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Pietro Cavallini - Wikipedia

Pietro Cavallini

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Giudizio Universale (part.) Santa Cecilia in Trastevere
Giudizio Universale (part.) Santa Cecilia in Trastevere

Pietro Cavallini (metà del XIII secolo – inizio del XIV secolo) è stato un pittore e mosaicista italiano, tra i più importanti esponenti della scuola romana del XIII secolo.

Indice

[modifica] Note biografiche

I dati biografici di Pietro Cavallini si limitano a notizie tra il 1273 e il 1321. La presunta data di nascita dovrebbe essere intorno al 1240. Ciò che sappiamo per certo è la provenienza romana di Cavallini che in alcune sue opere si firma pictor romanus. Anche la data e il luogo della morte sono sconosciuti, ma generalmente viene indicata dopo il suo ritorno a Roma dalla corte angioina napoletana, quindi verso il 1325.

[modifica] La scuola romana tra Cimabue e Giotto

Natività (dettaglio), Santa Maria in Trastevere
Natività (dettaglio), Santa Maria in Trastevere

Il panorama della pittura italiana alla fine del Ducento ruota tutto attorno all'asse Firenze, Assisi, Roma: da Firenze provengono la maggior parte degli artisti, Assisi è la "vetrina" più importante e Roma è intanto sede della committenza papale, e poi? Non è ancora stato pienamente chiarito il ruolo dei pittori della scuola romana, un problema improvvisamente riaccesosi dopo la pubblicazione dei risultati dei restauri al Sancta Sanctorum di San Giovanni in Laterano, che presenta notevoli innovazioni alcuni anni prima degli affreschi della basilica superiore di Assisi.

La cosiddetta scuola romana fu, da Vasari, ingiustamente fatta risalire ad una delle tante scuole giottesche come scrive nella Vita di Pietro Cavallini

« [...] si sforzò sempre di farsi conoscere per ottimo discepolo di Giotto [...] »

Mentre nacque intorno alla fine del XIII secolo con il contributo di pittori già famosi come Jacopo Torriti e Filippo Rusuti, ma molto legati ancora alle forme musive del bizantino che molta influenza aveva avuto a Roma nei secoli precedenti. Con Pietro Cavallini la pittura romana cambiò registro e si anticipa il "naturalismo" di Cimabue, trasmesso forse al maestro fiorentino durante il suo soggiorno romano, ma c'è anche chi sostiene che sia stato invece importato da Cimabue. I pittori romani avevano dopotutto ancora a disposizione i più grandi cicli decorativi dal paleocristiano al bizantino come quelli delle chiese di Santa Sabina e San Clemente.

[modifica] Opere

La prima opera di Cavallini di un certo rilievo fu la decorazione della chiesa di San Paolo fuori le mura a Roma. L'opera constava in due cicli ad affresco anteriori, tratte dagli Atti degli Apostoli e dall'Antico Testamento, più le raffigurazioni dei busti dei Papi a mosaico come testimoniato sempre dal solito Vasari

« ... Et in San Paulo fuor di Roma, fece la facciata del musaico che v'è e per la nave del mezzo v'interpose molte storie del Testamento Vecchio... »

In quell'occasione lavorava a San Paolo anche il fiorentino Arnolfo di Cambio, autore del ciborio (1285).

Il lavoro si protrasse dal 1277 al 1285, purtroppo questo cliclo è scomparso completamente con l'incendio che nel 1823 distrusse quasi completamente la chiesa. Ne restano solo alcune copie a disegno che però non permettono di capire se all'epoca il pittore avesse già padronanza degli stilemi dell'arte gotica.

[modifica] Santa Maria in Trastevere

L'Annunciazione
L'Annunciazione

La prima opera che mostra appieno le capacità tecniche di Cavallini sono i mosaici di Santa Maria in Trastevere, un'opera nella quale il pittore romano chiudeva il ciclo delle forme ieratiche bizantine e adatta i modelli stilistici dei suoi mosaici alle novità che provenivano da Cimabue ma anche da Duccio di Boninsegna affiancando la scuola romana al clima gotico della pittura prima di Giotto.

La nuova sensibilità si può vedere nelle citazioni naturalistiche della Nascita di Gesù ma meglio ancora nella tridimensionalità del trono che appare dietro la Madonna spaventata dall'improvvisa apparizione dell'Arcangelo annunciante. Questo ciclo decorativo viene datato 1291 anche se di recente alcuni storici tendono a spostarlo più avanti nel tempo, al 1296 circa[1].

Queste architetture sono state messe in relazione con le opere di Giotto, ma in questo confronto Cavallini mostra un innato handicap: le sue quinte architettoniche infatti sono dei semplici sfondi irreali, che, tranne rari casi (l'altare della Presentazione al tempio o il trono di Maria) non dialogano con i personaggi, che anzi sono decisamente sproporzionati. Inoltre la presenza di punti di vista diversi dà a queste prospettive intuitive un aspetto arcaico e impreciso, che in Giotto è molto meno percepibile.

[modifica] Santa Cecilia in Trastevere

Giudizio Universale, particolare
Giudizio Universale, particolare

L'opera più rappresentativa di Cavallini sono gli affreschi della chiesa di Santa Cecilia, dove la scelta della tecnica dell'affresco offre notevoli spunti stilistici che il mosaico non permette, soprattutto nei panneggi che con il chiaroscuro danno alla scena rappresentata una tridimensionalità e una potenza espressiva di grande spessore drammatico.

In questa ottica si può leggere il Giudizio Universale, l'opera di Cavallini generalmente reputata il capolavoro del maestro romano. Con questi affreschi (generalmente datati 1293, quando vi lavorava ancora Arnolfo ad un altro ciborio) la pittura romana si affianca e supera i modelli toscani anche se in contemporanea la crescita del giovane Giotto imporrà la sua visione artistica e i suoi modelli influenzeranno in maniera radicale tutta la pittura dal Trecento in poi. L'opera di Cavallini è particolarmente innovativa perché per esempio negli apostoli seduti negli scranni egli sa infondere una presenza fisica e un volume del tutto estranei alla maniera bizantina: i panneggi non sono ripetitivi, ma variano a seconda della posizione delle membra, i volti sono raffigurati con individualità, la cromia è varia, il chiaroscuro è morbido e raffinato, ma non costipato, grazie a lumeggiature ed ombre scure nei solchi più profondi.

Alcuni critici però non azzardano a porre Cavallini prima di Giotto, e collocano il Giudizio di Trastevere dopo la lezione assisiate delle Storie di Isacco e delle Storie di San Francesco.

[modifica] Il cantiere di Assisi

Non esiste nessuna testimonianza certa della partecipazione di Pietro Cavallini a quella grande palestra pittorica che fu la decorazione della Basilica di San Francesco di Assisi. Sembra strano visto che nel 1299 quando Giotto arrivò ad Assisi già vi lavoravano i grandi nomi della pittura del tempo come Cimabue, Jacopo Torriti e Filippo Rusuti e poi in seguito anche i grandi maestri senesi come Ambrogio Lorenzetti, suo fratello Pietro Lorenzetti e Simone Martini oltre una lunga corte di sconosciuti maestri giotteschi come il Maestro della Maddalena, il Maestro delle Vele e il Parente di Giotto, Cavallini era già molto famoso e uno dei pittori italiani più innovativo.

Maestro d'Isacco, Isacco respinge Esaù
Maestro d'Isacco, Isacco respinge Esaù

Alcuni hanno visto nel Maestro d'Isacco della basilica superiore la mano di Pietro Cavallini anche se è stata riproposta come alternativa la mano di un Giotto giovanissimo al seguito del maestro Cimabue durante la prima decorazione della basilica. In seguito storici dell'arte come Federico Zeri e Bruno Zanardi hanno attribuito gli affreschi almeno a tre mani di maestri, tra i quali il principale sarebbe stato lo stesso Cavallini (a giudicare da alcune riferimenti indiretti e soprattutto dalla modalità della stesura degli incarnati, molto più vicina alle opere di Cavallini che a quelle giottesche), seguito dal Rusuti e da un giovane Giotto.

[modifica] La corte angioina di Napoli

Intorno al 1308, Pietro Cavallini, si trovò a Napoli presso Carlo II d'Angiò il cui mecenatismo portò a Napoli alcuni dei più importanti pittori della sua epoca. Cavallini lavorò a San Domenico Maggiore nel 1308 e a Santa Maria Donnaregina nel 1317 con il suo concittadino Filippo Rusuti. Tornò a Roma sicuramente prima del 1325, nel 1321 iniziò la decorazione esterna della Basilica di San Paolo fuori le mura, eseguì un ciclo di mosaici secondo la tecnica bizantina che andrà distrutto in un incendio dell' Ottocento e questa fu l'ultima sua grande opera che probabilmente coincise con il periodo della sua morte.

[modifica] Note

  1. ^ Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999, pagina 365.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Voci correlate

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