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Motore radiale - Wikipedia

Motore radiale

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Funzionamento del motore stellare.
Funzionamento del motore stellare.

Il motore radiale, spesso anche detto motore stellare, è un motore a combustione interna nel quale i cilindri sono disposti secondo linee radiali, intorno all'albero motore. Un motore radiale può essere composto da una o più "stelle", da cui il nome che lo identifica, cioè da una o più serie, autonome, di cilindri. In questo caso si parlerà di motore a doppia, tripla e quadrupla stella. Il motore radiale conobbe un grande successo in aeronautica e rimase in produzione fino all'avvento del motore a getto o Jet. Era con questo tipo di motore che erano equipaggiati tutti i grandi velivoli da trasporto civile e militare con i quali si chiuse l'era del motore a pistoni in aviazione.


Indice

[modifica] Tecnica costruttiva

Motore radiale Alfa Romeo 126 RC.34 utilizzato fino al 1942 sui velivoli Savoia-Marchetti S.M.79
Motore radiale Alfa Romeo 126 RC.34 utilizzato fino al 1942 sui velivoli Savoia-Marchetti S.M.79

In un motore radiale i pistoni sono connessi all'albero motore con un sistema particolare. Un solo pistone è connesso direttamente all'albero motore attraverso una biella di grandi dimensioni detta biella madre. Tutti gli altri sono connessi, con delle biellette, a questa biella madre.

[modifica] Uso aeronautico

In campo aeronautico il motore stellare presenta non pochi vantaggi. Il raffreddamento del motore avviene utilizzando direttamente l'aria che il movimento del velivolo, o dell'elica, genera. Quindi non si rendono necessari sistemi di raffreddamento a liquido, con un notevole risparmio di peso. La mancanza di un sistema di raffreddamento a liquido rende il motore radiale più semplice da costruire, e manutenere, rispetto ad un motore in linea o a V. Questa sua semplicità lo rese più affidabile e, in combattimento, meno sensibile agli eventuali danneggiamenti. Nel caso che venga direttamente colpito un cilindro di una stella del motore radiale sarà solo questo a perdere potenza, mentre in un motore in linea o a V, caratterizzati da uno o più blocchi di cilindri, perderà potenza l'intero blocco. Questi vantaggi - leggerezza ed affidabilità - ne facilitarono e ne consigliarono l'impiego sui velivoli. Un altro vantaggio sta nella modularità del progetto. Ad un certo punto del suo sviluppo, invece di incrementarne la potenza aumentando le dimensioni si preferì aggiungere file supplementari di cilindri. Questo permetteva di mantenere una certa facilità progettuale che si ripercuoteva anche in quella produttiva. Il poter realizzare un minor numero di componenti era economicamente vantaggioso e si rivelerà assai utile nella manutenzione dei velivoli impiegati nei conflitti.

Motore radiale a doppia stella in un museo
Motore radiale a doppia stella in un museo

Il motore radiale però presenta anche due grandi svantaggi. Il primo è dato dalla maggiore resistenza aerodinamica che genera in quanto necessita, a causa della sua forma, di una sezione frontale maggiore di quella di un equivalente motore in linea. Inoltre nel caso si voglia adottare la sovralimentazione, l'aria compressa, dopo il passaggio nel compressore o nella turbina, dovrà essere portata ad ogni singolo cilindro, mentre nel motore in linea, o a V,sarà necessario un solo condotto per un intero blocco di cilindri.

Durante gli anni trenta si sviluppò un grande dibattito tecnico su quale delle due tipologie di motore, radiale o in linea, fosse migliore. Inizialmente il vantaggio sembrava andare al motore radiale, che divenne il principale motore utilizzato su molti velivoli civili e militari proprio grazie alla sua affidabilità, valore importante durante i voli su grandi superfici desertiche o sull'acqua, e per la sua leggerezza. In seguito soprattutto per i velivoli militari da caccia, e con la disponibilità di motori a V quali il Daimler-Benz DB 601 o il Rolls-Royce Merlin, sembrò che il motore ideale fosse costituito dal motore in linea, che permetteva di ottenere velivoli con linee aerodinamiche molto pulite. Il dibattito non ebbe una sua vera soluzione in quanto velivoli da caccia come il Republic P-47 Thunderbolt o il Focke-Wulf Fw 190, per quanto riguarda i velivoli da caccia basati a terra, dimostrarono che si potevano ottenere aerei capaci di grandi prestazioni utilizzando un motore radiale. Mentre il Supermarine Spitfire o il Messerschmitt Bf 109 tedesco, equipaggiati con i motori a V, si rivelarono aerei con una aerodinamica estremamente efficiente e resistenti ai danni del combattimento.

Il Pratt & Whitney R-4360 radiale a quadrupla stella
Il Pratt & Whitney R-4360 radiale a quadrupla stella

Chi prese una decisa posizione a riguardo fu la US Navy, che adottò sempre il motore radiale per tutti i suoi velivoli. Anche la Marina Imperiale e l'Aviazione dell'Esercito del Giappone fecero altrettanto. Anche molti dei velivoli italiani utilizzati durante il Secondo conflitto mondiale erano motorizzati con dei motori radiali.

Subito dopo il conflitto si assistette a un'affermazione del motore radiale, utilizzato su tutti i grandi velivoli civili e militari del periodo. Destino diverso toccò al motore in linea che scomparve rapidamente dal mercato dell'aviazione. Tuttavia in pochi anni lo sviluppo dei motori a getto introdotti dagli ingegneri tedeschi con lo Junkers Jumo 004 che equipaggiava il Messerschmitt Me 262 pose definitivamente fine allo sviluppo dei grandi motori a scoppio per l'aeronautica.

Il più grande motore radiale aeronautico mai realizzato in serie fu lo statunitense Pratt & Whitney R-4360 Wasp Major. Il motore, che era dotato di 28 cilindri disposti su quattro stelle e poteva fornire una potenza di 3.500 hp (2.610 kW), venne utilizzato sui più grandi velivoli, militari prima e civili poi, dell'ultimo periodo dei velivoli a motore a pistoni.

Tuttavia il primato nelle dimensioni di un motore radiale spetta all'Unione Sovietica. La Zvezda realizzò un numero limitato di motori diesel marini da 42 cilindri caratterizzati da ben 6 file di stelle a 7 cilindri, alesaggio 160 mm (6.3 in) x corsa 170 mm (6.7 in), per una cilindrata totale di 143,5 L (8,756 in³). Questo motore sviluppava la potenza di 6,000 hp (4,500 kW) a 2.500 giri/min.

[modifica] Uso automobilistico

La Monaco-Trossi del 1935
La Monaco-Trossi del 1935

Uno dei rari esempi dato dall'uso automobilistico del motore radiale è dato dall'istallazione in un'autovettura da competizione, la Monaco-Trossi del 1935, che fece la sua unica apparizione in pubblico durante le prove di qualificazione nel Gran Premio d'Italia disputato sull'Autodromo Nazionale di Monza nel 1935.

Progettata da Augusto Monaco e realizzata grazie all'aiuto economico del conte Carlo Felice Trossi, già pilota automobilistico, era una vettura apparentemente convenzionale per l'epoca, ma che racchiudeva una serie di interessanti innovazioni tecnologiche. Era dotata di una struttura a tubi saldati a motore e trazione anteriore, abitacolo aperto protetto da un piccolo parabrezza, sospensioni indipendenti a parallelogrammi trasversali dotate di ammortizzatori regolabili, e freni a tamburo dalle generose dimensioni.

Il motore radiale in questione era un due tempi 16 cilindri, alesaggio 65 mm e corsa 75 mm per una cubatura di 3,982 L. Curiosa la disposizione con una sola camera di scoppio per ogni coppia di cilindri, con le luci di travaso di aspirazione sugli 8 posteriori e quelle di scarico su quelle anteriori. L'unità del peso a vuoto di 750 kg, grazie alla dotazione di 2 compressori era capace di 250 CV a 6 000 giri/min, sufficienti per consentire alla vettura di raggiungere la ragguardevole velocità di 280 km/h.

A causa della sua particolare conformazione, con una ripartizione di pesi che gravava per il 75% sull'asse anteriore, aveva un'estrema difficoltà di inserimento in curva ed in pratica i benefici apportati dalla motorizzazione non furono sufficienti a compensare la sua cronica mancanza di tenuta di strada.

Pur nell'insuccesso sportivo è una vettura che si è guadagnata un posto nella storia dell'automobilismo, tanto da essere conservata ed esposta al Museo dell'Automobile di Torino.[1]

[modifica] Motori radiali aeronautici

[modifica] A stella singola

[modifica] A doppia stella

[modifica] A quadrupla stella

[modifica] Note

  1. ^ La Manovella, Nr.4 anno XLVII (aprile 2008) Edizioni Legenda S.r.l. Pag.43


Motori aeronautici

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