Orchi (Tolkien)
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« Tutti coloro dei Quendi [gli Elfi] che caddero nelle mani di Melkor furono imprigionati in Utumno prima che esso fosse distrutto e per mezzo di lente arti crudeli vennero corrotti e resi schiavi; e così Melkor generò l'orrenda razza degli Orchi che sono un atto d'invidia e di scherno verso gli Elfi, dei quali in seguito furono i nemici più irriducibili. » | |
(Da Il Silmarillion di J.R.R. Tolkien)
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Gli Orchi[1], sono una delle razze dell'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien.
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[modifica] Origine
Si tratta di creature di forma umanoide, secondo una delle molte ipotesi riportate da Tolkien, una progenie elfica corrotta nella mente e nel corpo da Melkor storpiando e torturando gli Elfi da lui imprigionati in Utumno durante la Prima Era, come spiegato ne Il Silmarillion[2]: l'ainu decaduto infatti non li ha creati, non è in grado di creare alcun essere vivente «a causa della sua ribellione nello Ainulindalë prima dell'Inizio»[3], ma la progenie degli Orchi si riproduce perpetuando l'originaria corruzione e Melkor li ha resi suoi schiavi sebbene queste creature in cuor loro lo detestino.
[modifica] Fisionomia e comportamento
Gli Orchi[4] sono creature grottesche e deformi, dalla pelle scura e dalle braccia particolarmente lunghe. Il volto è schiacciato, la bocca ampia dotata di zanne, gli occhi rossi particolarmente adatti a vedere al buio dato che trascorrono gran parte della loro vita in caverne e gallerie: odiano, infatti, e mal sopportano — a parte gli Uruk-hai di Saruman — la luce del sole, tanto che, durante la battaglia dei Campi del Pelennor, Sauron oscura il cielo con i fumi del Monte Fato per favorire l'avanzata del suo esercito.
Intimamente crudeli, cannibali all'occorrenza e antropofagi, sono tuttavia molto ingegnosi e valenti[5] sia nelle opere minerarie che nella lavorazione dei metalli, in particolar modo quando si tratta di produrre armi e strumenti di tortura.
Sia Melkor che, dopo di lui, Sauron non si curano della loro incolumità sia per malvagità sia perché, più semplicemente, gli Orchi si riproducono rapidamente rimpiazzando le perdite. Per questo motivo, per esempio, Sauron non si cura che gli Orchi di stanza presso il passo di Cirith Ungol siano l'unica fonte di cibo per Shelob:
« [Gli Orchi] erano certo utili schiavi, ma ne aveva in abbondanza. Se di tanto in tanto Shelob li utilizzava per appagare la propria fame, tanto meglio: Sauron poteva farne a meno » | |
(Il Signore degli Anelli, op. cit., p. 873.)
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[modifica] Tipologie di Orchi
Gli Orchi furono "generati" da Melkor nella Prima Era; da allora si diversificarono in un gran numero di razze, sparse qua e là per le Grandi Terre; la razza più antica è quella degli Orchi del Nord, i servitori di Morgoth; essi vivevano in Angband o sparsi per il Beleriand, tuttavia non erano una razza uniforme, poiché anch'essi erano piuttosto diversificati, infatti esistono:
→ gli Orchi comuni, di piccola statura, i primi ad essere generati;
→ gli Orchi "di una razza feroce, crudeli e astuti", che nei Racconti incompiuti assalgono il Brethil, venendo poi sgominati dagli Uomini dei Boschi guidati da Túrin;
→ i Gong, presenti nei Racconti perduti e definiti come "oscuramente apparentati con gli Orchi", ma elencati assieme agli Orchi come un razza a sé stante. Essi saccheggiarono il Nargothrond dopo la caduta di questo ad opera di Glaurung; tuttavia non è certo se poi Tolkien li abbia cancellati dalle leggende o essi siano parte degli Orchi in generale che servono Morgoth;
→ infine ci sono i Sarqindi, Orchi cannibali citati sempre nei Racconti perduti e incontrati da Eärendil nei suoi viaggi.
A seguito del crollo del Thangorodrim e della disfatta di Morgoth, gli Orchi fuggirono dal settentrione e si rifugiarono nella Terra di Mezzo orientale; qui probabilmente cominciarono a creare problemi ai Nani e agli Uomini. Gran parte di loro si riversò nelle Montagne Nebbiose, ove si diversificarono ulteriormente in una gran numero di tribù con dialetti e costumi differenti.
Nella guerra di Sauron contro l'Eriador, gli Orchi fecero parte del suo esercito; in seguito, allorché egli fu sconfitto, si rifugiarono a Mordor con lui, ma solo una piccola percentuale, che però Sauron nutrì facendola incrementare di numero. Da essi ricavò i cosiddetti Occhirossi, gli Orchi soldati che fino al termine della Terza Era furono la maggior componente delle sue legioni.
Negli ultimi due secoli della Terza Età ad opera dei malvagi Maiar dimoranti nella Terra di Mezzo si ebbe un'ulteriore, terribile modifica degli Orchi. Sauron, infatti, cercò di rendere queste infami creature più robuste, riuscendovi; ed ottenne gli Uruk, Orchi neri molto grossi e forzuti, che causarono gravi danni a Gondor. Oltre a servire come potente legione a Mordor, alcuni Uruk furono inviati nelle miniere delle Montagne Nebbiose, dove divennero dei veri e propri signori, e fornendo a Sauron degli utili servi in un luogo così distante.
Infine, nell'ultimo mezzo secolo della Terza Era, lo stregone traditore Saruman modificò questi Uruk, rendendoli ancor più robusti, tanto da coprire in viaggio lunghe distanze e di sopportare la luce del sole. Solitamente questi Orchi chiamavano se stessi Uruk-hai, mentre le altre razze venivano da loro dispregiativamente definite snaga, schiavi. Come se non bastasse, il perfido Saruman infuse ad alcuni Uomini sangue di Orco, ottenendo l'orribile generazione dei mezzi-orchi, alti come Uomini ma con il viso crudelmente simile a quello orchesco. Mentre è probabile che almeno gli Uruk-hai di Saruman si estinsero a seguito della sconfitta della battaglia del Trombatorrione, i mezzi-orchi furono invece rilasciati dagli Hobbit dopo la battaglia di Lungacque, e quindi si mescolarono alle genti dell'Eriador.
All'inizio della Quarta Era, con la sconfitta di Sauron gli orchi fuggirono e ormai allo sbando, senza più una guida, molto probabilmente vennero tutti sterminati dagli uomini dei Regni Uniti mentre quelli che abitavano nelle montagne nebbiose vennero uccisi dai nani della stirpe di Durin. Durante quest'era l'unico luogo in tutta la Terra di Mezzo dove si potevano incontrare Orchi erano solo le Montagne Grigie a nord che durante la Terza Era erano addirittura infestate ancora da alcuni draghi.
[modifica] Etimologia, dizione inglese e traduzione italiana
Tolkien riprende il nome orc e ork[6] direttamente dal vocabolo in antico inglese che compare nel poema epico medioevale Beowulf e che si riferisce ad alcune creature mostruose della schiatta di Grendel.
Dal termine in antico inglese, lo scrittore conia[7] il vocabolo sindarin «orch» (con il plurale «yrch»)[8] e «uruk» nel linguaggio nero utilizzati, assieme a «orc», in gran parte della sua produzione, anche se ne Lo Hobbit utilizza quasi esclusivamente il termine «goblin».
Questa discrepanza dipende dal fatto che l'ambientazione de Lo Hobbit, pur attingendo per molti aspetti (nomi, personaggi, creature e luoghi) a quell'insieme di scritti sulla Terra di Mezzo che costituiranno Il Silmarillion, non era stata concepita inizialmente da Tolkien come coincidente con la Terra di Mezzo, e il romanzo manteneva un impianto favolistico di varia ispirazione[9].
Nello specifico, un'importante fonte[10] per l'ideazione degli Orchi era stata, oltre al Beowulf, la favola La principessa e l'orco (The Princess and the Goblin, 1872) dello scrittore scozzese George MacDonald. Gli Orchi di Tolkien mostrano, tuttavia, alcune differenze rispetto agli originali: amano cantare ritmate e feroci liriche[11] e hanno i piedi robusti e resistenti dove invece quelli degli Orchi di MacDonald sono delicati[12].
Nell'originale inglese de Lo Hobbit (che viene pubblicato nel 1937) il termine «orc» non viene, quindi, utilizzato se non in due casi: quando Gandalf cerca di spaventare Bilbo menzionando le creature delle Terre Selvagge e nel nome della spada elfica Orcrist rinvenuta tra gli oggetti del tesoro dei Troll Berto, Maso e Guglielmo. Tutte le altre occorrenze del romanzo riportano, in assonanza con l'opera di MacDonald, il termine «goblin», anche se si tratta comunque di creature già simili a quelle delle successive opere tolkeniane.
Una versione iniziale degli Orchi, molto diversa come fisionomia da quelle successive, compare nella poesia di Tolkien Goblin Feet (Piedi d'orco) che venne pubblicata nell'annuario Oxford Poetry del 1915 e, successivamente, in Book of Fairy Poetry (Libro della poesia fiabesca, 1920) di Dora Owen. In Goblin Feet, gli Orchi sono descritti come «minuscole creature elfiche e i suoni del loro canto e della loro danza [sono] magici»[13].
Nelle edizioni in italiano del Signore degli Anelli per l'editore Rusconi, dal 1970 fino all'acquisizione di Bompiani e alla revisione della Società Tolkieniana Italiana nel 2003, la parola inglese «orc» viene tradotta come «orchetto».
La scelta stilistica, che l'ha differenziata per lungo tempo dall'edizione italiana Adelphi de Lo Hobbit, dove veniva utilizzato il termine «orco» (per quanto, come già detto, nell'originale inglese di quest'opera fosse utilizzato «goblin»), rientra in una più ampia e complessa vicenda editoriale relativa alla pubblicazione italiana del romanzo.
[modifica] Note
- ^ Orchetti nelle edizioni italiane de Il Signore degli Anelli antecedenti al 2003.
- ^ Il Silmarillion, op. cit., p. 55, vedi anche citazione iniziale.
- ^ Ibidem. Tuttavia Christopher Tolkien (Racconti perduti, p. 267) fa notare che questa concezione dell'incapacità creativa di Melkor è posteriore. Nei primi manoscritti del racconto de La caduta di Gondolin viene spiegato dall'elfo Cuorpiccino — che sta narrando il racconto agli ospiti della dimora di Mar Vanwa Tyaliéva — che «tutta questa razza fu generata da Melko dalle calure e dalle melme del sottosuolo» (p. 196) lasciando intendere una creazione originale di Melkor, anche se Cuorpiccino aggiunge, dubbioso, che forse al contrario alcuni Noldor sono stati corrotti e trasformati in Orchi esprimendo in nuce il concetto del Silmarillion.
- ^ Nelle opere di Tolkien compaiono separatamente molti elementi della loro descrizione e costumi, ma la descrizione qui presentata, oltre che sul Signore degli Anelli e Lo Hobbit, si basa sulla sintesi che ne ha fatto David Day ne Il bestiario di Tolkien, op. cit., pp. 206-212.
- ^ Lo Hobbit, op. cit., pp. 80-81.
- ^ Questa forma compare in scritti più tardi come Le avventure di Tom Bombadil e frequentemente in The Peoples of Middle-earth, uno dei volumi di The History of Middle-earth.
- ^ La realtà in trasparenza, op. cit., lettera 144.
- ^ I termini nelle varie lingue vengono sinteticamente riportati nell'Appendice F (Note etnografiche e linguistiche) de Il signore degli Anelli; ma le prime versioni del racconto La caduta di Gondolin (Racconti perduti, p. 267) riportano anche un plurale «orqui».
- ^ Vedi per approfondire: Lo Hobbit annotato, op. cit., pp. 19-21.
- ^ Come spiegato da Tolkien stesso nella lettera 144 e da Douglas Anderson ne Lo Hobbit annotato, op. cit., p. 120.
- ^ Vedi le canzoni orchesche Afferra e spezza! Voragine nera! e Già quindici uccelli su abeti posati (Lo Hobbit, op. cit., pp. 79 e 125).
- ^ «Cosa alla quale non ho mai creduto» afferma Tolkien nella lettera 144.
- ^ Douglas Anderson ne riassume così la descrizione ne Lo Hobbit annotato (pp. 128-129) che riporta la traduzione in italiano della poesia.
[modifica] Bibliografia
- David Day, Il Bestiario di Tolkien, Bompiani, Milano 1990 ISBN 8845205975
- J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Rusconi Libri, ventesima edizione, Milano 1989 ISBN 8818123696
- J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Rusconi Libri, Milano 1989 ISBN 8818120492
- J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza, a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien, traduzione italiana di Cristina De Grandis, Bompiani, Milano 2001 ISBN 8845291308
- J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit, Adelphi Edizioni, Milano 1989 ISBN 8845906884
- J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit annotato, note al testo di Douglas A. Anderson, Rusconi Editore, Milano 1991 ISBN 8818121006
- J.R.R. Tolkien, Racconti perduti, Rusconi Libri, Milano 1994
- J.R.R. Tolkien, The Peoples of Middle-earth, a cura di Christopher Tolkien, Houghton Mifflin, 1996 ISBN 0395827604
[modifica] Voci correlate
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