George Foreman
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((George Foreman - tratto da "Palla lunga e pedalare" di Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi))
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George Edward Foreman (Marshall, 10 gennaio 1949) è un pugile statunitense vincitore di una medaglia d'oro olimpica e due volte campione del mondo dei pesi massimi. Protagonista di una singolare e lunghissima carriera, è stato, a 45 anni, il più anziano campione del mondo nella storia dei pesi massimi e il primo pugile a riconquistare un titolo mondiale dopo averlo perso 20 anni prima.
[modifica] I primi anni
Nato il 22 gennaio del 1948 a Marshall, in Texas, George Foreman ebbe un'adolescenza turbolenta e numerosi problemi con la legge, causati dal suo frequente coinvolgimento in risse e battaglie fra bande rivali. Nel 1965 entrò a far parte dello "Job Corps", un'agenzia del governo americano che promuoveva una sorta di lavori socialmente utili e la riqualificazione professionale dei partecipanti, e per due anni lavorò in Oregon, collaborando ad opere di costruzione e rimboschimento. Durante la permanenza in Oregon, la sua attitudine bellicosa fu causa di continue risse con i suoi colleghi. Fu allora che un istruttore di pugilato, Nick Broadus, intuì le grandi potenzialità del giovane e turbolento Foreman e lo introdusse alla boxe.
[modifica] La carriera amatoriale e la vittoria olimpica
Nel 1967 a San Francisco disputò il primo incontro da dilettante e lo vinse per Ko al primo round. Dotato di un fisico imponente e di una terrificante potenza, secondo alcuni critici senza eguali nella storia della boxe, Foreman già da dilettante si fece notare per le sue rapidissime vittorie e gli impressionanti ko. Vinse con facilità il campionato nazionale dei dilettanti (National Amateur Athletic Union Boxing Championship), assicurandosi così la partecipazione alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, dove conquistò la medaglia d'oro per la categoria dei pesi massimi, sconfiggendo in finale il sovietico sovietico Chepulis, con una vittoria prima del limite. A quelle Olimpiadi Foreman fu protagonista di un gesto che in patria gli valse molte critiche e gli alienò la simpatia di parte della popolazione afro-americana: dopo aver vinto l'ultimo incontrò, rimase per qualche minuto sul ring sventolando una piccola bandiera americana. Pochi giorni prima gli sprinters Tommie Smith e John Carlos, simpatizzanti del movimento politico delle Pantere Nere, durante la cerimonia di premiazione dei vincitori della corsa dei 200 metri, avevano salutato provocatoriamente, ognuno sollevando un pugno chiuso avvolto in un guanto nero, e durante l'esecuzione dell'inno americano avevano giocherellato con le medaglie e sorriso in modo beffardo. Tale clamorosa protesta, tesa a denunciare all'opinione pubblica mondiale il razzismo che caratterizzava la società americana, costò ai due atleti l'espulsione dalla squadra olimpica americana. L'esultanza "patriottica" di Foreman, per contrasto, sembrava esprimere l'indifferenza del pugile texano alle battaglie civili che si stavano combattendo nel suo paese e gli valse l'epiteto di "Zio Tom".
[modifica] I primi anni da professionista
Dopo la vittoriosa esperienza olimpica, Foreman passò tra i professionisti, sotto la guida di Dick Sadler e dell'anziano campione dei massimi leggeri Archie Moore. Nel 1969 disputò 13 incontri, vincendone 11 per ko entro la quinta ripresa e due ai punti. Uno dei suoi avversari, Cookie Wallace, riuscì a resistere solo per 23 secondi alla potenza devastante del texano.
La sua marcia inarrestabile proseguì nel 1970, quando vinse per ko 11 incontri su 12 disputati. Tra le vittime illustri il campione canadese George Chuvalo, famoso per le sue eccezionali capacità di incassatore e per non essere mai andato al tappeto in tutta la carriera. Nemmeno Foreman riuscì nell'impresa di atterrare Chuvalo, ma la sua vittoria fu comunque impressionante: ko tecnico alla terza ripresa dopo una serie di colpi durissimi che l' avversario riceveva ormai passivamente. In quell'anno solo l'argentino Gregorio Peralta, comunque largamente sconfitto ai punti, fu in grado di arrivare fino al limite delle riprese previste contro Foreman.
Nel 1971 disputò 7 incontri, vincendoli tutti per Ko. In California incontrò di nuovo, per una rivincita, Peralta, riuscendo ad imporsi anche su di lui per ko alla decima ripresa. Alla fine dell'anno, con un record di 32 vittorie su 32 incontri disputati, venne classificato come primo pretendente al titolo dalle due federazioni pugilistiche mondiali, la WBA e la WBC.
Dovette però pazientare ancora un anno prima di avere la possibilità di battersi per il titolo. Nell'attesa che gli venisse concessa tale opportunità, nel 1972 incontrò 5 avversari che sconfisse tutti per ko entro i primi 3 rounds.
[modifica] Il titolo mondiale e l'apogeo della carriera
[modifica] La conquista del titolo contro Joe Frazier
Il 22 gennaio del 1973 a Kingston, in Giamaica, Foreman incontrò Joe Frazier, il campione del mondo in carica, in un incontro valevole per il titolo mondiale. Joe Frazier era un pugile che godeva di molto credito: ancora imbattuto, dominava la categoria dai massimi da quando Muhammad Ali era stato privato del titolo e costretto all'inattività per motivi politici. Aveva poi resistito al rientro di quest'ultimo, sconfiggendolo in un memorabile match combattuto nel 1971, durante il quale riuscì addirittura ad atterrarlo. Nonostante l'indubbio valore dell'avversario, Foreman vinse con una facilità che suscitò scalpore. La sua soverchiante potenza fece apparire quell'incontro quasi un pestaggio, tanto fu a senso unico: già nella prima ripresa aveva mandato per tre volte Frazier al tappeto e dopo tre ulteriori atterramenti nella ripresa successiva l'arbitro decise di fermare l'incontro. Indimenticabile il colpo che chiuse il match: un montante destro che sollevò Frazier da terra prima di scaraventarlo al tappeto. Lo stesso Frazier, in un'intervista rilasciata 10 anni dopo, ricordò con ironia la sua pesante sconfitta: "George Foreman fece di me uno yo-yo", alludendo al fatto che non appena si rialzava in piedi veniva inesorabilmente rispedito al tappeto.[1]
[modifica] Un campione poco amato
Il nuovo campione del mondo, pur rispettato e apprezzato per le sue eccezionali qualità di pugile, non ebbe però la simpatia ed il gradimento del pubblico. Diffidente, scontroso al limite dell'intrattabilità e poco disponibile ad incontrare la stampa, Foreman si trovò ben presto imprigionato nel ruolo del "cattivo" da battere. Le sue stesse rapidissime ed inesorabili vittorie gli conferivano un'aura di quasi disumana potenza e ferocia.
[modifica] Prime vittoriose difese del titolo
A Tokio, il primo settembre del 1973, Foreman incontrò, per la prima difesa del titolo, il portoricano José Roman, un pugile poco quotato. In 55 secondi Foreman riuscì ad atterrare per tre volte l'avversario e a chiudere l'incontro. A tutt'oggi questo rimane il più breve campionato del mondo della storia per la categoria dei pesi massimi.
Il 25 marzo 1974 a Caracas, in Venezuela, Foreman affrontò un pugile di ben altra caratura: Ken Norton, che di lì a qualche anno sarebbe diventato campione del mondo. Norton era considerato come lo sfidante n°1 dopo che, l'anno prima, aveva sconfitto ai punti Muhammad Ali e con un colpo fortissimo gli aveva fratturato la mascella e lo aveva mandato al tappeto. Questo incontro rappresentava dunque il primo vero banco di prova per il nuovo campione e fu seguito con grande interesse: tra gli spettatori erano presenti Muhammad Ali, Oscar Bonavena e Joe Louis che, poco prima dell'inizio, salì sul ring a salutare i due pugili. Il match fu un impressionante esibizione di aggressività e potenza: a Foreman bastò poco per aver ragione dell'avversario e già alla seconda ripresa i secondi di Norton si convinsero che era il caso di gettare la spugna e fermare l'incontro. Qualche anno più tardi, ricordando quegli avvenimenti, Norton disse: "La sera che mi confrontai con lui George fu mostruoso: l'impersonificazione, per cinque minuti, dell'Armata Rossa all'attacco." [2]
Dopo l'impressionante vittoria su Norton, molti cominciarono a riferirsi a Foreman come al "Marciano nero" (the black Marciano), prefigurando per lui un lungo e incontrastato regno sulla categoria dei pesi massimi: la sua esuberanza atletica, la straordinaria potenza dei suoi colpi, la facilità con la quale si era sbarazzato di tutti i migliori pugili in circolazione lo fecero apparire imbattibile.
[modifica] "The Rumble in the Jungle": l'incontro con Muhammad Ali
[modifica] Un match storico
La successiva difesa del titolo vide Foreman confrontarsi con Muhammad Ali, in uno degli avvenimenti sportivi più famosi della storia: The Rumble in the Jungle. L'incontro ha ispirato il film documentario "Quando eravamo re" di Leon Gast ed un racconto di Norman Mailer ("The Match"); secondo Spike Lee avrebbe rappresentato una tappa importante nella storia della comunità nera degli Stati Uniti.[3]
The Rumble in the Jungle fu il primo grande avvenimento pugilistico organizzato dal controverso Don King, per il quale costituì una sorta di trampolino di lancio per la sua fortunata carriera. Si svolse a Kinshasa, in Zaire, nello stadio "20 Maggio" (oggi "Stade Tata Raphaël") e fu il primo campionato mondiale dei pesi massimi ad aver luogo in Africa. Il dittatore zairese Mobutu Sese Seko, in cerca di visibilità internazionale, offrì una borsa di 5 milioni di dollari per ognuno dei due contendenti. L'incontro venne preceduto da un festival cui parteciparono molti musicisti afro-americani, tra i quali James Brown, B.B. King e "The Spinners".
Inizialmente previsto per il 25 settembre del 1974, fu poi disputato il 30 ottobre dello stesso anno, in seguito ad un rinvio causato da un infortunio in allenamento di cui era stato vittima Foreman.
[modifica] La vigilia da grande favorito
I pronostici della vigilia vedevano Foreman largamente favorito. Diversi fattori sembravano sostenere tale convinzione: Foreman appariva nel pieno del vigore atletico, mentre Ali, di 7 anni più anziano, sembrava aver intrapreso il viale del tramonto, soprattutto dopo il tentativo fallito di riconquista del titolo; Foreman arrivava all'appuntamento con l'impressionante record di 40 vittorie (di cui 37 per KO) su 40 incontri disputati, mentre Ali sempre più raramente riusciva ad imporsi prima del limite; Ali era stato sconfitto da Frazier e da Norton, pugili che erano stati sbaragliati da Foreman nel giro di due riprese.
Negli Stati Uniti Howard Cosell, uno dei più popolari ed autorevoli commentatori di pugilato, riteneva improbabile una vittoria di Ali e prefigurava il suo ritiro dal ring dopo l'incontro [4]. Secondo quanto racconta lo scrittore Norman Mailer anche l'entourage dello stesso Ali era pervaso da un grande pessimismo circa l'esito del match.
Nonostante il clima di sfiducia che lo circondava, Muhammad Ali non perdeva occasione per ribadire la sua certezza nella vittoria, galvanizzato dall'entusiasmo della popolazione zairese che lo aveva accolto trionfalmente.[5] Inoltre operò una vera e propria campagna di disinformazione annunciando che avrebbe "danzato" sul ring come non mai, rendendosi imprendibile e vanificando così la potenza dell'avversario. Proprio per prepararsi a questa eventualità, Foreman si allenò con sparring-partners particolarmente veloci e mobili, affinando la tecnica di chiudere l'avversario all'angolo.
[modifica] L'inattesa sconfitta
Davanti a 100.000 africani entusiasti, l'incontro si aprì con Muhammad Ali inaspettatamente all'attacco, nel tentativo di cogliere di sorpresa l'avversario con alcuni rapidissimi uno-due al volto. Nei rounds successivi la costante, implacabile pressione di Foreman incollò Ali alle corde. I colpi fortissimi del campione del mondo risultavano però poco efficaci e non riuscivano a penetrare l'ermetica difesa di Ali. Foreman, provocato da Ali che lo scherniva e lo insultava, continuava a portare senza sosta colpi rabbiosi e violenti che finivano però sulle braccia o sui guantoni dell'avversario. Il risultato del suo sterile attacco fu che, con il passare delle riprese, era sempre più stanco e i suoi colpi sempre meno potenti e Muhammad Ali, arroccato nella sua impenetrabile difesa, dava l'impressione di risparmiare le forze e di resistere bene alla violenza dell'avversario. Verso la fine della quinta ripresa, fu chiaro che Ali aveva ormai il controllo dell'incontro, quando lanciò un improvviso attacco colpendo ripetutamente Foreman al volto.
L'ottavo round sembrava riproporre il copione delle riprese precedenti, con Foreman all'attacco e Ali chiuso nell'angolo con il volto nascosto dietro i guantoni alzati, quando improvvisamente arrivò l'inatteso epilogo: in un fulmineo contrattacco Muhammad Ali uscì dall'angolo e portò una serie al volto dell'ormai esausto Foreman che, per la prima volta nella sua carriera, crollò al tappeto.
Foreman fu incapace di accettare la sconfitta: dichiarò di essere stato avvelenato prima del match e accusò i secondi di Ali di aver deliberatamente allentato le corde del ring per permettere al loro pugile di potercisi appoggiare per evitare i suoi colpi. Solo molti anni più tardi fu in grado di riconoscere che a Kinshasa Ali vinse perché "era, almeno per quella notte, l'atleta migliore".
[modifica] I pareri di Minà e di Brera
In Italia, assai più che altrove, la sconfitta di Foreman fu accolta con una certa perplessità e da più parti si avanzarono dubbi circa la regolarità del match. Per Gianni Minà, appassionato cronista di pugilato ed amico di Cassius Clay, il successivo svolgersi degli avvenimenti dimostrò inequivocabilmente l'infondatezza di tali dubbi:
« I soliti critici italiani, che credono sempre di sapere più degli altri, scrissero che il match era stato sicuramente una combine, per poter guadagnare di più in seguito. La storia li smentì senza pietà. L' imbattuto Foreman da quella notte non fu più un pugile. Un anno dopo perse con Jimmy Young e si ritirò (...) Muhammad Ali aveva capito e sfruttato la sua fragilità interiore. » | |
In un successivo articolo tornò sull'argomento, precisando meglio le ragioni che, secondo lui, avevano determinato la vittoria di Muhammad Ali:
« Ma Foreman, se aveva forza e potenza devastanti, nascondeva anche una fragilità emotiva che Muhammad Alì aveva intuito e avrebbe sfruttato. George, texano di Marshall, era il tipico ragazzo nero americano che, nell' età dell' adolescenza, aveva trovato un po' di benessere grazie alla potenza dei suoi cazzotti. Amava il baseball, la Coca Cola, il pop corn e la televisione. Quando fu scaraventato in Zaire per un match che aveva mille motivazioni commerciali, geopolitiche, etniche, non si sentì a suo agio. Non gliene fregava nulla di quello che c'era intorno. Il rinvio di un mese del match, per un suo incidente in allenamento, aumentò il disagio. Muhammad Ali, invece, aveva trasformato la vigilia nel trionfo dei suoi ideali, scoperti prima con Malcom X e poi con i Black Muslims. Si sentiva a suo agio davanti al fiume Congo, il fiume della tradizione nelle ballate degli ex schiavi d' America, e trasformò quest' allegria in una guerra psicologica. Il giorno delle operazioni di peso le sue provocazioni rischiarono di anticipare lo scontro. Foreman fu trattenuto, ma la rabbia lo aveva già sconfitto. "Gli incontri importanti si vincono prima di salire sul ring", mi aveva spiegato tante volte Clay-Alì. E quell' alba del 30 ottobre del ' 74 (il match cominciò alle 3 del mattino per esigenze televisive), Muhammad fu di parola. Fece sfogare la furia di Foreman sulle proprie braccia, chiuso apparentemente in una guardia passiva. C' erano 40 gradi e un' umidità terribile, Muhammad chiamò quella tattica "presa al laccio di un imbecille". Al 7 round, infatti, Foreman era senza fiato e con le braccia basse, e all' 8, travolto da una combinazione velocissima, crollava. » | |
Un'altra prestigiosa firma del giornalismo sportivo che si è occupata della sfida tra Foreman e Muhammad Ali è stato Gianni Brera. Invitato da un lettore ad esprimere un'opinione su chi fossero stati i migliori massimi della storia della boxe, il famoso giornalista colse l'occasione per parlare di Foreman e manifestare i suoi dubbi circa l'incontro di Kinshasa. Per Brera fattori politico-ideologici avrebbero inquinato il match, condizionandone l'esito e finendo per prevalere sugli aspetti più genuinamente sportivi:
« Il campione dei massimi che più mi ha impressionato è stato Foreman. Due o tre volte ho chiuso gli occhi al folgorante pendolo del suo uppercut smisurato. A ricevere quei colpi spaventosi era Frazier, che pure avevo visto ammaccare Muhammad Ali. Mio dio, che tremende balistae risultavano i suoi montanti! Poi, misteri della boxe e della negritudine ribelle, Foreman incontrò Ali a Kinshasa, in una notte greve e torbida. Alì aveva dalla sua gli dei della foresta e della savana. Non ho molto capito quell' incontro. Di Foreman non ho veduto un uppercut che è uno. Pareva che l' avessero stregato, che un filtro misterioso ne avesse improvvisamente ottenebrato le facoltà mentali. La negritudine fu soddisfatta a quel modo. Quando nello sport entrano di soppiatto questi veleni ideologici, non si può più seriamente parlare di tecnica: un uomo sensato pensa subito che qualcuno rida di lui a crepapelle, se appena esprime un giudizio che contrasta con la impoetica realtà delle combines e delle torte. » | |
[modifica] La crisi ed il ritiro
Dopo la sconfitta di Kinshasa, Foreman attraversò un lungo periodo di depressione dal quale uscì a fatica e solo a prezzo di un radicale cambiamento del suo modo di vivere.
[modifica] Gli ultimi incontri
Per tutto il 1975 fu lontano dal ring. Nel 1976 tornò a combattere e, nel suo primo incontro dopo la sconfitta di Kinshasa, affrontò Ron Lyle, un pugile potente e temutissimo. Fino a quel momento Foreman aveva incontrato avversari che, intimoriti dalla sua potenza, avevano cercato di contrastarlo opponendogli altre qualità (tecnica, esperienza, velocità, maggiore mobilità, ecc.) e comunque affrontandolo sempre con grande cautela. Lyle fu il primo e unico pugile disposto a misurarsi con Foreman sul terreno a questo più congeniale, quello della potenza. Ne risultò un match tanto violento e spettacolare da sembrare quasi una finzione cinematografica[6]. Foreman terminò la prima ripresa barcollando, dopo essere stato colpito da un diretto destro. Nelle due riprese successive i due contendenti continuarono a scambiarsi colpi violentissimi, tanto che arrivarono entrambi stremati alla fine del terzo round. Nella quarta ripresa una combinazione di Lyle mandò Foreman al tappeto. Foreman riuscì a rialzarsi e venne nuovamente investito da una serie di pugni al volto ma, proprio mentre sembrava sul punto di crollare di nuovo, centrò Lyle con un diretto destro mandandolo a terra. Anche Lyle riuscì a rimettersi in piedi e a trovare le forze per un'altra serie di colpi violentissimi che abbatterono Foreman per la seconda volta. Foreman si rialzò di nuovo e riuscì a terminare la ripresa. Nel quinto round i due, abbandonata ogni cautela difensiva ed ormai esausti, continuarono a colpirsi con violenza fin quando Foreman chiuse l'avversario all'angolo e portò una successione di colpi al volto di Lyle che crollò per il definitivo ko. Per la rivista specializzata "Ring Magazine" fu "l'incontro dell'anno". Nel successivo incontro si confrontò ancora con Joe Frazier, imponendosi per ko al quinto round. Entro la fine del 1976 seguirono due ulteriori vittorie, entrambe per ko, contro Scott Ledoux e contro Dino Dennis.
Il 1977 fu per Foreman un anno decisivo. Dopo aver sconfitto in quattro riprese Pedro Agosto, incontrò, nell'isola di Porto Rico, Jimmy Young, un pugile poco potente ma molto tecnico e veloce che l'anno precedente era stato sconfitto ai punti sia da Norton sia da Muhammad Ali. Young dominò l'incontro già dall'inizio, grazie alla sua maggiore mobilità, e Foreman giunse alle ultime riprese esausto[7]. Alla dodicesima e ultima ripresa andò addirittura al tappeto, più per la spossatezza che per i colpi dell'avversario, riuscendo comunque a rialzarsi e a perdere ai punti per decisione unanime.
[modifica] La vocazione religiosa
Immediatamente dopo la conclusione dell'incontro con Young, nello spogliatoio Foreman fu vittima di un episodio di ipertermia ed ebbe un'esperienza di pre morte. Secondo quanto riferisce nella sua autobiografia ("God in my corner") si sarebbe ritrovato, disperato e solo, in un luogo di desolazione e paura e qui avrebbe udito la voce di Dio che gli imponeva di cambiare vita e di rivolgersi alle opere di bene. Segnato profondamente da questa esperienza, operò un radicale cambiamento nella sua vita: smise di combattere, fu ordinato ministro di culto di una chiesa di Houston, in Texas, e aprì, nella stessa città, un centro di assistenza a giovani problematici che porta il suo nome, il "George Foreman Youth Center". Per i successivi dieci anni si dedicò solo alla sua numerosa famiglia, ai suoi parrocchiani, allo studio del Vangelo e alla predicazione.
[modifica] Il rientro e la riconquista del titolo mondiale
[modifica] I motivi del rientro
Nel 1987, dopo 10 anni trascorsi lontano dal ring, Foreman annunciò il suo rientro nella boxe, all'età di 38 anni. Nell'aprile di quello stesso anno un altro grande pugile, Sugar Ray Leonard, l'ex campione del mondo dei pesi medi, tornò a combattere dopo 5 anni di assenza per sfidare il campione del mondo in carica, Marvin Hagler, assicurandosi una borsa di 11 milioni di dollari. Per Foreman, invece, ci sarebbero stati, almeno all'inizio, avversari poco quotati e guadagni modesti. Invitato a spiegare i motivi del suo rientro, disse: "Per Leonard è solo una questione di soldi, una "botta e via". Anche per me il denaro ha una sua importanza, ma secondaria. Io voglio tornare ad essere campione. Ho un piano per i prossimi 3 anni: ricominciare dal fondo, allenarmi più di chiunque altro, combattere una volta al mese. Non si può avere tutto e subito." [8]. Nella decisione del rientro pesarono anche motivazioni economiche: nei suoi 9 anni di professionismo Foreman aveva guadagnato circa 10 milioni di dollari, di cui gli rimaneva, però, ben poco. "Ho predicato e ho costruito il "George Foreman Youth and Community Center". L'anno scorso un mio amico cominciò a chiedere in giro 400 dollari di cui avevamo bisogno per portare avanti un nostro progetto. La cosa mi imbarazzò. Decisi allora di andarmi a guadagnare i soldi che ci servivano. Il pugilato è una professione onorevole. Mi dissi: vai a guadagnarti qualcosa e rimani in pace." [9].
[modifica] Un uomo nuovo
[modifica] I primi vittoriosi incontri
[modifica] "The Battle for the Ages": l'occasione mondiale contro Evender Holyfield
[modifica] La riconquista del titolo mondiale
Effettuati alcuni incontri preliminari, però, Foreman dimostra di non scherzare affatto e anzi di essere ben deciso a spendere le ultime possibilità atletiche al massimo grado. Ne sanno qualcosa i suoi avversari, Dwight Muhammad, Qawi Simile, Bert Fabbrica, Gerry Cooney ed Adilson Rodrigues, tant'è che contro il pronostico di tutti il 5 novembre 1994 a Las Vegas riesce a riprendersi il titolo mondiale dei pesi massimi ai danni di Michael Moorer per il WBO. A 45 anni e 9 mesi di età, George Foreman diventa dunque il campione del mondo più anziano della storia del pugilato: questa impresa, di fatto è da considerarsi al pari di quella di Muhammad Ali quando lo sconfisse nel mitico incontro.
[modifica] Un bilancio della carriera
[modifica] Gli avversari italiani
Nel corso della sua carriera, Foreman si è misurato due volte con pugili italiani. Da dilettante incontrò ai quarti di finale delle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 l'allora ventitreenne Giorgio Bambini, un postino di La Spezia. Terrorizzato dalla fama di implacabile picchiatore che già allora cominciava ad accompagnare Foreman, Bambini, al primo pugno portato dall'avversario, poggiò immediatamente un ginocchio per terra, dimostrando la sua scarsa voglia di continuare il match. Alle esortazioni dei tecnici azzurri Rea e Poggi che lo imploravano di rialzarsi, Bambini rispose: "Fossi matto, quello mi amazza".
Vent'anni più tardi, nel febbraio del 1988, incontrò a Las Vegas Guido Trane, all'epoca campione italiano dei pesi massimi. Fin dall'inizio del match Foreman riuscì ad imporre la sua maggiore potenza e Trane venne fermato dall'intervento del medico a 2' 39" della quinta ripresa per ferita all' arcata sopraccigliare e al naso.
[modifica] Attività extrasportive
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
[modifica] Note
- ^ "George Foreman made a yo-yo out of me" - Da un articolo apparso su "The New York Times" del 21 novembre 1983.
- ^ "George was a monster the night I fought him. Five-minute impersonation of the Red Army on the offensive." Citazione testuale dal sito personale di Ken Norton, consultabile qui.
- ^ In un'intervista rilasciata per il film-documentario "Quando eravamo re", Spike Lee afferma: "La televisione e Hollywood ci avevano insegnato ad odiare l'Africa, tanto che un tempo chiamare una persona di colore "africano" significava rischiare lo scontro fisico. Vedere quei due pugili afro-americani tornare a casa a combattere fu molto importante". Nel medesimo film viene presentato un documento dell'epoca in cui si sente Don King dichiarare: "Abbiamo lasciato l'Africa in catene, da schiavi, e oggi ci torniamo avvolti in un'aura di splendore e di gloria. Da campioni. I campioni sono qui. I migliori dello sport e della musica."
- ^ "The time may have come to say goodbye to Muhammad Ali because, very honestly, I don't think he can beat George Foreman. After this fight, I suspect, Ali will retire." Così si esprimeva in un'intervista televisiva dell'epoca, ripresa nel film-documentario "Quando eravamo re".
- ^ L'artista zairese Malik Bowens ricorda: "Eravamo tutti per Ali. Lo apprezzavamo come pugile ma soprattutto per le sue posizioni politiche. Sostenendo le battaglie civili dei neri in America, si era guadagnato la stima di milioni di africani. George Foreman? Non sapevamo nemmeno chi fosse. Molti di noi pensavano addirittura che fosse un bianco. In ogni caso per noi rappresentava l'America. Si presentò con un cane, un pastore tedesco, e la cosa ci offese in quanto i belgi usavano proprio quella razza come cani-poliziotto contro la nostra popolazione." (Ibid.)
- ^ ."The New York Times" del 25 gennaio 1976: "FOREMAN, AL TAPPETO PER DUE VOLTE, NEL QUINTO ROUND VINCE PER KO SU LYLE - Foreman, che sta seriamente cercando di riprendersi il titolo che ha perso da Muhammad Ali 15 mesi fa, si è imposto oggi per ko al quinto round su Ron Lyle nel corso di una selvaggia rissa che sembrava un vecchio film di Hollywood" ("FOREMAN, DOWN TWICE, KNOCKS OUT LYLE IN 5TH - George Foreman, beginning serious pursuit of the heavyweight championship he lost to Muhammad Ali 15 months ago, knocked out Ron Lyle in the fifth round today in a wild-swinging brawl that resembled an old Hollywood movie").
- ^ Per tutta la prima parte della carriera, Foreman dimostrò di reggere male la distanza. Avendo vinto gran parte degli incontri entro la terza ripresa, non era abituato a combattimenti più lunghi. Già nei due incontri con Peralta, comunque vittoriosi, aveva dimostrato quanto il prolungarsi di un match incidesse negativamente sul suo rendimento. Contro Ali e contro Jimmy Young questo limite si rivelò fatale. (Cfr. "The New York Times" del 26 febbraio 1987: "In his 45-2 record with 42 knockouts, Foreman usually finished his foes in an early round. Frazier in two. Ken Norton in two. George Chuvalo in three. Ron Lyle in four. Frazier in five in their 1976 rematch. But when he couldn't catch Gregorio Peralta, he struggled through 10 rounds. When he wearied against Ali, he was knocked out in the eighth. And when he had to go 12 against Young, he wobbled through the final rounds.")
- ^ "Leonard is strictly a money situation, a one-shot, Foreman was saying now from Sacramento. The money is important to me, but it's really secondary. I want to be champion again. I've got a three-year plan. I want to start at the bottom. Train harder than any man in the world. Fight once a month. You can't reach for too much too soon." (Ibid.)
- ^ "I preached and I built the George Foreman Youth and Community Center, he said. One day last year a friend of mine started pleading with people that we needed $400 more to do something. That embarrassed me. I decided to go out and earn some money for the program. Boxing is an honorable profession. Go earn a dollar and rest in peace." (Ibid.)
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