Milano odia: la polizia non può sparare
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Milano odia: la polizia non può sparare | |
Giulio Sacchi, interpretato da Tomas Milian |
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Titolo originale: | Milano odia: la polizia non può sparare |
Paese: | Italia |
Anno: | 1974 |
Durata: | 100' |
Colore: | colore |
Audio: | sonoro |
Genere: | poliziesco, noir |
Regia: | Umberto Lenzi |
Sceneggiatura: | Ernesto Gastaldi |
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Fotografia: | Federico Zanni |
Montaggio: | Daniele Alabisio |
Effetti speciali: | Giuseppe Carozza |
Musiche: | Ennio Morricone |
Tema musicale: | Rapimento |
Costumi: | Luciano Sagoni |
Trucco: | Fausto De Lisio |
Si invita a seguire le linee guida del Progetto Film |
« - Oh, Giulio, non avrai mica fatto scemate? - Nooo... ho solo ucciso tre uomini, due donne e una bambina » |
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(Giulio Sacchi/Tomas Milian e la sua fidanzata)
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Milano odia: la polizia non può sparare è un film del 1974, diretto da Umberto Lenzi. È considerato uno dei più violenti noir italiani.[1] Negli Stati Uniti uscì come Almost Human.
In Italia uscì l'8 agosto 1974,[2] mentre negli Stati Uniti uscì nel novembre 1975.[2]
Indice |
[modifica] Trama
Giulio Sacchi (Tomas Milian) è un malvivente sadico, vigliacco e sessualmente ambiguo.
Nella prima scena lo vediamo mandare a monte una rapina, perché non riesce a mantenere i nervi saldi e uccide a bruciapelo un metronotte. Sacchi passa le giornate al bar, con i suoi amici Carmine (Ray Lovelock) e Vittorio (Gino Santercole), o con la fidanzata Jone (Anita Strinberg), alla quale chiede continuamente dei soldi.
Ma Sacchi è anche ambizioso, e desidera diventare ricco e importante e far carriera nel mondo della malavita. Per ottenere questo, insieme a Carmine e Vittorio, decide di rapire Marilù (Laura Belli), figlia del commendatore Porrino (Guido Alberti).
Rubata l'auto a Jone, il trio segue l'auto sulla quale stanno viaggiando Marilù e il suo fidanzato Gianni (Lorenzo Piani). La coppietta si apparta nel bosco. Sacchi, per convincere i suoi amici, fa ingurgitare loro delle anfetamine, quindi i tre sorprendono la coppia. Sacchi inizia a fare delle boccacce sul finestrino della macchina, spaventando Marilù, quindi pesta a sangue Gianni, mentre Carmine e Vittorio bloccano Marilù. Gianni reagisce, ma viene abbattuto dai colpi di mitraglietta sparati da Sacchi. I tre se ne vanno con Marilù e la rinchiudono in un casolare abbandonato.
Per sfuggire alla polizia i tre entrano in una villa abitata da ricchi borghesi, e iniziano a torturare i presenti. Sacchi, imbottito di alcool e droghe, appende al lampadario due donne e un uomo, e inizia a torturarli, quindi obbliga l'uomo a praticargli del sesso orale. Infine, quasi impazzito li falcia a colpi di mitraglietta e uccide anche una bambina, che stava al piano superiore della villa.
Il commissario Grandi (Henry Silva), accorso su tutte le scene dei delitti perpretati da Sacchi e la sua banda, realizza di avere a che fare con uno psicopatico, quindi si ricorda il volto di Sacchi, intravisto tra la folla raccolta attorno al cadavere del metronotte.
Intanto Sacchi contatta il padre di Marilù, e fissa il prezzo del riscatto. Porrino, preoccupato, si rivolge al commissario Grandi, che dice all'uomo di non cedere ai ricatti di Sacchi. Ma Porrino si prepara immediatamente a consegnare la cifra pattuita. Intanto la stampa riporta la notizia del rapimento di Marilù, e della tremenda strage accaduta nella villa.
Sacchi riesce a crearsi un alibi, con l'aiuto di Ugo Majone (Luciano Catenacci), proprietario di un bar, già complice di Sacchi. Majone, nonostante l'odio che nutre verso Sacchi, si convince a dichiarare alla polizia, qualora lo interrogasse, che Sacchi si trovava nel suo locale la notte del rapimento di Marilù.
Intanto Sacchi continua a mostrarsi come un pericoloso psicopatico, eliminando anche Jone, dopo averle confessato che la strage nella villa è stata opera sua. Con una scusa la porta con la macchina su uno strapiombo e la getta nel vuoto.
Nel casolare, intanto, Marilù è legata e spaventata. A nulla servono i tentativi di tranquillizzarla, da parte di Carmine, che sembra il più "umano" dei tre sequestratori. Sacchi irrompe nel casolare e insulta Marilù, che reagisce. Sacchi si scatena e la picchia, poi ordina a Vittorio di violentarla, ma viene fermato da Carmine. Sacchi, ormai impazzito, lo uccide. Vittorio va a recuperare le valigette con dentro il riscatto, e quando torna al casolare trova Carmine ucciso. Si scaglia quindi contro Sacchi, ma viene anch'esso ucciso. Sacchi si impossessa del riscatto, e ormai sembra aver vinto la sua battaglia contro l'intera società.
Alcuni giorni dopo è seduto al tavolino di un bar, e racconta ad altri ragazzi le sue imprese criminali. Ma ad un tratto arriva il commissario Grandi, claudicante a causa di Sacchi, che gli ha precedentemente sparato alle gambe, deciso a fare una volta per tutte giustizia. Gli amici di Sacchi si allontanano e lui rimane solo di fronte al commissario, iniziando a perdere la sua spavalderia, e scongiurando il commissario («Lei è un poliziotto! La polizia non può sparare!»). Ma Grandi non si commuove, e uccide Sacchi, che rotola a terra, tra un cumulo di rifiuti.
[modifica] Produzione
[modifica] Regia
Umberto Lenzi era reduce dai suoi gialli erotici, con protagonista Carroll Baker, ma aveva intuito che il filone si stava esaurendo. Luciano Martino, produttore fratello del regista Sergio, cominciò a investire sul poliziottesco, genere che rispecchiava i tempi (terrorismo, rapine, violenze sessuali), e commissionò una sceneggiatura a Ernesto Gastaldi, proponendo a Lenzi di dirigere il film. Lenzi accettò e accentuò la connotazione sociale di Giulio Sacchi.
Lenzi si era già cimentato con il genere poliziottesco, nel 1973 diresse infatti Milano rovente, ambientato nel mondo della prostituzione.
[modifica] Cast
Per interpretare la parte dei sequestratori furono scelti Richard Conte e Gino Santercole, mentre per la parte del commissario fu scelto Ray Lovelock.[1] Mancava solo il ruolo del terzo sequestratore, fino a quando fu scelto Tomas Milian, che però quando lesse il copione scelse di interpretare Giulio Sacchi, il sadico protagonista. Così Ray Lovelock interpretò l'altro sequestratore, quello "buono", l'alter ego di Giulio Sacchi.[1]
In extremis ci fu un altro cambiamento nel cast, dovuto all'improvvisa morte di Conte, che fu sostituito da Henry Silva, che si ritrovò a dover interpretare il commissario. Quello fu il suo primo ruolo da "buono", dato che fino ad allora aveva interpretato sempre ruoli da antagonista.[1]
[modifica] Riprese
Il film fu girato a Milano, Lugano, Bergamo e Roma (gli interni).
Durante la lavorazione del film, per interpretare meglio il personaggio, Tomas Milian faceva uso di alcolici e stupefacenti, come ammesso da lui stesso.[1]
[modifica] Considerazioni
Il film è considerato da molti un poliziottesco, ma in realtà i legami col genere allora emergente sono marginali: l'inseguimento iniziale e il commissario tutto d'un pezzo, dal volto inespressivo, interpretato da Silva, che però rimane in secondo piano. Il film ha anche echi horror, nella scena delle sevizie nella villa, ed è piuttosto un noir metropolitano.[3]
Il messaggio del film è considerato molto ambiguo, poiché sembra voler affermare che a violenza risponde necessariamente altra violenza. Allo stesso tempo il finale del film, nel quale il commissario uccide a sangue freddo Giulio Sacchi tra cumuli di rifiuti, la violenza sembra avere una valenza catartica, dove il pubblico trova una soluzione all'efferatezza della vicenda.[1]
[modifica] Collegamenti ad altre pellicole
- Il finale del film, nel quale Giulio Sacchi perisce tra un mucchio di rifiuti, verrà ripreso da Luca il contrabbandiere, diretto da Lucio Fulci nel 1980.
- Alcune scene di inseguimento in auto provengono Milano trema: la polizia vuole giustizia, diretto da Sergio Martino nel 1973.
[modifica] Omaggi
- I Kalashnikov hanno omaggiato il film nel loro cd Music Is A Gun Loaded With Future con la canzone Milano odia, dove nel ritornello ripetono, come Tomas Milian alla fine del film: «la polizia non può sparare...».
- I Sikitikis hanno coverizzato il tema principale della colonna sonora (di Ennio Morricone), come omaggio al genere cinematografico e a quello musicale tipico delle soundtracks dei poliziotteschi dell'epoca.
- La Dogo Gang nella persona di Ted Bundy ha composto la canzone Milano Odia, in cui viene in parte citato il titolo del film : Milano odia e la pula non può sparare.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Note
- ^ a b c d e f Manlio Gomarasca. Monnezza e i suoi fratelli. Guida al cinema poliziesco di Tomas Milian. Milano, Nocturno, 2005.
- ^ a b Date di uscita for Milano odia: la polizia non può sparare (1974). URL consultato il 12 gennaio 2008.
- ^ Roberto Curti. Italia odia. Il cinema poliziesco italiano. Torino, Edizioni Lindau, 2006. ISBN 978-88-7180-586-3.
[modifica] Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Milano odia: la polizia non può sparare
[modifica] Collegamenti esterni
- Scheda su Milano odia: la polizia non può sparare dell'Internet Movie Database
- Scheda su Milano odia: la polizia non può sparare di PollaNet
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