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Rigassificatore - Wikipedia

Rigassificatore

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il rigassificatore di Panigaglia
Il rigassificatore di Panigaglia

Un rigassificatore è un impianto che permette di riportare lo stato fisico di un fluido dallo stato liquido a quello gassoso.

Solitamente il gas viene liquefatto (da cui la definizione di gas naturale liquefatto) mediante un forte abbassamento della temperatura, per poter essere trasportato in apposite navi dette metaniere e ritrasformato nello stato aeriforme per poter essere immesso nelle condotte della rete di distribuzione. Questa soluzione viene adottata quando il luogo di produzione del gas naturale è lontano dal luogo di utilizzo, e non è conveniente realizzare un collegamento mediante gasdotto. Il trasporto in forma liquida è conveniente rispetto al trasporto in forma gassosa grazie alla densità molto superiore, che richiede volumi di trasporto molto inferiori. Raggiunto il Rigassificatore il metano viene immagazzinato in un contenitore criogenico, e riportato in forma gassosa e immesso nella rete quando ve n'è il bisogno.

Indice

[modifica] Il processo di rigassificazione

Il processo di rigassificazione viene avviato con l'attracco di una metaniera presso il pontile dell'impianto. Il gas in forma liquida, a bassa temperatura (-160°C) e ad alta pressione viene inviato in un serbatoio di stoccaggio dove mantiene le medesime condizioni fisiche. Successivamente viene inviato ad un vaporizzatore che agendo sulla temperatura e sulla pressione effettua la gassificazione con l'espansione del gas tornato allo stato naturale. La variazione di temperatura avviene in genere tramite lo scambio termico in fasci tubieri tra gas liquido e acqua mare, che cede il proprio calore al gas; la pressione invece viene ridotta tramite l'espansione del gas in appositi serbatoi. A questo punto il gas può essere immesso nella rete di distribuzione nazionale.

[modifica] Tipologie di Rigassificatori

Per approfondire, vedi la voce Elenco dei rigassificatori nel mondo.

Esistono varie tipologie di rigassificatori che sfruttando diverse soluzioni tecniche permettono di adattarli secondo le varie esigenze dei siti in cui vengono costruiti.

[modifica] Onshore

É la tecnologia più diffusa e collaudata perché la prima ad essere sviluppata. Consiste nel realizzare in prossimità del mare (in genere all'interno o in prossimità di una grossa area portuale) dei silos destinati ad accogliere il gas riportato allo stato aeriforme. Tali silos, costruiti per lo più con una struttura metallica a forma cilindrica, sono poi collegati attraverso opportune condotte ad un pontile di attracco a cui ormeggia la nave metaniera che trasporta il gas in forma liquida. Prima di essere immesso nei silos il gas viene riscaldato (o meglio acquista calore in genere dall'acqua marina) e ritorna allo stato aeriforme.

[modifica] Offshore GBS (Gravity Based Structure)

Questa tecnologia è la più innovativa e non ha ancora visto una realizzazione operativa, infatti il primo terminale al mondo di questo tipo è quello progettato da Aker Kværner per conto della società Adriatic LNG[1] al largo di Rovigo, presso Porto Viro. Il rigassificatore consiste in una struttura di cemento armato in cui sono alloggiati due serbatoi in acciaio. La struttura viene trasportata dal cantiere dove è costruita (semplicemente trainata sfruttando la spinta di archimede dato che è in grado di galleggiare) sul luogo dove deve essere posizionata e viene affondata, cioè fatta adagiare sul fondo utilizzando una opportuna zavorra. La struttura costituisce così una vera e propria isoletta artificiale a cui le navi metaniere possono attraccare e scaricare il gas. L'impianto che riporta il gas allo stato aeriforme è alloggiato sulla stessa struttura, assieme agli impianti ausiliari e agli alloggiamenti del personale di bordo. Un gasdotto sottomarino permette di collegare il rigassificatore alla costa e di far arrivare il gas alla rete sulla terraferma.

[modifica] Offshore FSRU (Floating Storage Regassification Unit)

A differenza della precedente questa tecnologia non prevede la realizzazione di una struttura portante di cemento armato in cui alloggiare i serbatoi per contenere il gas ma utilizza una nave metaniera opportunamente adattata che viene ancorata permanentemente in un punto della costa e che funziona da serbatoio galleggiante a cui attraccano le metaniere per scaricare il gas liquefatto che poi viene riportato allo stato aeriforme nella stessa nave. Un gasdotto collega la nave alla terraferma consentendo di immettere il gas nella rete gas. Questo sistema verrà applicato nel sito di Livorno dalla società Olt Offshore, partecipata di Iride ed Endesa, che farà ancorare a 25 km dalla costa la nave cisterna norvegese "Golar Frost".

Le tecnologie sono diverse ed hanno sicuramente per questo pregi e difetti che le distinguono. La prima è sicuramente la più economica ma ovviamente richiede l'impegno di una certa superficie di un'area portuale o comunque di terraferma. Di solito questo tipo di impianti sono stati realizzati in grosse aree portuali (il caso del Giappone o della Spagna) oppure in complessi petroliferi o chimici costieri (il caso della Francia) non mancano però tuttavia il caso di impianti costruiti su zone della coste in cui si è dovuto costruire il pontile di attracco partendo dal nulla (di nuovo la Spagna). Le due tecnologie offshore offrono sicuramente più versatilità perché vengono realizzate in mare aperto e quindi risultano adeguate a situazioni in cui le coste sono densamente abitate e non esistono grossi porti. Per contro sono assai più costose e richiedono tempi di progettazione e di realizzazione maggiori.

[modifica] Le controversie sulla loro realizzazione

La costruzione dei rigassificatori è oggetto di aspro dibattito in Italia poiché si frappongono due diverse esigenze: da un lato quella di ottenere maggiore capacità di approvvigionamento di gas da altri paesi, dall'altro i timori delle comunità locali.
Il primo è un aspetto di natura politica, mentre il secondo riguarda le tematiche di sicurezza e ambiente. L'impianto di rigassificazione, trattando gas altamente infiammabile in determinate condizioni desta parecchie preoccupazioni nelle comunità locali, le quali temono i rischi di esplosione nell'ambito di un incidente rilevante. Considerando la massa di gas i rischi potenziali sono concreti, seppure le condizioni di sicurezza sono garantite (come nel caso di una centrale nucleare) dall'impianto stesso. Pertanto nella popolazione locale un rigassificatore è avvertito solamente come una minaccia all'integrità ambientale e fisica della zona. È pur vero che in molte zone d'Italia la protesta contro la costruzione dei rigassificatori è spinta da interessi politici, spesso poco chiari in merito alla reale portata del pericolo e ai benefici.

[modifica] Aspetti negativi

Come già accennato gli aspetti negativi che riguardano la costruzione di un rigassificatore sono legati soprattutto ai rischi potenziali dell'impianto stesso, in quanto atto a lavorare grosse quantità di metano altamente infiammabile: per questa ragione sono sottoposti alle direttive Seveso, ossia di impianti a rischio di incidente rilevante come per le raffinerie di petrolio. Sono stati condotti vari studi riguardo al rischio potenziale dei rigassificatori, la maggior parte di essi è ovviamente legato a modelli teorici in quanto un reale incidente di grosse proporzioni (come quello più volte paventato dagli oppositori), non si è mai verificato. Secondo alcuni studi però [citazione necessaria] l'esplosione della massa gassosa potrebbe investire un'area di decine di chilometri quadrati. Inoltre la presenza di un rigassificatore determina possibili fughe di gas in atmosfera che potrebbero comportare inquinamento atmosferico.

[modifica] Aspetti positivi

Per quanto l'impianto presenti rischi potenziali di esplosione, la tecnologia in questo campo rende gli impianti piuttosto sicuri: non a caso gli incidenti che riguardano gassiere e gli impianti di rigassificazione sono pochi rispetto altri impianti come le raffinerie di petrolio.
Grazie al passaggio di stato del gas, dallo stato liquido a quello gassoso, si hanno a disposizione molte frigorie da utilizzare nell'industria del freddo come surgelati, frutta ecc. dal quale si possono abbattere i costi energetici fino al 40%. Oppure negli ambiti della ricerca e nella produzione di materiali ad alto valore tecnologico: superconduttori e nanotecnologie. Un aspetto quest'ultimo che offre la possibilità di interagire con le strutture scientifiche ed universitarie, con le positive ricadute occupazionali.

Il ciclo di rigassificazione di per sé non presenta grandi emissioni di CO2 in atmosfera, come una centrale elettrica a gas o ad olio combustibile. Pertanto il suo impatto ambientale è da considerarsi parecchio limitato. Infine la loro costruzione consente un miglior approvvigionamento di gas anche da altre nazioni produttrici, l'Italia infatti importa gas solo da Russia, Libia e Algeria tramite gasdotti. La presenza dei rigassificatori consentirebbe un approvvigionamento diversificato anche da altre aree del mondo particolarmente ricche di gas, ma impossibili da collegare con gasdotti.

[modifica] Incidenti rilevanti su impianti di rigassificazione

Fortunatamente il numero di incidenti rilevanti legati agli impianti di rigassificazione sono solamente due:

[modifica] Aspetti politici

Il governo si è impegnato nel 2006 nella realizzazione di almeno 4 rigassificatori in modo da ottenere una certa indipendenza energetica dall'Algeria e dalla Russia, che grazie ai recenti accordi possono imporre prezzi molto alti all'Italia. Due ipotesi si contrappongono.

[modifica] L'Italia come Hub europeo

L'Italia può sfruttare la propria posizione centrale nel Mediterraneo e in Europa, nonché le notevoli connessioni via gasdotto verso il Nord Europa, per proporsi come un Hub energetico, esportando gas verso l'Europa. «L'Italia ha bisogno di undici rigassificatori di cui almeno quattro dovrebbero essere avviati subito» [2]

[modifica] Soluzione minima

La linea ambientalista rifiuta di impiegare l'Italia come porta d'accesso per il gas europeo, e impone di realizzare solo quei 4 rigassificatori che coprano il fabbisogno locale. (Pecoraro Scanio)

[modifica] Rigassificatori in Italia

[modifica] In funzione

[modifica] Progetti approvati

[modifica] In progetto

  • Ravenna (RA) (8 Gmc/anno), azionista: ENI. Offshore FSRU (piattaforme petrolifere da riadattare, al largo delle coste)
  • Gioia Tauro (RC) (12 Gmc/anno), azionista: LNG Med Gas Terminal (49% CrossNet gruppo Belleli, 25,5% Sorgenia, 25,5% IRIDE)
  • Porto Empedocle (AG) (8 Gmc/anno), azionista: Nuove Energie (90% Enel)
  • Taranto (8 Gmc/anno), azionista: Gas Natural, in accordo con SNAM
  • Zaule, Trieste (8 Gmc/anno), azionista: Gas Natural, in accordo con SNAM
  • Monfalcone / Grado, Terminal Alpi Adriatico, (8 Gmc/anno), azionista: Endesa, offshore,
  • Priolo Gargallo (SR)[4] (8 Gmc/anno), azionisti: 50% Erg, 50% Shell
  • Rosignano (LI) (8 Gmc/anno), azionisti: 70% Edison, 30% British Petroleum, probabilmente escluso dall'approvazione definitiva del limitrofo rigassificatore di Livorno

Tra parentesi: la capacità di rigassificazione (miliardi di mc all'anno).

[modifica] Note

  1. ^ http://www.adriaticlng.com/pagine/home.aspx
  2. ^ intervista di Antonio Di Pietro ad Adnkronos, 19 agosto 2006
  3. ^ Il progetto è stato approvato con Autorizzazione Unica, ma non avendo espletato la VIA è stato bloccato, tra molte polemiche e la forte opposizione delle comunità locali
  4. ^ http://www.ioniogas.it/

[modifica] Collegamenti esterni

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