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Guerre sannitiche - Wikipedia

Guerre sannitiche

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Le Guerre sannitiche sono una serie di tre conflitti combattuti nell'arco di 67 anni dalla giovane Repubblica romana contro la popolazione italica dei Sanniti e numerosi loro alleati tra il IV ed il III secolo a.C. Le guerre, terminate tutte con la vittoria dei Romani, scaturirono dalla politica espansionistica dei due popoli che a quell'epoca si equivalevano militarmente e combattevano per conquistare l'egemonia nell'Italia meridionale oltre che per la conquista del porto magnogreco di Napoli.

Indice

[modifica] Contesto storico

All'epoca dei fatti i Romani dominavano già su Lazio, Campania settentrionale, sulla città etrusca di Veio ed avevano stretto alleanze con diverse altre città e popolazioni minori. I Sanniti dal canto loro erano padroni di quasi tutto il resto della Campania e del Molise,e cercavano di espandersi ulteriormente lungo la costa a discapito delle colonie della Magna Grecia e verso la Lucania nell'entroterra.

Romani e Sanniti quando erano venuti in contatto per la prima volta avevano comunque preferito stipulare un patto di non belligeranza così da potersi espandere tranquillamente in altre direzioni, ma il confronto era solo rimandato.(354 a.C)

La grande importanza che i Romani e i loro storiografi sempre diedero a questa lotta per la supremazia nell'Italia meridionale è sottolineata dal gran numero di episodi leggendari o colorati dalla storiografia, come La subjugatio delle Forche Caudine, la Devotio del Console Decio Mure nella terza guerra, e forse di suo padre nella prima, la Legio Linteata.

[modifica] Le guerre

[modifica] Prima guerra sannitica (343-341 a.C.)

Il belli casus che fece scoppiare la prima guerra tra Sanniti e Romani fu offerto dalla città di Capua, fiorente centro della Magna Grecia sulla costa campana e, quindi, nelle mire dei Sanniti. Quando questi la posero sotto assedio, la città di Capua mandò un'ambasceria a Roma chiedendone la protezione.

Il Senato romano però si tirò indietro a causa di un trattato di non belligeranza stipulato in precedenza proprio con i Sanniti, al che gli ambasciatori tentarono l'ultima carta che avevano per ottenere soccorso: consegnarono la loro città nelle mani di Roma.

Il Senato accettò, ovviamente, e mandò ambasciatori ai sanniti per informarli della mutata situazione e per chiedere che l'assedio fosse levato. I Sanniti, però, non accettarono il nuovo stato di cose e così a Roma non restò che dichiarare loro guerra. Era il 343 a.C.

Contravvenendo alle Leggi Licinie Sestie da poco approvate, a dirigere la guerra il Senato romano nominò due consoli patrizi: in Campania fu inviato Marco Valerio Corvo, nel Sannio Aulo Cornelio Cosso.

Non sono ben note i luoghi ed il numero delle battaglie combattute, comunque, per quanto è dato sapere, le cose si misero subito bene per l'esercito di Valerio, che sconfisse i Sanniti abbastanza facilmente, mentre Cornelio Cosso, impantanato tra le strette gole del Sannio e vittima della guerriglia e delle imboscate, necessitò di rinforzi che gli furono portati dal tribuno militare plebeo Publio Decio Mure.

La guerra si concluse nel 341 a.C. con la battaglia di Suessula, presso Acerra e Capua, a seguito della quale fu firmato un nuovo trattato di pace niente affatto gravoso per i Sanniti perché il Senato era molto preoccupato dalla recrudescenza degli scontri sociali nella stessa Roma.

[modifica] Seconda guerra sannitica (326-304 a.C.)

Belli casus della seconda guerra sannitica furono una serie di reciproci atti ostili. Cominciarono i Romani fondando nel 328 a.C. una colonia a Fregellae presso l'odierna Ceprano, sulla riva orientale del fiume Liri, cioè in un territorio che i Sanniti consideravano propria esclusiva sfera di influenza. L'anno successivo scoppiò un conflitto nella città di Napoli: la parte osca della città si era infatti alleata con i Sanniti mentre quella greca con i Romani. La città venne assediata dai Sanniti e i Romani accorsi in aiuto degli alleati greco-napoletani sconfissero i Sanniti e stipularono con la città un foedus aequuum (trattato di alleanza paritaria) immettendo il territorio napoletano nella loro area di influenza. In questa occasione i Sanniti ottennero un concreto aiuto da altri popoli che si sentivano minacciati dall'espansionismo romano, soprattutto Etruschi, Umbri, Sabini e Lucani.

La prima fase della guerra fu favorevole al fronte sannitico e si concluse con una sonora sconfitta del grosso dell'esercito romano alle Forche Caudine (dal latino Furculae Caudinae) nel 321 a.C.: mentre l'esercito romano si stava spostando da Capua a Benevento, spie sannite travestite da pastori li indirizzarono verso una stretta gola montuosa dove furono presi facilmente in trappola dai nemici capeggiati da Gaio Ponzio Telesino. Alla fine i Sanniti lasciarono andare l'esercito romano ma imposero gravose condizioni di resa; tra queste la subjugatio, il passaggio sotto il giogo: due lance confitte in terra, una sospesa orizzontalmente a queste ultime: lo sconfitto, nudo, doveva passarvi sotto, inchinandosi, in presenza dell'esercito nemico. Ne conseguiva, come nota Cassio Dione (Hist. Rom. V) "grande gloria a chi imponeva una tale umiliazione, ma totale ignominia a chi la subiva" tanto che spesso si preferiva piuttosto affrontare la morte. Nella storia romana questo è l'unico esempio di un intero esercito consolare che subisce un simile rovescio.

Lo storico Tito Livio riferisce che ritornati a Roma, Tito Veturio e Spurio Postumio riferirono in Senato, che avrebbe deciso di rifiutare le condizione di resa, destituito i due consoli e nominato al loro posto il patrizio Lucio Papirio Cursore ed il plebeo Quinto Publilio Filone. Gli storici moderni sono d'accordo nel ritenere che il Senato, al contrario, si attenne ai termini della resa - fra l'altro, la consegna delle colonie di Fregellae e Cales - fino al 316 a.C.

Alla ripresa delle ostilità seguirono anni di dura guerra con i Sanniti che riuscirono ad espandersi non solo in Campania ma anche nel Lazio. Qui infatti potevano contare sull'alleanza della Lega Ernica, o almeno sulla parte di essa che si era ribellata a Roma. Inoltre nel 315 a.C ci fu la battaglia di Lautule che fu vinta dai Sanniti. Nel 306 a.C. la lega capitolò ed Anagni(vera guida della rivolta) venne assoggettata; diversa sorte toccò invece ad Alatri e Veroli, rimaste fedeli a Roma. L'esercito romano, forte di queste vittorie, si riebbe e riuscì ad avere la meglio nel 305 a.C. con la vittoria a Boviano che consentì loro di fondare diverse colonie anche nel sud della Campania ed addirittura una a Luceria (oggi Lucera) nell'attuale Puglia quasi a voler accerchiare i loro indomiti nemici.

[modifica] Roma tra la seconda e terza guerra sannitica

Le guerre sannitiche determinarono un forte incremento del fenomeno dell'inurbazione; i cittadini romani infatti restarono mobilitati per lunghi anni, ritrovando spesso al loro ritorno i loro campi impoveriti dal lungo abbandono o addirittura devastati dalla guerra. A molti non rimaneva altra scelta che vendere il campo, fortemente deprezzato, a qualche latifondista e partire per Roma in cerca di opportunità, o di un Patrono che accettasse di riceverlo come Cliens (Cliente). Cominciò così la formazione di una massa di cittadini che non aveva alcun mezzo di sussistenza ma che poteva servire per ottenere risultati politici; inoltre la popolazione residente aumentò di molto rendendo necessarie importanti opere pubbliche la cui portata esemplifica la potenza raggiunta dallo stato romano. Nel 312 a.C. il censore Appio Claudio Cieco ordinò la costruzione di

  • un acquedotto, aqua Appia, per dissetare la città di Roma raccogliendo acqua da molto lontano. Da questo si deduce che l'aumento della popolazione cittadina aveva reso insufficienti le sorgenti locali. (la successiva costruzione nel 272 a.C. dell'Anio Vetus, un ulteriore acquedotto ordinato dal censore Manius Curius Dentatus, conferma la crescita della popolazione urbana durante tutto il periodo di espansionismo romano in Italia).
  • una lunga strada che da Roma portava Capua in Campania che poi sarebbe stata battezzata via Appia. Il suo scopo originale era di velocizzare lo spostamento delle truppe verso quei turbolenti territori e lascia intendere che i Romani si attendevano una lunga guerra per sottometterli.

Sempre a partire dal 312, inoltre, i Romani si impegnarono contro altre città e confederazioni, il che dimostra la capacità di mobilitazione raggiunta:

  • nel 311 avanzarono su per la Valle tiberina contro le città etrusche di Perusia, Cortona ed Arretium, tre anni dopo avrebbero affrontato anche Volsinii. Questi conflitti si conclusero con la firma di armistizi della durata da uno a cinquanta anni.
  • nel 299 fondarono una colonia a Narnia, sull'alto corso del Tevere ad 80 km da Roma.
  • tra il 306 ed il 304 a.C sconfissero gli Ernici e gli Equi che abitavano le colline a sudest di Roma. Si racconta che queste campagne di conquista furono molto aspre e terminarono con la distruzione di parecchie città collinari degli Aequi ed il massacro delle popolazioni.
  • tra il 304 ed il 302 a.C. altre popolazioni vicine come i Marsi, i Peligni, i Marrucini, i Frentani ed i Vestini preferirono sottomettersi a Roma

Oltre a ciò furono fondate numerose colonie.

[modifica] Terza guerra sannitica (298-290 a.C.)

Guerriero sannita della Legio Linteata - ricostruzione 3d basata sulla descrizione di Tito Livio e su ritrovamenti archeologici.
Guerriero sannita della Legio Linteata - ricostruzione 3d basata sulla descrizione di Tito Livio e su ritrovamenti archeologici.

Questa volta sembra che le ostilità siano cominciate a seguito delle attività romane in Lucania che indusse Sanniti, Etruschi ed Umbri a coalizzarsi per contrastarla verso la fine del 297 a.C. A loro si unirono anche i Galli Senoni autori del sacco di Roma nel 390 a.C. e che poi si erano stanziati nel territorio poi denominato dai Romani ager Gallicus compreso tra i fiumi Uso (Rimini) e l’Esino.

La resa dei conti ci fu con la Battaglia di Sentino nella pianura umbra nel 295 a.C. dove i Romani vennero inizialmente sorpresi dai Galli che si gettarono nella mischia con carri trainati da cavalli carichi di arcieri che scagliavano frecce. Il fracasso dei carri spaventò i cavalli romani, i quali batterono in ritirata. Il console plebeo Publio Decio Mure, figlio del Decio Mure che aveva combattuto nella Prima guerra Sannitica compì il rito della devotio consacrandosi a Marte ed agli Dei Inferi, scagliandosi contro i carri e perdendo la vita nella mischia. Il gesto eroico e ancor più la morte del console, che indicava l'accettazione del sacrificio da parte degli Dei, rianimò le schiere romane che riportarono alla fine una completa vittoria. Il vero eroe di Sentinum fu però probabilmente l'altro Console, Quinto Fabio Massimo Rulliano. È degno di nota che il gesto di Decio Mure, per un fenomeno di duplicazione, venne più tardi attribuito anche al padre e al figlio del Console morto a Sentinum.

Dopo questa battaglia il sistema di alleanze tra i Sanniti e gli altri Italici andava in frantumi, costringendo gli sconfitti alla difensiva; i Sanniti rinforzarono le loro piazzeforti, riserrarono i ranghi, forse crearono una speciale task force specializzata in attacchi a largo raggio, veloce e micidiale, la legio linteata che divenne l'unità d'elite sannita. I Romani si dedicarono all'annientamento delle popolazioni minori cercando, non sempre riuscendovi, anzi rischiando talvolta gravi sconfitte, di evitare che i Sanniti spezzassero il cerchio delle guarnigioni romane.

Nel 293 i consoli Lucio Papirio Cursore e Spurio Carvilio Massimo condussero i loro eserciti, su rotte parallele, partendo dalla media valle del Liri mantenendosi a circa 30 km di distanza e tenendosi in contatto tramite messaggeri: Papirio Cursore dalla Campania settentrionale puntò su Aquilonia mentre Spurio Carvilio Massimo si dirigeva su Cominium. Il piano era di attaccare contemporaneamente e con la massima durezza; questa doveva essere una guerra di sterminio, la "soluzione finale" del problema dei Sanniti. I combattimenti furono durissimi e costarono oltre 50.000 morti, ma a sera i comandanti romani entravano vittoriosi nelle rovine delle due fortezze; da Aquilonia, dove aveva combattuto la Legio Linteata alcuni superstiti si rifugiarono a Bovianum da dove riorganizzatisi condussero una resistenza disperata che durò fino al 290, con l'ultima, durissima campagna condotta dai consoli Manio Curio Dentato e Publio Cornelio Rufino. L'anno precedente i consoli Fabio Gurgite e Postumio Megello avevano conquistato la roccaforte di Venusia, ora Venosa, in cui subito fu dedotta una grande colonia.

I patti della resa non sono noti: Livio dice solo che "il trattato fu rinnovato" ma sicuramente non possiamo aspettarci che ai Sanniti fossero lasciate le favorevoli condizioni dell'ultimo trattato; essi però, sia pure ridotti di numero, in un territorio rimpicciolito e stretto da ogni parte da colonie romane, probabilmente conservavano una certa indipendenza e la libertà di erigersi in lega di popolazioni.

Con la vittoria sui Sanniti, i Romani conquistarono una posizione egemonica in tutto il centro sud, imponevano alle altre, ancora forti popolazioni italiche, le loro decisioni in politica estera, le riducevano a fornire contingenti di truppe e a finanziare campagne militari; Roma forgiava lo strumento che avrebbe vibrato contro Cartagine.

[modifica] Problemi storiografici

Tito Livio è la principale fonte di informazioni disponibile sull'intero conflitto con i Sanniti. Nonostante la ricchezza di dettagli da lui riferiti, l'attendibilità dei fatti rimane dubbia.

[modifica] Voci correlate


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