Reti
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Il popolo dei Reti si localizzò sulle Alpi nei secoli a.C.. Abitavano tra le montagne in un'area delimitata tra il fiume Reno e il Ticino, l'Adige, l'Isarco, la Drava e l'Inn, ovvero le regioni del Trentino-Alto Adige, il Tirolo, la Bassa Engadina e le prealpi veronesi. Castellieri retici sono stati trovati anche nel feltrino ed in altri luoghi sparsi.
Ad ovest confinavano con i Camuni della Val Camonica, famosi per le loro numerosissime incisioni rupestri.
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[modifica] L'origine dei Reti
Come tutti i popoli per cui la loro storia affonda prima dell'uso della scrittura vi sono più ipotesi sulla loro nascita. La più attendibile è che nacquero come popolo di indigeni alpini. Storici latini posero l'inizio della civiltà del popolo dei Reti nel II secolo a.C. come un miscuglio di Etruschi, Celti, Illiri, di fuggiaschi inselvatichiti, barbari incolti e spartachisti messi al bando. Una piccola parte di verità ci può essere nella descrizione degli storici fra i quali Orazio, Tito Livio, Plinio e Giustino. L'arrivo di nuove genti in montagna non era ostacolato dalla particolare struttura di autogoverno, e l'assimilazione era possibile. I Reti erano strutturati in piccole e libere comunità di pastori e agricoltori interdipendenti che avevano monti, pascoli e campi in proprietà comune e si riunivano in assemblee per eleggere i capitribù (la comunità) e per trattare gli affari. Alcune di queste caratteristiche di autogoverno e gestione della proprietà sono arrivare ai giorni nostri, assieme allo stile di costruzione delle case e degli edifici. I ritrovamenti più antichi sono databili intorno al V secolo a.C.
Dai ritrovamenti e dalle descrizioni di storici romani si sa che furono artigiani abili, c'è chi fa coincidere la seconda età del ferro con la loro cultura. Erano dei pacifici montanari che vivevano anche di agricoltura (famoso nella storia il loro vino) ed allevamento. Con il sud erano in contatti di baratto nelle zone di Feltre e di Verona, dove offrivano oggetti di loro produzione, bestiame e vino.
I ritrovamenti più importanti sono quelli di Sanzeno e Mechel in val di Non, il Doss Castel, il castelliere sul Col de Pigui nei pressi di Mazzin e Laives. Si può parlare di struttura protourbana degli insediamenti. Riferendosi a due località, una nella valle dell'Inn e l'altra in quella di Non, si definisce come Cultura Fritzens-Sanzeno l'espressione materiale di tale popolo, che andò a sovrapporsi alla precedente Cultura Luco e cultura di Hallstatt, delle quali furono continuazione ideale.
I Reti furono l'occasione di una delle più importanti guerre di Augusto (16 a.C. - 9 a.C.), la campagna contro Reti, Norici, Pannoni ed altri, gli permise di disegnare la parte nord del suo impero, con la nascita nelle zone prevalentemente della Svizzera e dell'Austria Occidentale della provincia della Rezia e del Norico. Durante la prima guerra retica tra il 16 a.C. e il 15 a.C., condotte da Druso e Tiberio, furono conquistate le Alpi, o meglio totalmente le vie di accesso e transito ed in misura minore la montagna. Precedentemente a quel periodo nacque Tridentum, l'attuale Trento, alla sinistra dell'Adige su un accampamento militare precedente.
Questo popolo eterogeneo, unito da culti e lingua si può suddividere in sei gruppi principali:
- Golasecca;
- valli del Reno;
* Valcamonica[citazione necessaria];
- Laugen-Melaun (area dell'odierna regione Trentino-Alto Adige);
- valle dell'Inn;
- Angarano e del Garda.
[modifica] Il vino, la religione ed i Reti
Un'ipotesi è che i Reti dessero al vino anche un significato religioso. Su un frammento di una brocca trovata in Val di Non, a Sanzeno è raffigurata una scena erotica che rappresenta un accoppiamento rituale dionisiaco. Il vino rappresentava il mezzo per avere effetti liberatori verso il trascendente. Il loro politeismo aveva divinità di origine mediterranea ed orientale. Fra gli altri si ricorda la dea Reitia o Retia (la dea madre in altre religioni) e Saturno dio dell'agricoltura.
I romani avevano una visione laica del vino dei Reti, Catone Quinto ne loda le qualità nel II secolo a.C. ed era noto a Roma dove era apprezzato anche a corte.
[modifica] La lingua e l'alfabeto dei Reti
Il popolo dei Reti ha vissuto una parte della sua storia con la tradizione orale ed un'altra con la scrittura. La scrittura retica, la cui comparsa è collocata attorno al 500 a.c., presenta un forte influsso etrusco (se non una vera e propria derivazione). Analizzando numerose iscrizioni rinvenute nel territorio retico, sono state distinte quattro varianti grafiche: gli alfabeti di Lugano, Sondrio-Valcamonica, Bolzano-Sanzeno e Magrè[1]. Nel caso dell'alfabeto di Lugano (lepontico) è stata notata una parentela con il celtico. Per l'alfabeto di Bolzano-Sanzeno e Magrè è importante notare, come nell'Etrusco, l'assenza della lettera O. I Reti, sebbene con modalità diverse e più articolate, condivisero con i Venetici l'adozione dell'alfabeto etrusco nel rendere scritta la propria lingua. Un'ipotesi probabile è che la lingua dei popoli retici avesse una base comune non indoeuropea, sulla quale si è inserito un processo di alfabetizzazione etrusco.
[modifica] Note
- ^ Gleirscher P., I Reti, Museo Retico Coira (1991)