Trilussa
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« C'è un ape che se posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va… Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa. » |
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(Trilussa, Felicità)
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Trilussa pseudonimo di Carlo Alberto Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – 21 dicembre 1950) è stato un poeta italiano, noto per le sue composizioni in dialetto romanesco[1], che riuscì a elevare a lingua letteraria.
Dopo un'infanzia poverissima (a tre anni era rimasto orfano del padre[2]), compì studi irregolari e debuttò giovanissimo (1887), con poesiole romanesche, su Il Rugantino di Luigi Zanazzo; più tardi scrisse anche per il Don Chisciotte, il Capitan Fracassa, Il Messaggero e Il Travaso delle idee. Da non dimenticare la famosa "Vispa Teresa".
Di carattere manierato, provinciale e madrigalesco è il primo volume di versi, Le Stelle de Roma (1889) che si attirò gli strali di Filippo Chiappini, vecchio amico di famiglia e poeta romanesco di un certo valore; poi la sua vena, prevalentemente satirica, andò via via affinandosi, trovando la misura più congeniale nel bozzetto di costume e nella favola moraleggiante di ascendenza esopiana: Quaranta sonetti (1895), Favole romanesche (1900), Caffè concerto (1901), Er serrajo (1903), Ommini e bestie (1908), Le storie (1915), Lupi e agnelli (1919), Le cose (1922), La gente (1927) e molte altre. Nel 1922 la Mondadori iniziò la pubblicazione di tutte le raccolte. Divenne famoso ma fu quasi sempre assillato da problemi economici, Frequentò i "salotti" nel ruolo di poeta-commentatore del fatto del giorno. Trilussa si rifiutò di prendere la tessera, ma preferì definirsi un non fascista piuttosto che un antifascista.
Con un linguaggio arguto, appena increspato dal dialetto borghese, Trilussa ha commentato circa cinquant'anni di cronaca romana e italiana, dall'età giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra. La corruzione dei politici, il fanatismo dei gerarchi, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti.
Trilussa fu il terzo grande poeta dialettale romano comparso sulla scena dal XIX secolo in poi: se Belli con il suo realismo espressivo prese a piene mani la lingua degli strati più popolari per farla confluire in brevi icastici sonetti, invece Pascarella propose la lingua del popolano dell'Italia Unita che aspira alla cultura e al ceto borghese inserita in un respiro narrativo più ampio, infine Trilussa ideò un linguaggio ancora più prossimo all'italiano nel tentativo di portare il vernacolo del Belli verso l'alto. Trilussa alla Roma popolana sostituì quella borhese, alla satira storica l'umorismo della cronaca quotidiana.
Ma la satira politica e sociale, condotta d'altronde con un certo scetticismo qualunquistico, non è l'unico motivo ispiratore della poesia trilussiana: frequenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, la riflessione sconsolata, qua e là corretta dai guizzi dell'ironia, sugli amori che appassiscono, sulla solitudine che rende amara e vuota la vecchiaia (i modelli sono, in questo caso, Lorenzo Stecchetti e Guido Gozzano).
La chiave di accesso e di lettura della satira del Trilussa si trovò nelle favole. Come gli altri favolisti, ache lui insegnò o suggerì, ma la sua morale non fu mai generica e vaga, bensì legata ai commenti, quasi in tempo reale, dei fatti della vita. Non si accontentò della felice trovata finale, perseguì il gusto del divertimento per sè stesso già durante la stesura del testo e ovviamente anche del lettore a cui il prodotto veniva indirizzato.
Personaggio popolarissimo, Trilussa visse di proventi editoriali e di collaborazioni giornalistiche: era anche un efficace dicitore dei suoi versi, e come lettore di poesia fece lunghe tournée in Italia e all'estero. La raccolta di Tutte le poesie uscì postuma, nel 1951, a cura di Pietro Pancrazi, e con disegni dell'autore.
Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa senatore a vita il 1° dicembre 1950, venti giorni prima che morisse; già da tempo malato, e presago della fine imminente, ma con immutata ironia, il poeta commentò: "M'hanno nominato senatore a morte".
Ecco un breve estratto dal sonetto:
ER COMPAGNO SCOMPAGNO
« Io che conosco bene l'idee tue so' certo che quer pollo che te magni, se vengo giù, sarà diviso in due: mezzo a te, mezzo a me...Semo compagni No, no - rispose er Gatto senza core - io non divido gnente co' nessuno: fo er socialista quanno sto a diggiuno, ma quanno magno so' conservatore » |
Fu padrino di battesimo del giornalista e radiocronista sportivo Sandro Ciotti.
[modifica] Note
- ^ Si tenga presente che fino allora a Roma (basti pensare alla lettera di Giuseppe Gioachino Belli al Conte Gabrielli), il romanesco non era considerato né un dialetto, né un vernacolo, ma un linguaggio confinato nell'uso della sola plebe e non dei cittadini romani
- ^ Salustri padre era originario di Albano Laziale, mentre la madre era bolognese
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[modifica] Collegamenti esterni
- Poema de Trilussa en Roma (en)
- Poesie di Trilussa su Roma-O-Matic
- Poesie di Trilussa
- Stanza di Trilussa al Museo di Roma in Trastevere
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