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Campo di sterminio di Belzec - Wikipedia

Campo di sterminio di Belzec

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Coordinate: 50°22′18″N 23°27′27″E / 50.37167, 23.4575

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Bełżec (pronuncia [ˈbɛwʒɛts]) fu il primo dei campi di sterminio nazisti costruiti secondo l'Aktion Reinhard durante l'Olocausto (gli altri erano Sobibór e Treblinka).

Operativo dal 1942, il campo era situato nella Polonia occupata a circa due chilometri dalla stazione ferroviaria di Bełżec nel distretto di Lublino nel Governatorato Generale.

Le ultime ricerche, basate sull'intercettazione alleata di un telegramma tedesco, indicano lo sterminio di 434.508 persone a Bełżec, anche se non è chiaro se questo numero includa anche i prigionieri in transito. Numerosi storici fanno ascendere il numero complessivo delle vittime tra le 500.000 e le 700.000 (per approfondire vedi conteggio delle vittime).

Conosciamo solo due superstiti: Rudolf Reder e Chaim Herszman. La mancanza di superstiti può essere la ragione per la quale questo accampamento è così poco conosciuto malgrado l'enorme numero di vittime.

Indice

[modifica] Operazioni nel campo

Il 13 ottobre 1941, Heinrich Himmler diede al comandante delle SS e della polizia del distretto di Lublino, Brigadeführer Odilo Globocnik, nel corso di una conferenza, due ordini strettamente correlati: iniziare il processo di "arianizzazione" dell'area di Zamość, nel voivodato di Lublino, ed iniziare la costruzione del primo campo di sterminio del Governatorato Generale a Bełżec. Il sito di Bełżec venne scelto per tre motivi principali:

  • era situato ai confini tra i distretti (voivodati) di Lublino e della Galizia e quindi indicato allo scopo dello sterminio degli ebrei di entrambe le zone;
  • era situato vicino alla stazione ferroviaria di Bełżec (circa 400 metri) e alla strada principale che congiungeva Lublino con Leopoli, semplificando così i problemi di trasporto dei deportati verso il campo;
  • sul confine nord del progettato campo era presente un fossato anticarro scavato precedentemente per ragioni militari e che avrebbe potuto servire come prima fossa comune per i corpi dei deportati uccisi.

L'esperto in costruzioni SS-Obersturmführer Richard Thomalla, incaricato da Globocnik, iniziò i lavori di costruzione il 1° novembre 1941 con l'aiuto di manodopera polacca e collaborazionisti ucraini provenienti da Trawniki, un campo dove venivano addestrati, nel contesto dell'Operazione Reinhard, ex-prigionieri di guerra che avevano deciso di collaborare con i tedeschi. Più tardi vennero impiegati per la costruzione anche deportati ebrei; l'installazione venne completata negli ultimi giorni di febbraio del 1942.

Il campo ebbe due comandanti: l' SS-Sturmbannführer Christian Wirth (dicembre 1941 - agosto 1942) e l' SS-Hauptscharführer Gottlieb Hering (agosto 1942 - dicembre 1942). Entrambi - come la maggior parte dei loro collaboratori - fin dal 1940 erano stati coinvolti nel programma di «eutanasia» T4, volto all'eliminazione di coloro che soffrivano di disturbi psichici ed handicap fisici. Wirth era stato supervisore dei sei istituti di eutanasia presenti nel Reich, Hering in qualità di comandante dei servizi non medici a Sonnenstein e Hadamar. In qualità di partecipante ai primi "esperimenti" di uccisione mediante gas di persone handicappate a Brandeburgo, Wirth divenne fin da subito un "esperto" in uccisioni di massa e per questo venne scelto come primo comandante del primo campo di sterminio del Governatorato Generale.

Fu probabilmente di Wirth l'idea di trasferire il metodo di uccisione utilizzato nel corso del programma T-4, basato su monossido di carbonio introdotto in camere a gas in muratura. Le esperienze precedenti fatte presso il campo di Chełmno, basate su grossi autocarri attrezzati con un collegamento tra gas di scarico e un rimorchio sigillato contenente i deportati da uccidere, non si erano infatti dimostrate abbastanza efficienti per l'elevato numero di vittime che era stato pianificato di eliminare a Bełżec. Per ragioni economiche e di trasporto, Wirth non utilizzò composti industriali di monossido di carbonio come era stato fatto nel programma T-4, ma da un motore per carro armato, dal quale i gas di scarico, fatali in uno spazio chiuso, erano convogliati all'interno delle camere a gas da un sistema di condutture.

Per i piccoli trasporti di ebrei e zingari su brevi distanze, una versione rimpicciolita della tecnica basata su autocarri a gas venne utilizzata anche a Bełżec: Lorenz Hackenholt, primo operatore delle camere a gas, ricostruì, con l'aiuto di artigiani locali, un autocarro Opel Blitz precedentemente adibito al servizio postale come furgone a gas. Un membro del personale di guardia testimoniò successivamente che le ragazze ebree adibite agli uffici del campo vennero uccise su questo autocarro negli ultimi giorni di operatività di Bełżec.

Nel campo di Bełżec, Wirth, alla ricerca di metodi sempre più "efficienti" di sterminio, sperimentò anche l'utilizzo di Zyklon B (acido cianidrico), che si prestava meglio del monossido di carbonio in caso di basse temperature esterne.

Le camere a gas, costruite in legno, erano dissimulate come baracche e locali doccia di un campo di lavoro, in maniera che le vittime non potessero accorgersi delle vere finalità del complesso e velocizzare così il processo di eliminazione: le persone erano costrette a correre dai treni alle camere a gas, senza avere il tempo di assimilare dove si trovavano o di pianificare una rivolta. Il processo di sterminio era diretto da Hackenholt, dalle guardie ucraine del campo e da un assistente ebreo. Un piccolo gruppo di ebrei era a disposizione del campo, in uno speciale Sonderkommando (comando speciale), per eseguire tutti i lavori manuali richiesti dallo sterminio: rimuovere i corpi dalle camere a gas, bruciarli, raccogliere e smistare l'abbigliamento delle vittime, ecc. Il Sonderkommando veniva periodicamente sterminato a sua volta e rimpiazzato con nuovi deportati per evitare l'organizzazione di rivolte all'interno del campo da parte di coloro che conoscevano il triste destino che li aspettava.

Il campo di sterminio era composto da due sottocampi:

  • il Campo I che includeva gli alloggiamenti delle guardie ucraine, le officine, le baracche per gli uomini del Sonderkommando, gli spogliatoi per le vittime dei convogli in arrivo
  • il Campo II che conteneva le camere a gas e le grandi fosse comuni

I due sottocampi erano collegati tra loro da uno stretto corridoio chiamato Schlauch o il tubo. Il personale tedesco di guardia al campo e l'amministrazione risiedevano in due villette fuori dal campo, nei pressi della strada principale.

Le tre camere a gas di Bełżec iniziarono ad operare ufficialmente il 17 marzo 1942, la data fissata per l'inizio dell' Aktion Reinhard. Le prime vittime furono gli ebrei deportati dai ghetti di Lublino e Leopoli.

In queste prime operazioni di sterminio si verificarono numerosi inconvenienti tecnici: il meccanismo delle camere era ancora problematico e normalmente solo una o due erano operative contemporaneamente causando così gravi ritardi. Inoltre i corpi, sepolti in fosse e ricoperti solo di un sottile strato di terra, si gonfiavano a seguito del processo di putrefazione e, come risultato delle fughe di gas corporei prodotti, la copertura delle fosse si fendeva, obbligando ad un nuovo lavoro di copertura. Questo inconveniente venne corretto nei campi di sterminio successivi con l'introduzione dei forni crematori.

Presto si realizzò che le tre camere a gas originali erano insufficienti per completare il "lavoro" pianificato, in particolar modo con il numero crescente di convogli provenienti da Cracovia e Leopoli. Per ovviare il "problema" venne costruito un nuovo complesso di sei camere a gas in cemento, ognuna di 4 x 8 metri (alcune fonti citano 4 x 5 metri), demolendo contemporaneamente le camere a gas in legno. Il nuovo complesso, in grado di servire 1.000 vittime per volta, venne imitato per gli altri due campi di sterminio dell' Aktion Reinhard: Sobibór e Treblinka.

L' 11 dicembre 1942, l'ultimo trasporto di ebrei arrivò a Bełżec. Per questa data la maggior parte degli ebrei dell'area servita da Bełżec erano stati quasi completamente sterminati. Per i pochi rimasti si reputò che il nuovo grande complesso in costruzione ad Auschwitz potesse essere utilizzato in maniera più economica.

Per ordine di Himmler, per nascondere le prove del massacro avvenuto, a partire dal novembre 1942 e fino al marzo 1943 tutti i corpi delle vittime vennero riesumati e cremati su grandi pire da uno speciale Sonderkommando 1005 composto da ebrei. Le ossa rimaste dopo il processo di cremazione vennero triturate da una speciale macchina e disperse nell'area del campo.

Terminate le cremazioni, nella primavera del 1943, il campo di Bełżec venne completamente distrutto: le baracche e le camere a gas vennero smantellate e gli elementi recuperati inviati a Majdanek dove servirono alla costruzione del campo di sterminio. L'intera area venne camuffata piantando abeti e lupini selvatici. Le villette esterne al campo, proprietà delle ferrovie polacche prima della guerra, vennero lasciate intatte.

Gli uomini del Sonderkommando 1005, una volta terminato il compito, vennero inviati a Sobibor, dove vennero sterminati a loro volta.

Il primo comandante del campo Christian Wirth venne ucciso dai partigiani alla fine di maggio 1944 in Italia, nei pressi di Trieste. Il suo successore Gottlieb Hering servì per breve tempo dopo la guerra come comandante della polizia criminale di Heilbronn e morì nell'autunno 1945 in ospedale. Lorenz Hackenholt sopravvisse alla guerra, ma fece perdere le sue tracce e non venne mai ritrovato. Sette appartenenti all' SS-Sonderkommando Belzec (il reparto responsabili delle operazioni di sterminio a Bełżec) vennero incriminati a Monaco, in Germania, dopo la guerra. Solo uno, Josef Oberhauser, venne processato nel 1965 e condannato a quattro anni e mezzo di di prigione.

[modifica] Testimonianza di Kurt Gerstein

Il tenente delle SS Kurt Gerstein, che lavorava nel dipartimento di disinfezione delle SS, venne comandato di effettuare una consegna di Zyklon B a Bełżec. Rimase così sconvolto per quello che vide che decise di nascondere i contenitori del gas e confessò ad un diplomatico svedese le sue impressioni. Egli raccontò di aver assistito all'arrivo di 45 vagoni riempiti con 6700 ebrei, la maggior parte dei quali erano già morti. I superstiti vennero condotti nudi alle camere a gas, dove:

« L'Unterscharführer Hackenholt faceva grandi sforzi per far funzionare il motore senza riuscirci. Arrivò il Capitano Wirth. Potevo vedere che era spaventato perché ero presente al disastro. Sì, io vedevo tutto e aspettavo. Il mio cronometro indicava 50 minuti, 70 minuti ed il motore diesel non partiva. La gente aspettava nella camera a gas. Inutilmente. Si poteva sentirli lamentarsi "come in una sinagoga" disse il Professor Pfannenstiel con i suoi occhi fissi ad una finestra nella porta di legno. Furioso il Capitano Wirth colpì al volto l'ucraino che aiutava Hackenholt per dodici, tredici volte. Dopo 2 ore e 49 minuti - il cronometro registrò tutto - il motore partì. Fino a quel momento le persone chiuse in quelle quattro stanze affollate erano ancora vive, quattro volte 750 persone in quattro volte 45 metri cubi. Passarono altri 25 minuti. Molti erano già morti, li si poteva vedere attraverso la finestra perché una lampadina si accese per alcuni istanti. Dopo 28 minuti in pochi erano ancora vivi. Finalmente dopo 32 minuti erano tutti morti... I Dentisti estrassero i denti, i ponti e le corone d'oro. In piedi, in mezzo a loro, stava il Capitano Wirth. Era nel suo elemento e, mostrandomi un barattolo pieno di denti disse:"Guardi il peso di quest'oro! È solo quello di ieri e del giorno precedente. Non può immaginare cosa troviamo ogni giorno, dollari, diamanti, oro... Se ne renderà conto da solo". »
(tratto da Yitzhak Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka: the Operation Reinhard Death Camps, Indiana University Press, 1987 - pag. 101-102)

[modifica] Conteggio delle vittime

Dopo la guerra, Eugeniusz Strojt in un articolo per il Bollettino della Commissione per le investigazioni sui crimini tedeschi in Polonia, stima che nel campo di Bełżec fossero state uccise 600.000 persone. Questa stima è ampiamente accettata in letteratura. Raul Hilberg indica un numero di 550.000 vittime. Yitzhak Arad invece indica 600.000 come valore minimo e il totale del suoi calcoli mostra che le deportazioni a Bełżec superarono i 500.000. J. Marszalek stima 500.000 vittime, Robin O'Neil 800.000, Dieter Pohl e Peter invece stimano un valore compreso tra 480.000 e 540.000. Michael Tregenza invece scrive della possibilità che a Bełżec siano morte 1.000.000 di persone.

Yitzhak Arad scrive di essersi dovuto basare in parte sui libri di Yizkor che non garantiscono di dare stime esatte del numero dei deportati. Arad si basa inoltre su documentazione delle ferrovie tedesche da cui raccoglie informazioni sul numero di convogli, questo però richiede di fare delle ipotesi sul numero di persone per treno. Tenendo conto dell'imprecisione delle fonti di riferimento, molti studiosi continuano a ritenere 600.000 un numero non lontano dal vero.

[modifica] Il telegramma Höfle

Una nuova e controversa prova nella discussione sulle vittime di Bełżec è stata pubblicata nel 2001 da Stephen Tyas e Peter Witte. Si tratta di un telegramma inviato da Hermann Höfle, capo dello staff dell'operazione Reinhard, in cui si dice che fino al 31 dicembre 1942 nel campo di Bełżec sono stati uccisi 434.508 ebrei. La differenza tra questo valore e le altre stime dipende dalla mancanza di fonti esatte e dettagliate per le statistiche sulle deportazioni.

Bisogna anche tener conto che non è completamente chiaro se il numero di deportati morti durante il trasporto sia incluso nelle somme finali. Considerato lo scopo di compilare statisticamente (in maniera di conoscere il numero totale di vittime della Soluzione finale - i numeri riportati da Höfle vennero utilizzati per la compilazione del rapporto Korherr) probabilmente i deportati morti durante i trasporti sono stati inclusi. Inoltre altre fonti, come il rapporto Westermann, contengono il numero esatto di persone deportate e stime del numero di morti durante il trasporto; questo ci da un indizio che essi siano inclusi nel conto finale perché sarebbe stato difficile per le autorità di Belzec conoscere il numero esatto degli assassinati del campo escludendo i morti durante il trasporto (che erano solamente stimati).

Tuttavia, nonostante le molte ipotesi avanzate, non esiste una risposta finale sull'argomento.

[modifica] Belzec nel dopoguerra

A causa degli sforzi nazisti per nascondere le prove dell'esistenza del campo alla fine della guerra, quasi tutte le tracce del sito scomparvero. Alcune delle fosse comuni contenenti le vittime, in parte bruciate e poi frettolosamente ritumulate, rimasero, e negli anni successivi al conflitto alcuni abitanti della zona le profanarono alla ricerca di eventuali valori sepolti con i cadaveri. Questa dissacrazione era relativamente ben conosciuta in Polonia e venne ampiamente condannata dalla stampa polacca dell'epoca. Nonostante ciò la pratica continuò per diversi anni e le autorità non furono in grado di trovare un efficace rimedio alle profanazioni. La ricerca dei profanatori continuò fino alla seconda metà degli anni '50.

Negli anni '60 l'area occupata precedentemente dal campo venne recintata e alcuni piccoli monumenti vennero eretti sul posto. L'area recintata non corrispondeva con la reale superficie di operazioni del campo a causa dello sviluppo commerciale avvenuto nel frattempo su alcune zone precedentemente occupate dal sito di sterminio. A causa dell'isolata posizione sui confini orientali della Polonia solo un piccolo numero di persone visitò l'area prima del 1989. Il campo era ampiamente dimenticato e la manutenzione totalmente trascurata.

Dopo il crollo del regime comunista avvenuto nel 1989, la situazione iniziò lentamente a cambiare. Un numero crescente di visitatori interessati a visitare i luoghi dell'Olocausto iniziarono ad arrivare a Bełżec. Molti di loro reagirono negativamente alla scarsa manutenzione e cura del sito. Alla fine degli anni '90 vennero eseguite diverse ricognizioni per determinare precisamente l'estensione del campo e capire meglio il funzionamento dello stesso (vedi sotto). Gli edifici costruiti dopo la guerra sul sito vennero demoliti.

Nel 2004 è stato inaugurato un nuovo grande monumento a memoria delle vittime.

[modifica] Indagine archeologica del 1997-1998

Tra le fine del 1997 e l'inizio del 1998 è stata condotto sul sito del campo di Bełżec un accurato esame archeologico, visto non erano ancora stati costruiti memoriali sul complesso. L'indagine è stata condotta da Andrzej Kola, direttore del dipartimento di archeologia subacquea dell'Università di Torun e da Mieczyslaw Gora, curatore anziano del Museo di archeologia ed etnologia di Łódź. Il gruppo ha identificato i raccordi ferroviari che conducevano al campo e i ruderi di numerosi edifici. Sono state inoltre scoperte 33 fosse comuni, la più grande di 70 x 20 metri. Il gruppo ha stimato di aver ritrovato almeno 15.000 corpi non completamente bruciati e:

« La più grande fossa comune ... conteneva resti umani non bruciati (parti di teschi con capelli e pelle). Lo strato inferiore delle fosse consisteva di diversi centimetri di spessore di grasso umano annerito. Una fossa conteneva ossa umane intatte, così fittamente accatastate che la perforatrice non era in grado penetrarle. »
(tratto da Archeologists reveal new secrets of Holocaust, Reuters News, 21 luglio 1998)

[modifica] Comandanti del campo

[modifica] Documentario cinematografico su Bełżec

Nel 2005 è stato girato un documentario intitolato Belzec della durata di 100 minuti e diretto dal francese Guillaume Moscovitz. Il documentario si avvale della testimonianza di Rudolf Reder, uno dei pochi sopravvissuti del campo.

[modifica] Bibliografia

  • (EN) Yitzhak Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka. The Operation Reinhard Death Camps, Indiana University Press, Bloomington and Indianapolis, 1987, ISBN 0253342937
  • (EN) Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Yale University Press, 2003, revised hardcover edition, ISBN 0300095570
  • (EN) Peter Witte and Stephen Tyas, A New Document on the Deportation and Murder of Jews during "Einsatz Reinhardt" 1942, Holocaust and Genocide Studies, Vol. 15, No. 3, Winter 2001, ISBN 0199225060
  • (DE) Adalbert Rückerl (Ed.): NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse. Belzec, Sobibor, Treblinka, Chelmno, dtv dokumente, München 1977, ISBN 3423029o4x
  • (PL) Rudolf Reder, Belzec, Kraków, 1946


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