Oche del Campidoglio
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L'avvenimento leggendario che vide come protagoniste le oche del Campidoglio fa parte della storia della città di Roma. Secondo la leggenda sarebbe avvenuto sul colle del Campidoglio nel 390 a.C. (per alcuni, nel 387 a.C.).
I Galli di Brenno assediavano Roma e cercavano un modo per penetrare nel colle. Qui si erano rifugiati i romani che non erano fuggiti a Veio o a Caere all'arrivo degli assalitori.
Il condottiero romano Marco Furio Camillo era in esilio ad Ardea a causa delle sue posizioni anti-plebee. Un messaggero mandato dai romani di Veio prima a Roma e poi ad Ardea per richiamare il generale, era riuscito ad entrare sul Campidoglio nonostante l'assedio. Avendolo seguito, i Galli stavano per riuscire, nottetempo, ad entrare nel Campidoglio.
Un'altra fonte parla di un cunicolo sotterraneo scavato dagli assedianti.
La leggenda narra delle oche, unici animali superstiti alla fame degli assediati perché sacre a Giunone, che cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo l'ex Console Marco Manlio e i romani assediati. Marco Manlio venne per questo episodio denominato Capitolino.
L'assedio fu respinto e l'imminente arrivo di Camillo cominciò a ribaltare le sorti della guerra a favore dei romani: i Galli cominciarono a subire le prime sconfitte mentre l'esercito del condottiero avanzava da Ardea. Gli assedianti cercarono quindi un compromesso: a fronte di un tributo pari a mille libbre d'oro, questi avrebbero tolto l'assedio. I romani, al momento di pagare, si accorsero che le bilance erano truccate e, alle loro rimostranze, Brenno, in gesto di sfida, aggiunse la sua spada alla bilancia pretendendo un maggiore peso d'oro e pronunciò la frase "Vae victis!" ("Guai ai vinti!").
Qui la tradizione narra un secondo episodio leggendario: mentre i romani chiedevano tempo per procurarsi l'oro che mancava, Camillo raggiunse Roma con il suo esercito. Una volta di fronte a Brenno, gli mostrò la sua spada e gli urlò in faccia: "Non auro, sed ferro, recuperanda est patria" ("Non con l'oro, ma con il ferro, si riscatta la patria").
Uno storico dell'epoca narra così l'episodio:
(LA)
« Galli de Alpibus in Italiam descenderunt et totam regionem ferro ignique vastaverunt. Mortis terror hostiumque formido omnes urbium incolas repente invaserunt. Statim contra ingentes barbarorum copias consul cum duabus legionibus a romanis missus est sed Galli consulem eiusque legiones petiverunt et acri proelio apud Alliam flumen vicerunt, postea Romam accesserunt. Tum Romani, formidine capti, Urbem reliquerunt et cum senibus, mulieribus liberisque in silvas confugerunt. Barbari sine periculo ad Urbem pervenerunt et Capitolium, Romae arcem, obsederunt. Iam Galli arcis moenia ascendebant, cum repente vigiles anseres [le oche] acribus clangoribus Marcum Manlium, Capitolii custodem, e somno excitaverunt. Tum Manlius Romanos milites vocavit, qui ingenti vi pugnaverunt et Gallos reppulerunt: itaque Capitolium a barbarorum insidiis liberatum est et Roma anserum clangoribus servata est. »
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(IT)
« Dalle Alpi i Galli discesero in Italia e misero a ferro e fuoco tutto il paese. Immediatamente lo spavento dei nemici e il terrore della morte presero gli abitanti delle città. I romani inviarono subito, contro le folte schiere di barbari, il console con due legioni, ma i Galli li raggiunsero, li sconfissero in un'aspra battaglia presso il fiume Allia e si diressero verso Roma. Allora i Romani, terrorizzati, abbandonarono la Città e si rifugiarono nei boschi con i vecchi, le donne e i figli. I Galli raggiunsero senza pericolo la Città e posero l'assedio al Campidoglio, la rocca di Roma. Stavano già scalando le mura quando con grandi strepiti le oche, ben sveglie, destarono il guardiano del Campidoglio, Marco Manlio. Allora Manlio chiamò i soldati romani, che combattendo con grande energia respinsero i Galli: così il Campidoglio fu liberato dal pericolo dei barbari, e Roma fu salvata dagli strepiti delle oche.] »
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[modifica] Curiosità
Sulle Oche del Campidoglio è stata scritta una canzone dello Zecchino d'Oro.
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