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Marano di Napoli - Wikipedia

Marano di Napoli

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Marano di Napoli
[[Immagine:{{{panorama}}}|300px|Panorama di Marano di Napoli]]
Marano di Napoli - Stemma
Nome ufficiale: {{{nomeUfficiale}}}
Stato: bandiera Italia
Regione: Campania
Provincia: stemma Napoli
Coordinate: 40°54′0″N 14°11′0″E / 40.9, 14.18333
Altitudine: 160 m s.l.m.
Superficie: 15 km²
Abitanti:
58.938
Densità: 3275 ab./km²
Frazioni: San Rocco, Castello Monteleone, San Marco, Torre Caracciolo, Torre Piscicelli 
Comuni contigui: Calvizzano, Mugnano di Napoli, Napoli, Quarto, Villaricca
CAP: 80016
Pref. tel: 081
Codice ISTAT: 063041
Codice catasto: E906 
Nome abitanti: maranesi 
Santo patrono: San Castrese 
Giorno festivo: 11 febbraio 
Comune
Posizione del comune nell'Italia
Sito istituzionale
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Marano di Napoli è un comune di 58.938 abitanti in provincia di Napoli. Oggi la cittadina è parte integrante dell'agglomerato urbano di Napoli.

Indice

[modifica] Storia

Il territorio su cui sorge Marano di Napoli mostra tracce di presenza umana risalente all' età neolitica. Insediamenti umani, databili ad ottomila anni fa, infatti, sono stati recentemente individuati sulla direttrice Marano-San Rocco. Dall'età neolitica fino agli Osco-Sanniti c'è un vuoto di circa seimila anni, ma si sa che gli Osci lasciarono tracce nella Masseria Spinosa, nell'area di Vallesana e nei pressi di Monteleone. Purtroppo ruspe impietose hanno distrutto ogni cosa; tuttavia questo popolo ci ha lasciato tre strade che ancora oggi sono percorribili: Cupa dei cani, Pendine e Cupa Orlando (Via Consularis Campana, per i Romani). Il territorio maranese è zeppo di tracce romane: la più importane testimonianza, nell'ambito dell'architettura funeraria in Campania, è il Mausoleo detto Ciaurro.Poco tempo fa Marano ha potuto conoscere cinque splendide statue rinvenute sul suo territorio, attualmente conservate nel Museo Archeologico di Napoli. Tali statue raffigurano uno schiavo liberato di nome Dama, sua moglie Terzia, anch'essa ex-schiava (entrambi appartenuti all'imperatore Tiberio), Ercole e due fauni. Marano aveva il privilegio di affacciarsi sia verso Pozzuoli (importante porto commerciale nel periodo imperiale) che verso Atella (pianura campana, luogo d'origine della farsa Atellana), era crocevia di attività economiche, ludiche, religiose. La Via Consularis Campana, che con le sue ventuno miglia collegava le due importanti città, era trafficatissima: vi transitarono Augusto, Virgilio, il corteo che trasportava a Roma il cadavere di Tiberio e, secondo una leggenda, addirittura l'apostolo Pietro. I Romani vi costuirono sontuose ville, mausolei, altari votivi. Dopo i Romani fu la volta dei Bizantini, dei Normanni, degli Svevi e degli Angioini. In questi secoli sorsero i nuclei originari della città: un antico villaggio dal nome di Balisano o Vallesana, un altro meno ricco e rigoglioso che era il vero e proprio casale di Marano ed infine il casale di Turris Marano (o Marano delle Torri), nei pressi di Monteleone. In questa zona, che all'epoca faceva parte del guado di Napoli, l'imperatore Federico II fece edificare un castello adibito a residenza di caccia, che alla sua morte fu incendiato da una sollevazione popolare e fu fatto ricostruire da Carlo I D'Angiò nel 1275. Quest'ultimo, obbligando sessanta famiglie a risiedere nelle vicinanze del castello, fu il fondatore dell'attuale frazione di San Rocco. Un altro castello fu edificato nell' attuale frazione di Torre Caracciolo; con la venuta degli spagnoli, Marano divenne un grande cantiere e nel 1630 Marano comprendeva Quarto e l'attuale Monte Rusciello. Su tale enorme distesa governavano ben tre principi: la principessa Caterina Manriquez che aveva avuto il feudo dell'attuale centro storico della città, il principe Capece Galeota sui possedimenti di San Rocco, Monteleone e Quarto, il principe Ruffo Scilla che dominava sulla collina fino a Pianura. Dal 1704 tutta Marano passerà ai nobili Caracciolo. Con l'unità d'Italia e con il nuovo secolo, Marano subì tutte quelle trasformazioni sociali tipiche della modernità. Fino agli anni sessanta era prettamente un centro agricolo: oggi si avvia a percorrere le tappe del terziario.

[modifica] Il mausoleo del Ciaurro

Il ciaurro è un mausoleo funebre Romano risalente, probabilmente, Al I-I sec d.C. Tutt’ ora non si sa bene chi fosse stato sepolto, ma sono state fatte diverse supposizioni: Dapprima si è pensato che appartenesse a Tirone, oratore e discepolo di Cicerone, uomo politico, oratore e filosofo romano. Sarebbe stato molto più facile risalire alla sua identità se si fossero trovate le ossa, ma come ben sappiamo molti romani si facevano bruciare e le loro ceneri venivano riposte in delle nicchie. L’unica cosa di valore ad essere trovata (a parte l’intera struttura) è un cofanetto ornato con all’interno ben 30 monete d’argento.

Il Ciaurro occupa un’area di circa 400 m3, le sue pareti presentano delle nicchie le quali contenevano le ceneri di Tirone, il perimetro dell’entrata, come anche quello della finestra, è fatto con mattoni di cotto i quali, dopo un’attenta analisi, hanno riscontrato di provenire dai Campi Flegreo, Essendo che il terreno presenta molte tracce di zolfo. Le pareti, come anche le nicchie sono di tufo, forse proveniente dalla stessa collina dei Camaldoli; nelle pareti di tufo furono intarsiati dei rombi per rendere ancora più suggestiva l’intera scena. Una volta il Ciaurro presentava anche una grande cupola distrutta, poi, dagli agenti atmosferici, per fortuna, però, il secondo piano si è salvato ed il crollo della cupola ha “fortunatamente” causato solo la rottura del pavimento e non il crollo dell’intero vano. L’unico piano intatto è il piano terra il quale si trova a circa 3 metri sotto il livello attuale della villa che prende nome dallo stesso mausoleo. La scoperta del Ciaurro avvenne per caso e furono dei ragazzini a trovarlo, anche se già si era consapevoli della sua esistenza. Inizialmente fu usato come fienile e poi come deposito di qualunque oggetto. Ma fu solo l’archeologo Chianese, nel secolo scorso, a rendersi conto del suo valore e venne costruita una grande villa chiamata appunto “Ciaurro” dedicata proprio a questo grande mausoleo.

[modifica] San Castrese

San Castrese, santo patrono di Marano di Napoli, visse nel V sec. d.C. durante le persecuzioni dei Vandali. Gianserico, re dei Vandali voleva costringere 12 vescovi a rinnegare la propria fede. Non sapendo come convincerli, decise di chiedere consiglio ad Aristotemo che consigliò di farli salire su delle navi e farli affondare; ma i 12 vescovi si salvarono miracolosamente. Questi ultimi approdarono sulle rive della città e ognuno prese la propria strada e uno di essi, chiamato Castrese, andò a Sessa Aurunca. Passò molto tempo e Aristotale si ammalò così chiese perdono al vescovo Castrese tramite la moglie ( Beatrice) e guarì. Quando Castrese capì che stava per morire lo disse a tutti e decise di celebrare una messa e sapeva che quella sarebbe stata l’ultima messa. I maranesi conoscevano molto bene Castrese a causa degli scambi commerciali che c’erano tra i 2 paesi, così alla morte di Castrese i maranesi chiesero alla città di Sessa Aurunca una reliquia del vescovo e gli fu concesso il braccio, questo è ancora conservato nella statua di san Castrese e la sua tomba non fu mai ritrovata. La chiesa di San Castrese ha 3 navate ed è stata costruita tra il XV e XVI secolo d.C. precisamente nell’anno 1600 d.C. Nella chiesa di San Castrese è conservato la fonte battesimale ( testimonianza dell’epoca romana assieme al Ciaurro). Non si sa chi l’abbia scolpita, ha una pianta ottagonale e su di esso sono scolpite le facce di tre donne che raffigurano: la giovinezza, la maturità e la maternità. Oltre a queste figure femminili erano rappresentati anche stemmi e sigle. La fonte apparteneva alla famiglia Visconti (una famiglia nobile di Milano) e quando nel 1598 fu costruita la chiesa di san Castrese, i Visconti la regalarono alla comunità religiosa della zona. Su questa fonte battesimale si è discusso molto: si pensa che fosse di epoca romana e che gli stemmi siano stati aggiunti in futuro.

[modifica] Antichi mestieri

Con l’evoluzione della società, alcuni antichi mestieri tipici di Marano sono andati perduti; tra questi quello dei “montesi”,che lavoravano nelle cave di tufo della zona. I “cestai” lavorano ancora oggi legno di castagno o di faggio, facendo uso persino dei denti, per produrre cesti destinati per lo più al lavoro dei campi. Altri artigiani indispensabili per l’andamento dell’economia locale erano i “carrai”, che costruivano e riparavano i carri, e gli “scalari”, la cui “specialità” era il cosiddetto “treppiedi”. I “mugnai”, proprietari dei mulini, erano addetti alla macinazione del grano.

[modifica] Evoluzione demografica

Abitanti censiti


[modifica] Cultura

[modifica] Ricorrenze

  • 11 febbraio: festa del Santo Patrono San Castrese
  • Lunedì di Pasquetta festa della Madonna dell'Arco

[modifica] Feste e fiere

  • Mercato cittadino (martedì)
  • Mercatino dell'artigianato e delle pulci (sabato)
  • lunedi in albis Festeggiamento in onore di Maria SS. della Cintura

[modifica] Prodotti tipici

  • La ciliegia della Recca

Prende il nome dalla collinetta maranese dove l'albero cresce fin dal XVI secolo. Il mese dell'Arecca, la tipica ciliegia di Marano, che ha un colore rosa-pallido ed un frutto duro, carnoso e bianco, è giugno. Si racconta che l'albero fu importato dall'amante del re di Spagna, Caterina Manriquez, quando fu cacciata da Madrid a seguito della scoperta della sua tresca, ad opera della regina, e fu spedita a Marano col titolo di principessa. Costei, per ricordarsi della sua terra, portò con sé una dozzina di alberelli di ciliegio. Purtroppo oggi rimangono solo pochi alberi di questa varietà di ciliegie poiché, con l'espansione edilizia, molti di essi sono stati abbattuti per lasciar posto alle case. Nonostante ciò per le sue caratteristiche organolettiche che la rendono unica essa si è diffusa in tutta Italia.

  • I piselli Santa Croce

Dal nome della località che domina la conca di Quarto, assieme alle ciliegie della Arecca, erano il prodotto tipico di Marano. Ricercatissimi per la forma ultrafine e per il sapore dolcissimo, precocissimi invadevano i mercati di tutta l'Italia fino al giorno di San Giuseppe e sparivano quando le altre qualità non erano ancora giunte a maturazione. Oggi sono un coltura molto rara e preziosa per la sua qualità.

[modifica] Amministrazione comunale

Sindaco: Salvatore Perrotta (DS) dal 30/05/2006
Centralino del comune: 081 5769111
Email del comune: urp@comunemarano.na.it

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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