Duello
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Un duello è un tipo di combattimento formalizzato tra due persone. Nelle modalità in cui è stato praticato dal XV al XX secolo nelle società occidentali, un duello ricade sotto una precisa definizione: un combattimento consensuale e prestabilito, che scaturisce per la difesa dell'onore e della rispettabilità, tra due contendenti armati, dotati di armi uguali e di uguale potenzialità letale, svolto secondo regole accettate in modo esplicito o implicito, generalmente accompagnato da secondi (accompagnatori ai quali può essere consentito di prendere parte al combattimento), e in aperta contravvenzione della legge.
Il duello ha luogo generalmente su richiesta di uno dei contendenti (lo sfidante) per vendicare un insulto di grave entità, e tale da ledere la rispettabilità di chi lo subisce. L'obiettivo del duello non è tanto uccidere l'avversario quanto ottenere soddisfazione, ovvero ristabilire l'onore e la rispettabilità dimostrando la ferma volontà di mettere in gioco la propria incolumità per esse.
I duelli si distinguono dalla pratica medievale del processo per combattimento, poiché il duello non mira a stabilire la ragione di una delle parti, e non è un procedimento legalmente accettato. Infatti, il duello è per eccellenza un'azione illegale, anche se in molte società in cui il duello era socialmente accettato i partecipanti venivano raramente perseguiti – o comunque non imprigionati in seguito a processo.
Poiché l'onore era per antonomasia la virtù dei soli gentiluomini, solo questi erano considerati qualificati per prendere parte a un duello. Se un gentiluomo fosse stato insultato da un individuo di classi inferiori, per il primo sarebbe stato normale, anziché sfidarlo a duello, colpirlo con un bastone, con una frusta, o farlo colpire dai propri servitori.
Il duello è oggi illegale in tutti gli Stati del mondo, eccetto il Paraguay.
Indice |
[modifica] Storia del duello
[modifica] Il Medioevo e il combattimento giudiziario
Il duello, quale mezzo di riparazione di ingiurie, era sconosciuto nell'antichità, se non per trarre auspicio, una pratica che veniva utilizzata soprattutto dai Germani: essi erano usi, infatti, rapire un soldato di un popolo nemico prima di una battaglia e farlo sfidare da un loro combattente, cercando di prevedere l'andamento dello scontro dall'esito del duello.
Il combattimento giudiziario, altrimenti chiamato processo per combattimento, ovvero la pratica di risolvere i contenziosi legali attraverso una sfida all'ultimo sangue, trovava invece larga applicazione in un numero di popolazioni germaniche, tanto che se ne trova applicazione nei sistemi di leggi di Franchi, Turingi, Frisoni, Sassoni e Longobardi. La veloce diffusione del duello giudiziario era favorita dal carattere combattivo di quei popoli che, peraltro, venendo in contatto con gli insegnamenti del Cristianesimo, si rafforzarono nella loro istituzione, anziché abbandonarla. Infatti, se era vero, come ammaestrava la nuova religione, che Dio fosse la verità e la giustizia stesse, Egli non avrebbe potuto permettere che nel duello prevalesse l’ingiusto.
Se la legge salica del VI secolo proibì l'uso del processo per combattimento, la restrizione fu presto lettera morta, se è vero che nel IX secolo Carlo Magno affermava che nei processi melius visum est ut in campo cum fustibus pariter contendant, quam periurium perpetrent in absconso (sembra meglio che si affrontino armati sul campo, piuttosto che spergiurare continuamente di nascosto)[1]
La Chiesa cattolica, d'altro canto, cercava di resistere alla diffusione del processo per combattimento, non solo stigmatizzandolo, ma penalizzandone i partecipanti: al III Concilio di Valenza, tenuto nell'855 sotto Leone IV, venivano così indicati come assassino (peraltro con l'aggravante della perfidia, che ne avrebbe determinato la cacciata dall'assemblea dei fedeli fino all'espiazione di una giusta pena) e suicida (dunque non meritevole di sepoltura con salmi o preghiere) rispettivamente il vincitore e il vinto di un duello giudiziario che si fosse rivelato mortale. Il Clero chiedeva che il combattimento giudiziario venisse sostituito dal giuramento nelle chiese, onde spaventare gli spergiuri con la minaccia delle pene eterne, ma i Signori, dediti alle abitudini guerriere, ritenevano più nobile sostenere i propri diritti con la spada.
La lotta della Chiesa contro le pratiche di giudizio per combattimento ebbero comunque la peggio quando Ottone II, salito al trono giovanissimo e nel pieno degli scontri per questioni ereditarie sollevate dalle signorie d'Italia, stabilì che le contestazioni venissero risolte col combattimento, e che allo stesso modo si risolvessero i nodi ereditari sui feudi.
Nel 1168 Luigi il Giovane accordò con la Chiesa una carta che stabiliva come a Orléans e dintorni non era possibile ottenere soddisfazione dei debiti inferiori ai 5 soldi col combattimento; questa regola fu completata con la riforma dei diretti domini di Luigi IX nel 1260, che tra le altre cose sostituì la prova per testimoni alla prova per combattimento.
[modifica] I Comuni e lo sviluppo del duello per soddisfazione
La fioritura dei Comuni nell'XI e nel XII secolo nel nord Italia portarono la situazione economica a essere meglio gestita attraverso le vie giudiziarie ordinarie, grazie alla ramificata amministrazione che veniva fatta dai podestà e dai sindaci.
Il passaggio dal duello come mezzo di risoluzione delle controversie al mezzo di difesa dell'onore si ebbe nel XV secolo, in cui si stabilì l'usanza, tutta aristocratica, di chiedere al re l'autorizzazione a combattere in campo chiuso a fronte di un'offesa ricevuta. Il re, che assisteva al combattimento, poteva interromperlo in qualunque momento, gettando lo scettro tra i combattenti. La superstizione ancorata alla presenza del giudizio di Dio, tale quindi da assicurare la vittoria al giusto e la punizione all'ingiusto, non venne abbandonata, ma il combattimento assunse certamente più un carattere di guerra privata, per motivi più personali che di persecuzione legale.
Nel 1547, Enrico II di Francia autorizzò un duello tra gentiluomini della sua corte, ma, essendo rimasto ucciso un suo caro amico, proibì qualunque altro duello fosse stato richiesto sui suoi domini. Non dovendosi più aspettare alcuna autorizzazione regale, dunque, i nobili di tutta la Francia si sentirono in dovere di lavare ogni loro minimo capriccio col sangue, e senza alcuna regolamentazione.
Un canone del 1563 promulgato durante il Concilio di Trento insorse contro questa pratica, minacciando di scomunica tutti coloro che partecipassero a qualunque forma di duello: i duellanti, i padrini (coloro che accompagnavano i duellanti al combattimento), i giuristi che vegliassero sullo scontro, gli spettatori, l'imperatore, i re, i duchi, i principi, i marchesi, i conti e qualsiasi altro signore avesse offerto un terreno su cui avesse permesso la singolar tenzone. E, come settecento anni prima, vietò la sepoltura ecclesiastica per chi fosse morto nello scontro.
[modifica] Il caso notevole della Francia
Il potere civile, dal canto suo, non tardò a seguire la Chiesa, posto che i duelli decimavano l’aristocrazia ed indebolivano così il pilastro della società del tempo: nel 1599 il re di Francia Enrico IV promulgò una legge che proibiva la riparazione alle ingiurie attraverso il duello, intimando ai contendenti di rivolgersi ai tribunali ordinari. Le manchevolezze nei controlli furono evidenti per il fatto che un cronista del tempo, Pietro de l'Étoile, evidenziò la morte in duello di più di 7.000 gentiluomini tra il 1589, anno di ascesa al trono di Enrico, e il 1608.
Un nuovo editto regio nel 1609, capendo l'inevitabilità della situazione, autorizzava la concessione di nulla osta ai duelli a tutti coloro che lo richiedessero, purché si trattasse di insulti gravi all'onore di un cavaliere: a chi richiedeva l'autorizzazione per futili motivi, era destinata una punizione di variabile entità. Per chi duellava senza autorizzazione, era prevista una serie di sanzioni amministrative e penali.
Con la morte di Enrico IV, avvenuta nello stesso anno dell'ultimo editto, gli aristocratici ricominciarono con furore a duellare tra di loro, a dispetto di tutte le leggi vigenti. Nei decenni successivi, la situazione era divenuta così grave che Richelieu descrisse nelle sue Memorie:
« I duelli erano divenuti sì comuni, che le strade servivano da campo di combattimento e come se il giorno non fosse abbastanza lungo per eccitare la loro furia, i duellanti si battevano alla luce delle stelle o delle fiaccole che tenevano luogo di sole funesto. » | |
(Armand-Jean du Plessis de Richelieu, Mémoires)
|
È del 1647 l'editto del Cardinal Mazzarino che riassunse tutte le proibizioni sull'argomento fino ad allora diffuse, ma senza risultato. Soltanto la fermezza del Re Sole permise una diminuzione del fenomeno, tornato vigorosamente in auge alla sua morte (1715) e durante il regno di Luigi XV, che fu incapace di confermare la stessa energia del bisnonno nel mantenimento dei propri editti. Una delle poche condanne capitali, a ogni buon conto, eseguite contro duellanti non autorizzati avvenne durante il suo regno: fu per questo tolta la vita a un cittadino, di cui è ci è pervenuto il solo cognome (du Chèlas), colpevole di aver ucciso in duello un capitano dell'esercito.
Il barbaro costume del duello fu duramente attaccato da Rousseau durante l'Illuminismo, che tanto cambiò la società francese – ma i risultati furono disastrosi, se è vero, come sembra, che le dispute cominciarono a essere lavate col sangue anche tra gentiluomini della neonata borghesia, al punto che chi si rifiutava di battersi era da considerarsi disonorato.
La Rivoluzione Francese e l'era Napoleonica travolsero tutto, e anche il costume del duello divenne un argomento di secondaria importanza nelle assemblee del legislatore: l'attenzione al problema venne meno, tanto che nel Codice Penale del 1791 e in quello del 1810 non si fa menzione degli scontri tra gentiluomini – probabilmente con la convinzione che, distrutta l'aristocrazia, il vizio fosse morto con questa.
[modifica] L'Inghilterra: il caso Thornton
In Inghilterra il combattimento giudiziario nel frattempo era sopravvissuto come strumento processuale uniformemente e universalmente accettato – sebbene fosse stato da lungo tempo abbandonato dalle procedure penali –, tanto che solo nel 1819 venne eliminato dal codice. Il duello d'onore, d'altro canto, era reputato uno strumento illegale, ancorché molto praticato. L'istanza di abrogazione parlamentare venne per la prima volta nel 1818, al processo Ashford contro Thornton per omicidio. L'accusato, Thornton appunto, invocò l'antica legislazione che permetteva di giustificarsi combattendo, un'istruttoria che fu accolta esclusivamente perché nessuno aveva ancora abrogato un articolo vecchio di secoli e ampiamente desueto. L'accusatore, Ashford, ritirò l'accusa, assai meno sicuro della propria forza che della giustizia divina.
La proverbiale imperturbabilità dell'animo dei Britannici fece sì che il duello si presentasse come fatto episodico, occasionale e ben lontano dalla frequenza che aveva fatto strage degli strati più vivaci dell'aristocrazia francese. Nei codici legislativi inglesi si trova dunque abbastanza poco in materia di duelli; eppure, desta l'attenzione l'articolo del Codice Militare britannico, che privava della pensione la vedova di un ufficiale morto in duello.
[modifica] Italia
Secondo il docente di storia professor V.G.Kiernan dell'Università di Edinburgo, il duello sarebbe nato in Italia e si sarebbe poi diffuso nei paesi anglosassoni, francesi e pure in Spagna attraverso gli emigranti italiani del primo periodo rinascimentale. La frammentazione politica dell'Italia rendeva la legislazione in materia di duelli decisamente eterogenea.
Nel vicereame di Napoli occupato dagli Spagnoli già nel 1540 fu promulgato l'ordine di confisca e punizione amministrativa per chiunque avesse preso parte a un duello, a qualunque titolo: duellanti e padrini, medici, giudici, personale ecclesiastico, persino i semplici spettatori.
Nella Repubblica di Venezia era previsto un bando per sette o dieci anni, il confino in un'isola della Dalmazia, o, a partire dal 1732, la privazione della nobiltà patrizia, la confisca di ogni bene o il bando perpetuo. Per coloro che, colpiti da quest'ultima pena, avessero fatto ritorno sul territorio della Repubblica, era prevista la decapitazione sulla pubblica piazza.
Compiuta l'unità d'Italia, il Senato del Regno promulgò una legge contro il duello nella seduta del 26 aprile 1875, e che rimasero in vigore con pochi mutamenti per più di cinquant'anni.
Il Regio decreto legge numero 1938 del 19 ottobre 1930 puniva i duellanti e i portatori di sfida [2] con la reclusione fino a sei mesi e una contravvenzione, se non cagiona danni o lesioni all'avversario. Pene così poco severe sono un forte indicatore dello scarso allarme sociale che suscita il duello ai giorni nostri. Solo una sentenza della Corte Suprema si è occupata del duello, pubblicando che
« Non può essere equiparato a un duello una colluttazione senza armi, svincolata da qualsiasi regola, condotta senza esclusione di colpi e in modo selvaggio e bestiale. Infatti, i reati cosiddetti di duello presuppongono l’osservanza delle consuetudini cavalleresche e, pertanto, perché uno scontro tra due persone possa considerarsi duello, deve svolgersi a condizioni prestabilite, secondo le regole cavalleresche, mediante l’uso di armi determinate (spada, sciabola o pistola), alla presenza di più persone (padrini o secondi), per una riparazione d’onore. » | |
I reati "cavallereschi" (duello, sfida a duello, ecc.) sono stati abrogati dal codice penale nel 1999.
[modifica] Le regole del duello
I duelli potevano essere combattuti con diversi tipi di spada (come per esempio la sciabola o lo stocco) o, dal Settecento, con la pistola. Alcuni armaioli si erano specializzati nella fabbricazione di pistole da duello a colpo singolo, utili esclusivamente allo scopo del combattimento regolamentato tra due persone.
Dopo l'onta, che poteva essere reale o immaginaria, la parte offesa chiedeva soddisfazione a chi aveva perpetrato l'insulto comunicandoglielo inequivocabilmente con un gesto simbolico come buttare un guanto davanti a lui. Il simbolismo, che si rifaceva ai cavalieri medievali, era indicato nell'esplicita richiesta fatta da pari a pari da parte di chi chiedeva soddisfazione: lo sfidato doveva accettare (donde il detto "raccogliere il guanto della sfida") o ritenersi disonorato. Contrariamente all'idea comune, schiaffeggiare qualcuno col guanto non costituiva una sfida di per sé, ma poteva capitare da parte dello sfidato, che schiaffeggiando lo sfidante col suo stesso guanto accettava la tenzone.
Le controparti nominavano una persona di fiducia in loro rappresentanza (un secondo) il cui scopo era selezionare un luogo di ritrovo, col criterio dell'intimità e della riservatezza, affinché il duello potesse svolgersi senza interruzioni. Per questa stessa ragione, e per seguire una tradizione che si radicò molto presto, i duelli avevano luogo all'alba. Era altresì dovere dei secondi accertarsi che le armi utilizzate fossero uguali, e che il duello fosse corretto.
A scelta della parte offesa, il duello poteva essere:
- al primo sangue, pertanto il duello sarebbe stato interrotto non appena uno dei duellanti fosse stato ferito dall'altro, anche se la ferita era di lieve entità;
- tale da proseguire finché uno dei duellanti non fosse così ferito o stanco da essere fisicamente incapace di continuare;
- all'ultimo sangue, e in tal caso non sarebbe stata ottenuta soddisfazione se non dalla morte di uno dei contendenti.
In alcuni duelli di spada non era infrequente che il secondo intervenisse per sostituire il contendente che per qualche ragione non poteva continuare - una pratica permessa quando il duellante sostituito non aveva le capacità per maneggiare con dovizia un'arma bianca.
L'avvento delle armi da fuoco cambiò le cose. In tal caso, a una distanza stabilita, i duellanti sparavano un colpo. A questo punto lo sfidante poteva, anche se nessuno era stato colpito, dichiararsi soddisfatto e dichiarare concluso il duello. Altrimenti, un duello poteva continuare fino al ferimento o all'uccisione di uno dei duellanti – ma continuare oltre il terzo scambio di fuoco era considerato barbaro (oltre che ridicolo, se nessuno era stato colpito). Nei duelli di pistola le condizioni erano tali, dunque, che una o due parti in causa potevano volontariamente mancare il bersaglio per soddisfare le condizioni del duello, senza che alcuno si facesse male o dovesse sentire il proprio onore leso.
Va detto che la grande maggioranza dei duelli di pistola era al primo o all'ultimo sangue, in virtù delle proprietà dell'arma, e lo sfidante poteva dichiararsi soddisfatto in qualunque momento.
Nei duelli con armi da fuoco i contendenti generalmente iniziavano lo scontro mettendosi schiena contro schiena, impugnando le proprie pistole cariche, per poi fare un certo numero di passi precedentemente concordati, al termine dei quali avevano modo di girarsi fronte al nemico e sparare. Generalmente, più grave era l'insulto e meno erano i passi che i duellanti dovevano fare. In alternativa, veniva decisa dai secondi una distanza, segnata per mezzo di spade conficcate verticalmente nel terreno. Al segnale convenuto, spesso un fazzoletto lasciato cadere, i contendenti potevano avvicinarsi al segno sul terreno e fare fuoco a volontà: era un sistema che riduceva le possibilità di inganno, permettendo ai contendenti di non doversi fidare sul fatto che l'avversario si girasse in anticipo. Un altro sistema prevedeva spari alternati: in questo caso, lo sfidato era il primo a sparare.
Molti duelli furono evitati per le difficoltà di convenire le condizioni del methodus pugnandi. Per esempio, nel duello cui avrebbe dovuto prendere parte il dottor Richard Brocklesby, non ci si mise d'accordo sul numero di passi; nella questione tra Mark Akenside e Ballow, il primo aveva affermato che non avrebbe mai combattuto di mattina, il secondo si rifiutava di duellare al pomeriggio. John Wilkes, che al contrario non badava alle ciance quando doveva duellare, quando gli fu chiesto da Lord Talbot quante volte avrebbe inteso sparare, rispose: "tanto spesso quanto la Signoria Vostra desidera; ho portato con me una borsa di proiettili e una sacca di polvere da sparo."