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Mezzi di comunicazione - Wikipedia

Mezzi di comunicazione

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

I mezzi di comunicazione di massa talvolta citati anche con il termine in lingua inglese, mass media o semplicemente media, sono gli strumenti attraverso i quali è possibile indirizzare conoscenza verso una pluralità di destinatari indistinti.

La locuzione proviene dall'inglese, ma la parola media è latina ed è plurale di medium, che significa letteralmente mezzo. Pertanto l'espressione, in lingua italiana, va pronunciata secondo le regole fonetiche italiane e latine, non all'inglese. Inoltre, al singolare sarebbe da preferire l'uso di medium, peraltro adoperato anche nella letteratura scientifica anglosassone.

I mezzi di comunicazione di massa sono i seguenti:

Se definiamo con la parola "media" gli strumenti attraverso cui avvengono i processi di mediazione simbolica in una data comunità di utenti, allora possiamo affermare che il primo strumento a disposizione dell'uomo è stato, ai tempi della preistoria, il suo stesso corpo, in grado di esprimersi attraverso gesti e suoni. E la pietra con cui l'uomo preistorico disegnava i graffiti fu il suo primo 'medium' esterno. Successivamente, la tradizione orale delle conoscenze tramandate da padre a figlio avviava un processo evolutivo che portò a definire come media fondamentali tre principali veicoli d'informazione: testo scritto, immagini, suoni.[citazione necessaria]
Nell'età moderna e contemporanea, è interessante come la natura di questi media fondamentali non sia stata alterata: [citazione necessaria]

  • l'uomo impara sempre e comunque dal testo scritto (dal papiro, ai codici medievali, al testo stampato e fino al moderno ipertesto)
  • l'uomo impara sempre e comunque osservando le immagini (dai primi graffiti alla fotografia e ai filmati)
  • I suoni, memorizzati sullo spartito mediante uno specifico linguaggio, oggi sono registrabili su supporti magnetici ed ottici e la loro funzione di mediazione resta intatta.

Indice

[modifica] Cenni storici

Per alcuni, i primi mass media sono i libri di testo scolastici, che esistono da lungo tempo, o addirittura i libri di storia.[citazione necessaria]
Tra i più, tuttavia, la diffusione dei mass media si fa risalire al secolo scorso. In tale periodo prese piede l'idea che la diffusione dell'informazione da parte dei media dovesse essere in tempo reale, cioè che ci dovesse essere un intervallo di tempo limitato, al limite della percettibilità, tra l'emissione del messaggio e la sua ricezione. Ciò consentì misure sulla ricezione dei messaggi e diede origine a parecchi studi.[citazione necessaria]

Nel corso del XX secolo lo sviluppo e l'espansione capillare dei mass media seguirono il progresso scientifico e tecnologico; infatti i media, oltre ad essere mezzi per veicolare le informazioni, sono anche oggetti tecnologici con i quali l'utente interagisce.

La spinta della tecnologia consentì la riproduzione in gran quantità di materiali informativi a basso costo. Le tecnologie di riproduzione fisica, come la stampa, l'incisione di dischi musicali e la riproduzione di pellicole cinematografiche consentirono la riproduzione di libri, giornali e film a basso prezzo per un ampio pubblico. Per la prima volta la televisione e la radio consentirono la riproduzione elettronica di informazione.

I mass media erano (almeno alle origini) basati sull'economia della replicazione lineare: in tale modello un'opera procura denaro in modo proporzionale al numero di copie vendute, mentre al crescere del volume di produzione, i costi unitari decrescono, incrementando ulteriormente i margini di profitto. Grandi successi e fortune sono dovute ai mass media.

Se inizialmente con mass media si faceva sostanzialmente riferimento a giornali, radio e televisione, alla fine del XX secolo si assiste alla prepotente affermazione di Internet e del computer. Attualmente in questo contesto, per alcuni, anche i telefoni cellulari sono da considerare strumenti di comunicazione di massa, in quanto e nella misura in cui sono utilizzati, per esempio attraverso l'SMS, per veicolare conoscenza verso una pluralità di individui.[citazione necessaria]

[modifica] I media e la democrazia

Nel corso del tempo si è diffusa l'idea che in una società democratica, affinché la democrazia possa dirsi completa, debbano essere presenti dei mezzi di informazione indipendenti che possano informare i cittadini su argomenti riguardanti i governi e le entità aziendali; questo perché i cittadini, pur disponendo del diritto di voto, non sarebbero altrimenti in grado di esercitarlo con una scelta informata che rispecchi i loro reali interessi ed opinioni. Secondo quest'ottica, nell'ambito del principio fondante delle democrazie liberali, ovvero la separazione dei poteri, oltre all'esecutivo, al giuridico e al legislativo, il ruolo dei media di fonti di informazione per i cittadini andrebbe considerato come un quarto potere da rendere autonomo rispetto agli altri.

Per questi motivi alcuni credono che il più grande rischio per la democrazia sia la concentrazione della proprietà dei media.[citazione necessaria]

In particolare al giorno d'oggi sono le televisioni la principale fonte informativa, perché solo una ridotta minoranza di persone legge libri e giornali o si informa tramite internet.[citazione necessaria] Quindi alle TV va posta particolare attenzione.

Alcuni paesi, come la Spagna nel 2005, hanno avviato riforme rivolte a rendere indipendenti le televisioni pubbliche dai controlli politici, mentre altri, come l'Italia, hanno una tv pubblica che è fortemente condizionata dalle maggioranze politiche che di volta in volta si affermano alle elezioni[citazione necessaria].

[modifica] Internet ed i mezzi di comunicazione di massa

Nell'ultimo decennio del XX secolo l'avvento del world wide web ha segnato l'inizio di un'era in cui ogni individuo ha la possibilità di esporre il suo pensiero con una scala paragonabile a quella dei mass media. Per la prima volta chiunque abbia un sito web può indirizzare un pubblico globale, sebbene il costo associato ad alti livelli di traffico sia ancora alto. È possibile che l'emergere di tecnologie peer-to-peer cominci a rendere più accessibile il costo della banda.[citazione necessaria]

Sebbene venga resa disponibile una gran quantità di di informazioni, immagini e commenti (cioè "contenuti"), spesso è difficile determinare l'autenticità e l'affidabilità dell'informazione contenuta nelle pagine web (che spesso sono auto pubblicate). Alcuni sostengono però che internet rispecchi la contraddittorietà del mondo reale e che l'apparente maggiore affidabilità dell'informazione televisiva e giornalistica sia dovuta al ristretto numero di canali informativi ed alla tendenza ad omologare l'informazione tradizionale su modelli comuni.[citazione necessaria]Internet, la rete di collegamento tra computer creata inizialmente nel 1969 dal Dipartimento della Difesa degli Usa per scopi di difesa militare e poi utilizzata dalle Università per scambi di informazioni, consente la diffusione di notizie e informazioni in pochi minuti in tutto il globo, sostituendo spesso, grazie alla sua relativa economicità e facilità d'uso, i mezzi di comunicazione tradizionali (posta, telefono, fax).

Questo rapido sviluppo di comunicazione istantanea e decentrata porterà probabilmente a cambiamenti significativi nella struttura dei mass media e nel loro rapporto con la società.

[modifica] Problematiche dei mass media

Nel corso degli anni è stata prodotta un'enorme quantità di studi e ricerche sugli effetti causati dai media e ancora oggi gli esperti si dividono, secondo una famosa definizione di Umberto Eco, fra "apocalittici" (per i quali i media hanno una portata sostanzialmente distruttiva rispetto alla socializzazione ordinaria) e "integrati" (propensi piuttosto a considerare gli esiti positivi e controllabili della socializzazione tramite media).

Occorre tuttavia ricordare anche che i media, per la loro stessa struttura comunicativa, modificano profondamente la nostra percezione della realtà e della cultura, secondo il principio di Marshall McLuhan per cui "il medium è il messaggio". Infine, poiché un aspetto molto importante della comunicazione di massa è la produzione in serie di messaggi come "merce", diventa molto importante lo studio delle strategie con cui vengono prodotti e diffusi i messaggi, specialmente quando lo scopo di questi messaggi è quello di influenzare le idee ed i comportamenti dei destinatari, come accade nella comunicazione politica o nella pubblicità.

[modifica] I mezzi di comunicazione di massa come agenti di socializzazione

La socializzazione corrisponde all'apprendimento di valori, norme, modelli culturali da parte dei membri di una collettività. Essi non vengono solo conosciuti, ma anche interiorizzati, così che la maggior parte dei desideri, delle aspettative e dei bisogni vi si conformano e gli individui percepiscono come "naturale" adottare certe scelte piuttosto che altre.

Un tempo i due tradizionali enti di socializzazione erano la famiglia e la scuola, non dimenticando il gruppo dei pari, cioè un insieme di persone che interagiscono in modo ordinato grazie a comuni aspettative riguardanti il comportamento reciproco. Ma - come abbiamo appena visto - nella nostra società non si può ignorare l'importanza sempre maggiore che acquisiscono le comunicazioni di massa nella socializzazione di tutte le generazioni.

La socializzazione svolta dai mass-media dipende sia da strategie intenzionali (per cui, ad esempio, esistono libri, articoli, trasmissioni, siti internet educativi o informativi) sia da effetti indiretti, come la socializzazione ai consumi che scaturisce dalla pubblicità. Ad esempio, una serie di telefilm può contenere messaggi relativi a valori, modelli di vita, comportamenti tipici di un certo contesto storico-sociale, che hanno un potente effetto di socializzazione anche su di un pubblico che vive in realtà molto diverse.

La socializzazione prodotta dai media agisce su due livelli: per un certo verso essi sono un potente mezzo di socializzazione primaria, in quanto forniscono ai bambini una serie di valori, ruoli, atteggiamenti, competenze e modelli precedentemente forniti esclusivamente dalla famiglia, dalla comunità o dalla scuola. Essi sono dunque degli agenti paralleli di socializzazione.

Vi è anche nei media una socializzazione secondaria: essi forniscono informazione e intrattenimento attraverso i quali le persone accrescono la propria consapevolezza sulla realtà sociale, allargano la sfera delle conoscenze che possono essere utilizzate negli scambi sociali, ricevono delle strutture interpretative.

[modifica] La televisione è una cattiva maestra (Pasolini e Popper)

Pier Paolo Pasolini aveva già intuito i cambiamenti sociali e culturali prodotti dalla massificazione televisiva. Iniziò ad accorgersi che tutti i giovani di borgata avevano iniziato a vestire, comportarsi, pensare in modo analogo. Se prima di allora per Pasolini si poteva distinguere un proletario da un borghese, oppure un comunista da un fascista, già agli inizi degli anni '70 non era più possibile: la società italiana si stava già omologando a macchia d'olio.

Pasolini chiamò questi fenomeni mutazione antropologica, prendendo a prestito il termine dalla biologia. In biologia la mutazione genetica è determinata prima dalla variazione e poi dalla fissazione. Nel caso della "mutazione antropologica" la variazione delle mode e dei desideri della collettività è decisa prima nei consigli d'amministrazione delle reti televisive nazionali e poi viene fissata nelle menti dei telespettatori tramite messaggi subliminali e pubblicità.

Alcuni pensano che il più grave problema causato dalla televisione moderna sia la violenza che essa propina ai bambini. Karl Popper in "cattiva maestra televisione", analizzando i contenuti dei programmi e gli effetti sugli spettatori televisivi, giunge alla conclusione che il piccolo schermo sia diventato ormai un potere incontrollato, capace di immettere nella società ingenti dosi di violenza. La televisione cambia radicalmente l'ambiente e dall'ambiente così brutalmente modificato i bambini traggono i modelli da evitare. Risultato: stiamo facendo crescere tanti piccoli criminali. Dobbiamo fermare questo meccanismo prima che sia troppo tardi perché la televisione è peggiorata. Se non si agisce essa tende inesorabilmente a peggiorare per una sua legge interna, quella dell'audience, che Popper formulava più famigliarmente come legge dell' << aggiunta di spezie >> che servono a far mangiare cibi senza sapore che altrimenti nessuno vorrebbe. La televisione raggiunge una grande quantità di bambini, più di quelli che neppure la più affascinante maestra d'asilo riesce a vedere nell'arco di una vita. Conta più dell'asilo e della scuola materna;si trova a fare il mestiere della maestra,ma non lo sa e per questo è una cattiva maestra. I produttori di tv, fanno business, cercano l'audience, lavorano per primeggiare nello show, vogliono più pubblicità, hanno come fine l'intrattenimento delle masse, e invece hanno messo su un gigantesco asilo d'infanzia, più importante, influente, seducente di tutti gli asili e le scuole del mondo. Per il filosofo austriaco occorre quindi una censura attenta e lungimirante da parte di garanti ed organismi di controllo, così come occorre una patente per fare televisione. Se non si attuano questi provvedimenti, il rischio in cui si incorre - secondo Popper - è quello di avere giovani sempre più disumanizzati, violenti ed indifferenti. Popper avrebbe volentieri fatto incidere su tutti i televisori: <<tenere fuori della portata dei bambini>>. La tesi di Giovanni Sartori "homo videns" si avvicina molto alle posizioni di Popper:<<Una tesi che si fonda sul fatto che i bambini guardano la televisione per ore e ore, prima di imparare a leggere e a scrivere>>.Data l'alta quantità di violenza che appare sugli schermi televisivi i bambini vi si abituano e diventano da adulti più violenti, è però per Sartori solo un pezzetto della questione, perché quello che il bambino assorbe è non solo violenza ma anche un "inprint",uno stampo formativo tutto centrato sul vedere.

Il tempo trascorso dai bambini davanti allo schermo è di circa 40 ore settimanali. Secondo la psicologia moderna, assistere continuamente a spettacoli violenti causa quattro effetti in una mente ancora in fase di formazione come quella del bambino:

  1. una permanente difficoltà di distinguere la realtà dalla finzione (visto che spesso nessun adulto è presente per fare da mediatore e chiarificatore);
  2. la disumanizzazione orientata sul soggetto: di fronte a tanta violenza il bambino può acquisire una vera mancanza di empatia nella sofferenza altrui.
  3. la disumanizzazione orientata sull'oggetto: il bambino può iniziare a ritenere che in fondo gli altri siano oggetti, reificando quindi il prossimo, che diventa ai suoi occhi una cosa e non una persona;
  4. di conseguenza la televisione violenta potrebbe diventare istigatrice di azioni aggressive.

Per gli adulti capaci di intendere e di volere invece assistere a spettacoli violenti potrebbe non determinare alcun effetto negativo.

I bambini da soli di fronte alla televisione non sono ancora capaci di distinguere la realtà dalla finzione. Se i direttori dei palinsesti ed i consiglieri delle reti televisive ritengono di poter continuare a trasmettere programmi ad alto tasso di violenza ed a basso contenuto pedagogico ed informativo, con la scusa di dare alla gente quello che vuole, essi dimenticano che dovrebbero mettere da parte la logica dell'audience e far valere i principi della democrazia. Infatti in democrazia tutti dovrebbero avere uguali possibilità di sviluppo della propria unicità e diversità. La cattiva televisione rischia invece di provocare uno scadimento collettivo delle coscienze critiche di un paese: vale in questo caso il detto il sonno della ragione genera mostri.

[modifica] De Kerckhove e le "psicotecnologie"

Popper si inserisce nella lunga serie degli studi che evidenziano effetti disastrosi, considerando la Tv come un mezzo prevalentemente unidirezionale, con contenuti statici, somministrati ad un pubblico passivo, ma altri considerano i media soprattutto come una straordinaria opportunità.

Questo è il caso di Derrick de Kerckhove, che così si esprime sull'argomento tanto discusso: "L'accelerazione delle tecnologie e delle comunicazioni riconsentirà di rallentare i nostri ritmi e di scoprire la vera quiete. Quiete che può fornire lo scenario per una necessaria trasformazione psicologica, dato che, in ultima analisi, il potere cybertecnologico comporterà anche un impegno volto ad una maggiore conoscenza di sé."

De Kerckhove è allievo e successore di Marshall McLuhan – sociologo canadese dei mass-media, il quale negli anni sessanta parlava di epoca elettrica che si sostituiva alla passata epoca meccanica, e di come in questa nuova realtà sarebbe potuto emergere un villaggio globale. Nel villaggio globale di McLuhan abbiamo ancora l'influenza di entrambe le tecnologie e la conseguente compresenza di due modi di pensare ed agire.

Secondo de Kerckhove, invece, il "villaggio globale" di McLuhan è superato: siamo diventati tutti individui globali, grazie alle nuove possibilità di accesso alle comunicazioni satellitari e alle nostre infinite connessioni globali via internet. La globalizzazione non è un fenomeno riguardante la finanza e l'economia, ma la psicologia, lo stato mentale e la percezione. Per questo è interessante studiare i punti di intersezione tra i vari media. La globalizzazione di cui tanto si parla è prima di tutto un argomento che riguarda la psicologia." (tratto da un'intervista pubblicata su internet).

In "La pelle della cultura" - libro elaborato nel corso di molti anni di ricerca e riflessione, de Kerckhove illustra come i media elettronici abbiano esteso non solo il nostro sistema nervoso e i nostri corpi, ma anche e soprattutto la nostra psicologia. Sottolineando il ruolo cruciale della psicologia nella comprensione dei nuovi fenomeni comunicativi, de Kerckhove per primo introduce il termine Psicotecnologia: "qualunque tecnologia emuli, estenda o amplifichi il potere della nostra mente."

Per de Kerckhove la televisione è una psicotecnologia per eccellenza: essa viene intesa come un organo collettivo di teledemocrazia, che utilizza indagini di mercato e sondaggi per "scrutare il corpo sociale come ai raggi X". Ciò avviene perché la televisione è niente di meno che la proiezione del nostro "inconscio emotivo" ed allo stesso tempo una esteriorizzazione collettiva della psicologia del pubblico.

[modifica] Dove si studia e si ricerca

Un corso innovativo sui media che riprende le idee di Derrick de Kerckhove e della Scuola di Comunicazione di Toronto è nella Facoltà di Media Design della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, sito. Il corso, progettato e diretto da Francesco Monico sito affronta le problematiche della comunicazione unendo tre ambiti: quello critico-metodologico, quello laboratoriale e mantenendo il tradizionale contributo della storia dell'arte in chiave di ricerca.

Le forme più avanzate di riflessione della scuola di Toronto sono trattate in chiave mediologica nei lavori di ricerca del LaRiCA, laboratorio della Facoltà di Sociologia di Urbino, in particolare da Giovanni Boccia Artieri e dal suo gruppo di lavoro. Il concetto centrale utilizzato è quello di media-mondo[1].

Un PhD che sta funzionando come progetto di ricerca avanzato in Italia è l'M-Node di Milano, [2], si configura come nodo italiano del prestigioso programma di ricerca in estetica e tecnologia Planetary-Collegium, [3], diretto da Roy Ascott e che raccoglie un riconosciuto network di advisors e supervisors formato da artisti, scienziati e filosofi di fama internazionale. Il nodo italiano è co-diretto da Francesco Monico, [4], e Antonio Caronia.

[modifica] Bibliografia

  • Pietro Boccia, Linguaggi e multimedialità, SimoneScuola, Napoli 2004.
  • Umberto Eco, Apocalittici e integrati (1964), Bompiani, Milano (edizione modificata, 1977).
  • Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane, Einaudi, Torino 1976.
  • Karl Popper e J. Condry, Cattiva maestra televisione,1994, Reset.
  • Derrick de Kerckhove, The Skin of Culture: Investigating the New Electronic Reality, 1995, traduzione italiana La pelle della cultura: un'indagine sulla nuova realtà elettronica, 1996, Costa & Nolan, Genova.
  • Pietro Boccia, Comunicazione e mass media, 1999, Zanichelli, Bologna.
  • Francesco Monico, Il Dramma Televisivo - l'autore e l'estetica del mezzo, 2006, Meltemi, Roma.
  • Shaun Moores, Il consumo dei media, 1993, Il Mulino, Bologna
  • Denis McQuail, Le comunicazioni di massa, 1986, Il Mulino, Bologna.
  • Francesco Fattorello, Teoria e Tecnica Sociale dell'Informazione, 2005, a cura di G. Ragnetti, Quattroventi, Urbino.

[modifica] Voci correlate


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