Palazzo dei Capitani del Popolo
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Al centro della città di Ascoli Piceno, affacciato sul salotto buono di Piazza del Popolo si eleva il Palazzo dei Capitani del Popolo.
Si distingue per la sua elegante torre merlata medioevale a fianco dello storico Caffè Meletti.
Fu costruito fra il XIII ed il XIV secolo con l’accorpamento di tre piccoli edifici, separati da due ruette. L’assemblaggio risultò dalla realizzazione di un’unica nuova facciata che avanzò di qualche metro verso la pavimentazione della piazza.
Come tutti i grandi complessi monumentali Palazzo dei Capitani fu continuamente sottoposto ad interventi e migliorie.
Si hanno notizie della costruzione alla fine del 1200, in alcuni documenti è definito come “Palactium Populi” considerato la sede dei deputati dei ceti artigiani. Quando Ascoli divenne un libero Comune la sua rappresentanza popolare divenne maggiore e il palazzo fu individuato col nome di “Palactium Communis et Populi” o “Communis Antianorum”. Successivamente fu sede dei potenti che ebbero la signoria sulla città, Vicari del Re di Napoli, da Carrara, degli Sforza e del Papa Re. Durante il ventennio mussoliniano fu sede del partito fascista e fu chiamato “Casa del Littorio”. Nel XIV secolo, si configurò nella sua forma attuale, per merito dei papi Giulio II e Leone X che elargirono 1100 ducati.
Cola dell’Amatrice realizzò il disegno della facciata, su via del Trivio, caratteristica per i portali in travertino e le finestre aggettanti, sul cornicione di una finestra ha apposto la data 1520.
Una nuova ricostruzione tra il 1518 e il 1520.
Nel Natale del 1535 alcuni rivoltosi appartenenti alle nobili famiglie ascolane, Guiderocchi, Malaspina e Parisani, si asserragliarono nel palazzo rendendolo scenario di tragici eventi.
L’allora commissario pontificio Giovan Battista Quieti fece appiccare il fuoco all’edificio, per porre fine alla rivolta. Il palazzo bruciò per due lunghe giornate. I danni furono incalcolabili e gli Anziani deliberarono i nuovi, necessari interventi di restauro.
Nel 1546, Lazzaro di Francesco, detto Ferrone, insieme con alcuni maestri lombardi terminò il portale principale. Questo fu realizzato in onore di Paolo III Farnese, che aveva riportato la pace ad Ascoli ed aveva restituito alla città alcuni castelli della Valle del Tronto. La statua del Papa è alloggiata in una nicchia sovrastante l'archivolto.
Nel 1549 Camillo Merli costruì all’interno il nuovo scalone ed il cortile centrale con loggiati sovrapposti e sostenuti da eleganti colonne in travertino.
Nel 1563 divenne la sede dei Governatori Pontifici e gli Anziani, dopo una secolare permanenza, furono costretti ad abbandonare il palazzo. Questi vi rimasero fino al 1860, quando, con l’annessione delle Marche al Regno d'Italia, il complesso monumentale divenne proprietà dello Stato.
Da allora il Palazzo conobbe solo passaggi di proprietà: dallo Stato passò alla Provincia e da questa nel 1902 al Comune.
Nel 1938 l'architetto Vincenzo Pilotti intervenne sulla "Sala dei Savi". Nel 1968 sono stati eseguiti nuovi lavori di riconsolidamento e, fra il 1980 e il 1987, è stato completato il progetto per il completo recupero dell’intero complesso.
All’interno del palazzo c’è la Sala della Ragione, sede del Consiglio dei Cento.
Nel suo controsoffitto furono messi dodici pannelli dipinti su legno nei secoli XVIII e XIX.
In una nicchia, nella parete nord della sala, c’è un affresco del XV secolo che alcuni attribuiscono a Pietro Alamanno. Nel cartiglio superiore si legge la data 24 febbraio 1484, data di esecuzione, e il nome di sei Anziani coevi. Nel cartiglio inferiore si legge: Odi la parte et l’occhio a la ragione deriza e se me voli in libertate manten te in caritate et unione.
Al terzo piano c’è la Sala degli Stemmi, che prende il nome dalla fascia affrescata che corre lungo le quattro pareti subito sotto il soffitto. Gli affreschi riproducono emblemi gentilizi, nomi ed anni di servizio di molti Governatori pontifici dell’800.
[modifica] Bibliografia
- Antonio Rodilossi, Ascoli Piceno città d'arte, "Stampa & Stampa" Gruppo Euroarte Gattei, Grafiche STIG, Modena, 1983;
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