraico).

Voti favorevoli (verde), contrari (marrone), astenuti (verdolino) e assenti (rosso) alla risoluzione 181
Voti favorevoli (verde), contrari (marrone), astenuti (verdolino) e assenti (rosso) alla risoluzione 181

Il 30 novembre le Nazioni Unite decisero (con la Risoluzione 181[18]), con il voto favorevole di 33 nazioni, quello contrario di 13 (tra cui gli Stati arabi) e l'astesione di 10 nazioni (tra cui la stessa Gran Bretagna, che rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano, ritenendo, in base alle sue precedenti esperienze, che si sarebbe rivelato inaccettabile sia per gli ebrei che per gli arabi), la spartizione della Palestina in due stati, uno arabo e uno ebraico, il controllo dell'ONU su Gerusalemme e chiesero la fine del mandato Britannico il prima possibile e comunque non oltre il 1 agosto 1948.

Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte dei gruppi ebraici, come l'Agenzia Ebraica, l'accettò, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo stato ebraico. Gruppi più estremisti, come l'Irgun e la Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno Stato arabo in quella che era considerata "la Grande Israele" e al controllo internazionale di Gerusalemme.

Tra i gruppi arabi la proposta fu rifiutata, ma con posizioni diversificate: alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno stato ebraico, altri erano possibilisti, ma criticavano la spartizione del territorio, sia perché i confini decisi per lo stato arabo, avrebbero, secondo loro, limitato i contatti con le altre nazioni, e lo stesso non avrebbe avuto sbocchi sul Mar Rosso e sul Mar di Galilea (quest'ultimo la principale risorsa idrica della zona), oltre al fatto che sarebbe stato assegnato loro solo un terzo della costa mediterranea; altri ancora erano contrari per via del fatto che a quella che era una minoranza ebraica (circa un terzo della popolazione totale della Palestina) e che possedeva nel 1947 meno del 10% del territorio[19] [20] sarebbe stata assegnata la maggioranza della Palestina.

La nazioni arabe, contrarie alla suddivisione del territorio e alla creazione di uno stato ebraico, fecero ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia, sostenendo la non competenza dell'assemblea delle Nazioni Unite nel decidere la ripartizione di un territorio andando contro la volontà della maggioranza (araba) dei suoi residenti, ma il ricorso fu respinto.

Allo stato ebraico sarebbe toccato dunque circa il 55% di quel 27% della terra originariamente affidata al Mandato Britannico (originariamente comprendente anche ilt erritorio della Giordania, ceduta agli arabi nel 1922), con una popolazione mista (55% di origine ebrea e 45% di origine araba), Gerusalemme sarebbe rimasta sotto il controllo internazionale, mentre il restante territorio (quasi del tutto abitato dalla preesistente popolazione araba) sarebbe stato assegnato allo stato arabo.

La decisione delle Nazioni Unite fu seguita da un’ondata di violenze senza precedenti da parte dei gruppi militari e paramilitari sionisti (Haganah, Palmach, Irgun e Banda Stern, che comunque non avevano mai interrotto il loro operato durante gli anni precedenti), che precipitò nel caos la Palestina nel 1948, in questo aiutati dalla propaganda bellicosa di segno contrario di leader politico-religiosi quali il Mufti di Gerusalemme Hajji Amin el-Husayni e dalle continue scaramuccie ai confini provocate dall'azione dalle forze militari delle vicine nazioni arabe. La Lega Araba organizzò alcune milize da introdurre il Palestina per attaccare obiettivi ebraici, a cui si aggiunsero gruppi di volontari palestinesi arabi locali: il gruppo maggiore fu l'Esercito Arabo di Liberazione, comandato dal nazionalista Fawzī al-Qawuqjī. In gennaio e febbraio, forze irregolari arabe attaccarono comunità ebraiche nel nord della Palestina, ma senza conseguire sostanziali successi.

In generale gli arabi concentrarono i loro sforzi nel tagliare le vie di comunicazione fra le città ebraiche e il loro circondario in aree a popolazione mista (alla fine di marzo tagliarono del tutto la vitale strada che univa Tel Aviv a Gerusalemme, dove viveva un sesto circa della popolazione ebraica palestinese), mentre i gruppi ebraici diedero il via al Piano Dalet (o Piano D), che ufficialmente prevedeva solo la difesa dei confini del futuro stato arabo e la neutralizzazione delle base dei possibili oppositori (anche eventualmente con la distruzione degli insediamenti arabi di difficile controllo), fossero queste interni al confine od oltre, ma che, secondo alcuni studiosi (principlamente filo-palestinesi), fu tra le motivazioni che permisero ai gruppi più estremisti la realizzazione di veri e propri massacri senza essere fermati.[21] [22] [23] Fra il 30 novembre 1947 e l '1 febbraio 1948 furono uccisi 427 arabi, 381 ebrei e 46 britannici e furono feriti 1.035 arabi, 725 ebrei e 135 britannici e nel solo mese di marzo morirono 271 ebrei e 257 arabi.[24]

Il 14 maggio 1948, contestualmente al ritiro degli ultimi soldati britannici alla vigilia della fine del mandato, il Consiglio Nazionale Sionista, riunito a Tel Aviv, dichiarò costituito nella terra di Israele lo Stato Ebraico, col nome di Medinat Israel[25]. Uno dei primi atti del governo israeliano fu quello abrogare le limitazioni all'immigrazione contenute nel Libro Bianco del 1939. Gli arabi palestinesi (che in generale si erano opposti alla soluzione con due stati proposta dalla Risoluzione ONU 181) non proclamarono il proprio stato e gli stati arabi iniziarono apertamente le ostilità contro Israele.

In un cablogramma ufficiale cablogramma del Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi al suo omologo dell'ONU del 15 maggio 1948, gli Stati arabi pubblicamente proclamarono il loro intento di creare uno "Stato unitario di Palestina" al posto dei due Stati, uno ebraico e l'altro arabo, previsti dal piano dell'ONU. Essi reclamarono che quest'ultimo non era valido perché ad esso si opponeva la maggioranza degli arabi palestinesi, e confermarono che l'assenza di un'autorità legale rendeva necessario intervenire per proteggere le vite e le proprietà arabe.[26]

Israele, gli USA e l'URSS definirono l'ingresso degli Stati arabi in Palestina un'aggressione illegittima, il Segretario Generale dell'ONU, Trygve Lie, lo descrisse come "la prima aggressione armata che il mondo abbia mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale". La Cina sostenne con decisione le rivendicazioni arabe. Entrambe le parti accrebbero la loro forza umana nei mesi seguenti, ma il vantaggio d'Israele crebbe continuamente come risultato della mobilitazione progressiva della società israeliana, incrementata dall'afflusso di circa 10.300 immigranti ogni mese (alcuni dei quali veterani della recente Guerra Mondiale e quindi già addestrati all'uso delle armi ed integrabili da subito nell'esercito del neonato stato). Il 26 maggio 1948, le Forze di Difesa Israeliane (FDI) furono ufficialmente istituite e i gruppi armati dell'Haganah, il Palmach ed Etzel furono ufficialmente assorbiti dall'esercito del nuovo Stato ebraico.

L'ONU proclamò una tregua il 29 maggio ed essa entrò in vigore l'11 giugno con una durata di 28 giorni dopo. Un embargo di armi fu dichiarato con l'intenzione che nessuna delle parti potesse trarre vantaggi dalla tregua. Il mediatore delle Nazioni Unite, lo svedese Folke Bernadotte, presentò un nuovo Piano di partizione che avrebbe assegnato la Galilea (la regione più settentrionale della Palestina) agli ebrei e il Negev (la regione più meridionale della Palestina) agli arabi, ma entrambe le parti contendenti respinsero il Piano.

Confronto tra i confini decisi dalla partizione ONU del 1947 e l'armistizio del 1949
Confronto tra i confini decisi dalla partizione ONU del 1947 e l'armistizio del 1949

I 18 luglio, grazie agli sforzi diplomatici condotti dall'ONU, entrò in vigore la seconda tregua del conflitto e il 16 settembre Folke Bernadotte propose una nuova partizione per la Palestina in base alla quale la Transgiordania avrebbe annesso le aree arabe, incluso il Negev, al-Ramla e Lydda. Vi sarebbe stato uno Stato ebraico nell'intera Galilea, l'internazionalizzazione di Gerusalemme e il ritorno alle proprie terre dei rifugiati, o il loro indennizzo. Anche questo piano fu respinto da entrambe le parti. Il giorno dopo, 17 settembre, Bernadotte fu assassinato dal gruppo ebraico della Banda Stern (Lehi) e venne sostituiro dal suo vice, lo statunitense Ralph Bunche.

Nel 1949, Israele firmò armistizi separati con l'Egitto il 24 febbraio, col Libano il 23 marzo, con la Transgiordania il 3 aprile e con la Siria il 20 luglio. Israele fu in grado in generale di tracciare i suoi propri confini, che comprendevano il 78% della Palestina mandataria, circa il 50% in più di quanto le concedeva il Piano di partizione dell'ONU. Tali linee di cessate-il-fuoco divennero più tardi come la "Green Line" (Linea Verde). La Striscia di Gaza e la Cisgiordania furono occupate rispettivamente da Egitto e Transgiordania.

Le Nazioni Unite stimarono che 711.000 palestinesi, metà della popolazione araba della Palestina dell'epoca, fuggirono, emigrarono o furono allontanati con la forza durante il conflitto e nelle violenze dei mesi precedenti. [27] Alcuni hanno rivelato che numerosi palestinesi seguitarono a credere che gli eserciti arabi avrebbero prevalso ed affermarono pertanto di voler tornare nelle loro terre d'origine, una volta vinta la guerra con il neonato stato israeliano.[28]

I 10.000 ebrei che risiedevano nella zona della Palestina assegnata al territorio arabo furono costretti ad abbandonare i loro insediamenti (alcuni esistenti da ben prima della Dichiarazione di Balfur) e circa 758.000 - 866.000 ebrei che vivevano nei Paesi e nei territori arabi lasciarono o furono indotti a lasciare i loro luoghi natali, a causa dell'insorgere di sentimenti anti-ebraici. [29]; 600.000 di loro emigrarono in Israele, con altri 300.000 che cercarono rifugio in vari paesi occidentali, innanzi tutto la Francia.

Nel dicembre 1948 l'Assemblea Generale dell'ONU approvò (con voto contrario o astensione di molti paesi mussulmani[30]) la Risoluzione 194 [31]che (tra le altre cose), riguardo ai profughi sia palestinesi che ebrei della Palestina, dichiarava che doveva essere consentito il ritorno alle loro case ai profughi che volessero tornare in pace e che dovevano essere risarciti per la perdita della proprietà quelli che avessero scelto altrimenti:

(EN)
« Resolves that the refugees wishing to return to their homes and live at peace with their neighbours should be permitted to do so at the earliest practicable date, and that compensation should be paid for the property of those choosing not to return and for loss of or damage to property which, under principles of international law or in equity, should be made good by the Governments or authorities responsible »
(IT)
« Dichiara che i rifugiati che hanno volontà di tornare alle loro case e vivere in pace con i loro vicini dovrebbero essere possibilitati a farlo il prima possibile, e che deve essere pagata una compansazioni per coloro che decideranno di non tornare, per rimborsarli della perdita delle proprietà o per i danni alle stesse di cui, secondo i principi della legge internazionale o secondo equità, devono essere indennizzati dal governo o dalle autorità responsabili  »
(Risoluzione 194 dell'ONU, A/RES/194 (III) 11 dicembre 1948[31])

Dopo la vittoria, Israele approvò una legge che permetteva ai rifugiati arabi di ristabilirsi in Israele a condizione di firmare una dichiarazione di rinuncia alla violenza, giurare fedeltà allo stato di Israele e diventare pacifici e produttivi cittadini. Nel corso dei decenni grazie a questa legge oltre 150.000 rifugiati arabi hanno potuto far ritorno in Israele come cittadini a pieno titolo.[citazione necessaria] Tuttavia successivamente l'interpretazione della risoluzione che voleva il ritorno di tutti i rifugiati e il loro rimborso venne negata da Israele e dai sostenitori della presenza dello stato ebraico, specificando che la risoluzione usava "should" (una forma del verbo "dovere" meno rigida rispetto a "must") e che, visto lo stato di guerra permanente, la "earliest practicable date" ("prima data possibile") in cui i rifugiati palestinesi possano voler tornare in patria per vivere in pace con i loro vicini non era ancora giunta. La risoluzione e il diritto di ritorno dei profughi fu però confermato piu' volte dall'ONU in diverse raccomandazioni e risoluzioni successive.

[modifica] Storia recente

L'Autorità Nazionale Palestinese, la cui presidenza è stata tenuta fino alla sua morte da Yasser Arafat, si è sempre dichiarata favorevole alla nascita di uno Stato Palestinese arabo indipendente a fianco dello Stato di Israele, ma tali dichiarazioni sono sempre state smentite, sia pubblicamente di fronte al mondo arabo, che nella continuazione delle ostilità contro Israele. Come più volte ripetuto nei documenti ufficiali dell'ex OLP, di Fatah e di altre organizzazioni arabe palestinesi, o nei discorsi pubblici di vari esponenti del mondo politico e religioso arabo, l'intento dichiarato degli arabi sembrerebbe l'annientamento totale dello Stato di Israele, piuttosto che la divisione della Palestina fra i due popoli.

Un tale "Stato palestinese", secondo l'attuale politica araba, dovrebbe accogliere i numerosissimi profughi palestinesi causati dai vari conflitti arabo-israelianie i loro discendenti, che i vari stati arabi sconfitti hanno sempre rifiutato di assorbire nel proprio territorio (con la sola eccezione della Giordania). Gli arabi ritengono i profughi le vittime di una 'pulizia etnica' perpetrata da Israele, quando avrebbe 'cacciato' i legittimi proprietari dalle loro terre. Gli ebrei ritengono i governi arabi i soli veri responsabili della creazione del problema dei profughi.

I confini che dovrebbe avere questo Stato nascituro non sono ben definiti: l'opinione araba è che Israele dovrebbe tornare all'interno dei suoi confini precedenti la Guerra dei sei giorni del 1967, cioè cedere agli arabi le regioni di Giudea e Samaria, o Cisgiordania (o West Bank) in cambio di un suo riconoscimento che ne garantisca la sicurezza (la cosiddetta Linea Verde). Mentre gli arabi richiedono questa cessione in quanto quelle terre sarebbero legittimamente loro e 'occupate' dall'esercito israeliano, gli israeliani a loro volta sostengono che quel territorio era già stato loro offerto nel 1947, ma da loro rifiutato e perso definitivamente con le sconfitte belliche del 1948 e del 1967.

In assenza di un trattato di pace tra i belligeranti, le leggi internazionali permettono l’annessione della terra di un aggressore dopo un conflitto – esattamente come la terra in questione era stata persa dai turchi ai tempi della Prima guerra mondiale, a favore degli Alleati. Israele offrì la restituzione delle terre acquisite mentre difendeva la sua sopravvivenza dall’aggressione araba in cambio di una pace formale. Un’offerta ribadita in occasione dell’armistizio di Rodi e della Conferenza di Losanna del 1949. Al tempo leader arabi rifiutarono le terre (e quindi la creazione di uno stato palestinese arabo) pur di mantenere lo stato di guerra allo scopo di distruggere lo stato ebraico e riprendere il controllo di quelle terre.

Assai distanti sono i punti di vista riguardanti Gerusalemme Est.

Il 14 agosto 2005, nonostante la risoluzione ONU 242 non lo prevedesse, il governo israeliano ha disposto e completato l'evacuazione della popolazione israeliana (militare e civile)dalla Striscia di Gaza e lo smantellamento delle colonie che vi erano state costruite, nella speranza di un progresso di pace. Tuttavia, dallo stesso agosto sono cominciati ininterrotti lanci di razzi kassam da Gaza verso le città israeliane di Sderot ed altre, che continuano ad oggi.

Gli arabi palestinesi considerano come loro capitale al-Quds (lett. "la Santa"). L'attribuzione di questa città a Gerusalemme è controversa, anche fra gli studiosi dell'islam, poiché Gerusalemme non viene mai menzionata in tutto il Corano. La perdurante situazione di precarietà e di conflitto con lo Stato d'Israele, unitamente alla sostanziale assenza di un vero e proprio Stato palestinese, ha fatto della città di Ramallah la capitale virtuale, o tacitamente provvisoria, dell'amministrazione palestinese.

[modifica] Demografia

La stima della popolazione palestinese del passato si basa principalmente su due metodologie: censimenti e testimonianze scritte del tempo oppure studi statistici basati sulla presenza e densità di insediamenti di una determinata zona ed epoca storica.

[modifica] Le prime popolazioni

Joseph Jacobs (che era stato presidente della Jewish Historical Society of England) nella Jewish Encyclopedia (redatta nel 1901-1906)[32] sostiene che il Pentateuco contenga una serie di affermazioni relative al numero di ebrei che lasciarono l'Egitto che, i discendenti dei 70 figli e nipoti di Giacobbe: inclusi i Leviti vi sarebbero stati 611.730 uomini sopra i 20 anni (abili alle armi), cifra che proterebbe il totale della popolazione a circa 3.154.000 abitanti. Il censimento effettuato da Re Davide (circa metà del X secolo a.C.) avrebbe registrato 1.300.000 uomini sopra i 20 anni, che porterebbe a 5.000.000 di abitanti la popolazione stimata.


[modifica] Demografia durante l'Impero Ottomano e il periodo del Mandato Britannico

[modifica] Dati ufficiali

[modifica] La questione dell'immigrazione araba

La presenza o meno di immigrazione proveniente dai paesi arabi durante il periodo del Mandato Britannico e dopo l'inizio dell'insediamento dei coloni ebraici è incerta ed è fonte di dibattito tra gli storici. La presenza o meno di questa immigrazione, oltre alla sua eventuale entità e durata, spesso sono impiegate anche per fini propagandistici.

Dal punto di vista della propaganda filo-israeliana la presenza di un'immigrazione di abitanti di origine araba dimostrerebbe che anche la popolazione locale e quella dei paesi confinanti (divenuti apertamente nemici dopo il 1948) hanno beneficiato dei miglioramenti economici portati dai coloni.
Oltre a questo una forte immigrazione di origine araba proveniente dall'esterno della Palestina, potrebbe dimostrare che la popolazione palestinese araba preesistente (o i discendenti diretti di questa) era minore rispetto alle stime e ai censimenti effettuati negli anni e quindi erano meno gli abitanti che potevano vantare un diritto a considerare come "terra d'origine" i territori assegnati ai coloni prima e ad Israele poi, così come sarebbero di meno coloro ai quali si potrebbe applicare il diritto di ritorno[33]. Relativamente a quest'ultimo punto parte del movimento sionista (sopratutto il sionismo cristiano), per giustificare l'esistenza di un stato ebraico, dalla seconda metà del XIX secolo ai primi decenni XX secolo, spesso si rifaceva allo slogan "Land Without People for a People Without Land" ("Una terra senza popolo, per un popolo senza terra"), frase coniata da Lord Anthony Ashley Cooper, interpretato però non nell'accezione originale (secondo cui la Palestina, sotto il dominio ottomano, non aveva nessun popolo che mostrasse aspirazioni nazionali), ma come la negazione della presenza di una significativa popolazione preesistente all'arrivo dei primi coloni.[34] [35]; ancora oggi divers fonti filo-israeliane sostengono la tesi per cui la Palestina sarebbe stata una zona quasi del tutto non abitata all'arrivo dei coloni ebrei[36] [37]

Dal punto di vista della propaganda filo-palestinese la presenza di un'immigrazione ridotta, quando non direttamente di un'emigrazione, dimostrerebbe che l'arrivo dei coloni ebrei, soprattutto dopo la Dichiarazione di Balfur, non avrebbe giovato alla popolazione araba preesistente nè a quella delle regioni confinanti ed anzi sarebbe la causa dell'aumento di povertà e disoccupazione riscontrato dalle varie commissioni britanniche che a partire dall'inizio degli anni '30 che suggerirono di limitare l'immigrazione ebraica, poi attuata con il White paper del 1939.

Per quello che riguarda l'immigrazione legale, secondo i dati ufficiali, tra il 1920 e il 1945, immigrarono in zona 367.845 ebrei e 33.304 non-ebrei.[38]Sia il rapporto della commissione Hope Simpson del 1930 [4], sia quello della commissione Peel del 1937 [10], confermano un aumento del benessere e della popolazione araba come conseguenza dell'immigrazione, ma entrambi riportano anche problematiche e gli attriti dovuti allo squilibro nelle condizioni economiche, educative e sanitarie tra le aree a maggioranza araba e quelle soggette all'immigrazione ebraica e al suo conseguente apporto di capitali ovviamente destinati ai soli coloni. Entrambe le commissioni poi citano le problematiche relative all'assegnazione e all'acquisto delle terre da parte dei coloni e dell'Agenzia Ebraica, che se da un lato permettevano lo sfruttamento intensivo di terreni precedentemente incolti, dall'altro avevano causato, anche per via delle politiche di gestione di molte colonie decise dal movimento sionista (lavoro e assegnazione dei terreni acquisiti esclusivamente ad ebrei). La commissione Peel fa anche riferimento alle richieste di circa 40.000 arabi che avevano dovuto lasciare la Palestina a causa della Prima Guerra Mondiale, che quindi non avevano potuto acquisire la cittadinanza palestinese, consigliando che questa venga concessa a coloro che erano in grado di dimostrare collegamenti con la Palestina e l'intenzione certa di ritornare a risiedere nel suo territorio.

Lo storico statunitense Howard Sachar, esperto di questioni ebraiche, ha stimato che il il numero di arabi immigrati in palestina tra il 1922 e il 1946 sia circa 100.000.[39] La stima è stata effettuata basandosi sulle opportunità economiche prodotte dalla colonie ebraiche e dalle maggiori spese (ridistribuite anche nei territori a maggioranza araba) che il governo mandatario poteva permettersi grazie ad un aumento delle entrate tributarie, oltre al fatto che anche all'interno del paese vi era stato un movimento migratorio delle popolazione arabe verso le zone in cui vi era una più elevata presenza di coloni ebrei, per lo meno prima dello scoppio della guerra civile del 1936. Secondo Sachar l'aumento della partecipazione araba nel campo industriale, valutabile in un aumento del 25%, era da ricondursi alla richiesta di produzione dovuto all'immigrazione ebraica.

Secondo lo storico inglese, e biografo ufficiale di Winston Churchill, Martin Gilbert, sarebbero circa 50.000 gli arabi immigrati in palestina dalle nazioni vicine tra il 1919 e il 1939, attratti dalle opportunità di lavoro create dalla presenza degli ebrei.[40]

Secondo l'economista americano Fred M. Gottheil si potrebbe ipotizzare che sia avvenuta un'immigrazione significativa durante gli anni '20, in base al fatto che l'immigrazione si verifica verso zone più benestanti e ricche di occasioni di lavoro (come erano divenute alcune di quelle soggette alla forte importazione di capitali che accompagnavano i coloni ebrei), e rimarca come questo tipo di spostamento di popolazione sia avvenuto anche all'interno della stessa Palestina. Secondo Gottheil gli studiosi che ritengono minima l'immigrazione araba sottostimano quella illegale e non tengono conto delle carenze e degli errori nei censimenti effettuati dall'Impero Ottomano prima e dal Mandato Britannico poi.[41]

Secondo Justin McCarthy, che nel 1990 ha pubblicato uno studio a proposito ("The Population of Palestine"), l'immigrazione araba è sempre stata molto ridotta, fin dal periodo in cui la Palestina era sotto il controllo dell'Impero Ottomano: in base alle sue valutazioni dal 1870 non si è registrata nessuna immigrazione significativa, in quanto questa sarebbe risultata dai registri anagrafici e dai censimenti, mostrando un aumento non giustificato dell'incremento di popolazione araba, che invece non è avvenuto. McCarthy nel suo studio cita anche gli studi di Roberto Bachi (membro dell'Israel Academy of Sciences and Humanities e primo presidente dell'Israeli Statistical Association) secondo il quale vi sarebbe stata un'immigrazione araba non registrata di circa 900 persone all'anno per un totale di 13.500 nel periodo compreso tra il 1931 e il 1945[42]. Secondo lo studioso la popolazione araba presente al tempo del piano di spartizione del 1947 sarebbe stata composta quasi totalmente dai discendenti della popolazione precedente all'inizio dell'immigrazione ebraica. McCarthy ritiene anche che l'incremento di popolazione araba in alcune zone della Palestina e le migrazioni interne non siano conseguenze dell'arrivo dei coloni ebraici inq uelle zone, ma rientrino in un fenomeno più vasto di movimento di popolazione avuto in tutta l'area mediterranea grazie allo svilupparsi delle infrastrutture e al boom mercantile ed industriale di quegli anni; a questo proposito cita il caso della provincia di Jerusalem Sanjak, che al maggior indice di incremento della popolazione ebraica (3,5% annuo) della Palestina, fa registrare il più basso indice di incremento della popolazione mussulmana (0,9% annuo)[43].


[modifica] Dati recenti

[modifica] Note

  1. ^ (EN) Sykes-Picot agreement - Key maps
  2. ^ Testo dell'accordo di Sykes-Picot diponibile (in inglese) su en.wikisource
  3. ^ (EN) Report on Palestine administration 1922, riportato sul sito dell'ONU
  4. ^ a b (EN) Hope Simpson Royal Commission Report, October 1930, Chapter III
  5. ^ (EN) The Palestine Mandate
  6. ^ (EN) Transjordan 1920, dalla The Encyclopedia of World History, Houghton Mifflin Company, 2001
  7. ^ La Legge Civile giordana N. 6 afferma esplicitamente: "Qualunque uomo sarà un suddito giordano a condizione che non sia ebreo" - Jordanian Nationality Law, Official Gazette, No. 1171, Articolo 3(3) della Legge No. 6, 1954, (February 16, 1954), p. 105.
  8. ^ a b (EN) British White Paper of June 1922
  9. ^ a b c d e (EN) British White Paper of 1939
  10. ^ a b c (EN) Report of the Palestine royal commission, il rapporto della commissione Peel del 1937 sul sito dell'ONU
  11. ^ Questi i tre piani di spartizione proposti dalla Commissione Woodhead A   B   C sul sito del Dartmouth College
  12. ^ Si veda per es l'"Operazione Atlas" citata nei documenti desecretati (References: KV 2/400–402) dell'MI15 dei servizi inglesi
  13. ^ (EN) Prophet with a Gun, articolo del Times su David Ben-Gurion
  14. ^ (EN) Biografia di Avraham Stern, sulla jewishvirtuallibrary
  15. ^ (EN) Studies in the History of Zionism, dal sito Jewish Zionist Education
  16. ^ a b c d e (EN) United Nations Special Committee on Palestine, Recommendations to the General Assembly, A/364, 3 September 1947
  17. ^ a b distribuzione della popolazione nella Palestina del 1946
  18. ^ (EN) Resolution 181 (II). Future government of Palestine
  19. ^ Erano 26.625.600 Dunum (equivalenti 26.625,600 km², di cui 8.252.900 dunums coltivabili) i possedimenti del Mandato Britannico nel 1931 secondo Stein, Kenneth W (The Land Question in Palestine, 1917–1939, University of North Carolina, 1984, ISBN 0-8078-1579-9, pag 4). Secondo le statistiche del Palestine Lands Department, preparate per il Anglo-American Committee of Inquiry, 1945, ISA, Box 3874/file 1, nel 1945 i coloni ebrei possedevano (sia privatamente sia collettivamente) 1.393.531 dumm (pari al 5,23% del territorio) saliti a 1.850.000 dunum (pari al 6,95% del territorio) nel 1947 secondo Arieh L. Avneri, The Claim of Dispossession: Jewish Land Settlement and the Arabs, 1878–1948, Transaction Publishers, 1984, pag 224 (ma la cifra è difficile da stimare a causa di trasferimenti di terreni illegali o non registrati e per la mancanza di dati sulle concessioni ottenute dall'amministrazione palestinese dopo il 31 marzo 1936).
  20. ^ Mappa con la suddivisione della Palestina del 1945 per possesso delle terre, dal sito dell'ONU
  21. ^ (EN) Plan Dalet, il testo del piano
  22. ^ (EN) Deir Yassin: The Conflict as Mass Psychosis, articolo sul Massacro di Deir Yassin, con approfondimento su come questo viene usato dalla propaganda filo-Israele e filo-Palestinese
  23. ^ Yoav Gelber, Palestine 1948, Appendix II - Propaganda as History: What Happened at Deir Yassin?
  24. ^ (EN) The 1948 War, dalla Jewish Virtual Library
  25. ^ (EN) Declaration of Israel's Independence 1948
  26. ^ 'The Origins and Evolution of the Palestine Problem: 1917–1988. Part II, 1947–1977.
  27. ^ Rapporto Generale e Rapporto Supplementare della Commissione di Conciliazione dell'ONU per la Palestina, sul periodo 11 dicembre 1949 - 23 ottobre 1950, pubblicato dalla Commissione di Conciliazione dell'ONU, 23 ottobre 1950. (U.N. General Assembly Official Records, 5th Session, Supplement No. 18, Document A/1367/Rev. 1)
  28. ^ (EN) "The Arab Refugees", The New York Post. 30 novembre 1948. Reproduction.
  29. ^ (EN) The Encyclopedia of World History, Sixth edition Peter N. Stearns, general editor. Hughton Mifflin Company, 2001.
  30. ^ Yearbook of theUnited Nations 1948-49 III. Political and Security Questions A. THE PALESTINE QUESTION
  31. ^ a b (EN) 194 (III). Palestine -- Progress Report of the United Nations Mediator Risoluzione 194 dell'ONU, A/RES/194 (III) 11 dicembre 1948
  32. ^ Statistics
  33. ^ (EN) Economic, social and cultural rights, documento redatto dall'ONG Europe-Third World Centre e trasmesso al Segretario Generale dell'ONU il 28 luglio 2003
  34. ^ (EN) Interrupting a History of Tolerance
  35. ^ Garfinkle, Adam M. (ottobre 1991). "On the Origin, Meaning, Use and Abuse of a Phrase.", Middle Eastern Studies 27 (4.)
  36. ^ Si veda per es Israele: 21 domande, 21 risposte su informazionecorretta.com
  37. ^ E' da notare che spesso le fonti che sostengono questa tesi, nel citare la Dichiarazione di Balfour, riportano solo la prima parte, relativa al focolare nazionale promesso agli ebrei, ma omettono la seconda, relativa al fatto che dovevano essere tutelati i diritti civili e religiosi della popolazione preesistente, che ovviamente dimostra l'esistenza di quest'ultima.
  38. ^ A Survey of Palestine: Prepared in December, 1945 and January, 1946 for the Information of the Anglo-American Committee of Inquiry, volume 1, pag. 185
  39. ^ Sachar, Howard M., A Histoiry of Israel: From the Rise of Zionism to Our Time, 2nd ed., revised and updated, New York: Alfred A. Knopf., 2006, ISBN 0679765638, p. 167.
  40. ^ # Gilbert, Martin, The Routledge Atlas of the Arab-Israeli Conflict, Routledge, 2005, ISBN 0415359007 p. 16.
  41. ^ (EN) The Smoking Gun: Arab Immigration into Palestine, 1922-1931, articolo di Fred M. Gottheil, Middle East Quarterly, 2003
  42. ^ Justin McCarthy, The Population of Palestine, Columbia University Press, 1990, pag 33
  43. ^ Justin McCarthy, The Population of Palestine, Columbia University Press, 1990, pag 16

[modifica] Altri progetti

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • Justin McCarthy, The Population of Palestine, Columbia University Press, 1990, ISBN 0-231-07110-8

[modifica] Collegamenti esterni

Essendo la Palestina al centro di uno dei più aspri e lunghi conflitti della Storia recente, la polarizzazione delle opinioni è tale da consigliare una suddivisione delle risorse esterne segnalate secondo i principali punti di vista coinvolti.

[modifica] Demografia

[modifica] La "Questione palestinese"

[modifica] Collegamenti ONU

[modifica] Collegamenti filo-palestinesi

[modifica] Collegamenti filo-israeliani


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