Psicosi
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Il termine "psicosi" fu introdotto nel 1845 da Von Feuchtersleben con il significato di "malattia mentale o follia". È un grave disturbo psichiatrico, espressione di una grave alterazione dell'equilibrio psichico dell'individuo, con compromissione dell'esame di realtà, inquadrabile da diversi punti di vista a seconda della lettura psichiatrica di partenza e quindi del modello di riferimento. I sintomi psicotici sono ascrivibili a disturbi di forma del pensiero, disturbi di contenuto del pensiero e disturbi della sensopercezione.
- Disturbi di forma del pensiero: alterazioni del flusso ideatico fino alla fuga delle idee e all'incoerenza, alterazioni dei nessi associativi come la tangenzialità, le risposte di traverso, i salti di palo in frasca;
- Disturbi di contenuto del pensiero: ideazione prevalente delirante;
- Disturbi della sensopercezione: allucinazioni uditive (a carattere imperativo, commentante, denigratorio o teleologico), visive, olfattive, tattili, cenestesiche, geusiche.
Tali sintomi possono presentarsi in diverse condizioni:
- in corso di disturbi mentali organici secondari a malattie internistiche o neurologiche (Lupus Eritematoso Sistemico, endocrinopatie, uremia, porfiria, Sindrome di Wilson, corea di Huntington, lesioni del lobo temporale e parietale, epilessia, abuso di sostanze come alcol, anfetamina, cocaina, cannabis e allucinogeni);
- in corso di disturbi cognitivi correlati alla demenza;
- in corso di disturbi dell'umore;
- in corso di quadri schizofrenici;
- in corso di quadri schizoaffettivi;
- psicosi acute: schizofreniformi, reattive brevi, cicloidi,puerperali, ecc.;
- in corso di disturbi deliranti (di tipo paranoide);
- in corso di disturbi di personalità.
L'età di insorgenza delle psicosi è variabile ma già nel primo anno di vita vi possono essere comportamenti abnormi. Le psicosi hanno un'incidenza tra i 15 e i 54 anni di 1,5-4,2/100.000. Variano per gravità e prognosi in base alle caratteristiche del disturbo e in base alle caratteristiche dell'ambiente in cui vive la persona. Gli studi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'International Pilot Study of Schizophrenia e il Collaborative Study on Determainants of Outcome of Severe Mental Disorders,[1] condotti su 1400 individui osservati in un tempo superiore ai 20 anni, mostrano che la schizofrenia è ubiquitaria e che i contesti sociali diversi determinano esiti sociali diversi.
Non sono risultate aree geografiche con incidenza particolarmente alta per disturbi psicotici. Una prognosi decisamente migliore si è evidenziata per i soggetti appartenenti ai paesi in via di sviluppo. È risultato inoltre che i quadri clinici che si manifestano in maniera acuta presentano una evoluzione migliore di quelli con esordio insidioso e progressivo. Tuttavia la tendenza ad un esito migliore nei paesi in via di sviluppo è comunque stata riscontrata sia per i quadri clinici a esordio acuto, sia per quelli a esordio progressivo.
L'eziologia del disturbo è, come per molte condizioni in medicina, molteplice e in larga parte ignota. Da un punto di vista psicobiologico, la sintomatologia psicotica trova una possibile causa in alterazioni organiche a vari livelli, da una predisposizione genetica, all'alterato funzionamento di neurotrasmettitori quali la dopamina, la serotonina, il Glutammato, il GABA, l'NMDA, i peptidi endogeni e altri ancora. Da un punto di vista fenomenologico, Karl Jaspers parla di esperienze psicotiche quando vengono vissute come incomprensibili per il soggetto per le modalità con le quali scaturiscono dall'attività psichica, facendo declinare le condizioni ontologiche dell'esistenza (tempo, spazio, coesistenza, progettualità). Secondo Otto Kernberg la psicosi si distingue dalla nevrosi per la "diffusione dell'identità" e la messa in atto di meccanismi di difesa primitivi (idealizzazione primitiva, svalutazione, scissione, identificazione proiettiva, diniego, onnipotenza) che proteggono l'individuo dalla disintegrazione e dalla fusione di sé con l'oggetto, con regressione di fronte all'interpretazione. Un altro elemento distintivo è quello della perdita della percezione della realtà.Infatti, al contrario della nevrosi, lo psicotico non accetta la realtà che lo circonda,e ne crea una diversa nella sua mente. La psicoanalisi interpreta le psicosi con una rottura dell'Io con la realtà esterna, dovuta alla pressione dell'Es sull'Io. L'Io cede all'Es per poi recuperare parzialmente la costruzione di una propria realtà attraverso il delirio, recuperando il rapporto oggettuale (Freud). Secondo Melanie Klein, le psicosi sono legate alla caduta nella posizione schizoparanoide della prima infanzia. Secondo lo psicologo Carl Gustav Jung, nelle psicosi si ha il sopravvento di complessi autonomi inconsci sul complesso dell'Io, che non riesce a mantenere il controllo sulle formazioni inconsce. L'indirizzo sociale della psichiatria esprime anche un'interpretazione legata al contesto che, come si è visto, risulta determinante per l'integrazione di queste persone e la loro riabilitazione.
[modifica] Note
- ^ WHO, 1973; WHO, 1979; Jablensky e coll., 1992; Leff e coll., 1992
[modifica] Voci correlate
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