Wiligelmo
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Wiligelmo (XI secolo – XII secolo) è stato uno scultore italiano, uno dei primi a firmare le sue opere in Italia.
Scolpì i rilievi del duomo di Modena verso il 1099 e probabilmente fu anche l'architetto responsabile dell'edificazione della facciata e della parte anteriore della cattedrale modenese. È il più importante maestro della scultura romanica in Italia, dotato nelle sue opere di una forza vitale e di un senso della narrazione inarrivabile per i suoi seguaci, superato pienamente forse solo da Nicola Pisano, più di due secoli dopo.
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[modifica] Attività artistica
Molto probabilmente era un artigiano che teneva bottega a Modena, con diversi discepoli, anch'essi intervenuti nella decorazione del duomo (sono tutti anonimi e vengono indicati nelle pubblicazioni d'arte coi nomi di Maestro di Artù, Maestro di San Geminiano, Maestro delle Metope). Il suo nome ci perviene da una scritta in caratteri diversi (sicuramente postuma) posta sotto la lastra della facciata del duomo, indicante la data di fondazione della chiesa che elogia nel latino dell'epoca la sua opera di scultore ("Quanto tra gli scultori/tu sia degno di onore/è chiaro ora, o Wiligelmo/per le tue opere"). La scritta è sorretta dalle figure di Enoc ed Elia, profeti che furono assunti in cielo senza morire, per dimostrare maggiormente l'immortalità di cui godrà l'autore per il suo lavoro. Doveva anche godere di una notevole considerazione, se il popolo modenese che voleva costruire una notevole cattedrale non lo cercò fuori Modena, come aveva fatto per l'architetto Lanfranco, fatto venire probabilmente dal nord della Lombardia, ma lo scelse proprio a Modena.
Fra i più noti rilievi di Wiligelmo vi sono quelli di Storie della Genesi, oggi inseriti appunto nella facciata del Duomo di Modena. Anticamente, è probabile che abbiano fatto parte del prospetto del pontile della chiesa, ovverosia il parapetto del presbiterio. Da essi, comunque sia, vediamo emergere le qualità dell'autore: aderenza al tema trattato, espressività, sintetizzazione, essenzialità. Gli ambienti non vengono descritti: i soggetti vengono piuttosto colti in azione, esaltando la loro esistenza. Esempio tipico è quello del cieco Lamech che uccide Caino: la cecità è resa mirabilmente dal suo atteggiamento. Il tutto costituisce una narrazione sommaria.
Si osservi, poi, La creazione della donna, dove l'ambiente in cui avviene il miracolo è indicato da una roccia tondeggiante, che rappresenta le acque del fiume Paradiso.
Non è il naturalismo romano, classicheggiante o funzionale alla narrazione storica. Ma non è neanche la concezione aspaziale bizantina. È piuttosto una trasformazione del simbolismo bizantino. Non è fatto per intuire un'idea, ma per far concepire la realtà del luogo, senza descriverlo dettagliatamente, ma dando efficacemente solo degli accenni, per lasciare l'immaginazione allo spettatore. La sua scultura è alquanto rozza, volutamente sommaria, per essere più comprensibile ai poveri analfabeti cui era didatticamente rivolta. Ciò però non deve indurre a pensare a carenze tecniche dello scultore perché nei due genietti porta-fiaccola della facciata del Duomo, ad esempio, la tecnica di Wiligelmo può dirsi pari a quella delle opere degli scultori classici. Probabilmente, aveva potuto osservare queste opere nei reperti romani venuti alle luce quando si era scavato per cercare pietre, trovando invece la necropoli romana ricca di lapidi e sarcofagi.
Alcuni attribuiscono a Wiligelmo, o alla sua scuola, anche alcuni rilievi, facenti forse parte di un pulpito smembrato, che oggi sono collocati in vari punti della facciata del Duomo di Cremona.
[modifica] Influenze
Alcuni elementi della sua tecnica ricordano la scultura aquitanica, in modo particolare quella del chiostro dell'abbazia di San Pietro a Moissac e quella di Saint-Sernin nella vicina Tolosa.
Si è discusso a lungo su questi contatti, presupponendo una formazione di Wiligelmo entro l'ambito di quei cantieri. Non vi è dubbio che questi contatti esistano, ma, più che di una dipendenza di Wiligelmo dalle sculture aquitaniche (del resto di poco precedenti quelle di Modena), si tratta di una contemporaneità culturale, di reciproci scambi, pur nell'affermazione individuale della personalità di ogni singolo artista.
Si può parlare di una scuola wiligelmica non solo per i suoi allievi ma anche per due altri grandi scultori dell'epoca, a lui di poco posteriori: Niccolò, attivo a Ferrara, e Benedetto Antelami, attivo a Parma, i quali mostrano di avere subito la sua influenza.
[modifica] Bibliografia
- Roberto Salvini, Wiligelmo e le origini della scultura romanica, Milano, Martello, 1956.
- Arturo Carlo Quintavalle, Wiligelmo e la sua scuola, Firenze, Sadea-Sansoni, 1967.
- Wiligelmo e Lanfranco nell'Europa romanica, atti del convegno (Modena, 24-27 ottobre 1985) a cura di E. Castelnuovo, A. Peroni, S. Settis, Modena, Panini, 1989.
- Wiligelmo e Matilde l'officina romanica, catalogo della mostra (Mantova, 1991) a cura di A. Calzona, A. C. Quintavalle, Milano, Electa, 1991.
- Chiara Frugoni, Wiligelmo. Le sculture del Duomo di Modena, Modena, Panini, 1996.
- Il duomo di Modena. The cathedral of Modena, a cura di C. Frugoni, Modena, Panini, 1999.
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