Thamudeni
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Col nome Thamudeni, o Thamūd (arabo ثمود), si indica una popolazione araba preislamica della Penisola Araba, presente nell'area higiazena, che ha lasciato varie tracce epigrafiche e che è ricordata dallo stesso Corano.
Se i Thamudeni fossero stati lo stesso popolo che aveva come sua capitale la città di Tema (Taymāʾ) allora ci potremmo trovare di fronte a quella stessa popolazione che faceva parte di una coalizione che si scontrò senza successo con il sovrano assiro Tiglat-Pileser III, mentre Sargon II li ricordava fra le popolazioni da lui sgominate[1].
Il loro spostamento dalle aree meridionali arabe yemenite li portò a insediarsi in Ḥijāz, nell'area compresa fra il golfo di Aqaba e Yanbuʿ e qui sembra che si sedentarizzassero, come le Cronache assire e lo stesso Corano indirettamente ci attesta.
Le prime elencano infatti Thamud, Ibadidi, Marsimani ed ‘Ephah, gli Arabi distanti che abitano nel deserto, distinguendo i primi dagli ultimi per via del loro diverso modello societario, mentre il testo sacro dell'Islam, in circa 20 suoi passaggi, descrive i "castelli", i "palazzi" [2]e le "case"[3] dei Thamudeni, le loro "città"[4], i loro "giardini"[5] e le loro capacità ingegneristiche[6].
Anche a livello epigrafico non mancano testimonianze sul loro modo di produzione, in alcun modo legato al nomadismo[7]. Un ulteriore elemento da valutare è l'arruolamento nel V secolo d. C., da parte romana, di equites thamoudaeni nelle truppe montate di stanza in Egitto[8].
Tra le divinità venerate dai Thamudeni sono attestate dediche rivolte a Nahy e a Rudā[9], come pure a Wadd, Khalasat, Yaghūt, Shams, Attarsamīm e molte altre divinità[10], alcune di chiara origine sud-arabica. A tutte queste divinità si usavano dedicare sacrifici di animali in santuari forse fissi
Come i Lihyaniti, i Thamudeni dissodarono il terreno spirituale alla futura comparsa del fenomeno Islam, di cui sono state a lungo e a torto sottovalutate a lungo le indubbie "radici indigene" della Penisola Araba.
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[modifica] Photos of land Thamud /Arabia
[modifica] Note
- ^ Cfr. Claudio Lo Jacono, "La cultura araba preislamica", in: (a cura di R. Tottoli) Corano e Bibbia, Brescia, Morcelliana, 2000. p. 122.
- ^ Cor., VII:74.
- ^ Cor., XXVI:149.
- ^ Cor., XXVII:48.
- ^ Cor., XXVI:146-9.
- ^ Cor., 89:9.
- ^ Cfr. A. van den Brenden, Les inscriptions thamoudéennes, Louvain-Heverlé, Bibliothèque du Muséon, 1950, p. 7 e "L'unité de l'alphabet thamoudéen", in Studia Islamica, 7 (1957), pp. 5-27.
- ^ Notitia dignitatum et administrationum omnium tam civilium quam militarum in partibus Orientis, Bonn, Böcking, 1839, pp. 67-77 e 295.
- ^ Si vedano in proposito gli studi di Gonzague Ryckmans, Les noms propres sud-sémitiques, Lovanio, Bibliothèque du Muséon, 1934, 2 voll.
- ^ Un elenco preciso nel già citato articolo di Lo Jacono (p. 124-5).
[modifica] Bibliografia
- Enno Littmann, Thamûd und Ṣafā, Studien zur altnordarabischen Inschriftenkunde, Leipzig, Abhandlungen für die Kunde des Morgenlandes, XXV/1.
- A. van den Brenden, Les inscriptions thamoudéennes, Louvain-Heverlé, Bibliothèque du Muséon, 1950.
- A. van den Brenden, "L'unité de l'alphabet thamoudéen", in Studia Islamica, 7 (1957), pp. 5-27.
- Israel Eph‘al, The Ancient Arabs, Gerusalemme, The Magnes Press, The Hebrew University, 1982.
- Gonzague Ryckmans, Les noms propres sud-sémitiques, Lovanio, Bibliothèque du Muséon, 1934, 2 voll.
- Gonzague Ryckmans, Les religions arabes préislamiques, Lovanio, Bibliothèque du Muséon, 1951 (2a ed).
- Lankester Harding, Some Thamudic Inscriptions from the Hashimite Kingdom of the Jordan, Leida, E.J. Brill, 1952.
- J. Ryckmans, "Aspects nouveaux du problème thamoudéen", in: Studia islamica, 5 (1956), pp. 5-17.
- Corpus Inscriptionum Semiticarum, Inscriptiones Saracenicas continens, curavit G. Ryckmans, T. I, fasc. I, Parigi, Imprimérie Imperiale, 1901.
- F.V. Winnett, A Study of the Lihyanite and Thamudic Inscriptions, University of Toronto Press, Oriental Series No. 3. [1]
- Claudio Lo Jacono, "La cultura araba preislamica", in: (a cura di R. Tottoli) Corano e Bibbia, Brescia, Morcelliana, 2000.