Storia di Modena
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[modifica] Antichità
Nell'età del Bronzo fiorisce in territorio modenese la "civiltà delle terramare": nei pressi di Modena (Ponte S. Ambrogio) sorge un villaggio di palafitte. Del resto il nome più antico della città, Mutina, (di origine etrusca) allude forse a un antico insediamento terramaricolo (da Mut = "luogo rialzato"). Gli Etruschi colonizzarono la Pianura Padana nel VI secolo a.C., per cederla tre secoli più tardi alla pressione dei Galli Boi. La dominazione dei Galli (che ha lasciato un'impronta notevole nel dialetto modenese) termina verso il 200 a.C., quando la regione cade sotto il dominio romano.
[modifica] Epoca romana
Sappiamo che intorno al 200 a.C. Mutina era già un'importante colonia romana, cinta da mura, nella quale le legioni romane trovarono rifugio durante un'insurrezione dei Galli. Ma la sua importanza è destinata a crescere con la costruzione della Via Emilia, su iniziativa del console Emilio Lepido: la strada romana unisce Modena agli altri grandi centri della regione (Parma, Bologna), favorendo le operazioni militari, ma anche il traffico delle merci. La fortuna della città è indissolubilmente legata a questa strada, che dà il nome alla regione e che è ancora oggi uno degli assi principali del traffico in Italia.
Nei secoli che seguono Modena ha modo di prosperare: nelle Filippiche (44 a.C.) Cicerone la elogia come Firmissimam et splendidissimam populi Romani coloniam: "fedelissima e floridissima colonia romana". Proprio in quei giorni, all'indomani della morte di Gaio Giulio Cesare, lungo la via Emilia si consuma un episodio destinato a cambiare le sorti di Roma: lo scontro tra Marco Antonio, luogotenente di Cesare, e i consoli della Repubblica. Ma il vero vincitore della contesa è il giovane Ottaviano, nipote di Cesare, futuro primo Imperatore col nome di Augusto.
Nel periodo di maggiore floridezza (I - II secolo d.C.), Mutina aveva un'estensione di circa 700.000 mq. ed una popolazione stimabile fra i 15.000 e 20.000 abitanti (all'incirca come Pompei).
Modena trascorre placidamente i primi secoli dell'Impero, ma non è indenne dalle guerre che a partire dal III secolo sconvolgono l'Occidente. Nel 387, durante una guerra civile, Sant’Ambrogio, attraversando la via Emilia, parla di Modena, Bologna e Reggio come di "cadaveri di città semidistrutte". Eppure proprio in quegli anni è attivo in città il personaggio destinato a incarnare, nei secoli a venire, la speranza dei modenesi: il vescovo Geminiano, acclamato Santo e patrono della città sin dalla sua morte (nel 397). In un'epoca di frequenti devastazioni, dovute a calamità naturali e alle incursioni barbariche, più volte i modenesi dimostreranno di confidare nell'aiuto del Santo: il caso più celebre è quello dell'invasione degli Unni. La leggenda narra infatti che Attila non poté raggiungere Modena perché San Geminiano la nascose sotto una coltre di nebbia. In realtà non risulta che le orde di Attila transitassero nella zona – il che non impedisce di immaginare un fondo di verità dietro la leggenda: la nebbia autunnale intorno a Modena è davvero impenetrabile, e può aver risparmiato alla città qualche scorreria, se non degli Unni, dei Goti, degli Eruli, dei Longobardi o degli Ungari: tante furono le popolazioni barbariche che per due secoli e più percorsero la penisola saccheggiandola.
[modifica] Medioevo
Tra 500 e 700 d.C. Modena è un avamposto del regno longobardo, al confine con i possedimenti bizantini. È il periodo più buio della città: funestata da periodiche inondazioni dei fiumi Secchia e Panaro, è abbandonata dagli abitanti, trasferitisi in un borgo più a ovest, Cittanova. Solo il vescovo resta fedele all'antica sede: ma il suo prestigio si scontra ormai con quello dell'abbazia benedettina di Nonantola, uno dei massimi centri culturali della regione, fondata nel 753 da Santo Anselmo.
A partire dal IX secolo, con la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi, Modena entra nel Sacro Romano Impero. A trarre vantaggio dalla nuova situazione è proprio il vescovado, pronto a occupare il vuoto di potere dell'effimero impero. Nell'892 Leodoino vescovo è investito feudatario imperiale: è in pratica il signore della città, che in quegli anni comincia un lento percorso di ricostruzione.
Intorno all'anno Mille si acuisce il contrasto tra il vescovo di Modena, tradizionalmente filo-imperiale (ghibellino) e il conte di Canossa, filo-papale (guelfo). Modena è fatale all'imperatore Enrico IV, che qui nel 1084 viene sconfitto da Matilde di Canossa nella battaglia di Sorbara. Ma non è soltanto questa vittoria a segnare l'indebolimento del potere vescovile: in realtà la città sta vivendo una fase di crescita economica (che permette di avviare la costruzione dello splendido Duomo romanico, annoverato tra i monumenti patrimonio dell'umanità dall'UNESCO). Nasce una nuova classe di artigiani e mercanti insofferente nei confronti dei rapporti feudali: si afferma così, progressivamente, la civiltà comunale. Dal 1177 i cittadini modenesi eleggono un loro Potestà, ma solo cinquant’anni dopo il vescovo rinuncerà alla sua giurisdizione sulla Città. In quegli anni Modena adotta il suo stemma, la croce dorata su campo azzurro, simbolo comune alle città italiane aderenti alla Lega Lombarda contro l'imperatore Federico Barbarossa: Modena infatti, in principio alleata dell'imperatore, aderisce poi alla Lega che sconfigge Federico nella battaglia di Legnano.
La storia del libero comune di Modena è estremamente turbolenta: le lotte tra papa, imperatore e comuni si intrecciano alle rivalità mai sopite tra i comuni vicini, in particolare Reggio e Bologna. L'episodio più celebre è quello della battaglia di Fossalta del 1249, quando i guelfi bolognesi impartiscono una sonora sconfitta ai modenesi alleati con re Enzo, figlio di Federico II: per dieci anni Modena passa sotto il controllo bolognese, mentre re Enzo resterà a Bologna prigioniero fino alla sua morte, nel castello che porta il suo nome. Ma più ancora dei nemici esterni saranno le continue lotte intestine tra fazioni a logorare le istituzioni comunali, finché nel 1288 i rappresentanti delle famiglie modenesi più importanti, esasperati, offriranno a Obizzo d'Este, marchese di Ferrara, la signoria su Modena.
[modifica] Capitale estense
Per approfondire, vedi la voce Ducato di Modena e Reggio. |
Il governo della casa d'Este, pur contrastato dalle potenze vicine, si protrarrà per ben cinque secoli, fino all'arrivo di Napoleone. Sino a tutto il Cinquecento la città mantiene comunque intatta la sua fisionomia medievale; alcuni miglioramenti si dovettero se mai all'intraprendenza di un amministratore d'eccezione, Francesco Guicciardini, governatore di Modena tra 1516 e 1523, in un periodo in cui Modena era stata sottratta dal Papa agli estensi (che vi rientrano nel 1527). A metà del Cinquecento inizia la costruzione di quelle che saranno le ultime mura della città, il cui territorio in questa occasione viene ampliato verso nord: è l'"addizione erculea", che prende il nome dal duca Ercole. Sotto il dominio di Ercole Modena è una ricca città rinascimentale. Attraversata da una maglia di canali ricchi di acqua, trae dalle acque l'energia per una serie di attività economiche fondate sull'impiego di mulini. In città hanno il palazzo i feudatari della campagna e della montagna, tra cui i preminenti Rangoni, la città conta umanisti e medici famosi.[1]. . Ma Modena diventa veramente la ‘città estense’ solo dopo il 1598, quando il duca Cesare è costretto a cedere la signoria di Ferrara al Papa, e a trasferire proprio a Modena la capitale del suo ducato. Uno Stato di piccole dimensioni, destinato a barcamenarsi con alterne fortune nelle lotte tra le potenze italiane ed europee, e che malgrado le ripetute occupazioni da parte degli eserciti stranieri (i francesi nel 1702; gli austriaci nel 1742) resisterà fino all'unificazione dell'Italia. Con una sola, rilevantissima interruzione: il periodo napoleonico.
[modifica] Il Risorgimento
Quando arriva per la prima volta a Modena, nel 1796, Napoleone è soltanto il giovane generale dell'armata francese in Italia, acclamato come liberatore dai cittadini modenesi, che distruggono le statue degli Este e innalzano in piazza Grande l'"albero della Libertà". Presto però l'occupazione si rivela gravosa per i modenesi, costretti più volte a ‘ospitare’ le truppe francesi nel corso delle guerre che vedono Napoleone, ormai Imperatore, battersi contro tutte le potenze europee. Alla sua sconfitta, nel 1815, il ducato di Modena viene ricostituito e assegnato a Francesco IV d'Austria. Non tutti però si rassegnano alla Restaurazione: nel 1830 fallisce un'insurrezione liberale, i moti modenesi del '30, sotto la guida del patriota carbonaro Ciro Menotti, che viene messo a morte. Solo nel 1859, dopo la Seconda Guerra d'Indipendenza, Francesco V d'Este è costretto a fuggire, mentre la cittadinanza di Modena vota la sottomissione a Vittorio Emanuele II, futuro re d'Italia.
[modifica] Il Novecento
Gli anni del Regno sono segnati da tensioni sociali, specie nelle campagne, dove la condizione di mezzadri e braccianti è ancora assai arretrata. È l'epoca dei primi scioperi e del progressivo affermarsi del Partito Socialista, che dopo gli anni difficili della Grande Guerra si insedia nel 1919 al governo della città. Ma nello stesso periodo si stanno già organizzando le squadre dei picchiatori fascisti: in quegli anni l'intera Emilia è caratterizzata dalla tensione tra ‘rossi’ e ‘neri’ che sfocia spesso in rappresaglie armate. Un periodo di violenza che sembra terminare con l'ascesa dei fascisti al potere, ma non è che un'anticipazione di quanto accadrà vent’anni dopo, durante l'occupazione tedesca. La pagina più buia della storia recente di Modena vede infatti scambi di violenze e atrocità tra l'esercito nazista in ritirata, le legioni repubblicane e gli aderenti al movimento resistenziale. A Modena, liberatasi dall'occupazione nazifascista il 22 aprile 1945, verrà in seguito assegnata la medaglia d'oro al Valore Militare. Il clima di violenza prosegue tuttavia anche dopo la Liberazione, soprattutto nella zona del cosiddetto "triangolo rosso" o "triangolo della morte", una porzione di territorio modenese compresa nei comuni di Modena, Castelfranco e Nonantola, dove vengono assassinati religiosi e laici, e persino esponenti dei partiti aderenti alla Resistenza su posizioni alternative a quelle del PCI.
Negli anni del dopoguerra Modena conosce col boom economico un periodo di benessere senza precedenti. Il successo della città è legato soprattutto all'affermarsi di piccole industrie dai prodotti unici al mondo, come Ferrari o Maserati, e alla valorizzazione dei prodotti tipici della regione.
[modifica] Note
- ^ Un affresco di Modena durante il dominio di Ercole, negli anni dell'assedio della Mirandola del 1551-52, che il duca tenta con ogni mezzo di evitare, per non avere truppe papali sotto l'uscio di casa (gli Este hanno sottratto Modena a Roma con un espediente che Roma non ha dimenticato) è proposto da Antonio Saltini in L'assedio della Mirandola, Diabasis, Reggio E. 2003