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Vita Nuova - Wikipedia

Vita Nuova

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« In quella parte del libro della mia memoria dinanzi alla quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice Incipit Vita Nova. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'asemplare in questo libello, e se non tutte, almeno la loro sentenzia. »
(Dante Alighieri, Vita nova, I 1)


La Vita Nuova (Vita Nova secondo l'ultimo editore, Guglielmo Gorni) è la prima opera di attribuzione certa di Dante Alighieri che egli scrisse tra il 1292 ed il 1293, poco dopo la morte dell'amata Beatrice. In essa si alternano trentuno liriche (venticinque sonetti, una ballata e cinque canzoni) e quarantadue capitoli di prosa. L'opera (comunemente definita prosimetro per analogia con testi come il De consolatione philosophiae di Boezio, ma i modelli ipotizzati dalla critica sono molteplici, dalle vite mediolatine di santi alle vidas e razos provenzali) raccoglie la maggior parte dei testi poetici composti dall'autore nella sua giovinezza, alternati a parti in prosa che fungono da contesto narrativo e da commento. Il senso del titolo va ricercato nel rinnovamento vitale che è conseguente, per il poeta, all'incontro con la figura amata.

I capitoli in prosa rappresentano da un lato la narrazione vera e propria e dall'altro servono da spiegazione dei componimenti lirici. Le liriche furono scelte fra quelle che Dante aveva composto (a partire dal 1283) in onore di diverse varie figure femminili e, soprattutto, per la stessa Beatrice; in seguito vennero poi composte le parti in prosa.

Uno dei sonetti più famosi della letteratura italiana è contenuto nella Vita nuova:

« Tanto gentile e tanto onesta pare

la donna mia, quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven, tremando, muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,

che va dicendo a l'anima: "Sospira". »
(Dante Alighieri, Vita nuova, XXVI)

Indice

[modifica] Datazione, struttura, genere

Non si conoscono con precisione gli anni di composizione della Vita nuova, in quanto essa è stata composta in un arco di tempo abbastanza esteso. Lo stesso Dante, però, ci testimonia che il testo più antico risale al 1283, quando lui aveva diciotto anni, e che il più tardo risale al giugno del 1291, anniversario della morte di Beatrice. Altri sonetti che egli scrisse successivamente sono probabilmente assegnabili al 1293; dunque si può dire che l'opera è stata composta in un decennio, o poco più. La Vita nuova è strutturata in quarantadue capitoli nei quali si alternano liriche e prose, quest'ultime appartenenti ad un periodo circoscritto nel quale l'autore si dedicò all'organizzazione dell'opera. Dunque essa si presenta come il frutto articolato e intricato di una rivisitazione, da parte dell'autore, della propria vicenda artistica e biografica, al fine di mettervi ordine e di trarne adeguati insegnamenti.

[modifica] Dettaglio del testo

Si può esemplificare la trama dell'opera in tre momenti fondamentali della vita dell'autore: una prima fase in cui Beatrice gli concede il saluto, fonte di beatitudine e salvezza, una seconda in cui ciò non gli è più concesso, cosa che arreca in Dante una profonda sofferenza, ma anche un'importante maturazione, una terza in cui Beatrice muore e il rapporto non è più tra il poeta e la donna amata, ma tra il poeta e l'anima della donna amata. Dante narra di avere nove anni quando incontra per la prima volta Beatrice e qui inizia la "tirannia di Amore" che egli stesso indica come causa dei suoi comportamenti. Rivedrà poi la sua donna a diciotto anni (1283) e dopo aver sognato Amore mentre tiene in braccio Beatrice che piangendo mangia il suo cuore, compone una lirica in cui chiede ai poeti la spiegazione di questo incubo evidentemente allegorico. La risposta più puntuale, anche in vista degli sviluppi futuri, gli viene dal suo "primo amico" Guido Cavalcanti, il quale vede nel sogno un presagio di morte per la donna di Dante. Per non compromettere Beatrice, finge di corteggiare due altre donne dette "schermo" indicatagli da Amore, e soprattutto dedica a loro i suoi componimenti. Beatrice, venuta a conoscenza delle "noie" (il termine è variamente interpretato) arrecate dal Poeta alle donne, non gli concede più il suo saluto salvifico. A questo punto ha inizio la seconda parte del prosimetro in cui il Maestro si prefigge di lodare la sua donna.In questa parte spicca il famoso sonetto, di estrema semplificazione stilistica (si osservi la semplicità delle rime) Tanto gentile e tanto onesta pare".

[modifica] Intestazione

Morta Beatrice (1290), e conclusasi la seconda parte, dopo un periodo di disperazione, di cui non si forniscono numerosi dettagli, il poeta sta per innamorarsi di una "donna gentile". Ben presto il Maestro comprende però che l'interesse per questa nuova donna va allontanato e soffocato, poiché solo attraverso L'amore per Beatrice potrà raggiungere Dio. Ad aiutarlo in questa riflessione è il passaggio in Firenze di alcuni pellegrini diretti a Roma, che simboleggiano il pellegrinaggio intrapreso da ogni uomo verso la gloria dei cieli. Una visione gli mostra Beatrice nella gloria dei cieli e il poeta decide di non scrivere più di costei prima di esser divenuto in grado di parlarne più degnamente, ovvero di dirne "ciò che mai non fue detto d'alcuna". L'ultimo capitolo, in cui questa necessità è esposta, viene considerata una prefigurazione della Commedia.

[modifica] Fonti e modelli

Nel libello di Dante, si può ben evidenziare il sincretismo dell'autore, in quanto vi si rielabora l'eredità della civiltà classica e cortese per dare una valorizzazione filosofica e formale della civiltà religiosa; egli inoltre tende ad una valorizzazione etica e spirituale degli scrittori antichi e di quelli laici a lui più recenti, adottando un punto di vista nettamente cristiano. Dante prende come modelli alcune opere mediolatine e provenzali, come ad esempio il De consolatione philosophiae di Boezio, da cui prende il potere della ricerca filosofica, o la Retorica di Brunetto Latini. Senza dimenticare, inoltre, le Confessioni di Sant'Agostino e il De amicitia di Cicerone, nel quale è affermata l'importanza dell'amore come nobile manifestazione della nobiltà, avente in se stesso il proprio fine e pertanto disinteressato e nobile.

[modifica] Tanto gentile e tanto onesta pare

Il sonetto fu composto subito dopo il presagio che Dante ebbe della morte di Beatrice ed è giudicato dalla totalità dei critici come uno dei sonetti più belli del periodo stilnovista. Dante pone quest’opera d’arte nel XXVI capitolo della ‘Vita Nova ’, cioè al centro di tutto lo scritto, come Beatrice è al centro di tutti i suoi pensieri, e segna insieme al sonetto ‘Vede perfettamente onne salute ’ il trionfo definitivo della amata. Su questa poesia le lodi possibili sono davvero tante: Dante riesce a creare un vero e proprio ‘miracolo’ poetico, trasformando i concetti stilnovistici in una figura viva quale non si trova in nessun altro componimento della scuola. E’ una figura straordinaria quella della donna che passa e sorride, nella quale la bellezza esteriore è tutt’una con quella dello spirito, due caratteristiche che si fondono poeticamente rendendo Beatrice sensibile e reale. Questo aspetto musicale e luminoso è anche reso grazie al tono piatto e misurato dei versi. Il tema chiave di questo sonetto può tutto essere riassunto in un solo verbo: ‘pare’. Questo rappresenta tutta la concezione dantesca di Beatrice, basata non sull’ ‘essere’ ma sull’’apparire’. Questo verbo infatti non assume il significato di sembrare ma di apparire. Ciò rende evidente l’immagine profondamente spirituale di Beatrice. Questa visione è profondamente estatica e contemplativa, cosa evidenziata da Dante grazie all’abbondanza di pause e accenti ritmici, che scandiscono il tempo. Questa pacata e sovrannaturale immagine è sottolineata anche dall’uso di tutti quegli aggettivi che sono propri dello stilnovo:’gentile’,’onesta’,’d’umiltà vestuta’,’si piacente’ e così via. Gli effetti che questa donna-angelo ha sugli uomini sono quelli propri dello stilnovo: ‘ogni lingua deven tremando muta/e gli occhi non l’ardiscon di guardare’ e sottolineano sempre l’aspetto angelico di Beatrice. A questo si aggiunse una senso di luminosità e di potenza, che sembra impedire ogni movimento a chi la ‘mira’. Inoltre è molto importante notare che non vi è, nel sonetto, nessuna descrizione fisica di Beatrice che quindi viene vista da Dante sotto l'aspetto puramente angelico. Il termine stesso 'labbia', che potrebbe sembrare un accenno alle labbra di Beatrice, sta a significare 'espressione del volto'. Anche lo ‘spirito soave pien d’amore’ è importante, in quanto rappresenta quasi una emanazione di Dio, spirito che appunto entra nei cuori degli uomini e li rende sempre più impazienti di raggiungerlo.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Bibliografia

  • Dante Alighieri, Vita nova, a cura di G. Gorni, Torino, Einaudi, 1996.


Dante Alighieri (1265 - 1321)
Opere in latino: De vulgari eloquentia - De Monarchia - Egloghe - Epistole
Opere in volgare: Vita Nuova - Le Rime - Convivio
Divina Commedia: Inferno - Purgatorio - Paradiso


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