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Imperfetto indicativo - Wikipedia

Imperfetto indicativo

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L'imperfetto indicativo è la forma verbale della lingua italiana e delle lingue romanze che si adatta principalmente ad indicare situazioni ed abitudini considerate in un momento passato. È quindi la forma più adatta, all'interno del passato, per le descrizioni o per l'enunciazione di eventi ripetuti.

Indice

[modifica] Coniugazione dell'imperfetto

Questa forma verbale si coniuga aggiungendo alla radice del verbo le desinenze previste della grammatica italiana. Sono simili a quelle del presente, dalle quali si distinguono per la presenza di v insieme alla vocale tematica che caratterizza ciascuna delle tre coniugazioni: (-av- -ev- -iv-):

1. Io cantavo, tu cantavi, egli cantava, noi cantavamo, voi cantavate, loro cantavano.
2. Io ricevevo, tu ricevevi, egli riceveva, noi ricevevamo, voi ricevevate, loro ricevevano.
2. Io dormivo, tu dormivi, egli dormiva, noi dormivamo, voi dormivate, loro dormivano.

Si notino, tra l'altro, alcune particolarità:

  • La coniugazione di questo tempo è quasi sempre regolare.
  • Alcuni verbi che in lingua moderna hanno delle forme abbreviate si coniugano in maniera particolare. Ad esempio, il verbo fare si coniuga secondo la vecchia forma facere: facevo, facevi, faceva. Similmente, per il verbo dire: dicevo; bere: bevevo; produrre: producevo; proporre: proponevo; trarre: traevo.
  • Il verbo essere segue un meccanismo particolare: ero, eri, era, eravamo, eravate, erano.

[modifica] Cenni storici

Si tratta di un tempo ereditato direttamente dal latino (cantabam, cantabas, cantabat, cantabamus, cantabatis, cantabant). Il cambiamento di /b/ a /v/ che caratterizza il passaggio dal latino all'italiano è la lenizione della -b- latina compresa tra due vocali. Questo mutamento fonologico è un caso di indebolimento perfettamente normale per l'origine dell'italiano, tanto che può addirittura arrivare alla scomparsa completa della -v- intervocalica, soprattutto nell'italiano letterario di secoli passati. Nella catena parlata di suoni, la caduta della -v- è comunque un fenomeno quasi impercettibile:

« Fu lor dato un frate antico (...) e molto venerabile uomo, nel quale tutti i cittadini grandissima e spezial divozione aveano»
Giovanni Boccaccio, Decameron, Prima giornata, prima novella.

Più complicato si fa il discorso per il cambio delle desinenze dal latino all'italiano. Dato che secondo i normali sviluppi fonologici nel passaggio tra le due lingue sarebbe prevista la caduta della consonante finale latina, le tre forme del singolare (cantabam, cantabas, cantabat) avrebbero in teoria finito tutte per confondersi in un'unica forma, cioè io cantava, tu cantava, egli cantava. Le cose in realtà non sono andate così: le nuove desinenze che hanno effettivamente originato le tre forme dell'imperfetto al singolare (cantavo, cantavi, cantava) sono state secondo Bruni, sviluppate in analogia con le desinenze del presente (-o, -i, -a). A dispetto di tutto ciò, la forma latineggiante io cantava ha continuato comunque ad affermarsi piuttosto a lungo, sopravvivendo accanto a quella più propriamente italiana (cantavo):

«  Mirandolina, io cercava voi. »
Carlo Goldoni, La locandiera, Primio atto, scena ventiduesima.

Questa forma arcaica finì poi per cadere in disuso verso l'Ottocento.

Si ricorda infine, sempre a proposito di latino, che in questa lingua l'imperfetto conosceva un ampio e particolare uso nella stesura delle lettere: infatti, gli eventi contemporanei al momento della scrittura venivano spesso indicati all'imperfetto. Ciò accadeva dato che per ragioni di cortesia il mittente assumeva artificialmente il punto di vista temporale del destinatario, il quale leggeva la lettera solo in un momento successivo a quello dell'atto di scrittura. Si parla in questo caso di imperfetto epistolare (vedi Bertinetto).

[modifica] Usi basilari dell'imperfetto

Le proprietà dell'imperfetto possono essere messe in evidenza con un confronto con il passato prossimo. La differenza tra le due forme sta principalmente nell'aspetto, che ci indica se il processo viene considerato come concluso. Si prenda in considerazione la seguente coppia di enunciati.

  • Ieri alle sette, Raffaella scriveva una lettera.
  • Ieri alle sette, Raffaella ha scritto una lettera.

La prima frase, quella all'imperfetto, descrive quali avvenimenti erano in corso ad un dato momento (le sette). La seconda contiene un'informazione diversa, mostrandoci tutto l'arco dell'azione (quella dello scrivere): essa presenta la situazione considerata come un evento che ha avuto un inizio, uno svolgimento ed una fine (compimento). Se grazie al secondo enunciato possiamo vedere come la lettera è stata finita, nel caso del primo non possiamo giudicare se l'azione è arrivata a compimento. Concludendo, con il primo enunciato (quello all'imperfetto), l'azione è mostrata solo in un punto del suo svolgimento: la nostra visione dei fatti è dunque incompleta, imperfetta; la seconda azione (quella al passato prossimo) viene invece considerata come perfetta. Se l'imperfetto viene usato per descrivere una situazione in un determinato momento (processo, stato, abitudine), il passato prossimo (come anche il passato remoto) si usa per indicare ciò che è successo (evento, esperienza, avvenimento, accaduto).

La prossima coppia di enunciati può approfondire questa opposizione:

  • Al momento del suo pensionamento, il famoso petroliere Y aveva cinque mogli.
  • Durante la sua carriera, la famosa attrice X ha avuto cinque mariti.

Mentre l'uso dell'imperfetto si limita a fornire una descrizione focalizzata in un dato momento (Al momento del suo pensionamento), con il passato prossimo il secondo enunciato presenta degli avvenimenti visti nella loro pienezza e nel loro succedersi. Peraltro il passato prossimo presenta una successione temporale di eventi che generalmente rispetta l'ordine delle parole esposte nella frase (Raffaella si è lavata il viso, poi si è truccata e si è pettinata), mentre di solito i processi verbali indicati all'imperfetto sono contemporanei tra di loro (Raffaella aveva il viso ovale, gli occhi erano verdi ed i capelli rossi).

L'opposizione che si ritrova tra imperfetto e passato prossimo è la stessa che caratterizza quella tra imperfetto e passato remoto.

Se l'imperfetto indica una situazione, il suo uso è detto di solito descrittivo; quando invece viene indicata un'abitudine, si parla di solito di imperfetto iterativo (si noti la differenza tra gli esempi):

  • Ieri sera, tutti guardavano la tv e così non parlava nessuno.
  • Tutte le sere, i ragazzi guardavano la tv.

Sono queste le due principali accezioni dell'imperfetto, che comunque conosce un'ampia gamma di usi.

[modifica] Altri usi dell'imperfetto

[modifica] Imperfetto narrativo

Talvolta, ad esempio in alcnune narrazioni scritte di tipo poliziesco, criminalistico e militare, si ritrovano degli enunciati con cui viene esposta una catena di avvenimenti che generalmente andrebbe descritta con l'uso del passato prossimo o del passato remoto. Si consideri l'esempio:

  • Con enorme sprezzo del pericolo, l'ufficiale entrava nello stabile, poi catturava i nemici e rientrava alla nostra postazione.

Gli enunciati non vengono sempre riconosciuti come grammaticalmente esatti e sono stati oggetto di dure critiche da parte dei puristi (Degregorio). In ogni caso, tali strutture hanno lo scopo di creare uno effetto stilistico speciale. Rohlfs spiega questo uso con l'intenzione, da parte di chi scrive, di fare scorrere lentamente le immagini davanti al lettore (si tratta infatti di un uso della lingua scritta). Effettivamente, le proprietà fondamentalmente imperfettive di questo tempo creano nel lettore la vaga impressione di una documentazione fotografica. Questo uso dell'imperfetto era particolarmente di moda nell'Ottocento e nel primo Novecento ed è chiamato imperfetto narrativo (Bertinetto). Oggi questo uso pare diventare sempre più sporadico.

L'imperfetto narrativo può riscontrarsi anche in enunciati che si limitano ad un solo avvenimento, oppure può caratterizzare solo una parte di una narrazione (soprattutto alla fine di un testo):

  • Lo scrittore x si trasferì in un'altra città e si ammalò alcuni mesi dopo. Dimenticato da tutti, x moriva nel 1777.

[modifica] Imperfetto ipotetico ed altri usi modali

Spesso, l'imperfetto indicativo può sostituire le forme verbali di altri modi (condizionale, congiuntivo). Questo fenomeno porta gli studiosi a parlare di usi modali dell'imperfetto. Il fenomeno più frequente è indubbiamente l'uso dell'imperfetto nel periodo ipotetico dell'irrealtà:

  • Se arrivavi in tempo, ti spiegavo tutto con calma

nella lingua parlata al posto di

  • Se fossi arrivato in tempo, ti avrei spiegato tutto con calma

Si tratta di un uso che non corrisponde allo standard, ma piuttosto apprezzato, a seconda del contesto, anche da persone colte. Corrisponde oramai, almeno nella protasi (frase secondaria che indica la condizione) all'uso standard nella lingua francese:

  • Si tu étais ici, on pourrait jouer ('Se tu fossi qui, si potrebbe giocare')

Del resto, non si tratta di una semplificazione tipica dell'italiano parlato moderno, ma di un fenomeno sempre esistito in questa lingua:

  • Se io credevo non avere figlioli, arei preso più tosto per moglie una contadina che non te
(Niccolò Machiavelli, La Mandragola, secondo atto, quinta scena.)
  • Dico che, se io non ci veniva, non arei mai, mai creduto ch'ella (questa città) fosse stata più bella di Siena.
(Pietro Aretino, La Cortigiana, primo atto, prima scena.)
  • Mia moglie non veniva se non l'accompagnava io...
(Achille Torelli, I mariti, quarto atto, prima scena.)

La costruzione viene generalmente usata per riferirsi al passato, ma non necessariamente. Anche eventi contemporanei al momento di enunciazione possono sporadicamente essere indicati con questo uso.

È comunque normale che l'imperfetto possa sostituire con ottimi risultati il condizionale passato anche in altri contesti:

  • Perché l'hai fatto? Non dovevi!

al posto di

  • Perché l'hai fatto? Non avresti dovuto!

In questo caso, pare che l'imperfetto abbia la proprietà di indicare un evento come solamente potenziale. Nel complesso l'imperfetto potrebbe essere, tra tutti i tempi dell'indicativo, quello più adatto ad indicare una semplice possibilità. Bertinetto ricorda come le sue caratteristiche lo rendano adatto come tempo dell'irrealtà, atto ad indicare anche gli eventi di un sogno

  • Ho sognato che ero Liz Taylor, che uscivo di casa e poi andavo a fare una crociera.

oppure a descrivere i giochi di ruolo dei bambini:

  • Facciamo che io ero il drago e tu eri la fata

Per questi usi sono correnti i nomi di imperfetto onirico e ludico.

[modifica] Imperfetto come futuro nel passato

Si può senz'altro asserire che l'imperfetto costituisce una forma verbale estremamente ricca di usi; esso è in grado di indicare anche il futuro nel passato:

  • Sapevo che andava a finire in questo modo

al posto di

  • Sapevo che sarebbe andata a finire in questo modo.

Questo uso, che ricorda molto da vicino quello del presente per indicare gli eventi futuri, è tipico dell'italiano colloquiale.

[modifica] Imperfetto di modestia

Usato al posto del presente, l'imperfetto può avere la funzione di rendere più cortese una richiesta o il contributo di chi sta prendendo la parola in una conversazione. Si parla in questo caso di imperfetto di modestia (o desiderativo, o ancora imperfetto di cortesia):

  • Volevo ancora dire qualcosa (al posto di voglio o vorrei)
  • Venivo a controllare come stai (al posto di vengo o sono venuto)

In questi casi, il locutore vuole rendere nota, usando l'imperfetto, un'intenzione che persiste anche al momento in cui egli sta parlando. Sta all'interlocutore capire che questa intenzione è ancora attuale. In questo modo egli può dare o meno conferma della sua disponibilità (almeno in teoria). L'uso esiste in tutte le lingue romanze, ma dato che si basa su procedimenti retorici di portata universale, esso conosce dei corrispondenti anche in altri ceppi linguistici. Si riportano qui degli esempi tratti dall'inglese e dal tedesco:

  • I wanted to ask you a question....
  • Ich wollte Sie etwas fragen....

Per dire in italiano volevo chiedere qualcosa. Le frasi riportate prevedono l'uso dei principali tempi del passato delle due lingue, rispettivamente il simple past ed il Präteritum. Siccome in questi contesti l'imperfetto ricorda il condizionale, il fenomeno viene, da diversi studiosi, considerato come un particolare uso modale (Bertinetto).

[modifica] L'imperfetto e le altre lingue

[modifica] Lingue romanze

Sono assai vicini all'imperfetto italiano l'imparfait francese ed il pretérito imperfecto spagnolo, atti a descrivere il processo verbale dal punto di vista imperfettivo, dunque situazione, stato oppure abitudine:

Per il francese, avremo:

  parler
parlare
manger
mangiare
choisir
scegliere
vendre
vendere
être
essere
voir
vedere
je parlais mangeais choisissais vendais étais voyais
tu parlais mangeais choisissais vendais étais voyais
il parlait mangeait choisissait vendait était voyait
nous     parlions mangions choisissions vendions étions voyions
vous    parliez mangiez choisissiez vendiez étiez voyiez
ils parlaient   mangaient    choisissaient vendaient étaient voyaient

Gli ultimi due verbi, être e voir sono irregolari.

Per lo spagnolo, avremo invece:

  hablar
parlare
comer
mangiare
insistir
insistere
ir
andare
ser
essere
ver
vedere
yo hablaba comía insistía iba era veía
hablabas comías insistías ibas eras veías
él hablaba comía insistía iba era veía
nosotros hablábamos comíamos insistíamos íbamos   éramos veíamos
vosotros hablabais comíais insistíais ibais erais veíais
ellos hablaban comían insistían iban eran veían

I verbi ir, ver e ser sono irregolari.

[modifica] Lingue germaniche

L'imperfetto italiano trova corrispondenti nelle altre lingue romanze, ma non necessariamente nelle lingue germaniche. Anche se si è accennato al simple past dell'inglese ed il Präteritum del tedesco (talvolta chiamato Imperfekt) come tempi del passato, va detto che le loro forme vengono solitamente utilizzate secondo regole diverse: i due tempi vengono infatti soprattutto considerati come tempi del passato lontano e non per indicare la compiutezza o meno di un'azione (aspetto verbale). L'inglese offe comunque la possibilità di formare una perifrasi progressiva per indicare ciò che si stava facendo una cosa in un determinato momento (aspetto progressivo):

  • I was sleeping
  • Stavo dormendo.

A questa costruzione corrisponde il tedesco ich war am schlafen. Altre volte, le lingue germaniche indicano le caratteristiche aspettuali dell'enunciato tramite mezzi lessicali.

[modifica] Lingue slave

Diverse lingue slave, almeno nella loro grammatica moderna, dispongono di pochi tempi verbali. Alcune utilizzano solo il passato, il presente ed il futuro: dunque, in questi tempi non è prevista una distinzione tra perfetto ed imperfetto. Per caratterizzare l'azione in maniera perfettiva o meno, si coniugano semplicemente dei verbi diversi tra di loro. Ad esempio, il polacco distingue tra i verbi imperfettivi (dokonane), che designano un'azione compiuta, e imperfettivi (niedokonane), che indicano un'azione incompiuta, in via di svolgimento, abituale o ripetuta nel tempo. La differenza tra questi verbi sta in genere nel prefisso ed è quindi piuttosto una questione di lessico che di coniugazione.

[modifica] Greco

L'imperfetto era un tempo molto usato e dall'uso ancora più esteso anche nella lingua greca, nella quale però ha un funzionamento ed una costruzione molto diversi. Il segno distintivo dell'imperfetto greco è infatti l'aumento, che porta ad un allungamento quantitativo della vocale iniziale o alla preposizione della vocale ε rispetto al verbo. Si può infatti osservare la tipica espressione ἐποίεσεν, "faceva", che corrisponde al latino fecit, nel senso di "costruì", "fece".

[modifica] Bibliografia

  • Bertinetto, P. M., Tempo, Aspetto e Azione nel verbo italiano. Il sistema dell'Indicativo, Firenze, Accademia della Crusca 1986.
  • Bruni, Francesco, L'italiano. Elementi di storia della lingua e della cultura, UTET, Torino 1987.
  • Degregorio, O., ”Abuso dell'imperfetto”, Lingua Nostra 1946, 7: 70-71.
  • Maingueneau, D., Approche de l'énonciation en linguistique française, Paris, Hachette 1981.
  • Redder, A., ”'Ich wollte sagen'”, in G. Tschauder - E.Weigand (a c. di), Perspektive: textextern. Akten des 14. Linguistischen Kolloquiums, Bochum 1979 Vol II, Tübingen, Niemeyer: 117-126.
  • Rohlfs, G., Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti Vol. III: Sintassi e formazione delle parole, Torino Einaudi 1969.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Modi e tempi in italiano

Indicativo

Presente (egli canta) | Passato prossimo (ha cantato)

Imperfetto (cantava) | Trapassato prossimo (aveva cantato)

Passato remoto (cantò) | Trapassato remoto (ebbe cantato)

Futuro semplice (canterà) | Futuro anteriore (avrà cantato)

Condizionale

Presente (canterebbe) | Passato (avrebbe cantato)

Congiuntivo

Presente (che egli canti) | Passato (che abbia cantato)

Imperfetto (che cantasse) | Trapassato (che avesse cantato)

Imperativo

Presente (canti)

Logo letteratura

Infinito

Presente (cantare)

Passato (aver cantato)

Participio

Presente (cantante)

Passato (cantato)

Gerundio

Presente (cantando)

Passato (avendo cantato)

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