Marcel Petiot
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Marcel Petiot nacque il 17 gennaio del 1897, ad Auxerre, ed iniziò ben presto a farsi conoscere, poiché derubava e faceva dispetti agli stessi compagni di classe, motivi per il quale fu richiamato molte volte dai suoi insegnanti. Quando poi emerse che si divertiva a torturare dei piccoli animali per lasciare allibiti gli amici, fu fatto visitare da uno psicologo. Nel 1912, perse la madre, così lui e suo fratello furono affidati ad una zia. Nel gennaio del 1916, partì per il servizio militare, mentre era in corso la prima guerra mondiale. In seguito ad un furto, commesso nei confronti di un suo commilitone, fu arrestato e trasferito ad Orleans. Qui fu ricoverato nell’ospedale di Fleury-les-Aubrais, poiché i medici lo ritennero parzialmente insano di mente, permettendogli di ritornare in servizio soltanto due anni dopo. Nella testa del futuro medico c’era un solo obiettivo, quello di farsi congedare il prima possibile. Realizzò il suo intento sparandosi ad un piede, un’azione che convinse i suoi superiori, stanchi delle sue continue bizze, a rispedirlo a casa.
Finita la guerra, in qualche modo riuscì a prendere, 15 dicembre del 1921, la laurea in medicina e a farsi assumere nell’ospedale di Evreux. Per qualche anno si prese molta cura dei suoi pazienti, tanto da ricevere molteplici apprezzamenti da parte dei colleghi. Quando poi si trasferì a Villeneuve-sur-Yonne, attirò su di sé la fiducia di gran parte degli altri dottori e dei cittadini del paese, che di lui dissero: “Il Dottor Petiot è un giovane medico di venticinque anni, che può fare solamente del bene con la sua conoscenza aggiornata di medicina che ha fatto passi da gigante, ecco perché i suoi pazienti hanno fiducia in lui”. All’inizio non ci fu nessun episodio di rilievo, tranne quando un farmacista lesse una prescrizione fatta dallo stesso Petiot, con alcune dosi di narcotico esagerate per un bambino. Interrogato dal farmacista, Marcel rispose con disinvoltura in questo modo: “Che problema c’è per voi, non è meglio eliminarlo? In questo mondo è solo un peso anche per la stessa madre”. Affermazione che naturalmente lasciò il suo interlocutore senza parole. Nel maggio del 1926, Petiot fece visita ad una sua paziente benestante, una giovane donna di nome Louise Delaveau. Dopo un breve controllo, tirò fuori un’ascia e la fece a pezzi, poi mise i resti in un sacco e, con la vettura, li portò vicino ad un fiume dove li gettò, tenendo comunque alcune parti del cadavere per sé, forse per realizzare macabri esperimenti. Nei giorni seguenti, uno dei pazienti mise in circolazione delle strane voci sul conto del dottore, disse di aver visto entrare Petiot in casa della donna lo stesso giorno dell’omicidio. Il medico, sentendosi accusato, senza perdere tempo andò a far visita all’uomo per farlo tacere per sempre. Arrivato sotto casa del suo accusatore, si fece aprire la porta e, una volta dentro, lo colpì al petto con un lungo coltello. Con rabbia, gli tagliò la gola fino a quasi decapitarlo, poi sezionò il cadavere in più parti e ne nascose i resti dentro ad una buca.
Nel luglio del 1926, con uno stratagemma e con l’aiuto di un complice, riuscì a farsi eleggere Sindaco. Per i primi mesi della sua nuova carica politica, gli apprezzamenti dei cittadini non mancarono, ma anche questa volta erano troppo precoci. Nel mese di giugno del 1927, Petiot si sposò con una ragazza di nome Georgette Lablais, di ventitré anni, figlia di un cittadino conosciuto e facoltoso di quel piccolo paese. L’anno dopo, ebbero l’unico figlio, che chiamarono Gerhardt. Durante il suo mandato come primo cittadino, Petiot fece sparire dalle casse comunali parecchi franchi, oltre a compiere altre irregolarità, motivo per il quale, nel 1930, verrà sospeso per quattro mesi. La punizione subita, da lui considerata ingiusta, finì per alimentare ancora di più la sua follia omicida. In particolare, addossava la colpa del suo allontanamento temporaneo ad un rivale in politica, il Sig. Armand Debauve. Una sera di marzo del 1930, Petiot si introdusse nella casa dell’antagonista e prese di sorpresa la moglie di nome Henriette. Con un coltello infierì molte volte all’addome, poi le tagliò la gola, lasciandola stesa sul pavimento. Nonostante quell’ennesimo delitto, riuscì a cavarsela, anche se i sospetti su di lui erano sempre più forti, poiché era stato riferito alla polizia che Petiot era stato visto nei pressi della casa della vittima. Non vi erano però prove concrete, perciò tutto cadde nel vuoto. La situazione per Petiot stava diventando pesante, ma un altro omicidio avrebbe scosso il paese; una donna, sua paziente, lo accusò di aver abusato della propria figlia drogandola. Il medico, che nel frattempo aveva ripreso la carica di Sindaco, andò a farle visita. Quella sera, in casa, la figlia e il marito non c’erano (probabilmente Petiot aveva calcolato tutto come era solito fare). Appena l’uomo fu dentro l’abitazione, le diede un colpo alla testa con un tubo di ferro, ne martoriò il corpo con varie pugnalate e lo fece sparire. Verrà ritrovata soltanto mesi dopo, in stato di decomposizione, in un fossato. Dopo questo delitto, con un processo per le irregolarità commesse ancora in corso, Marcel Petiot prese la sua famiglia e fuggì a Parigi, è il gennaio del 1933.
La sua permanenza nella capitale francese iniziò con la collaborazione presso lo studio di un altro medico, che era già ampiamente conosciuto. Col tempo, anche Petiot poté aprirsi uno studio privato per prendersi “cura” dei suoi nuovi pazienti. All’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1941, quando la Francia era occupata da tedeschi, Petiot comprò casa in Rue le Sueur 21 e, con la complicità di un suo aiutante di nome Raoul Fourrier, convinse degli ebrei ad andare a casa sua, con la promessa di garantire loro un rifugio sicuro e dare loro anche la possibilità di scappare in Sud America. Intorno alla casa fece costruire delle mura molto alte, in modo che nessuno potesse vedere all’interno dell’abitazione e soprattutto all’interno del laboratorio, dove compì i suoi orribili rituali. Le sue prime vittime accertate furono Joseph Reoucreux, Francois Albertini, Adriene Estebeteguy, Claudia Chamoux, Basset Annette e Gisele Rossny. Arrivarono tutti a casa sua di notte, li fece spogliare e somministrò loro del cianuro, spacciandolo per un vaccino, poi prese un’ascia, smembrò i loro corpi e infine nascose i loro resti in grandi buche. Nell’aprile del 1942, Yvan Defrus, Denise Hotin, Paul Braunberger, Joseph Piereski e Paulette Grippay furono massacrati da Petiot. Furono tutti decapitati e privati delle gambe, tagliate via dal corpo per chissà quale scopo, forse come oggetto di qualche utopico esperimento. L’11 marzo del 1944, i vicini di casa chiamarono la polizia perché dal camino del dottore fuoriusciva un odore insopportabile. Le forze dell’ordine fecero irruzione e durante la perquisizione trovarono ventisette corpi mutilati e martoriati in vari modi. In un pozzo c’erano dei resti umani con segni di torture, in un armadio furono trovati dei flaconi con vari tipi di veleno e medicinali fatti dallo stesso Petiot. Gli investigatori si mossero alla ricerca del Dottore, che furbescamente aveva cambiato nome in Henry Valeri, riuscendo per un certo periodo a far perdere le proprie tracce. La moglie Georgette ed il fratello Maurice Petiot furono invece trovati ed arrestati per complicità. Gli estenuanti interrogatori a cui vennero sottoposti, fecero confessare entrambi i complici, che dichiararono di aver aiutato il dottore a reclutare diversi ebrei e cittadini francesi. Gli avevano procurato anche del cemento per coprire i corpi straziati di tutte quelle persone, ma non sapevano dove fosse fuggito. Nel frattempo Petiot si era nascosto presso alcuni amici di fiducia della resistenza che, con molta perplessità, gli chiesero il motivo di questa sua fuga. Lui rispose che, qualche giorno prima, aveva ucciso un soldato tedesco. Convinti da questo racconto, i resistenti gli fecero avere dei documenti falsi, mentre lui, per camuffarsi meglio, si fece crescere la barba e i baffi, con la speranza di non essere identificato dalla polizia.
Il 31 ottobre del 1944, Petiot si trovava alla stazione del metrò di Parigi, dove fu riconosciuto ed arrestato. In carcere tentò di giocarsi l’ultima carta disponibile: raccontò che i corpi delle vittime non erano altro che nazisti uccisi dalla resistenza francese, ma la sua versione non fu creduta. Intanto la polizia di Villeneuve trovò delle prove importanti inerenti i cittadini uccisi da Petiot durante il suo soggiorno in quel paese e nella Senna furono rinvenute diverse teste e resti umani vari in fase di decomposizione. Solo per alcuni di essi si riuscì a risalire all’identità: Joachim Guschinov, e un intera famiglia Kurt Kneller la moglie Lina Wolff la sorella Margaret e il figlio Renè. Durante il processo del 19 marzo del 1946, il suo avvocato difensore, Renè Floriot, tentò in tutte le maniere di convincere i giudici che il suo assistito aveva commesso quegli omicidi solamente per amor di patria, sostenendo che non erano altro che dei soldati tedeschi, mentre gli ebrei dei quali si erano perse le tracce stavano vivendo tranquillamente in una località del Sud America. Nonostante il suo lavoro di persuasione, le prove contro il Dottore furono schiaccianti. Contando le vittime scoperte nella Senna e quelle trovate in casa sua, il conteggio totale ammontò a ventisei capi di imputazione, anche se dalle fonti storiche si potrebbe presumere che le vittime fossero oltre le sessanta unità. Prima che avvenisse l’esecuzione alla ghigliottina, Petiot disse queste parole: “Non sono un uomo religioso, e la mia coscienza è pulita. Signori, vi chiedo solo di non guardare, la cosa non sarà carina”. Era l’alba del 25 maggio del 1946, fino alla fine la sua freddezza rimase intatta.