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Metrica italiana - Wikipedia

Metrica italiana

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La forma di una poesia ne determina il ritmo, che è una sua parte fondamentale: lo studio dei vari tipi di forma è detto metrica. La metrica di una poesia si decide prima di tutto dalla lunghezza e dal tipo dei suoi versi, ma altri elementi importanti sono anche il tipo di strofa e il tipo di rima che usa: altri elementi della metrica sono le figure metriche e le licenze poetiche.

Indice

[modifica] Versi

Un verso di una poesia è la sua unità ritmica principale, e corrisponde grosso modo ad una riga: la lunghezza del verso determina il ritmo, lento per versi lunghi, veloce per versi corti. I versi si classificano per il numero delle sillabe di cui sono composti: nella lingua italiana si hanno dieci tipi di versi, di cui quattro parisillabi (2, 4, 6, 8 o 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9 o 11 sillabe). Non mancano però esempi di versi molto più lunghi, come questo:

Alto è il muro che fiancheggia la mia strada, e la sua nudità rettilinea si prolunga nell’infinito.
...

(Ada Negri, Il muro, verso 1, 30 sillabe)

In ogni verso, il ritmo della lettura è dato dagli accenti più forti, che per questo vengono detti ritmici: il tipo di verso, più che dalla lunghezza in sillabe (che può anche variare: vedi i versi ipèrmetri e ipòmetri) è definito soprattutto dalla posizione degli accenti forti al suo interno.

I versi tradizionali italiani sono:

  • il bisillabo o binario, di due sillabe;
  • il trisillabo di tre sillabe, che ha un accento ritmico sulla seconda sillaba;
  • il quaternario o quadrisillabo di quattro sillabe con accenti sulla prima e sulla terza sillaba;
  • il quinario o pentasillabo di cinque sillabe, in cui gli accenti ritmici cadono sulla prima o seconda sillaba e sulla quarta;
  • il senario di sei sillabe, con gli accenti ritmici sulla seconda e sulla quinta;
  • il settenario di sette sillabe invece ha il primo accento ritmico mobile, che può cadere su una qualsiasi delle prime quattro sillabe, mentre il secondo accento è fisso sulla sesta sillaba;
  • l’ottonario di otto sillabe con gli accenti sulla terza e sulla settima sillaba;
  • il novenario o enneasillabo di nove sillabe: da qui in poi sono necessari tre accenti ritmici anziché due soltanto, per l'accresciuta lunghezza dei versi: gli accenti ritmici del novenario cadono sulla seconda, quinta e ottava sillaba;
  • il decasillabo di dieci sillabe, con accenti sulla terza, sesta e nona;
  • l’endecasillabo di undici sillabe: questo verso ha un solo accento obbligato, sulla decima sillaba, mentre gli altri due possono presentarsi in varie posizioni, e uno può addirittura mancare.
...
né più nel cór mi parlerà lo spìrto (4a, 8a, 10a)
delle vergini Mùse e dell’amóre,        (6a, 10a)  
unico spìrto a mia vìta ramìnga     (4a, 7a, 10a)   
...

(Ugo Foscolo, Dei Sepolcri)


I versi parisillabi, come si può notare, hanno tutti gli accenti ritmici in posizioni fisse: per questo in genere si usano versi esclusivamente parisillabi solo nelle filastrocche o se si vuole un ritmo cantilenante e sempre uguale. I versi imparisillabi invece concedono molta più libertà, e quello che concede più libertà di tutti è l'endecasillabo, che è anche quello maggiormente usato.

[modifica] Versi doppi

Si dicono doppi i versi uguali, in coppia nella stessa riga, interrotti da una pausa o cesura. Essi sono:

  • Doppio quinario;
  • Doppio senario;
  • Doppio settenario (o martelliano o alessandrino)
Su i càmpi di Maréngo / batte la lùna; fósco
tra la Bòrmida e il Tànaro / s’agita e mùgge un bòsco,
un bòsco d’alabàrde, / d’uòmini e di cavàlli,
che fùggon d’Alessàndria / da i màl tentati vàlli.
...

(Giosue Carducci, Su i campi di Marengo)

  • Doppio ottonario.

[modifica] Versi ipèrmetri e ipòmetri

Il verso ipèrmetro è eccedente di almeno una sillaba metrica rispetto alla misura regolare del verso, il verso ipòmetro ha almeno una sillaba metrica in meno rispetto alla misura regolare del verso. Per esempio ha senso parlare di verso ipèrmetro quando in una struttura metrica codificata, come un sonetto, troviamo un verso che, invece di avere l'ultimo accento sulla decima sillaba metrica, questo si trova sull'undicesima o seguente. Spesso un verso ipèrmetro e uno ipòmetro vengono usati di seguito, in modo da compensarsi a vicenda creando una variazione nel ritmo, con una figura metrica detta episinalefe. In genere le sillabe in più o in meno sono poste lontano dagli accenti ritmici, in posizioni molto deboli foneticamente, e si elidono o fondono nella pronuncia con altre.

[modifica] Versi piani, sdruccioli e tronchi

A seconda del tipo di parola che termina il verso si parla di verso piano, sdrucciolo o tronco: piano se termina con una parola piana (accento sulla penultima sillaba), sdrucciolo se termina con una parola sdrucciola (accento sulla terz'ultima sillaba) e tronco se termina con una parola tronca (accento sull'ultima sillaba). Più l'accento è vicino alla fine del verso, tanto più il ritmo viene marcato.

[modifica] L'origine e il senso della metrica

Rime e ritmi: la metrica è grammatica descrittiva, non prescrittiva. La poesia nasce come voce, e solo successivamente diventa voce scritta. Storicamente, è probabile che la poesia nasca col teatro: nasca quindi a voce alta, la voce che per-suona nella maschera dell'attore-persona (persona da per-sonare "suonare forte"). Ogni poesia, anche la più "intimista", va immaginata come detta a voce. E leggere con la voce le poesie è un esercizio importante. Lo specifico della poesia sembra collegato alla presenza di un ritmo. Il ritmo delle parole non è un accompagnamento musicale del contenuto, ma ne fa parte. Lo studio di questi ritmi, in sostanza la metrica, può dare l'idea che scrivere poesia sia un esercizio certosino di conteggi di sillabe e di accenti, poco compatibile con l'ardente necessità dell'ispirazione. Questo è un errore di valutazione che deriva dal dimenticare che la metrica è una grammatica che non prescrive ma descrive (come del resto ogni altra grammatica: anche la grammatica della lingua italiana, che si studia o studiava a scuola, non è una legge caduta dal cielo a indicare come si deve parlare, ma un'accurata descrizione di come si è parlato finora). La metrica di un endecasillabo non è dunque una legge che impone di scrivere in un certo modo, ma la descrizione del ritmo che hanno adottato numerosi poeti dagli albori della lingua fino a oggi. Se un poeta decide di scrivere ancora endecasillabi, è semplicemente perché sente dentro di sé, come memoria storica, come musica assorbita, come coscienza verbale o come vi pare, questo ritmo, lo possiede e ne è posseduto. Nessun poeta conta le sillabe sulla punta delle dita (se non forse dopo, per curiosità), ma è possibile che se un poeta ha scritto otto versi di cui tutti sono endecasillabi tranne il quinto, quel quinto verso gli stoni, come una nota fuori posto in una musica. Così come è possibile che non gli stoni affatto, e che si tratti di una variatio necessaria, significativa-significante (come l'improvviso alterarsi di un ritmo in una musica, che serve a comunicare qualcosa). Anche i versi più "liberi" hanno il loro ritmo - non esiste poesia senza ritmo. Talvolta il ritmo sconfigge persino le intenzioni stesse del poeta che vorrebbe proprio mortificarlo per esaltare la singola parola, come in alcune poesie ermetiche. Quando Giuseppe Ungaretti scrive

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie

il suo dividere in quattro versi la breve poesia ha un senso ben preciso, ma non può tuttavia impedire al ritmo interiorizzato dal lettore di poesia di cogliere due classici settenari:

Si sta come d'autunno Sugli alberi le foglie.

[modifica] Odicina anacreontica

Vedi Carducci e le sue poesie come Pianto Antico

[modifica] Voci correlate

[modifica] Metrica Barbara

Si definiscono col termine di metrica barbara tutti quei versi scritti tentando di rappresentare con versi italiani (in metrica accentuativa) la metrica classica (che era invece quantitativa)

[modifica] Bibliografia

  • Pietro G. Beltrami. La metrica italiana. 2a ed. Bologna, Il Mulino, 1994. ISBN 8815045627
  • Mario Fubini. Metrica e poesia. Milano, Feltrinelli, 1962.
  • Aldo Menichetti. Metrica italiana. Fondamenti metrici, prosodia, rima. Padova, Antenore, 1993. ISBN 8884550734
  • Marco Santagata. Dal sonetto al canzoniere. Ricerche sulla storia e la costituzione di un genere. Padova, LivianaAntenore, 1989.

[modifica] Collegamenti esterni


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