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Guerra civile libanese - Wikipedia

Guerra civile libanese

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La guerra civile libanese (1975-1990) è stata un multiforme conflitto.

La demografia del Libano era mutata per via dell'afflusso di profughi palestinesi fra il 1948 ed il 1975. Infatti nel 1975 il numero dei palestinesi nel territorio libanese era cresciuto sino a circa 300.000 unità. Il Libano diventò anche rifugio della guerriglia palestinese dell’OLP, la quale scelse la lotta armata verso il confinante Israele. Il risultato è che il Libano si trasformò in suolo su cui si scatenò la rappresaglia israeliana con bombardamenti aerei e con tiri di artiglieria. Tali risposte colpirono sia i guerriglieri palestinesi che i civili palestinesi e del sud del Libano.

La guerra civile scoppiò il 13 aprile 1975. In tale data, ad Ain Remmaneh – un quartiere di Beirut – un piccolo gruppo di persone assisteva alla consacrazione di una chiesa. Da un'automobile con quattro uomini a bordo, partirono raffiche di mitra da parte di combattenti palestinesi. Al termine dell'attacco armato si contarono quattro vittime e sette feriti. Tale azione trovò un’immediata risposta: un autobus carico di fedayn armati passò nel quartiere dopo l'attacco ed il risultato fu ventisette palestinesi crivellati dai colpi. Fu l’inizio effettivo della guerra.

La guerra civile scoppiò sia in seguito alla situazione palestinese nel paese e sia per la gestione del potere politico libanese. Da un lato vi erano i cristiani sostenuti da Israele e dall’altro i musulmani, sostenuti inizialmente dalla Siria e – successivamente dalla rivoluzione khomeinista del 1979 – anche dall’Iran. A fronteggiarsi quindi, furono da una parte le milizie composte da cristiani maroniti – delle quali la principale era quella in riferimento al partito falangista di Bachir Gemayel – e dall'altra, una coalizione di palestinesi alleati a libanesi musulmani sunniti, sciiti (Amal) e drusi, raccolti tutti nel Partito Socialista Progressista.

Nel giugno del 1975 la Siria cambiò fronte: truppe e mezzi blindati siriani si allearono ai cristiani. Nel 1976 la guerra stava volgendo a favore degli stessi cristiani maroniti, composti nell’insieme dai falangisti, dalle milizie di Sulaymān Frānjiyye e da quelle di Camille Sham‘ūn, già presidenti della Repubblica libanese.

Questa situazione indusse la Lega Araba, dopo l'accordo di Riyād, ad autorizzare l'intervento di una Forza Araba di Dissuasione (FAD) che riuscì a riportare con la forza una provvisoria e fragile pace nella nazione.

Nel 1978 molti maroniti capirono che i siriani avevano intenzione di occupare e controllare il paese, realizzando così il loro antico sogno della "Grande Siria", in quanto il Libano era considerato come una provincia dello stato siriano e non come entità nazionale a sé stante. La loro occupazione si espresse in modo esplicito – e sanzionato dagli Stati arabi – a partire dal settembre di quell'anno.

Per approfondire, vedi la voce Guerra del Libano (1978).

Sempre nel 1978 avvenne il primo grande intervento armato da parte di Israele, al termine del quale l’esercito israeliano instaurò una zona di sicurezza, occupando militarmente la parte meridionale del paese. Inoltre il controllo di tale zona venne affidato a delle milizie libanesi filo-israeliane, denominate “esercito del Libano del sud”. Questa fascia di sicurezza sarà restituita al Libano nel 2000 per poi essere nuovamente ricostituita nel 2006 sotto controllo congiunto dell’esercito libanese e di una missione internazionale dell’ONU, ovvero al termine della seconda guerra israelo-libanese.

Per approfondire, vedi la voce Guerra del Libano (1982).

Nel 1982 Israele invase il Libano: il suo obiettivo era l’annientamento delle formazioni della guerriglia palestinese. In pochi giorni le truppe israeliane arrivarono alla capitale Beirut, subito cinta d’assedio. Tale intervento diede origine alla prima guerra israelo-libanese. In quello stesso anno ci fu il “cessate il fuoco” imposto dagli americani che prevedeva l’abbandono dell’OLP da Beirut sotto protezione di una forza multinazionale. Il leader palestinese Arafat, il suo stato maggiore e la quasi totalità dei guerriglieri palestinesi furono in questo modo fuori dal Libano.

Nonostante tutto sembrasse finito, la guerra civile libanese continuò. Un attentato sponsorizzato dalla Siria tolse dalla scena politica l’appena eletto presidente del Libano, Bachir Gémayel (figlio del fondatore del partito Falangista). Conseguentemente, le Forze libanesi – settore del riferimento cristiano – scatenarono l’attacco alle componenti musulmane. Primo obiettivo: i Drusi di Walid Jumblatt. I Drusi respinsero l’attacco.

Intanto, a seguito dell’invasione israeliana del 1982, l'Iran – con accordo e aiuto dei siriani – inviò molti Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione khomeinista) per addestrare alla guerra la comunità musulmana sciita. Fa così la comparsa sulla scena libanese una nuova variante: Hezbollah, cioè il Partito di Dio, composto da integralisti islamici sciiti. Tale partito è tutt’ora presente nell’attuale mosaico libanese.

Questi ultimi, con attentati e rapimenti, fecero fuggire dal Libano la Forza multinazionale nel febbraio 1984. Gli Hezbollah si attestarono soprattutto nel sud del Libano e presero il posto della guerriglia palestinese, dalle cui postazioni cominciarono ad attaccare la Galilea, il nord di Israele. Il Partito di Dio si scontrò anche con l’altro partito sciita libanese, Amal, una milizia diretta da Nabih Berri, appoggiata dai siriani. Fra ulteriori crisi e violenze, il Libano non riusciva ancora a mantenere una situazione interna equilibrata.

Il 22 settembre 1988, con la fine del suo mandato, il presidente libanese Amin Gemayel diede l’incarico al generale Michel Aoun di formare un nuovo governo, ristabilendo in Libano l’autorità dello Stato. Si sciolgono formalmente le milizie armate. Nonostante questo, il gen. Aoun comincia ad attaccare le stesse milizie cristiane restie alla consegna delle armi, come le “Forze libanesi” guidate da Samir Geagea. Scoppiò così una guerra tutta interna alla comunità cristiana come era già accaduto fra le file dei musulmani.

Il 14 marzo 1989 Aoun lanciò la sua «guerra di liberazione» contro l’esercito siriano. I siriani risposero bombardando la zona cristiana di Beirut (Beirut Est) ed il palazzo presidenziale. Aoun si rifugiò allora nell’ambasciata francese della capitale. I siriani divennero, di fatto, i gestori della politica libanese. Il 22 ottobre 1989 i deputati libanesi riunitisi a Taif, in Arabia Saudita, firmarono un accordo, detto «d’intesa nazionale». Tale accordo disegnò un riequilibrio dei poteri istituzionali libanesi e contemporaneamente riconobbe la presenza – definita “fraterna” – dell’esercito siriano in Libano. Tale presenza venne accettata dalla comunità internazionale. Le forze siriane sono rimaste in Libano – condizionandone la vita politica – fino all'anno 2005, anno nel quale si sono ritirate in seguito alle manifestazioni di piazza denominate “Rivoluzione dei Cedri”.

Il 13 ottobre 1990 finì ufficialmente la guerra civile. Questa, in 15 anni di combattimenti, massacri e tensioni, avrà provocato – fra civili e militari – più di 150.000 morti e un rafforzamento della diaspora libanese.


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