Residenza
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Secondo il codice civile, la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (articolo 43 II comma c.c.). Non essendo specificato che cosa sia la dimora, il significato del termine è quello comune: il luogo in cui una persona si trova ad abitare. È possibile avere più di una residenza di fatto, anche se per qualificare una abitazione come dimora è necessario un minimo di stabilità.
Anche se nel parlare comune i due concetti hanno un valore analogo, dal punto di vista giuridico la residenza (che ha a che fare con l'abitare) non coincide necessariamente con il domicilio (definito come sede di affari e interessi), che ne è quindi ben distinto.
Nell'ambito del territorio italiano, la residenza può essere riferita ad un solo luogo, ai fini dell'iscrizione alle liste elettorali, dell'abitazione che viene dichiarata come prima casa, e di tutti gli altri benefici fiscali e legali cui hanno diritto i residenti in una determinata località. Un cittadino può avere residenza in uno o più Paesi, al di fuori dell'Italia.
Se una persona cambia residenza e non lo denuncia nei modi previsti dalla legge (articolo 44 c.c.) il cambiamento è inopponibile ai terzi di buona fede (ovvero a coloro che non ne fossero comunque a conoscenza).
La residenza è subordinata al diritto di cittadinanza italiana della persona.
Nell'ordinamento italiano la residenza è un diritto soggettivo e, come tale, inaleniabile. La richiesta di residenza non può essere rifiutata dall'amministrazione comunale, è semplicemente una scelta del cittadino che decide dove tenerla.
Un precedente in altra direzione è nel comune di Cittadella, vicino a Padova. Il sindaco leghista del luogo ha deliberato nel 2008 che la residenza può essere concessa a chi dimostri di aver abitato da almeno 18 anni nella località e di disporre di un reddito minimo.
[modifica] Novità nella normativa italiana
Il D. Lgs. 30/2007 ribadisce il doppio requisito del domicilio e del reddito minimo, affermando che un cittadino comunitario può chiedere la residenza nel comune se vive da tre mesi e dispone di un certo reddito.
[modifica] Revocabilità della residenza
Corollario di una disciplina del genere è la revocabilità del diritto di residente. Chiaramente, se il cittadino risiede meno degli anni richiesti, perché è vissuto altrove o per motivi di età anagrafica, e viene a trovarsi in situazioni di indigenza che lo portano sotto il reddito minimo, rischia di perdere il diritto di residenza.
[modifica] Residenza e diritti del cittadino
L'assenza di una disciplina a livello nazionale e il potere decisionale dei comuni rischiano di creare disparità di diritti nel territorio per cittadini UE ed extracomunitari. Potrebbe verficarsi l'incongruenza-limite di una persona, cui è stata riconosciuta la cittadinanza italiana e respinta in più luoghi la domanda di residenza, perché i requisiti di residenza erano più restrittivi e non soddisfatti, di quelli necessari per avere i diritti di un cittadino italiano.
Per introdurre una disciplina a livello nazionale, i requisiti di reddito e di un periodo di domicilio minimi dovrebbero riguardare la concessione della cittadinanza italiana, non della residenza, che dovrebbe restare un diritto accessorio del cittadino.
E' da notare come la legge italiana non riconosca alcun diritto di residenza a chi sia proprietario di una prima casa, magari da generazioni, in una determinata località. In sè il diritto di proprietà non basta, sono necessari il domicilio, aver effettivamente abitato nel luogo, e il reddito minimo.
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