Pietro Marcello Felice Liberio

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Pietro Marcello Felice Liberio (latino: Petrus (Marcellus) Felix Liberius; 465 circa-Rimini, 555 circa) fu un uomo politico e militare romano, che servì sotto il re degli Ostrogoti Teodorico il Grande e sotto l'imperatore Giustiniano I.

Nell'amministrazione dello Stato, Teodorico si avvalse dell'opera di nobili romani esperti, come Boezio, Cassiodoro (che ricopriva la carica di quaestor palatii), Festo, Simmaco e Liberio: fu quest'ultimo che curò con molta competenza il passaggio di un terzo delle terre ai barbari, come già aveva fatto per Odoacre secondo il principio dell hospitalitas fondato sull'istituto di esazione abusiva del salgamum.

Il nome completo di questo patrizio era Petrus (Marcellus) Felix Liberius. Non si sa nulla del suo luogo di nascita, se non che era italiano, né della sua famiglia. Anche la data precisa della sua nascita è sconosciuta (all'incirca intorno al 465).

Da giovane, prese forse parte alle battaglie di Odoacre, re degli Eruli, contro i Goti ma mostrò certamente molta astuzia anche quando questi riuscirono vincitori. Infatti, Teodorico lo nominò subito prefetto del pretorio per l'Italia, e proprio con questa carica egli eseguì il compito di cui si è detto sopra. La maggior parte di questi terreni affidati ai Goti si trovava nell'Italia del nord, soprattutto nella zona intorno a Ravenna, lungo la costa adriatica fino a Venezia e alle Alpi.

Nel 500, Teodorico lo nominò patrizio togliendogli nel contempo la prefettura, ma la sua posizione continuò a rimanere molto influente; divenne infatti governatore (prefetto) della Gallia Narbonensis, conquistata dal re ostrogoto alleato dei Visigoti nella guerra di questi ultimi contro i Burgundi, dimostrando in tale carica tutto il suo valore di amministratore. Il giovanissimo figlio Venanzio divenne console per il 507.

Dopo la morte di Teodorico nel 526, fu richiamato in Italia e nominato patricius praesentalis da Amalasunta, dividendo col goto Tuluin il più alto comando militare in Italia.

La frase di Cassiodoro: "ut donatis fascibus patrimonium iudicaret addendum", sembra alludere a una ricompensa in terreni che gli venne attribuita nella zona di Rimini, come sembra accennare anche la sua iscrizione funeraria. Allorché Teodato fece uccidere Amalasunta, Liberio, da quello inviato a Costantinopoli per giustificare l'accaduto, svelò tutto l'intrigo all'imperatore Giustiniano I, trattenendosi in oriente.

Liberio si occupò anche di religione, e contro le eresie fece convocare un concilio ad Orange nel 529, in occasione dell'inaugurazione di una basilica.

Nel 538 fu inviato da Giustiniano come praefectus augustalis ad amministrare l'Egitto; verso il 549, durante la guerra gotica, fu tra quei senatori che fuggirono da Roma a Costantinopoli sotto la pressione che Totila esercitava sulla città. Da Giustiniano ricevette, nonostante la tarda età, il comando di una squadra con l'incarico di riconquistare la Sicilia, ma dopo poche operazioni fu richiamato a Costantinopoli e di qui fu rispedito in Spagna.

Concluse la sua lunghissima vita morendo quasi novantenne a Rimini dove era ricordato da una lapide.

In realtà, già ai tempi del Tonini, questa lapide, che doveva essere collocata in un gran sepolcro nella cattedrale dedicata a Santa Colomba, era sparita, o per il terremoto o per le spogliazioni dell'epoca napoleonica. Possediamo comunque il testo dell'iscrizione funeraria, riportato dal Tonini: